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Autore: Agapanto Blu    02/10/2013    3 recensioni
Anno Domini 1234.
Chatel-Argent, feudo dei Montmayeur, Francia.
Quando Daniel Freeland decide, come ultimo tentativo di aiutare la figlia diciottenne, di portare la sua Alexandra nel passato, non si aspetta certo l'immensità di sciagure che, con più foga e sadismo del solito, Hyperversum gli scatenerà contro...
Tra un rapimento, segreti che tornano alla luce e giovani amori, sembra che tutto si stia rivoltando contro il gioco di maschere dei Ponthieu e perfino la morte potrebbe non essere così certa...
Ma chi si cela dietro tutto ciò?
**********
Quando i battenti furono aperti di nuovo, il Falco d’Argento non esisteva più e Ian Maayrkas veniva portato fuori dalla sala con i polsi incatenati dietro la schiena e due guardie ai fianchi.
Lo sgomento della corte francese fu totale.
*****
Daniel non voleva crederci, non riusciva a crederci.
Eppure davanti a lui, terribili nelle loro armature, l'una con un leone d'oro rampante in campo rosso e l'altra bianca con una croce nera centrale, stavano gli incubi più tremendi che Hyperversum gli avesse mai fatto incontrare.
Jerome Derangale sorrise.
"Chi abbiamo qui?"
Al suo fianco, il barone Gant rise.
"Una spia senza signore!".

Alcuni personaggi leggermente OOC.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Daniel/Jodie, Etienne/Donna, Geoffrey/Brianna, Ian/Isabeau
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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34. Attaccare battaglia
 
Petra esaminò Alexandra ancora una volta, con attenzione, prima di annuire con riluttanza. Doveva ammettere che, tutto sommato, Alex poteva passare per un uomo.
Sempre se tiene il cappuccio alto. E se la fascia che le stringe il seno non si scioglie. E se la guardano da lontano, non con attenzione. E se non…
Va bene, Petra doveva ammettere che il loro piano aveva parecchie lacune e non era perfetto, ma era l’unico che avessero, perciò tanto valeva tentare. Sospirando, la baronessa aiutò l’amica a tornare in sella, salì a cavallo a sua volta e poi spronò gli animali al galoppo per raggiungere i loro obiettivi.
Speriamo solo che vada tutto bene…, pensò.
Poco tempo dopo, raggiunsero il gruppo che custodiva la prigioniera.
Alex si irrigidì appena sulla sella poi però si costrinse a calmarsi.
Erano ancora fuori dalla visuale dei soldati, o almeno così sussurrava Petra, perciò sciolse con attenzione la corda che legava il suo animale a quello della ragazza inglese e lasciò al cavallo le redini morbide in modo che si muovesse da solo e assecondasse la strada per avvicinarsi alle cavalcature del gruppo davanti a lei.
“Buona fortuna…” sentì sussurrare da Petra un attimo prima che il frusciare delle foglie indicasse la sparizione dell’amica tra le piante a lato del sentiero.
Alexandra prese un respiro profondo e, pregando che il cavallo non venisse distratto da nulla, spronò l’animale ad un’andatura appena un po’ più veloce.
Docile, il palafreno accelerò e dopo poco la giovane fu apostrofata dalla voce secca di un uomo.
“Chi è là?!” chiedeva, sospettoso.
Alex si costrinse a non fermarsi e finse un’espressione sorpresa.
Una mano guantata di cuoio afferrò le redini del suo cavallo, che aveva continuato a muoversi, e lo costrinse a fermarsi.
“Chi siete?” chiese l’uomo che l’aveva fermata.
Alex scosse la testa, fingendosi confusa, e un secondo uomo le si accostò ma dall’altra parte.
Petra, dove cavolo sei?!, pensò, irritata, per un attimo, ma poi sentì un fischiare acuto.
Gli uomini si distrassero e lei, rapida, sfilò i pugnali dagli stivali e colpì quelli che le si erano affiancati. I due caddero a terra gridando ma poi tacquero e non si rialzarono.
Alex si preparò a saltare giù dalla sella: non poteva combattere a cavallo, avrebbe avuto troppi punti di riferimento in meno rispetto agli avversari. Due erano fuori uso, ne restavano tre ma lei sapeva di doversi preoccupare solo di due: quello che portava Margherita doveva tenere alta l’attenzione su di lei, questo era l’importante.
Un cavallo le si avvicinò al galoppo, nitrendo, e lei sollevò entrambi i pugnali alle due altezze in cui era più probabile il nemico avrebbe tentato di colpirla, ventre e petto.
“Se vuoi combattere da cieca, allora rassegnati al fatto che sarà come una partita a dadi: probabilità e basta, nessuna certezza; calcoli e ragionamenti per provare a indovinare le mosse del tuo avversario, ma lui sarà sempre in vantaggio su di te. Lo sai, vero Alex?” Quando Jas le aveva detto quelle parole, lei aveva risposto subito 'sì', senza pensare, ma un conto era giocare a fare la piccola scienziata con le probabilità in combattimenti simulati e un altro era farlo scommettendoci la propria vita.
Fu per questo che Alex tirò un sospiro di sollievo quando sentì il proprio pugnale sinistro, quello messo a difesa del ventre, trattenere la lama di una spada. Non si fermò a pensare ma abbassò la mano destra e, senza mollare il secondo pugnale, afferrò il polso del nemico. Rapida, saltò via dal proprio cavallo e si sedette su quello del nemico, proprio alle spalle dell’uomo. L’animale si mise a girare in tondo, confuso dalla situazione, e lei allungò un braccio davanti a sé poi tagliò la gola del nemico con un gesto secco. L’uomo gorgogliò prima di cadere da cavallo e a quel punto la giovane tirò le briglie per fermarlo.
Era una fortuna che gli animali, spaventati dalla situazione, nitrissero quando venivano spronati perché così Alex poté sentire l’altro cavaliere in arrivo e far scartare il proprio animale appena in tempo. Non poteva permettersi una seconda carica, perciò si voltò, ascoltò attentamente il nitrito del cavallo per individuarne la testa e poi, anche se con ragionevole dubbio, lanciò uno dei due pugnali.
Udì un mezzo grido soffocato e poi un tonfo e osò sperare. Fece voltare l’animale indietro ma sentì i rumori lievi di una debole zuffa.
“Petra?!” esclamò.
 
***
 
Petra scese da cavallo in fretta e osservò un po’ intimorita Alexandra che pugnalava due uomini e, rapida, ne sgozzava un terzo ma poi si costrinse a tornare al suo obiettivo.
L’uomo che stringeva Margherita fece subito indietreggiare il cavallo, tentando di capire cosa fosse meglio fare, se fuggire o restare, e la ragazza ne approfittò. Corse verso di lui e, evitando per un soffio uno zoccolo, recise i tendini delle zampe posteriori dell’animale che tentò di impennarsi immediatamente prima di crollare a terra seduto.
L’uomo e la prigioniera rotolarono giù: lui mancò Petra di poco e la baronessa si slanciò ad afferrare la principessa, dopodiché si voltò, sgomenta, agitando la spada per tenere a distanza l’uomo il tempo necessario all’intervento di Alex ma scoprì con orrore che non ve n’era bisogno: caduto a terra, il soldato aveva battuto la testa su un masso e una delle cavalcature imbizzarrite l’aveva poi travolto.
Petra ansimava, per la paura e per l’adrenalina, e strinse d’istinto il fagotto che sentiva avvolto nel suo braccio.
Il fagotto, però, tentò di liberarsi, ma una voce fermò entrambe.
“Petra?!” stava chiamando Alexandra.
“Qui!” esclamò la baronessa, prima di rivolgersi di nuovo alla sovrana, “Votre Majesté, n’ayez pas peur! Nous sommes ici pour vous aidez!”
“Laissez-moi!” ordinò la giovane ma la voce con cui lo disse fece sgranare gli occhi ad Alex, scesa da cavallo.
Ma cosa…?, si chiese, avvicinandosi rapida.
Le bastò accostarsi alla ragazza, irrigiditasi nel vedere il guerriero armato che le si avvicinava, e sentirne il respiro ad altezza ventre per ottenere conferma a quanto avesse intuito.
Margherita di Provenza era una bambina.
 
***
 
Petra osservava con un sorriso mesto la futura regina di Francia che mangiava pane e formaggio seduta all’amazzone davanti ad Alexandra.
C’era voluto parecchio per convincere la principessa che fossero dalla sua parte ma poi la collana di Petra con impresso lo stemma della sua famiglia l’aveva fatta vacillare e la parlantina di Alex aveva completato l’opera. Proprio l’americana aveva poi deciso di ripartire, dicendo che non potevano permettersi una perdita di tempo, e così la sovrana mangiava in sella.
Petra non era rimasta sgomenta quanto Alex nell’apprendere che Margherita aveva appena dodici anni (quasi tredici) ma era rimasta sconvolta quanto lei nel comprendere che la giovane ancora non era divenuta matura. L’età non contava nei matrimoni combinati, era normale, ma far sposare una bambina prima che avesse sanguinato era davvero sconvolgente: non era ancora una donna.
Alex, dal canto suo, aveva iniziato a sospettare che proprio il non sviluppo della piccola fosse motivo della ritrosia del sovrano e, sebbene trovasse ancora inconcepibile l’idea di un matrimonio a quattordici o quindici anni, stava cominciando a provare pietà per Luigi che certo non poteva tirarsi indietro.
“Ma cosa…?!”
Alex fece fermare il cavallo, sorpresa dalla voce di Petra, e si voltò verso di lei pur non vedendola, stringendo appena la presa sulla vita della principessa. Margherita non reagì e tacque, si era rapidamente tranquillizzata dopo aver scoperto che il cavaliere biondo era in realtà una donna.
Petra si guardò attorno, sorpresa, ma poi scosse la testa.
Doveva essere solo un’allucinazione, non poteva riconoscere la strada per il monastero di Saint-Michel: avevano davanti un viaggio di tre giorni, non di poche ore; era impossibile che lo riconoscesse.
Era impossibile, vero?
 
***
 
Jas si irrigidì quando notò il padre di Alex allontanarsi ulteriormente dalla figlia, muovendosi assieme alle comparse non giocanti.
Ci deve essere qualcosa che posso fare, maledizione!, si disse, per l’ennesima volta, digitando febbrilmente sul computer del padre.
Una parte di lui aveva sempre saputo che quell’uomo sarebbe diventato pericoloso. Sapeva da sempre che l’unico motivo per cui Carl aveva accettato di adottarlo era che avrebbe ricevuto un assegno mensile per gli alimenti –assegno che aveva usato per le attrezzature che ora gli riempivano lo studio- e dopo gli avvenimenti del suo diciannovesimo compleanno lo attendeva da un momento all’altro. All’epoca, aveva tentato di andarsene di casa, aveva trovato un lavoro e preso un minuscolo appartamento ma tempo due giorni e la polizia gli aveva telefonato avvertendolo che il padre aveva dato fuoco alla sua camera, a casa, e che si era messo ad urlare che rivoleva suo figlio. Carl era stato ricoverato e poi le autorità avevano stabilito un’inversione di ruoli per cui Jas avrebbe dovuto badare a che il genitore non facesse follie. Era bastato rientrare a casa perché suo padre smettesse la recita del pazzo: gli aveva detto che ci era vicino e che non gli avrebbe permesso di andarsene perché lui era ‘il ponte’ con qualcosa. Per quanto Jas avesse provato, non aveva mai scoperto di che cosa fosse il collegamento con suo padre.
E se fosse…
Jas si fermò.
Non ci aveva mai pensato perché non ne aveva motivo, credeva che suo padre non conoscesse i Freeland, ma a questo punto, quanto poteva essere vero? Se a Carl interessavano loro, lui era il collegamento perfetto con Alexandra.
L’ho portato io da lei?
Deglutì. No, non aveva senso… Niente aveva senso! Il gioco, il virus, le coincidenze, la Storia!
Jas esitò un attimo ma poi rimpicciolì il gioco ed esaminò il desktop.
Suo padre aveva messo decine di password all’accensione e all’avvio internet del suo computer, perciò non aveva ritenuto necessario usarne altre per le cartelle. Fu probabilmente per questo che Jas notò subito l’unica con una password, nominata solo con un asterisco.
La aprì e gli bastò un tentativo per indovinare le parole. Dopo aver digitato ‘HYP ends thus’, si ritrovò davanti qualcosa che non avrebbe mai immaginato.
Fotografie di Alexandra.
“Non è possibile…” mormorò, facendole scorrere.
Erano tutte immagini rubate, qualcuna anche sfocata, e di tempo prima. Jas si fermò su un’immagine in cui Alex si stava aggiustando i capelli davanti ad una vetrina: si specchiava, guardava il suo riflesso. Vedeva.
Prima che perdesse la vista?, si chiese Jas, sorpreso, Deve essere stato più di due anni fa, quindi, ma io non la conoscevo ancora: come è arrivato a lei?, se voleva suo padre, perché seguirla?
Jas si irrigidì. Sentì tutto nel suo corpo fermarsi, come un orologio cui vengono tolte di colpo le batterie, e le sue dita rimasero sospese sopra i tasti per alcuni secondi.
“No, ti prego no!” esclamò all’improvviso, saltando in piedi.
Non spense, non salvò né chiuse niente, ma corse giù dalle scale fino in garage. Suo padre non guidava, non gli serviva visto che lavorava da casa e passava tutto il suo tempo in quella stanza-laboratorio che si era creato, ma aveva un macchina. Jas cercava di ricordare l’ultima volta che aveva visto il padre prendere l’auto ma non era certo: tre anni fa?, uno?, due?
Il garage era piccolo e perciò interamente occupato da un oggetto voluminoso coperto da un vecchio telo. Jas si diresse verso il cofano della macchina e lo scoprì.
“No, cazzo!” urlò subito dopo, tirando un calcio alla ruota anteriore.
Sul paraurti anteriore c’era una grossa ammaccatura, ma anche graffi notevoli e piccole macchie di un rosso rugginoso, quasi marrone.
Jas si appoggiò al muro, la testa tra le mani, cercando di pensare. Dopo un lungo momento, tirò fuori il cellulare dalla tasca e digitò un numero a memoria.
Un uomo gli rispose, professionale, e lui prese un respiro profondo.
“Vorrei sporgere denuncia.” disse, serio, “Per lesioni gravi e omissione di soccorso in incidente automobilistico.”
 
***
 
“Non è possibile.” Petra era immobile, pallidissima, e fissava la sagoma di Chatel-Argent davanti ai suoi occhi.
Aveva detto la stessa cosa quando si erano trovate davanti al monastero di Saint-Michel, ma allora anche Alex aveva reagito così. Invece in quel momento Alex, ancora seduta sul cavallo legato a quello della baronessa, si limitava a parlottare a bassa voce con la madre, sporgendosi dalla sella verso di lei.
Arrivate al monastero, le ragazze erano corse dentro per fermare i genitori e riconsegnare Margherita al re ma avevano trovato solo le dame, in procinto di recarsi al castello per fingere che tutto andasse bene e per capire chi avesse tradito Isabeau. In mancanza di altre possibilità, le avevano seguite fino al palazzo ma Petra, sebbene avesse mantenuto il segreto come richiesto da Alex, continuava a non riuscire a credere ai suoi occhi: avrebbero dovuto impiegare tre giorni per tornare al monastero, perché erano lì dopo neanche uno intero?!
L’americana, di suo, stava cercando di costringersi a non pensare allo strano viaggio di ritorno per concentrarsi sulla certezza che qualcosa ancora non andava. Isabeau aveva ragione, qualcuno all’interno del castello doveva aver aiutato i due inglesi, ma per quanto ne sapeva lei poteva anche essersi trattato di una comparsa aggiunta da Carl White. Carl White che si sarebbe presentato allo scontro con Derangale e Gant, e a cui non importava proprio niente del rispettare lo svolgersi della Storia. Dio, avrebbe potuto fare qualsiasi cosa! Già una volta aveva rischiato di stravolgere tutto per errore, figurarsi ora che desiderava farlo di proposito!
Alexandra si trattenne a malapena dal far voltare il cavallo e correre, ancora non sapeva come, verso suo padre e gli altri francesi, per la maggior parte ignari di ciò che avrebbero realmente affrontato.
 
***
 
Daniel e Ian si guardavano attorno con ansia.
La piana di Bouvines rievocava ad entrambi ricordi particolari, di sangue e morte ma anche di speranza e gioia perché quel giorno di tanti anni prima si erano comportati con onore proteggendosi a vicenda e difendendo i propri cari. Tornare a dove tutto, in un certo senso, era iniziato lasciava entrambi con uno strano gusto in bocca.
Passarono il piccolo ponte che collegava Béarne alla Fiandra e si fermarono quasi subito oltre esso, riconoscendo le sagome di alcuni cavalieri schierati.
Non erano molti, vero, ma era senza dubbio erano più di loro.
Luigi esaminò la situazione solo un attimo, ma poi proseguì, facendo cavalcare il proprio cavallo verso i nemici in attesa.
Daniel non ci mise molto a riconoscere Carl White, tra Derangale e Gant.
Bastardo…, pensò, stringendo forte le briglie del cavallo tra le mani, tanto che questo sbuffò infastidito.
Carl incrociò il suo sguardo e il suo ghigno si fece più ampio.
“Benvenuti.” li schernì, ridendo.
Come ad un segnale, i suoi uomini sguainarono le armi e, gridando, si gettarono sui francesi.




Ehm... Chi non muore si rivede, no? *faccina imbarazzata*
A parte le scemenze, devo dire che mi vergogno profondamente per non aver aggiornato fino ad ora, dopo più di un mese, se questo può farvi sentire meglio. Ho avuto questo capitolo scritto per cinque pagine per...settimane!, ma proprio non riuscivo a finirlo!
Non è venuto fantastico, devo dirlo, ma almeno è venuto -.-
Non so quando potrò aggiornare il prossimo, mi dispiace davvero, ma giuro che prima o poi lo posterò.
A presto,
ciao ciao!
Agapanto Blu
  
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