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Autore: Laylath    02/10/2013    1 recensioni
Il suo posto era altrove, la sua fedeltà era per un’altra persona, un altro gruppo.
E ne aveva passate tante prima di giungere a loro…
La storia del nostro amato Maresciallo Falman.
Genere: Azione, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Team Mustang, Vato Falman
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Military memories'
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Capitolo 22.
1909. The real birth of a team

 



Come se i chiarimenti della sera precedente avessero risolto tutta una serie di problematiche latenti, quella mattina in ufficio si respirava un’aria diversa. I tre soldati avevano perso quasi del tutto la loro rigidità iniziale e finalmente iniziavano a mostrare i loro veri tratti distintivi; inoltre il cattivo umore di Havoc era scomparso del tutto, tanto che quando entrò il maresciallo Hawkeye la salutò come se niente fosse successo.
Falman osservò con interesse la reazione della donna a quel cambiamento d’atteggiamento da parte di Havoc e si accorse che, nonostante le solite apparenze marziali, c’era una notevole componente di sollievo.
Probabilmente credeva di essersi inimicata Havoc e la cosa le dispiaceva… è azzardato dirlo, ma inizio a sospettare che stiamo legando l’uno con l’altro.
Lasciarsi alle spalle le precedenti esperienze umane era certo difficile, ma loro tre stavano dimostrando di potersela cavare egregiamente. Discorso diverso, ovviamente, andava fatto per Mustang ed il maresciallo Hawkeye: loro non avevano una precedente squadra da cui liberarsi emotivamente, ma forse proprio per questo era abbastanza difficile accettare tutto quello che far parte di un gruppo comportava.
Falman era abbastanza sensibile da accorgersi di questa loro difficoltà: era come se da una parte si volessero lanciare, specie ora che vedevano che lui, Havoc e Breda stavano facendo enormi passi avanti, ma dall’altra erano bloccati dal rango e da quella che si poteva definire paura.
Però devono venirci a patti… senza di loro non possiamo essere davvero una squadra.
In ogni caso, Mustang non ebbe alcuna esitazione nel chiamare Breda e Falman alla propria scrivania e domandare loro cosa avessero ricavato dai tre giorni di lavoro.
Con un sorriso, Breda srotolò una piantina della zona sud di East City.
“Abbiamo trovato il luogo di stoccaggio dei materiali rubati, signore”
A quell’affermazione gli occhi di Mustang brillarono di aspettativa e annuì con approvazione
“Ottimo lavoro. Non preoccupatevi di abbondare con i dettagli”
E ne avevano da raccontare: il pedinamento della sera prima li aveva portati ad un vecchio palazzo abbandonato dove quasi tutta la banda era riunita. Come aveva predetto Falman, si trattava di un gruppo di una trentina di persone, contando anche eventuali assenti, di cui buona parte erano componenti dell’esercito. Falman e gli altri li avevano ascoltati con attenzione mentre parlavano di un prossimo saccheggio nei magazzini, la notte successiva: le merci così accumulate sarebbero state sufficienti a fare un unico grande blocco che poteva essere portato fuori dalla città, verso il deserto dell’Est, dove spesso i contrabbandieri avevano le loro piste più sicure.
“Intendono agire stasera stessa, dunque” commentò Mustang
“Sì, signore, – annuì Breda – e non nego che sia un’occasione molto ghiotta: li potremmo prendere con le mani nel sacco”
Falman annuì a sua volta. Ne avevano parlato e sapeva che tutto sommato era abbastanza rischioso: dovevano fare a meno di almeno tre giorni di ulteriore preparazione. Ma c’era anche la possibilità che, dopo questo colpo, la banda decidesse di fermarsi per un certo periodo: la notizia che qualcuno si stava occupando dei furti nei magazzini non sarebbe rimasta segreta per molto tempo.
Le condizioni favorevoli c’erano tutte quante… si trattava solo di osare.
Mustang rimase in silenzio per diversi minuti, fissando a turno tutti i membri della squadra. Anche Havoc e il maresciallo Hawkeye si erano accostati alla scrivania del loro superiore e tutti attendevano con trepidazione la decisione dell’alchimista di fuoco.
Ce la possiamo fare – annuì Falman impercettibilmente, cercando di trasmettere la propria forza di volontà a quel giovane dai capelli neri in cui stavano riponendo tanta fiducia – Si tratta solo di fidarci uno dell’altro. Lo so che è difficile, ma…
“Va bene. – disse Mustang all’improvviso, alzandosi in piedi – Sono le nove e mezza… Breda, a che ora dovrebbe partire l’operazione per il nuovo furto?”
“Parlavano di muoversi verso le dieci di notte, signore: dopo la fine dell’ultimo turno”
“Bene: per prendere tutta la banda è necessario andare nel loro covo… in questo palazzo. Falman, gli hai dato un’occhiata? Sai più o meno cosa possiamo aspettarci da edifici come questo?”
“E’ una tipologia abitativa che conosco bene, signore”
“Havoc, maresciallo, siete in grado di…”
“Nessun problema, signore – sorrise Havoc, prima che la ragazza potesse dire qualcosa – siamo pronti all’azione”
“Allora iniziamo: abbiamo dodici ore per prepararci all’azione”
Falman sorrise.
E così inizia la nostra avventura come squadra…
 
Quella notte, alle dieci, erano tutti piazzati ai loro posti seguendo un piano che avevano elaborato tutti insieme.
Nelle precedenti missioni Falman aveva sempre svolto un ruolo di copertura assieme ad Alexis, ma questa volta si trovò in una posizione completamente nuova: Mustang lo volle accanto.
Potrei aver bisogno di altre informazioni, Falman… tieniti accanto a me.
Stare accanto all’alchimista di fuoco, mentre attendevano nascosti all’interno dell’edificio, era un evento che Falman non avrebbe mai pensato possibile. Tuttavia la sua naturale curiosità ebbe la meglio e così impegnò l’attesa osservando con discrezione il suo superiore.
Era più basso di lui di circa cinque centimetri ed i capelli nerissimi erano sottili e folti. Il viso, nonostante l’esperienza bellica, non aveva nessuna cicatrice e conservava una bellezza innegabile, accentuata dagli occhi scuri dal taglio affilato. Nonostante l’ovvia tensione, era perfettamente a suo agio a far parte di un’azione come quella: sopra la divisa indossava un cappotto nero che conferiva alla sua figura un particolare fascino tenebroso.
Poi, all’improvviso, Falman gli vide mettere le mani in tasca e, dopo qualche secondo, sfilò un paio di guanti. Al sergente non ci volle molto per capire che erano diversi da qualsiasi altro tipo: bianchi, chiaramente di una stoffa particolare, avevano sul dorso degli strani disegni rossi.
Erano segni alchemici.
Falman non aveva la minima idea di come funzionasse l’alchimia del fuoco: non aveva mai visto nemmeno un normale alchimista all’opera, figuriamoci uno così particolare come Roy Mustang. Ora che ci pensava… come era possibile per una persona creare le fiamme? Più che alchimia gli sembrava di avventurarsi nel campo della magia…
E quante persone possono uccidere le fiamme…
Improvvisamente i suoi pensieri tornarono a quel foglio di carta con l’ordine di King Bradley.
Mustang intercettò il suo sguardo e a sua volta fissò i suoi guanti. Sembrava in procinto di dire qualcosa, ma alla fine scosse lievemente il capo e se li infilò con mosse sicure: ora che aderivano perfettamente alle sue mani, sembrava che quei segni avessero preso vita e fossero pronti a scatenare le fiamme.
Del resto è un alchimista… è questa la sua arma principale.
Si chiese che odore potesse avere la carne umana bruciata e sperò vivamente di non sperimentare tale sensazione proprio quella notte.
 
Non erano gli ultimi arrivati: erano soldati d’eccezione e quella sera lo confermarono.
Erano in cinque contro trenta, ma il piatto della bilancia pendette a loro favore.
Falman e Mustang erano posizionati dietro alcune casse di materiali, immediatamente dopo l’ingresso: il loro compito sarebbe stato impedire la fuga di eventuali uomini. Havoc e il maresciallo Hawkeye si erano sistemati rispettivamente ai due lati di una sorta di loggiato tipico di quelle vecchie costruzioni: si erano spartiti gli uomini da tenere sotto controllo per eventuali azioni di disarmo. Breda invece, nonostante la sua stazza aveva avuto il ruolo di “sfondamento”, considerato che doveva essere lui a presentarsi ai nemici e a metterli in confusione.
Per altre persone un piano simile sarebbe stato da suicidio.
Ma si trasformò nella prima grande vittoria della loro squadra.
Certo, un grosso contributo venne dal fatto che, tutto sommato, avevano a che fare con una banda poco organizzata e professionale, nata più che altro dalla situazione ancora instabile dell’esercito dopo la guerra civile.
Nessun vero professionista: – rifletté Falman, mentre vedeva quelle facce, mano a mano che si riunivano nella stanza – le vere organizzazioni sono ben altro. Le uniche difficoltà proverranno dai soldati che sono armati…
Facendo un rapido conteggio degli uomini presenti, Falman annuì lievemente al tenente colonnello, segnalandogli che potevano iniziare le danze. A sua volta l’uomo fece un cenno verso l’alto, verso Havoc ed il maresciallo che quindi provvidero a comunicarlo a Breda.
Il vociare discreto degli uomini fu subito interrotto dalla voce del maresciallo rosso.
“Mi dispiace interrompere questa discussione, ma siete tutti in arresto”
La squadra del tenente Mc Dorian non avrebbe mai fatto un’entrata in scena così sfacciata, eppure c’era un grande calcolo dietro quella teatralizzazione: trenta uomini furono completamente colti di sorpresa da quella singola apparizione. Breda teneva sguainata la propria pistola e, oggettivamente, era una minaccia irrisoria per una banda la cui maggior parte dei componenti era armata.
Ma in gioco c’era anche una forte componente psicologica: Breda, dopo chissà quante missioni con la Squadra Falco, aveva enormi capacità di gestione del nemico. Non indietreggiò, non fece gesti eclatanti… era come se quello che stava facendo fosse un gesto di ordinaria amministrazione. E questo contribuiva a prolungare l’effetto sorpresa.
I soldati ovviamente furono i primi a reagire, cercando di estrarre le proprie armi dalle fondine. Falman se lo aspettava: non solo erano quelli con maggiore disciplina, ma erano anche coloro che incorrevano nella pena più grossa, considerando che quel contrabbando equivaleva ad un tradimento nei confronti dell’esercito.
Ma a bloccare eventuali azioni contro il maresciallo rosso ci pensarono spari improvvisi provenienti dall’alto. Falman rimase a guardare gli uomini che uno dopo l’altro cadevano, feriti, come tante mosche… era un tiro a segno così continuo e preciso che quelli ancora illesi si limitavano a sparare verso direzioni indefinite, non riuscendo a capire da dove provenissero i colpi.
Certo non possono immaginare che se la stanno vedendo con due tra i migliori cecchini dell’esercito.
In ogni caso, mentre i soldati restavano a combattere contro quegli invisibili nemici, a cui si aggiungeva anche qualche sparo di Breda, i restanti componenti della banda si diressero in massa verso l’uscita.
Falman si irrigidì, stringendo la presa sulla pistola, ma venne bloccato da un gesto di Mustang.
“A loro ci penso io” dichiarò l’alchimista
“Signore…” provò a bloccarlo Falman, vedendo con terrore una mano guantata protesa in avanti.
Non sapeva cosa sarebbe successo, non aveva idea di come l’alchimista si sarebbe comportato.
Ma l’immagine di quel decreto del Comandante Supremo gli tornò alla mente.
Ti prego, non uccidere! – supplicò Falman, serrando gli occhi.
 
Tutto quello che udì, come se gli altri rumori della stanza fossero annullati, fu uno schiocco di dita.
E poi il fuoco che divampava: ne sentì il calore, il rombo fremente, da dietro le palpebre serrate intuì anche la luce più intensa.
E le urla!
No! Dimostrami che ho visto giusto! Non puoi…
“Vi consiglio di restare fermi dove siete e di non tentare la fuga” disse la voce di Mustang
A quelle parole gli occhi di Falman si aprirono e guardarono con sorpresa di fianco a lui. Il suo superiore aveva abbandonato la sua posizione dietro le casse e si era portato in campo aperto, con un muro di fiamme immediatamente dietro di lui… un muro che si frapponeva tra i nemici e l’uscita.
“Sono il tenente colonnello Roy Mustang: vi dichiaro tutti in arresto per contrabbando e sottrazione di materiale appartenente all’esercito. Adesso fate cadere tutte le armi a terra.”
 
Nemmeno dieci minuti e la missione era completata.
Mentre osservava i contrabbandieri ammanettati che venivano portati via da altri soldati, Falman si concesse di esultare: aveva funzionato.
Adesso potevano definirsi davvero una squadra.
“Ottimo lavoro, sergente maggiore” sorrise, mentre Havoc si accostava a lui, seguito dopo qualche secondo da Breda
“Oh, niente di che. Ve l’avevo detto che non ci sarebbero stati problemi”
“Però… – ammise Breda, con un sorriso – devo ammettere che non è affatto male lavorare con tutti voi. E’ una cosa completamente diversa da quello che facevamo nella Squadra Falco, ma non posso negare che mi piaccia”
“Maresciallo Hawkeye – salutò Havoc, mentre la donna si avvicinava – ha visto? Sono stato preciso come le avevo promesso”
E c’era un sorriso sfacciato sul viso del biondo, una cosa che non si era mai permesso di fare davanti a lei.
E come Falman prevedeva, Riza rispose a quel sorriso
“Non mi aspettavo altro da te, Havoc. E’ stato un bel lavoro di squadra, non c’è che dire”
“Sì, davvero. – annuì Mustang avvicinandosi a sua volta – Devo ringraziare tutti voi: siete stati grandiosi, non solo stasera, ma anche nei giorni precedenti”
“La ringraziamo per queste lodi, signore” sorrise Falman, mettendosi sull’attenti, seguito da Havoc e Breda
L’alchimista sorrise appena, tirando fuori le mani dalla tasca del cappotto nero e il sergente notò che non aveva i guanti.
Se li è levati appena finita la missione… si vede che ogni volta che li mette vede ancora Ishval. Del resto è passato davvero troppo poco tempo da quella vicenda.
“Bene – disse Mustang – andante pure a godervi il meritato riposo, ragazzi. Ci vediamo domani in ufficio”
“Buonanotte, signore” salutò Breda, mentre l’uomo si allontanava seguito dal maresciallo Hawkeye
“Ma che gli è preso? – chiese perplesso Havoc, grattandosi la nuca bionda – Volevo proporgli di andare a bere qualcosa tutti assieme”
“Lascia stare, Havoc. – sospirò con un sorriso il maresciallo, dando un pugno alla spalla del compagno – Credo che lui sia fatto così: non è abituato ad essere di grande compagnia come te… ma fidati che oggi siamo stati una squadra. Che ne dici, Falman?”
“Sì, direi proprio di sì… l’esame è stato superato a pieni voti”
“E che voto dai all’alchimia che ha usato?” chiese ancora Breda con uno sguardo tagliente
Falman tornò serio e fissò la figura ormai lontana, con quel cappotto nero che sembrava quasi un mantello.
L’associazione con il documento della guerra di sterminio non ci fu.
“Direi che la userà per cambiare le cose in meglio”
“Era quello che mi aspettavo di sentire”
“Va bene – sbottò Havoc – basta con questi discorsi: dopo una bella vittoria ci vuole una bevuta tutti assieme. Che dici, Falman, un bicchierino con noi prima di tornare da tua moglie?”
“Si può fare, sergente maggiore” sorrise Falman.
 
Il bicchierino in realtà durò molto di più e Falman si ritrovò a rientrare a casa a l’una di notte.
Con sua sorpresa vide che la luce della stanza da letto era ancora accesa ed entrando vide che Elisa era sdraiata prona a letto a leggere un libro, le gambe sollevate come quando era una ragazzina.
“Come mai ancora in piedi?” chiese il sergente
“Ti aspettavo, no?” rispose lei con un sorriso
“Non sapevi a che ora tornavo…”
“Beh, sono stata fortunata allora… sei tornato prima che cedessi al sonno. E hai bevuto parecchio, mi sa”
Lasciamo perdere il conto dei bicchieri… Havoc è un grande trascinatore
“Uh, scusa… è che dovevamo festeggiare la riuscita della missione e…”
“Lo sapevo! – esclamò la ragazza, gettando via il libro e saltandogli addosso – Lo sapevo che sareste riusciti a lavorare tutti assieme! Oh, amore! Sono così felice per te”
“Eli…mh!”
Era da parecchio che non veniva zittito da un bacio di Elisa.
E fu un bacio passionale che si accorse di voler continuare all’infinito.
“Ehi… - mormorò, staccandosi da lei – ti avviso che se si continua così potrei voler continuare i festeggiamenti”
“Oh, allora continuiamo pure, sergente! La vittoria ti dà un non so che di affascinante”
Ed i festeggiamenti di Falman continuarono in una maniera molto differente rispetto ai brindisi con Havoc e Breda.
 
Il giorno dopo, per la prima volta, Falman entrò in ufficio con la certezza di avere a che fare con la sua squadra. E non si sbagliò.
Finalmente qualsiasi residuo di riservatezza era sparito.
“Ehi, Falman, - lo salutò Breda – che ne dici di una ciambella?”
“Ma l’ora della colazione è già passata” obiettò lui
“Oh, per queste delizie non c’è un’ora precisa… che ne dice maresciallo Hawkeye, ne vuole una?”
“Magari dopo, Breda – rispose la donna mentre andava verso la scrivania di Mustang – Signore, lei deve assolutamente controllare e firmare queste cose e…”
“Adesso?” chiese l’alchimista con aria annoiata, distogliendo lo sguardo dal giornale
“Adesso” annuì lei
“Ma c’è tempo…”
“Se inizia a rimandare poi non resterà tempo, signore”
“No, Havoc – disse intanto Breda – fammi il favore di non far cadere la cenere sulle mie ciambelle”
“Scusa tanto! E allora tu vedi di non appiccicare tutta la scrivania con quello zucchero e quella glassa”
“Mai fatto in vita mia!”
Sì, decisamente – sorrise Falman – siamo tutti fuori dall’ordinario anche in queste scene di vita quotidiana.

 



_________________________________
nda.
Uh, meno male! Sono riuscita a terminare il capitolo giusto prima della mia partenza!
Starò via fino a martedì e mi dispiaceva lasciarvi in pausa per così tanto. 
Ci si vede la settimana prossima :D
 
  
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