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Autore: oO_Keira_Oo    02/10/2013    4 recensioni
Dal Capitolo 2
“C-come hai fatto a prendermi? Chi sei tu?” Chiese July in stato di choc.
“Davvero non ti ricordi di me?” Replicò lui.
“Dovrei?” Domandò ancora lei.
“Sai, quando eri piccola eri meno pesante da prendere al volo.” Scherzò di nuovo il ragazzo.
July lo guardò intensamente, poi qualcosa scattò e due semplici parole le vennero alla bocca, uscendo in un sussurro senza che lei se ne rendesse conto. “Peter...Pan...?”
Cari lettori, spero di avervi incuriosito almeno un pochino. É la mia prima storia in assoluto e sto cercando di renderla il più avvincente possibile. Le mie recensioni scarseggiano, ma l'importante é continuare, giusto? Ad ogni modo, nel malaugurato caso vi dovesse capitare di legge questa cosa oscena, siete i benvenuti! {COMPLETATA} ~ {SEQUEL A SETTEMBRE 2015}
FanFiction dedicata a Lucia & Luisa.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Peter Pan, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Neverland'
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Neverland

Il tempo cambia il volto delle cose, anche dei ricordi.

-Licia Troisi.

 

E' impressionante quanto repentinamente le emozioni delle persone, soprattutto dei bambini, possano cambiare.

Dalla gioia al dolore, dall'euforia alla malinconia in una frazione di secondo.

Sconcertante, però, è soprattutto il fatto che sia bastato uno sguardo a sconvolgere ogni cosa.

Un silenzio che turbava tutti si era diffuso nella stanza, la differenza rispetto a poco tempo prima era che nessuno si stava sforzando per mantenere questa quiete, ansi... ai cinque, nonostante gli sforzi, le parole non venivano; nessuno riusciva a formulare nemmeno una sillaba.

La piccolissima Zoey, guardò prima i suoi amici e poi la “mamma” e, non capendo cosa stesse succedendo, con piccoli passi veloci, andò nella stanza di Peter, prese il su orsacchiotto e tornò nella sala, ma trovò che nulla era mutato da poco prima. Chissà, magari Zoey si aspettava che portando con sé quell'orsacchiotto un po' spelacchiato e senza un occhio, tutto si ravvivasse. Arrabbiata con l'orsacchiotto, lo butto in malo modo a terra e mise il broncio; ma lo riprese immediatamente, stringendolo al petto.

Quell'oggetto era l'unica cosa che le faceva ricordare la sua vecchia vita, non che i ricordi fossero allegri, ma quel peluche era l'unico amico che la bambina aveva avuto per molto tempo. Nonostante stesse abbracciando il peluche, sentì, come sempre negli ultimi tempi, di aver bisogno di affetto; di qualcuno che abbracciasse lei, che la curasse, che le rimboccasse le coperte e, istintivamente, si lanciò verso la nuova mamma che l'accolse con una sorpresa che aumentò quando fu sommersa da altri cinque ragazzini urlanti ed eccitati.

Trilli guardava ancora più meravigliata di prima la scena, mentre i bambini, a quanto pare avevano già scordato tutto; ma si sa, ciò che preoccupa un adulto – o in questo caso una fatina quasi adulta - non potrà mai preoccupare un bambino.

 

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Puzza. Tutto ciò che riusciva a distinguere in quel caos era il fetore; fetore di spazzatura, di pesce, della birra che gli ubriaconi avevano appena rimesso, di vasi da notte svuotati dalle finestre e soprattutto, il fetore generale della gente del porto dei marinai.

Era la cosa più disgustosa che il suo “importante” naso avesse mai odorato, nemmeno alla Jolly Roger la puzza era mai stata così forte... e si trovava a bordo di una nave con almeno un centinaio di uomini che di rado ricordavano l'esistenza della mistica cosa chiamata sapone.

Immagino che le domande giungano spontanee: Cosa ci faceva lui, un pirata di alto rango, lì, in quel posto putrido e perché?

Persino lui se lo è chiesto, o meglio, lo ha chiesto alla persona che lo ha trascinato in quel lurido posto, ma non ha ottenuto nessuna risposta e, un po' per curiosità ed un po' per sfinimento, aveva seguito il peggiore dei topi di fogna alla scoperta di un sicuramente fastidioso ignoto.

Uncino seguì Spugna tra la folla che lo spingeva, gli pestava i piedi e lo buttava da un lato all'altro senza la minima cortesia né rispetto.

Ma cosa si aspettava? Era a Evelin's Port, il posto più squallido di tutta l'isola, situato alle spalle del grande vulcano che la divide in due parti e, come avrete capito, questa non era esattamente la parte “migliore”.

“Vedrà Capitano, ho le persone giuste per farle dimenticare tutti i problemi. E poi si sa: ora che abbiamo fatto il dovere, ci attende il piacere.” Disse Spugna precedendo il Capitano in quel marasma di gente. Lui, al contrario di Uncino, non soffriva molto ne della puzza ne del caos; forse perché era abituato al casino ed al puzzo della ciurma, oppure perché, in realtà, in quel posto ci veniva spesso a...rilassarsi.

Spugna svoltò a destra in un vicoletto stretto, fortunatamente per il capitano, meno affollato anzi, decisamente deserto, nonostante le varie case che si notavano lungo la stradina. Queste erano tutte uguali, in tufo che cadeva a pezzi, dal tetto spiovente di legno e le finestre rettangolari senza vetri, ad Uncino sembravano quasi disgustose, lui, in fondo, era abituato comunque al lusso della Jolly Roger, o almeno, al lusso della sua cabina.

Solo un edificio più lontano si distingueva rispetto agli altri: grande, in mattoni rossi, con balconi e finestre dalle vetrate lucide, e con un portone in legno nero. Hook era uomo di mondo e conosceva benissimo cosa significasse quell'edificio, in quel posto:

un Bordello.

 

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“Vieni, dai! Ti faccio vedere la tua camera!”

Peter già stava salendo delle scale di pietra, July lo seguì a ruota, ma non prima di aver gettato un ultimo sguardo ai bimbi sperduti, che tutti in cerchio cercavano di mettersi d'accordo sulla scelta del gioco; cosa a dir poco ardua.

Era rimasta sbalordita quando, poco prima, l'avevano sciolta da un grande abbraccio e si erano tutti messi in riga al comando del Pan, come tanti soldatini, presentandosi.

Salì qualche altro scalino e si trovò d'avanti ad un'arcata fatta di legnetti, con una grossa pelle di animale che fungeva da porta.

La scostò ed entrò nella stanza.

Peter Pan era in piedi al centro della grande camera. July fece qualche passo avanti e vide difronte a lei una bellissima finestra di legni intrecciati, a sinistra un letto da una piazza e qualcosa con lenzuola bianche e sulla sinistra una grande libreria in legno affiancata da un armadio.

Camminò passando Peter e dirigendosi verso la finestra.

“Non è che ci sia molto, ma ci si può stare.” Commentò Peter

“Scherzi? È bellissima!”

“Mi fa piacere che ti piaccia, ma in realtà l'hanno voluta fare i bimbi sperduti, così. Per me il letto era l'unica cosa importante in una camera da letto.” Finì avvicinandosi.

Ah, ecco, mi sembrava! Il gusto non è qualcosa di comune ai ragazzi!

Pensò la ragazza, ma tenne la bocca opportunamente chiusa, limitandosi a roteare gli occhi.

“Mamma, Pennino vuole giocare a indiani e pirati, diglielo che nascondino è meglio!”

La voce squillante di Orsetto, che apparve all'uscio della porta, interruppe i pensieri della ragazza.

“Mamma, non è vero! A indiani e pirati è più divertente e poi a nascondino fanno contare sempre me, non è giusto!”
Ed ecco che apparve Pennino.

Peter si avvicinò a Orsetto.

Meno male, sistema tutto lui! Pensavo di dover fare io e mettermi uno dei due bimbi contro.

“Orsetto...” iniziò Peter “sanno tutti che indiani e pirati è più divertente di nascondino; fattene una ragione!”

Non ci credo! Ma scherziamo? E lui dovrebbe fare il papà?

“Spostati.” Disse a Peter, dandogli uno spintone e mettendosi di fronte ai due bambini. “Ragazzi, perché non fate prima uno e poi l'altro?”

I bambini si guardavano e poi sorridenti annuirono.

“Si, ma quale prima?” chiese Orsetto.

“Ma è naturale, prima indiani e pirati.” Disse Pennino mettendo le mani sui fianchi e sorridendo.

“Ah, sì? E chi lo ha detto?” Gli chiese Orsetto arrabbiato.

“Ma io, naturalmente!”

Così non si arriva da nessuna parte. E se invece...

“Peter, non è che hai una monetina per caso?”

“Una monetina?” Chiese Peter confuso.

“Sì, una moneta.”

“Dovrei averne qualcuna rubata ad un pirata!”

Rubata ad un pirata?! Il pazzo, se lo avessero scoperto, avrebbe potuto rimanere mutilato e poi al massimo, con Uncino poteva fare la battaglia a uncino di ferro.

Peter diede la moneta alla ragazza furente.

“Facciamo così: se la moneta esce...spade... facciamo prima nascondino, mentre se esce...la nave... si fa prima indiani e pirati.” Disse July girandosi la strana moneta tra le mani, esaminandola.

Guardò i volti risoluti dei due bambini, prese un respiro e lanciò la monetina in aria; quando questa stava a mezz'aria, una mano la rubò.

“Siii! Si gioca a indiani e pirati!” Annunciò Peter volando per la stanza e, subito dopo, rimise la moneta in tasca.

Pennino corse giù per annunciare la bella notizia, seguito da un Orsetto che gridava dicendo che Pennino aveva barato, un Pan sorridente e una July sospettosa.

“Peter ma davvero è uscita la nave?” Gli chiese lei e lui, con la faccia da finto ingenuo, rispose:

“La nave? Perché, scusa, indiani e pirati non era spade?

 

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“Allora, cosa le ho detto, Capitano? Sapevo che sarebbe rimasto di stucco!” Disse Spugna tutto esaltato.

Il volto un po' rugoso del Capitano si contorse in una smorfia di puro dolore, fastidio, disgusto, disprezzo e rabbia; per poi calmarsi. Stranamente faceva più paura da calmo che da adirato.

“Spugna, caro, vecchio topo di sentina, Spugna. A me non importa di come spendi il tuo denaro da marinaio, di cosa ti piaccia fare nel tempo libero e se te la fai con altre tope di sentina.” Uncino disse il tutto con molta calma, guardando Spugna, che iniziava a temere il peggio, ed il peggio non era certo la morte, con Uncino, la morte era la minore delle pene, secondo Spugna.

“Ma guai a te,” gridò Uncino “se con una scusa mi riporti in un posto simile o un qualunque altro posto! E ora fila alla nave!”

 

“No, non ci posso credere! Uncino, il vecchio Capitano Giacomo Uncino! In realtà, non sei cambiato tanto.” Una vecchia voce rugosa interruppe il simpatico dialogo.

Giacomo Uncino si girò verso quella strana voce, arrivata alle sue orecchie come un getto d'acqua fredda a prima mattina. Fece qualche passo avanti.

“Noi... ci conosciamo?”

Una risata amara sfuggì da quelle labbra increspate “Beh, non si può dire che siamo mai stati amici intimi, ma sì, in certo senso, sì”.

Sia Spugna che il Capitano avevano espressioni concentrate sulla faccia: stavano disperatamente cercando di ricordare chi fosse quella persona.

“Andiamo, davvero nessuno di voi due si ricorda di me? Neanche un pochino? Che delusione...”

Si avvicinò ai due uomini camminando lentamente.

“Peccato, io ricordo entrambi. Va beh, fa nulla. È stato un piacere rincontrarvi.” E fece per andarsene.

“Aspetta!” Disse Uncino facendo fermare la persona. “Quegli occhi, quel volto, io li ho già visti...” e si fermò un minuto. “Chi sei tu?”

“Il mio nome? Davvero non lo ricordate?” Rise sommessamente e sì abbassò a fare la riverenza. “Io, signori, ero un tempo conosciuta da te, Uncino, come l'odiosa ragazzina, ma è passato molto tempo d'allora, adesso sono conosciuta come Beatrice Cook.”

 

N/A:
Ciao gente! Ok, come prima cosa, voglio festeggiare con voi i
quasi 200 visitatori!
Ma anche le
18 recensioni !!! Sono davvero molto orgogliosa, non per il numero di recensioni ma per le parole: tipo mi hai fatto appassionare al genere, mi hai fatto venire voglia di scrivere ecc...
Come diciamo noi a Napoli: c'h este so' soddisfazioni! (non sò se ho scritto bene)
Comunque, spero che vi sia piaciuto, ora vado, lo devo publicare tra i libri, percui, ci si sente dopo!
Con immenso affetto e co' tutt'o core

- Giulia

 

 

   
 
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