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Autore: elyxyz    02/10/2013    28 recensioni
“Gaius! Aspettate! Cosa...?” esclamò il mago, squadrandolo come se fosse impazzito.
L’uomo ricambiò lo sguardo. “Perdonate l’ardire, ma... potrei sapere chi siete?”
“Sono
io!” sbottò allora, allargando le braccia “Gaius! Che scherzo è mai questo?!” domandò retorico, battendosi il petto. “Non mi ricono-” Merlin boccheggiò incredulo, accorgendosi di colpo del florido seno che stava toccando, e lanciò un gridolino terrorizzato. Fu per istinto che raccattò il lenzuolo e si coprì alla bell’e meglio.
Gaius se ne stava sull’uscio, sbigottito anche lui.
“Merlin?” bisbigliò alla fine, come se dirlo ad alta voce fosse davvero
troppo.
“Sì, sono io!” pigolò l’altro. “O almeno credo!”
“Che diamine ti ha fatto Ardof?!” l’interrogò l’archiatra.
(...) Merlin si coprì gli occhi con le mani, mugolando. “Come spiegherò questo ad Arthur?”
[Arthur x Merlin, of course!]
NB: nel cap. 80 è presente una TRASFORMAZIONE TEMPORANEA IN ANIMALE (Arthur!aquila) e può essere letto come one-shot nel caso in cui vi interessi questo genere di storie.
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: What if? | Avvertimenti: Gender Bender | Contesto: Prima stagione, Contesto generale/vago
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Scusate il leggero ritardo

Scusate il leggero ritardo. Lavoro, impegni vari e imprevisti mi complicano la vita, ma (come forse avete già notato) sto cercando di aggiornare ogni settimana con una fic di Merlin diversa.

 

Nel frattempo, siamo giunti all’80° capitolo di Linette. Ne mancano solo 10 alla fine, e continuo a ricevere suggerimenti e speranze molto diverse, fra loro, su questa conclusione. Adoro leggere le vostre speculazioni, ma probabilmente non riuscirò mai a soddisfare tutti e qualcuno rimarrà deluso, perciò – ancora una volta – vorrei consigliarvi di godere il viaggio rimanente con i nostri eroi, piuttosto che pensare già alla meta.

 

 

SPOILER FREE: Ricordo che questa storia NON contiene/conterrà volutamente alcuno spoiler della quinta stagione; eventuali coincidenze sono appunto casuali coincidenze (è già successo e succederà in capitoli che ho già pronti).

 

Linea temporale: Riferimenti al capitolo precedente.

Excursus del secondo anno dall’arrivo di Linette a Camelot, fino all’autunno del secondo anno.

 

 

Riassunto generale: Merlin è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non troverà il modo di tornare normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e prendere il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a conciliare questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con Arthur?

 

Riassunto delle ultime puntate: Il malvagio stregone Ardof è morto, ma la sua maledizione non si è sciolta. Merlin, perciò, fa credere ad Arthur di essere partito alla ricerca del padre mai conosciuto. Al principe non resta che subire questa sua scelta, mentre il tempo passa inesorabile, e il suo legame con Linette va saldandosi sempre più… fino a quando, durante un agguato, lui non scopre che la sua serva è una strega e lei gli rivela che anche Merlin lo è: questa sconvolgente confessione, ovviamente, cambia le carte in tavola e li porta ad un nuovo sodalizio: fra magiche soluzioni e imbarazzanti guai, per i nostri eroi non c’è mai pace…

 

 

Dedico l’aggiornamento a chi ha recensito il precedente capitolo e invito i lettori silenziosi, se lo desiderano, a lasciare un segno (che è sempre gradito).

A Delfino97, Barby_Ettelenie_91, LunaticaLove, FlameOfLife, Rosso_Pendragon, chibimayu, chibisaru81, Burupya, Bombhazza, Draviran, paffy333, Hayley Cullen96, mindyxx, misfatto, crazyclever_aveatquevale, saisai_girl, WildBlueMoon, Encha, Carmen_PS, strangerinthistown, katia emrys, DevinCarnes, sixchan, Orchidea Rosa, Yuki, Jen90P, TheW, melleth, Raven Cullen, aria, Morganalastrega e elfin emrys.

E a quanti commenteranno (SE vi va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.

Grazie.

 

The He in the She

 

(l’Essenza dentro l’Apparenza)

 

 

 

Capitolo LXXX

 

 

Da che aveva scoperto la verità sul suo Dono, Arthur aveva trovato modo di rimproverare Linette per la sua magia in tante piccole occasioni – perché l’aveva usata, o perché non l’aveva usata.

Era il suo modo personale – e asinino, beninteso – di preoccuparsi per lei, e per la sua (e la propria) incolumità.

Merlin gli riconosceva un sincero interesse, ma anche una certa parte di diffidenza residua.

 

Ad onor del vero, a seguito di certi piccoli incidenti, chiunque si sarebbe un po’ risentito al riguardo, anche se non si fosse chiamato Arthur Pendragon.

 

Dopo il caso dei tendaggi Rosso Pendragon – di cui Merlin aveva avuto incubi per settimane: si era sognato, infatti, di doverli rincorrere mentre svolazzavano per tutto il castello, con Arthur che lo inseguiva e Uther che gli gridava dietro delicate frasi di condanna –, c’erano state le volte in cui il principe stesso, vittima inconsapevole, era divenuto l’oggetto dei suoi incidenti.

 

Come la sera in cui l’erede al trono, già pronto di tutto punto per partecipare all’evento più fastoso dell’anno – il Banchetto per festeggiare l’augusto genetliaco del re, suo padre – s’era ritrovato con un attacco di singhiozzo proprio quando stava per uscire dai propri appartamenti, e la cosa lo aveva indispettito non poco, poiché egli riteneva quell’inconveniente da marmocchi una cosa disdicevole per un uomo fatto e finito come lui, mentre Merlin godeva nel sentirlo squittire almeno dieci volte ogni tacca di candela consumata.

Secondariamente, se la cosa non fosse cessata in fretta, avrebbero accumulato un certo ritardo, indispettendo il nobile sovrano – e questa era l’ultima delle intenzioni dell’aristocratico Babbeo.

Ma, ovviamente, di presentarsi in quello stato non se ne parlava neppure, lui non sarebbe diventato lo zimbello della Corte reale!

 

Allorché Arthur aveva chiesto a Linette un possibile suggerimento per risolvere la faccenda – era o non era l’assistente del guaritore reale? – la valletta era stata costretta ad ammettere che non conosceva nessun efficace rimedio né terapeutico né magico, quindi valeva la pena tentare con le dicerie che si tramandava la gente fin dalla notte dei tempi.

 

Con uno sguardo alquanto scettico, l’Asino Reale aveva acconsentito, seguendo le sue istruzioni.

 

“Trattenete il respiro più che potete!” aveva esordito Merlin, con serietà.

Ma, quando il Babbeo stava diventando di un preoccupante blu cianotico, rassegnato, gli disse di smettere.

“Provate a respirare a testa in giù!” ritentò, sembrando convincente.

 

E Arthur, benché sospettoso, acconsentì. Ma niente.

Mi-hic! gira la hic! testa…” si lagnò, dopo un paio di squittii più soffocati dalla posizione chinata.

 

“Provate con tre respiri lunghi e poi trattenete molto il fiato!” suggerì ancora il mago, infervorato. “Oppure proviamo con del miel-

 

No-hic!” l’interruppe il principe, alzando l’indice destro fra loro, tappandosi la bocca dopo l’ennesimo singulto involontario. “Ver-hic-sami da bere hic!” ordinò, indicando la caraffa del vino speziato che sorseggiava abitualmente prima di addormentarsi.

 

Fu la volta di Merlin di sembrare scettico, poiché tracannare a stomaco vuoto un calice l’avrebbe fatto solo ubriacare, ma non osò contestare la decisione, poiché un discreto bussare e la voce di un valletto reale ricordavano al suo signore l’imminente inizio della cena e la sua presenza richiesta.

 

A quel richiamo, l’inquietudine del cavaliere crebbe, assieme ai sussulti. E lo stregone, contagiato dalla sua ansia, si precipitò col calice verso di lui, che sostava davanti al letto.

Nella foga di raggiungerlo, Linette inciampò sull’orlo del tappeto che circondava il baldacchino, mentre il vino compiva una parabola a mezz’aria dalla coppa direttamente contro il nobile padrone, rovesciandosi sul torace del principe, colando in fretta verso i suoi pantaloni.

 

Arthur era così sconvolto che – per i primi istanti – si limitò a boccheggiare, incapace di proferire verbo.

 

Sollevatosi in fretta da terra, il mago realizzò la portata del suo madornale guaio, impallidendo.
“Giuro che sistemerò tutto, Sire! Lo giuro!” strillò con urgenza, prima che l’ira di Sua Maestà si abbattesse su di lui.

 

“Un incanto, vi ci vuole un incanto che pulisca per intero!” lo rabbonì, parlando freneticamente, intanto che rovistava nel suo cervello in cerca della magia più adatta. “Ritornerete come nuovo!” ripeté, girando in tondo, sotto lo sguardo furente dell’altro.

 

Un secondo colpo alla porta fece sussultare entrambi.

“Vostra Altezza!” lo chiamò un valletto dall’esterno. “Il Banchetto sta iniziando!”


“Il principe arriverà fra qualche istante!” rispose Linette per lui, aprendo appena uno spiraglio sull’uscio.

 

“Muoviti!” l’incalzò il nobile, gesticolando verso le macchie gocciolanti.

 

“Oh, al diavolo!” sbottò lo stregone, accostandosi, improvvisando il primo incantesimo che gli era venuto alla mente e che doveva rientrare tra quelli per riportare le cose all’origine.

 

Dai!” sollecitò ancora il Babbeo, mettendogli fretta.

 

E Merlin lo ripeté, ad alta voce, allungando una mano verso di lui, fin quasi a sfiorarlo.

 

Arthur si ritrovò improvvisamente nudo, dalla testa ai piedi, sotto lo sguardo spalancato della sua serva paralizzata.

 

Anch’egli, per un eterno istante, era rimasto di pietra, tanto era stato il suo sgomento. Poi, ritrovata la favella, cercò di coprire con le mani le proprie pudenda, ululando.

L-linette! Buon Dio, vòltati!

 

Ma, poiché Linette ci stava mettendo troppo anche solo a capire – figurarsi a coprirsi la vista con le mani! –, egli arraffò il primo oggetto a disposizione – un cuscino sul suo letto – mentre le ordinava nuovamente di girarsi o, quantomeno, di guardare altrove.

 

Quella non era certo la prima volta che Merlin vedeva il principe nudo, ma l’ultima volta era stata prima di capire i suoi sentimenti per lui, un sacco di tempo prima. Anni prima. Secoli prima. Sicuramente in un’altra vita.

 

E ora Arthur aveva appena un quadrato di stoffa col il ricamo dei dragoni – lo stemma dei Pendragon – a nascondere i gioielli di famiglia.

C’era da riderne per decenni. Ma Merlin aveva solo la gola secca e le dita che gli prudevano, quelle stesse dita che un istante addietro erano praticamente tese ad un palmo dalla sua virilità.

 

I-io…” balbettò la valletta deglutendo a fatica, arrossendo, costringendosi a dire qualcosa per uscire da quella situazione imbarazzante.

 

“Adesso che ti sei rifatta lo sguardo, potresti trovare una dannata soluzione?!” sbraitò il nobile, preferendo dar sfogo alla collera piuttosto che alla propria cocente vergogna. “Dove accidenti sono finiti i miei vestiti?!” riprese il cavaliere, e mentre l’ancella si guardava attorno, con fare convulso, egli strisciò – con quanta più noncuranza e dignità poteva racimolare – dietro al paravento, che offriva maggiore riservatezza di un misero cuscino.

 

Vedendo gli stivali dell’erede al trono esattamente dove li aveva presi prima di farglieli indossare, allo stregone venne un sospetto.

Scoprirono così che l’incanto aveva funzionato realmente, ma in un’accezione diversa. Ogni cosa era tornata alle origini, sì, ovvero al suo posto.

Dentro l’armadio v’erano il mantello e la casacca e i pantaloni da cerimonia, tutto pulito come se l’incidente non fosse mai accaduto.

 

La cosa buona della faccenda era una sola: quell’emozione violenta era stata così forte che, per lo spavento, il singhiozzo di Arthur era magicamente scomparso. Ma l’imbarazzo e l’arrabbiatura no; con quelli, Merlin avrebbe fatto i conti dopo il Banchetto, perché il pudico principe era tutt’altro che intenzionato a fargliela passare liscia.

E pensare che, neanche tre clessidre prima, la sua più grande preoccupazione era stata solo la vergogna per un singhiozzo da marmocchi…

 

 

***

 

 

Evidentemente, spogliare il nobile padrone dei propri abiti era un bisogno inconscio del povero mago, che doveva sopperire come poteva a ‘certi bisogni’.

Ma riuscire a rivederlo come la regina Ygraine lo aveva fatto… beh, quello era un altro paio di maniche.

 

Merlin guardava, sconsolato, una manciata di piume che fluttuavano nell’aria fino a ricadere sofficemente a terra.

 

Poi un verso stridulo lo fece sussultare, spaventato e preoccupato.

Egli osservò il volo dell’uccello che dalla spalliera dello scranno andava ad appollaiarsi in cima al canterano.

 

“Cercate di rimanere calmo, vi ho detto!” lo supplicò, sul punto di una crisi di nervi.

L’unica riposta che ebbe fu uno stridio ancora maggiore.

 

Gaius lo avrebbe ucciso, se fosse andato da lui per un consiglio, raccontandogli il guaio che aveva combinato?

Forse Gaius no, ma se Arthur non si fosse presentato alla riunione del Consiglio entro mezza veglia, Uther avrebbe spennato e arrostito lui allo spiedo!

 

Lanciando un’altra occhiata di sottecchi al rapace che lo fissava palesemente in modo torvo, egli tentò di riordinare le idee e i fatti, per capire ogni suo errore.

 

Tutto era iniziato quando, mentre Linette compiva gli usuali doveri, rassettando e pulendo gli appartamenti del suo signore, questi era seduto alla sua scrivania, intento a rivedere il discorso che avrebbe dovuto leggere di lì a poco al Concilio dei Nobili.

 

Arthur aveva avuto la brillante idea di chiederle un parere riguardo ad un passo particolarmente ostico da esporre e l’ancella, volenterosa, era stata ben felice di rendersi utile; se non che, avvicinandosi, ella aveva colpito col piede la gamba del tavolo, facendo ondeggiare pericolosamente la boccetta d’inchiostro nero colma fino all’orlo.

Il principe, che in quel mentre stava giocherellando con la sua penna d’oca, reagì d’istinto ma, anziché sottrarre i fogli dalla possibile sventura, egli pensò bene di afferrare l’ampollina, cozzando contro le mani della sua serva, che aveva avuto il medesimo pensiero.

 

Finirono così per rovesciare l’intero contenuto sul prezioso documento – i numerosi fogli sovrapposti, in verità – che divenne irrimediabilmente illeggibile.

 

Arthur ingoiò una sfilza di imprecazioni solo perché davanti a lui v’era una fanciulla che sarebbe rimasta irrimediabilmente segnata a vita da quello sfogo, ma nulla gli impedì di fracassare il fermacarte – dono di qualche re lontano – contro il muro di fronte a lui.

 

“Come diamine farò a riscrivere tutto entro mezza veglia?!” sbottò, infine, contro Linette, che teneva lo sguardo basso e mortificato, torcendosi le dita. “La tua goffaggine è… è… Bontà Divina!” si trattenne, vedendola farsi piccina piccina, in risposta alla sua sfuriata.

 

“Sono desolata, Sire”, pigolò lei, curvando le spalle ancor di più, sotto il peso della sua disattenzione.

 

“Quantomeno, stavolta l’inchiostro non è finito contro di me!” sfogò il nobile Babbeo, rinfacciandole l’episodio del singhiozzo. “Però potevi anche usare il tuo Dono per impedire questo guaio!”

 

Ma posso provare a ripulire ora le pergamene con la magia!” si offrì il mago, zelante, con un’occhiata supplice che chiedeva solamente di potersi sdebitare, rimettendo le cose a posto.

 

Davanti a quell’espressione così contrita, il principe si sentì stringere le viscere e non poté che cedere.

“Oh, dannazione. Provaci!” le diede il permesso. “Che cos’ho da perdere? È già tutto inutilizzabile!” considerò, allontanandosi però dal tavolo, dove Linette avrebbe agito con la sua magia, per precauzione.

 

 

***

 

 

I primi tre tentativi erano andati semplicemente a vuoto.

Il quarto sforzo aveva tinto le macchie nere di rosso – un bel Rosso Pendragon che, per carità!, faceva pendant con l’arredamento, ma era pur sempre un lavoro impresentabile.

Il quinto sforzo aveva trasformato di bianco le macchie nere, rendendo ugualmente illeggibile il tutto.

Il sesto aveva lacerato leggermente un bordo del primo foglio, facendo quasi tracimare la scarsa pazienza dell’erede al trono.

 

A mano a mano che la sabbia cadeva dalla clessidra, i borbottii di malcontento del principe aumentavano di intensità, così come la disperazione del povero mago che non sapeva più che pesci pigliare.

 

“Non riesco a concentrarmi! Potreste smetterla di gridare come un’aquila?!” sbottò infine lo stregone, distratto dal suo tono querulo, interrompendo a metà la recita di un incantesimo per sgridarlo, esasperato.

 

Fu questione di un istante.

Un attimo prima Arthur era lì, oltre il tavolo che era fra loro, impettito, con le braccia incrociate e un grugno da schiaffi mentre blaterava lamentele, e l’attimo dopo non c’era più.

 

Merlin si lasciò sfuggire un piccolo urlo di sorpresa, sporgendosi a guardare oltre la scrivania, dove un mucchio di abiti – gli abiti del principe – erano appallottolati sul pavimento e si contorcevano come se avessero vita propria.

 

Dallo scollo della casacca, un momento dopo spuntò il becco aguzzo di un’aquila – un’aquila reale – e due stupefacenti occhi azzurri, che lo scrutavano spaesati.

 

“Sire!” sussurrò il mago, correndo a soccorrerlo, inginocchiandosi accanto a lui, per aiutarlo, con delicatezza, ad uscire dai propri abiti.

 

Arthur si lasciò liberare da quella costrizione, poi si lisciò le piume arruffate e, gonfiando il petto, egli si erse in tutta la sua nobile maestosità.

Persino così quell’Idiota era spettacolare.

 

“Oh, Maestà…” gemette però lo stregone, con le lacrime nella voce, affranto per quel guaio supplementare a tal punto che si coprì il viso con le mani tremanti.

 

Forse il cavaliere non si era ancora reso conto della gravità della faccenda – presentare un discorso macchiato sembrava giusto una sciocchezza, adesso – perché, anziché sgridarla come avrebbe dovuto – e ne avrebbe avuto i mezzi anche in quello stato, come avrebbe scoperto Merlin di lì a poco – aveva zampettato verso Linette, mordicchiandole il lembo del grembiule per distrarla, o richiamare la sua attenzione.

 

La serva aveva quindi sollevato lo sguardo su di lui, mentre con una mossa buffa l’aquila piegava di lato la testolina, scrutandola a sua volta.

Poi, stranamente docile, s’era lasciata accarezzare il capo dalla mano esitante della fanciulla.

Le dita di Merlin affondarono nel morbido piumaggio sulla nuca e il servo avrebbe giurato che mai, mai niente, prima d’allora, era stato altrettanto morbido.

 

Anche se quello non era il momento, egli si perse a contemplare il becco giallo, la punta curva di un argento vivo e brillante. E i suoi occhi erano azzurri, non ambrati. Il colore marrone del corpo piumato assumeva via via sfumature rosso-dorate sul capo e sul dorso, inframmezzate alle macchie bianche sulla coda e sulle ali, che testimoniavano la sua giovane età.

 

Quasi non si accorse di averlo fatto, ma quando Lin indugiò un po’ troppo lisciando le penne della coda, l’aquila si girò di scatto e le morse col becco la falange più comoda.

 

“Ehi! Il mio dito non si mangia!” aveva protestato il mago, scuotendo l’arto dolorante e ficcandoselo in bocca per attutire il bruciore.

 

In realtà, se Arthur avesse voluto fargli davvero del male, gliel’avrebbe staccato di netto con quel becco aguzzo. Invece l’aveva pizzicato piano, a suo modo quasi con gentilezza.

 

“Sire, ma capite quando vi parlo?” domandò perplesso.

Come unica risposta, l’aquila piegò la testa come un gufo, e Linette si ritrovò – contro ogni logica – a sorridere, mentre si risollevava da terra e il rapace, imitandola, spiccò un balzo breve, sufficiente a farlo atterrare sulla sua spalla. Avrebbe potuto graffiarla con i suoi artigli acuminati, e invece si era posato con leggerezza, arpionando solamente la stoffa del suo vestito, anziché la pelle.

 

“Vi sembra di stare abbastanza comodo, così?!” ironizzò lo stregone. “Perché, sapete, siete un po’ troppo grasso per la mia povera spalla magr-” Merlin non finì la frase, perché si ritrovò il becco dell’aquila schiacciato contro il suo naso e, l’istante dopo, l’uccello gli pizzicò l’orecchio destro, con tanti piccoli colpetti.

 

Perché diamine Arthur gli mordicchiava l’orecchio?, si chiese distrattamente il mago, cercando invano di sottrarsi a quella provocazione. Era una piccola soddisfazione che voleva prendersi? Una vendetta? Una ripicca?

 

“Le mie orecchie non sono un animale morto!” sbottò infine, indignato, coprendosi la parte arrossata.

 

Avrebbe potuto giurare di averlo visto roteare gli occhi. E forse sbuffare.

Ma le aquile non sbuffavano. No?

 

Arthur allora si levò in volo e sbatté addosso alle pareti, perché la sua apertura alare era troppo ingombrante in quello spazio interno, ma Merlin non avrebbe potuto liberarlo. Qualsiasi arciere di Camelot l’avrebbe ucciso in meno di un battito di ciglia.

 

Frullando scompostamente e spargendo piume qua e là, il rapace guadagnò lo schienale del suo scranno, a mo’ di trespolo.

 

“D’accordo…” abbozzò lo scudiero. “Non mi è del tutto chiaro se riuscite a capirmi o no; ma, se non potete aiutarmi, vi prego almeno di non ostacolarmi, intesi?”

 

L’aquila rilasciò uno stridio basso, come replica. E Merlin lo colse come un buon segnale, così allungò una mano verso l’animale, concentrandosi su un sortilegio. Se avesse usato lo stesso incanto d’origine che aveva adoperato per l’incidente del singhiozzo, avrebbe riportato Arthur indietro, oppure l’avrebbe trasformato in un uovo di aquila reale?

 

Preoccupato dalle possibili ripercussioni, egli decise di non utilizzarlo, variando piuttosto su un controincantesimo che contenesse la radice magica del sortilegio primario. Con ragionevole buonsenso, sarebbe partito dal suo errore, per rimediare.

 

Sperando che fosse indolore, lo stregone pronunciò una formula in direzione dell’aquila, ma essa – colpita dall’incanto – reagì allarmandosi e spalancando le ali, soffiando come contro una minaccia invisibile.

 

“Cercate di rimanere calmo, vi ho detto!” lo supplicò, ritentando.

 

Delle piume caddero dalla bestia, mentre questa cercava nuovamente di opporre resistenza.

 

“Se continuate così, resterete calvo!” lo avvisò, preoccupato.

 

Ma Arthur sembrava aver perso la pazienza e dall’armadio aveva spiccato il volo verso il baldacchino; ma, poiché i tendaggi sembravano delle reti, il suo istinto primordiale doveva averlo messo in guardia, perché virò improvvisamente, dirigendo la traiettoria verso la stanza attigua, quella dove c’era la tinozza in cui faceva il bagno.

 

Merlin, che gli corse dietro, invocando una raffica di incantesimi – uno più disperato dell’altro –, lo vide drizzato sul bordo della vasca e scagliò l’ultima magia che rammentava, pregando che fosse adatta allo scopo.

 

All’improvviso, sotto a quell’assalto finale, il pennuto parve vacillare, come colpito da una vera freccia, e il mago lo vide – con suo sommo orrore – sbilanciarsi e cadere all’indietro, a peso morto, nella tinozza riempita, con un sordo plop.

 

Mentre il cuore le si fermava dallo spavento e si gettava nell’acqua per salvarlo dall’annegamento, Linette si accorse troppo tardi che non stava stringendo un piumaggio inzuppato, ma calda pelle e solida carne.

 

Rannicchiato dentro la tinozza, Arthur la guardava esterrefatto, con occhi e bocca spalancati.

Dopo un istante di lecito smarrimento, l’ancella gli buttò le braccia al collo, stringendoselo contro incurante di bagnarsi tutta la camicia, mentre il principe, troppo stordito per reagire, subiva inerme quella dimostrazione d’affetto.

 

“Grazie al cielo, grazie al cielo!” farfugliava lei, contro la nobile spalla umida, forse anche per causa sua. “Siete tornato!” gli disse, separandosi per riconquistare compostezza, strofinandosi velocemente le palpebre e tirando su col naso, anche se era poco dignitoso.

 

Il principe piegò la testa di lato – come quando era stato un uccello – e la guardò scettico, come se fosse stata un’insana di mente.

“Temo di essermi perso qualcosa…” le comunicò, guardandosi attorno confuso. “Perché diamine sto facendo il bagno? Ma… non me l’ero già fatto, stamane? E soprattutto: che diamine ci fai, tu, qui?!” le domandò, anche se sembrava più un’accusa.

 

“Io, io beh… uh, niente… avevate caldo e… e allora avete pensato di fare un bagno con l’acqua fredda, ecco…” accampò, come prima scusa arraffata in fretta.

 

Qualcosa parve infastidire il nobile Pendragon, poiché egli allungò una mano nell’acqua, estraendo un paio di penne e di piume color nocciola.

“E queste cosa sono?!” pretese di sapere, scrutando Linette come se lei avesse tutte le risposte che cercava.

 

Quelle?” temporeggiò Merlin, con la mente svuotata di ogni possibile risposta. “Oh, quelle… quelle sono penne e piume!”

 

“Questo lo vedo anch’io, Lin-Lin…” le appuntò, come se fosse stata tonta.

 

“E… beh… le piume… le piume e le penne d’aquila contengono un ottimo balsamo curativo!” improvvisò su due piedi e, di fronte all’espressione dubbiosa dell’altro, ella si finse ancor più sicura. “Aggiunte ad un bagno, donano vigore e tonicità alla muscolatura!” recitò, fingendosi competente. “Un giorno di questi potrete chiedere a Gaius di documentarvi sulle loro innumerevoli proprietà medicamentose, se lo vorrete”.

 

“Ah, no. Grazie. Mi fido”, tagliò corto il nobile. “E se adesso tu volessi cortesemente andartene di là, io dovrei uscire da qui”, le fece notare, additando se stesso e muovendo le sopracciglia con palese sottinteso.

 

“Oh, oh! Certo, sì, certo!” convenne la valletta, allungandogli un telo di lino e facendo poi un veloce dietrofront.

 

Quando però Merlin tornò nell’altra stanza, vide sul tavolo il discorso rovinato e l’inchiostro irrimediabilmente secco sulla pergamena e questo cancellò il suo sollievo.

 

Egli comprese anche un’altra cosa, però, dandosi da solo dello sciocco.

 

Mentre Arthur si asciugava dietro al paravento e si rivestiva con degli altri abiti, lamentandosi del fatto che non trovava la sua abituale cintura, lo stregone sussurrò piano l’incanto d’origine sui fogli imbrattati e subito, magicamente, la chiazza iniziò a rimpicciolirsi fino a scomparire, mentre la boccetta vuota tornava a riempirsi di nero inchiostro.

 

Muovendosi lesta, Linette arrotolò le pergamene, fermandole poi con un laccio di cuoio, giusto quando un valletto reale bussò alla loro porta, informando il principe che il Consiglio stava per iniziare.

 

L’erede al trono le si avvicinò, di buonumore, almeno fino a che non vide decine di piume e penne sparse ovunque sul pavimento.

 

“Hai spennato l’aquila qui dentro?!” domandò alla sua ancella, mentre ella gli porgeva il rotolo delle loro disgrazie.

 

Merlin fu sul punto di raccontargli un’altra menzogna, e chiudere per sempre la questione.

Ma la sua coscienza – o forse il suo cuore – gli rammentò che aveva giurato ad Arthur che non ci sarebbero stati più segreti fra loro.

 

Preparandosi spiritualmente all’inevitabile ramanzina che ne sarebbe conseguita, il mago guardò il principe dritto negli occhi.

 

“Dopo la riunione, Sire, dovrò raccontarvi una piccola storiella divertente…” lo preavvertì “o forse non tanto divertente, ma almeno con un lieto fine”.

 

“Uhm, d’accordo”, considerò l’erede al trono, con un’espressione curiosa appena trattenuta, che divenne manifesta allorché egli notò un piccolo particolare sulla sua valletta: “Ma che cos’hai fatto all’orecchio? Sei tutta arrossata”, le appuntò, allungando una mano per controllare da vicino.

 

Linette arrossì all’istante, ritraendosi da quel contatto.

“Non è niente, Mio Signore! E ora andate all’incontro, si sta facendo tardi!” E, seguendo il suo suggerimento, il cavaliere se ne andò.

 

Rimasto solo, Merlin esalò un sospiro stremato.

D’accordo. Si disse, toccandosi il lobo dove il principe lo aveva mordicchiato. Andava bene essere sinceri. Ma non occorreva per forza raccontargli proprio tutto, no?

 

 

Continua...

 

 

 

Disclaimer: I personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Ringraziamenti: Un abbraccio alla mia kohai che subisce le mie paranoie. X°D
E un grazie a Tao, per il betareading.

 

Note: Comincio col dire che avevo scritto la bozza di questo capitolo molto prima di vedere la quarta stagione inglese di Merlin e, per questa ragione, la mia Linette non conosce l’incantesimo ‘Fordwin wamm!’ che invece Merlin usa nella puntata  4x01 “L’ora più buia – parte I” per smacchiare la camicia di Arthur.

Per lo stesso motivo, quando ho visto, nella puntata 4x06 “Un servo di due padroni”, l’immagine di Arthur nudo col famoso cuscino a nascondere i gioielli di famiglia, mi è nato spontaneo un parallelo tra Linette e Gwen che mi ha fatto ghignare. Come sapete, non è la prima volta che succedono coincidenze come questa fra la mia fic e il telefilm e ce ne saranno altre in futuro.

 

L’aquila reale (Aquila chrysaetos) è un uccello appartenente alla famiglia degli accipitridi.

I colori descritti nel capitolo sono veri, presi nel web da siti specializzati, (da qui l’appellativo di reale e di chrysaetos, che in greco significa ‘dorata’) e in particolare ho descritto un’aquila giovane per trasformare Arthur, altrimenti i colori sarebbero stati lievemente diversi.

 

Lo confesso: questo è uno dei miei capitoli preferiti, perché mi sono divertita molto a scriverlo.

E poi in questa stramba storia non poteva mancare il furry, no?

E così abbiamo assaggiato anche questo: Arthur trasformato in animale. Ho altre fic abbozzate con questo tema, e prima o poi troverò il tempo di postarle. *_*

 

 

Precisazioni al capitolo precedente e domande varie: (a random)

- Sono contenta che Lady Iseree vi sia piaciuta! Finalmente un’alleata magica senza doppi fini!

Siccome mi è stato chiesto, posso dirvi che, in qualche modo, aiuterà i nostri eroi entro breve.

- La verità è che le tende del letto di Arthur volevano gonfiarsi solo per fare a gara con l’ego dell’Asino Reale! Chi si gonfia di più, secondo voi? XD

- Merlin avrà sempre seri problemi a farsi le trecce. U.U proprio nun gna .

- Di solito Merlin cerca (e quasi sempre riesce) ad aggiustare tutto, ma col vampiro non ce l’ha fatta. Ho scelto così per dare più realismo alla storia. Non sempre tutto ha una soluzione facile, anche se sappiamo che non è la prima volta che Merlin ha ucciso per salvare Arthur e i suoi cari.

- Se Arty avesse visto le tende rosa porcellino… gli sarebbe venuto un colpo! E addio Re in Eterno! XD

- “Magnifico Duo” è una definizione che mi piace tantissimo! *__*
- Lo scopo che mi ero prefissa era proprio questo: far vedere Merlin col suo potere e i suoi pasticci.
- Mi ero scordata che anche ne “La bella e la bestia” ci sono le tende svolazzanti, è vero!

- Sì, il rapporto tra Merlin e Arthur va saldandosi con costanza; ora che ci sono meno bugie, Merlin può sciogliersi di più e lui e il principe sono ancor più uniti!

- “Lord Canini” è una definizione meravigliosa per il nostro povero, defunto vampiro! XD

- Una caccia alle tende in giro per il castello? Qualcuno ci sarebbe rimasto secco! (Una Linette a caso… ¬_¬)

- È vero: il nostro povero Arty, che si trattiene per non allungare le zampe sull’ingenuo Merlin, non può permettere che la prima Zanzara Malcresciuta di passaggio lo faccia al posto suo, no? XD

- Giustissimo: per quei due, ogni scusa è buona per passare una notte insieme! ^_=

- Forse Arthur ritiene ‘poco virile’ ammettere che ha accarezzato le tende del suo letto, perché dice: “Le ho solo sfiorate!”

- A domande specifiche, ho risposto direttamente sotto la recensione.

 

 

Vi metto BEN QUATTRO anticipazioni del prossimo capitolo:

 

Avrebbe ricordato a lungo lo sguardo luminoso di Linette, mentre con le dita sottili accarezzava le copertine impolverate quasi con devozione e timore reverenziale, e sfogliava avidamente le prime pagine, per colmare almeno in parte una fame di conoscenza infinita.

 

Nessun gioiello prezioso o vestito pregiato l’avrebbero mai resa così contenta.

Che lei non fosse una donna comune, il principe l’aveva capito fin da subito, ma era proprio grazie a queste stranezze che le si era affezionato e non avrebbe mai più potuto fare a meno di lei.

 

(...)

 

Arthur e Linette non avevano mai più parlato di come il nobile aveva trovato la sua ancella, quand’era stata rapita da Fenrir – Il Lupo. Ma l’ultimo dei suoi desideri era riaprire quelle vecchie ferite.

 

“Mi dispiace. Mi dispiace, io…” farfugliò la serva, abbassando lo sguardo, mortificata. “È meglio che vada…”

 

(...)

 

Di fronte a quella gentilezza inattesa, Merlin cedette, posando la guancia rovente contro il suo palmo aperto, caldo e ruvido – la pelle di un guerriero, l’odore familiare del cuoio – e si lasciò consolare, docile.

 

“Non volevo ferirti…” le bisbigliò fra i capelli, scusandosi. “O ridestare dolorosi ricordi…”

 

(...)

 

“Arthur… Morgana è una strega!” rivelò, infine, con tono grave, preparandosi ad un nuovo, piccolo finimondo.

 

 

[Piccola bomba, eh?! ^_=]

 

 

 

Ringrazio i 255 utenti che hanno messo Linette fra i ‘preferiti’, i 42 ‘da ricordare’ e i 400 ‘seguiti’.

Su, non siate timidi! Mi piacerebbe davvero sapere cosa ne pensate! ^_=

 

 

Avviso di servizio (per chi segue le altre mie storie):

  • Aggiornata la long-fic (12 caps, completa) merthur AU, “Waiting for you” col cap. 3.
  • Ho aggiornato la raccolta comica post!5x13: “The Once and Future… Prat.” col cap. 8.
  • Presto arriverà una nuova shot merthur.

 

 


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