Storie originali > Drammatico
Segui la storia  |      
Autore: acrosstheoceanx    03/10/2013    0 recensioni
Mi sbattei il portone alle spalle e sospirai pesantemente, cercando di scacciare via dal mio cuore tutte le angoscie, tenni lo sguardo fisso a terra per alcuni minuti. Nessuno mi aveva seguito, nemmeno mio padre, quel codardo di mio padre. Ricordo ancora il suo capo chino, il suo sguardo pieno di dolore e vergogna per se stesso, colmo di scuse che avrebbe voluto dire a parole, ma che aveva invece il buon senso di non lasciar trapelare dalla sua inutile bocca. Non aveva detto nulla, aveva lasciato che Jenn mi umiliasse in casa mia, per l'ennesima volta.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

When there's no light to break up the dark, that's when I look at you.



Vidi mio padre sullo stipite della porta guardarmi con aria preoccupata, mi levai lentamente una cuffietta dall'orecchio e lo guardai come per incoraggiarlo a parlare, facendogli capire di non aver sentito. Avanzò lentamente e quasi esitò.
''Erin, vieni a mangiare, è pronto.'' esordì timidamente.
''Non ho fame.'' Dico solamente e con aria di sfida rimetto la cuffietta precedentemente tolta. Mi guardava sospirando, come se stesse cercando di cogliere qualcosa nello sguardo. Si alzò all'improvviso e si diresse velocemente in cucina. Sentì un tonfo al cuore e strizzai gli occhi, come per assimilare altro dolore. Non ebbi nemmeno il tempo di spegnere il cellulare che notai un'altra figura allo stipite della porta, una figura alta e snella, un atteggiamento di superbia e superiorità e un ghigno sinistro aleggiava sul suo volto.
''Vedi di non fare la principessina e vieni a mangiare.'' La sua voce mi fece venire il voltastomaco e per poco non le risposi male, cercai di sostenere il suo sguardo, ma con scarso risultato. Velocemente si avvicinò a me e prendendomi una ciocca dei capelli la tirò forte, mi uscì un gemito di dolore che feci subito per frenare, guardai nei suoi occhi neri e trasalì un attimo, spaventata, disorientata. Tremavo impercettibilmente, avvertivo un nodo in gola che mi impediva di respirare. Lei si allontanò e dopo che scomparve in cucina, sedendomi sul mio lettino cercai di ricompormi. Mi riavviai i capelli e presi un respiro profondo, dopodiché mi diressi lentamente in cucina. Vidi mio padre sul divano che quando si accorse di me, girando il viso, mi regalò uno sguardo dispiaciuto e preoccupato che io prontamente ignorai spostando lo sguardo. Arrivata al tavolo, notai che mancava una sedia, non c'era posto per me.
''Papà, c'è un'altra sedia?'' Chiesi timidamente abbassando lo sguardo e aspettando una risposta.
''No, sono finite. L'ultima si era rotta e allora ho pensato di buttarla'' rispose la voce di Jenn.
''Io dove dovrei sedermi?'' chiesi sconvolta, guardando Jenn mentre apparecchiava la tavola.
''Guarda, proprio lì c'è un divano.'' sbottò indicandolo, mi girai scoprendo mio padre allibito, però non disse niente, abbassò lo sguardo. Il cuore mi si fermò per un istante, le lacrime minacciavano di inondarmi gli occhi, ma non potevo permettermelo. Vidi intorno a me tutto ciò che avevo sempre desiderato e mai posseduto, i miei fratellini che guardavano Jenn cucinare, loro padre seduto comodamente nel divano. Un clima familiare non perfetto, ma normale. Tutto mi sembrò così ingiusto, ricordai in un istante tutti i momenti bui trascorsi a piangere da sola a casa di mia nonna, la figura di mio padre assente e mia madre, che la sera, allo stremo delle forze tornava da lavoro con gli occhi scuri, inumiditi dalle lacrime e il volto pallido. Le serate passate sotto il bagliore di una luce fioca a disegnare, a cercare di accaparrarmi quegli ultimi frammenti di infanzia che minacciavano di smembrare la mia innocenza.  
Mi girai di spalle all'improvviso e aprendo la porta, uscì da quella casa con indifferenza. Scesi velocemente le scale, trattenendo le lacrime vogliose di vedere la luce, non gliel'avrei permesso. Non avrei permesso più a nessuno di ferirmi.
Mi sbattei il portone alle spalle e sospirai pesantemente, cercando di scacciare via dal mio cuore tutte le angoscie, tenni lo sguardo fisso a terra per alcuni minuti. Nessuno mi aveva seguito, nemmeno mio padre, quel codardo di mio padre. Ricordo ancora il suo capo chino, il suo sguardo pieno di dolore e vergogna per se stesso, colmo di scuse che avrebbe voluto dire a parole, ma che aveva avuto invece il buon senso di non lasciar trapelare dalla sua inutile bocca. Non aveva detto nulla, aveva lasciato che Jenn mi umiliasse in casa mia, per l'ennesima volta.
Mi misi a camminare, mi strinsi nella mia felpa. Il freddo di quella serata pungeva sulle mie braccia e sul mio collo, mi sentivo così vulnerabile, così sola. Guardai la luna, così grande e finsi che per un attimo lei stesse camminando accanto a me, con me. Un patetico conforto che per un attimo mi diede sollievo, sorrisi tristemente, ironizzando quasi su tutto ciò che era accaduto durante la mia vita, cercando una sfaccettatura sarcastica che caratterizzasse la sofferenza che aveva attraversato il mio cuore e i miei anni per così tanto tempo.  
All'improvviso scoppiai in un pianto disperato, i singhiozzi mi scuotevano il petto. Nonostante la mia mano stesse torturando gli occhi per asciugare tutte le lacrime, non riuscivo ad impedire che essere uscissero. Sgorgavano copiose, solcando le mie guance, e non potetti fare a meno di cedere alla debolezza. Mi arresi alla sconsolazione, mi concessi per un attimo di essere umana.  
Frugai nelle tasche della mia felpa e nervosamente estrassi una sigaretta e l'accendino. Portai la sigaretta alle labbra, come se fosse una vecchia amica, riconoscendo e sentendomi rincuorata dalla presenza e dal gesto ormai familiare, mi rilassai immediatamente quando la nicotina prese a girare dentro le mie vene. Chiusi gli occhi un attimo, beandomi di quel momento, lasciando che le sensazioni levigassero il mio corpo. Espirai e vidi il fumo uscire dalle mie labbra, sorrisi amaramente.
Senza accorgermene ero arrivata vicino al parco gremito di gente, il pianto si era arrestato. Mi faceva male la testa e avevo difficoltà a veder chiaro, la mia felpa sembrava all'improvviso troppo leggera. Il freddo mi causava continui brividi, allora decisi di sedermi in una panchina che giaceva sotto un albero, ormai spoglio a causa del crudele volere dell'autunno. I rami nudi e secchi, privati della loro bellezza. E quasi riuscivo a comprendere quell'albero, sentivo come se avessi un autunno dentro di me. Un autunno che durava da ben 16 anni, che agiva lento e fatale sulle mie membra, che mi sottraeva allo scoccare di ogni seconda un anelito di vita. Un autunno che mi aveva spogliata del sorriso, dell'allegria e della creatività. Al loro posto giacevano ormai una consolidata apatia che cercava invano di proteggere il mio cuore. Una tristezza che si insinuava nelle vene e mi portava a trascorrere notti insonni all'insegna di pensieri troppo grandi per una mente che deve ancora sbocciare.
Ad un tratto i miei pensieri furono interrotti da una mano che si era poggiata sulla mia spalla, ebbi un fremito e di colpo mi girai.
''Scusa, potresti prestarmi l'accendino?''.
Fu allora che vidi i suoi occhi verdi.
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: acrosstheoceanx