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Autore: lilyhachi    03/10/2013    6 recensioni
(STORIA IN REVISIONE)
(What if; Killian Jones/Ariel; spoiler seconda stagione)
Visto che la Sirenetta dovrebbe apparire nella terza stagione e che adoro Hook, ho provato ad immaginare cosa sarebbe potuto succedere se le strade di questi due personaggi si fossero incrociate prima (precisamente sull'Isola che non c'è) e su come la presenza di Ariel potesse "incastrarsi" con gli eventi della prima e della seconda stagione. Spero tanto che vi piaccia e vi auguro buona lettura.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ariel, Killian Jones/Capitan Uncino
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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XII
 

My kind of love
 
 
And though the sand may be washed by the sea and the old will be lost in the new.
Well four will not wait for three, for three never waited for two.
And though you will not wait for me. I'll wait for you”.
 

Ariel si sentiva stupida. Completamente stupida.
Stava camminando a passo svelto verso l'ospedale per raggiungere Dylan che era stato appena preso a pugni da Killian. Dovette fare ricorso a tutta la sua forza di volontà per capire se fosse successo davvero, per un attimo le era sembrato uno strano sogno, frutto della sua mente deviata e sadica che tendeva solo a farle del male, come aveva fatto con quel sogno in cui Killian le aveva detto di non perdere mai di vista l'orizzonte. Lei non lo aveva perso di vista nemmeno per un secondo.
Arrivò in poco tempo all'ospedale di Storybrooke e trovare il suo fidanzato non fu difficile, poiché era semplicemente seduto su un lettino nel bel mezzo del corridoio, mentre un'infermiera gli medicava il taglio sulla guancia e Dylan si ritraeva con fare dolorante.
Ariel aspettò che l'infermiera finisse, prima di avvicinarsi, e Dylan si accorse subito di lei, rivolgendole un'occhiata rammarica e incitandola ad avvicinarsi.
La ragazza gli strinse una mano, respirando profondamente. Si sentiva strana, come mossa da una qualche strana forza interiore che voleva spingerla a parlare con Dylan a cuore aperto.
Lui la fissava e sembrava sapere che per entrambi era giunto il momento di portare alla luce tutto ciò che avevano tenuto nascosto per tanto tempo, e non soltanto per la maledizione.
“Quando sono fuggita dal mio regno”, cominciò lei con un lieve tremolio nella voce. “Ero alla ricerca di avventure, volevo vivere una vita vera, non quella che avevano già scelto per me. Volevo innamorarmi, provare quell'amore che ti fa sentire le farfalle nello stomaco e tutto si è realizzato quando sono salita sulla Jolly Roger. Ho imparato a trovare il mio posto insieme a quei pirati, che sono più umani di quanto potrebbero sembrare e Killian ha occupato un posto speciale nel mio cuore, che non ha mai abbandonato, neanche nei momenti più bui”.
Dylan trasalì a quella frase. Per lui doveva essere una vera e propria pugnalata; una rivelazione che forse sospettava ma che non avrebbe mai creduto di sentire realmente.
E' sempre così: c'è una differenza sottile tra l'intuire qualcosa e sentirla uscire dalle labbra di una persona. Fa male ugualmente, anche quando dentro di te lo hai sempre saputo.
Stava facendo male a Dylan, ma Ariel sapeva che le sue bugie gli avrebbero inferto più dolore.
“Non ho mai smesso di provare qualcosa di forte per lui”, continuò la ragazza, mentre Dylan la ascoltava in religioso silenzio. “Quando il sortilegio ci ha colpiti, io e te ci siamo ritrovati insieme, senza sapere nulla l'uno dell'altro e ricordando soltanto uno sguardo fugace, scambiato alla locanda in cui ci siamo visti per la prima volta. Non ho mai voluto illuderti, dico davvero ma...”.
“Il nostro non è mai stato amore vero”, la interruppe lui con tono afflitto ma tranquillo. “Ultimamente, questo pensiero mi è balenato spesso nella mente. Sai, ci sono persone come David e Mary Margaret che si sono sempre trovate, nonostante tutto. Noi, invece, no...non abbiamo mai avuto bisogno di cercarci a vicenda perchè non era me che volevi trovare. Non è da me che Regina ti ha separato ma da qualcun altro ed io non volevo credere ad una verità così evidente”.
Ariel rimase per qualche secondo ad osservarlo, stupita per quello che aveva detto. Si aspettava una reazione carica di furia, fatta di un alto tono di voce e di insulti, invece Dylan le stava praticamente dicendo che tra loro non c'era mai stato nulla e sembrasse quasi accettarlo.
Certe persone era ancora in grado di sorprenderla. Anche quando le tenebre più terrificanti offuscavano ogni cosa, c'era sempre una piccola luce che non si spegneva mai e Dylan le stava mostrando la luce in quel preciso istante di buio e lei gliene sarebbe stata sempre grata.
“Credo che tutti abbiano il diritto di cercare l'amore”, esclamò Ariel, osservando l'anello che lui le aveva regalato mesi fa. “Persino noi due”.
Dylan le sorrise. “Dovresti andare da lui adesso”.
Ariel non disse nulla. Lo abbracciò e basta, stringendolo così forte da soffocarlo.
Non lo avrebbe mai dimenticato e si sforzò di non piangere per la gioia che stava provando.
La ragazza gli porse quel bellissimo anello, che non meritava di essere al suo dito, ma a quello di un'altra ragazza, qualcuna in grado di amarlo come lei non aveva saputo fare.
Dylan l'avrebbe trovata, lo sentiva. Quel ragazzo era pieno d'amore e là fuori da qualche parte c'era la ragazza giusta, ma lei era certamente da scartare e il ciondolo che aveva sempre portato al collo ne era la prova tangibile. Quando era sotto la maledizione, ricordava solo di averlo sempre avuto, ma quando si sentiva triste o sola le bastava stringerlo e tutto andava meglio.
Anche in quel momento lo stava stringendo, mentre usciva dall'ospedale quasi correndo.
Stringeva quel ciondolo come fosse un amuleto, una guida che forse l'avrebbe portata dove voleva essere davvero e soprattutto dalla persona con cui voleva stare.
 

“Insomma, ti muovi? Guarda che ti prendo a calci!”.
Flynn cominciò a picchiettare fastidiosamente il braccio di Diego, che sembrava sul punto di rifilargli un pugno ben assestato, così lo avrebbe zittito. Nel frattempo, Killian Jones osservava la scena con la schiena poggiata al muro e roteando gli occhi per quel patetico teatrino.
“Non mettermi ansia!”, esclamò Diego con tono esasperato.
“Perchè non vai semplicemente da lei?”, domandò Grimsby, alzando un sopracciglio.
La maledizione era stata spezzata da tempo.
Tutti erano tornati dai loro cari, persino Flynn era corso dalla sua Rapunzel nel momento in cui aveva realizzato cosa fosse accaduto negli ultimi ventotto anni.
L'unico che ancora non aveva mosso un dito per tornare dalla sua amata era Diego, che non faceva che esitare all'idea di lui che tornava da Bottondoro.
“Già”, incalzò Flynn con le braccia incrociate. “Si può sapere che problemi hai?”.
“Perchè ho paura che non sarà felice di vedermi”, sbottò lui ad un tratto, portandosi le mani ai capelli e respirando per ritrovare la calma che Flynn gli stava facendo perdere. “Ho paura che possa odiarmi, che non correrà da me”.
“Perchè dovrebbe?”, chiese Killian con curiosità.
Le motivazioni di Diego avevano attirato non poco la sua attenzione. Lui aveva cercato di salvarla ma le era stata portata via. Ora aveva l'opportunità di ritrovarla. Perchè tutta quella paura?
“Perchè ho fallito!”, esclamò Diego quasi in un ringhio basso, abbassando la testa. “Dovevo salvarla, ma mi sono fatto bandire e invece di tornare indietro mi sono arreso, andando via”.
Killian trasalì a quelle parole: non aveva lottato abbastanza, l'aveva lasciata nelle mani del principe, l'aveva abbandonata in balia di un mare che da sola non sapeva affrontare...proprio come aveva fatto lui con Ariel, quando l'aveva gettata in mare senza alcuna remora.
Grimsby gli mise una mano sulla spalla, mentre Flynn cambiava espressione.
“Non potevi fare altrimenti”, sussurrò l'amico, cercando di confortarlo.
“Potevo morire, tentando di salvarla di nuovo”, affermò lui con la voce sempre più rotta dalla rabbia e dalla delusione che stava provando verso sé stesso.
“Lei non avrebbe voluto questo”, ribattè Flynn, quasi gridando.
Il capitano continuava ad osservarli, riflettendo su quanto i sentimenti di Diego gli portassero alla mente le azioni che lui stesso aveva compiuto, ma venne distratto da una macchina che aveva appena parcheggiato non molto lontano da loro, dalla quale scese una donna longilinea con lunghi capelli biondi che arrivavano fino alla schiena. Doveva essere Bottondoro, meglio conosciuta come Rebecca Fields. Si avvicinò al negozio di fiori che gestiva in città e cominciò a frugare nella borsa, alla ricerca delle chiavi, che sembravano essere sepolte sotto cumuli di oggetti.
Diego non si accorse di lei, così Killian ne approfittò per avvicinarsi all'uomo e tirarlo per un braccio, ignorando completamente le sue inutili proteste.
Killian lo spinse in avanti, così da fargli vedere la sua bella, ancora in cerca delle chiavi.
Flynn strinse i pugni all'altezza del viso e cominciò a saltellare leggermente, come se stesse facendo il tifo per Diego: sembrava una stupida ragazzina; intanto, sia Killian che Grimsby erano con il fiato sospeso, in attesa che Diego decidesse di fare qualcosa.
Nel frattempo, Rebecca non sembrava riuscire a trovare le chiavi e la sua espressione non era molto allegra, mentre sonori sbuffi uscivano in continuazione dalle sue labbra.
“Ora ti tocca tornare a casa e recuperare le chiavi”, esclamò la donna con tono decisamente irritato, rivolgendosi a sé stessa. Agli occhi di Killian sembrava leggermente nevrotica.
“Ai tuoi ordini!” (1). Quella frase appena pronunciata da Diego non aveva alcun senso agli occhi di Killian, ma sembrava nascondere un significato sicuramente noto a Rebecca, che si voltò.
I due innamorati si guardarono senza dire nulla, mentre quella strana frase era sospesa fra loro, come se fossero gli unici in grado di cogliere una leggera sfumatura, simbolo di un qualcosa che gli altri non avrebbero mai potuto percepire. Il viso della donna venne illuminato da un bellissimo sorriso, mostrando le fossette ai lati della sua bocca. Era davvero molto bella e quel sorriso la faceva sembrare un vero e proprio raggio di sole.
Rebecca corse velocemente verso Diego, abbandonando la borsa a terra.
“Mi hai trovata!”, esclamò, gettandogli le braccia al collo. “Sapevo che l'avresti fatto”.
La donna gli si era praticamente aggrappata, come fosse la sua ancora di salvezza, l'unica cosa in grado di reggerla e di tenerla a galla in quel mare agitato che era Storybrooke.
Diego le cinse la vita e si lasciò cadere, finendo quasi con le ginocchia a terra, mentre si sforzava di non scoppiare. I suoi occhi erano rossi e le labbra serrate, come se si stesse trattenendo.
L'uomo la sollevò leggermente da terra, affondando il viso nei suoi capelli color del grano, mentre Flynn sorrideva e Killian cominciava a pensare che quella scena era troppo stucchevole per lui.
Grimsby si voltò verso di lui. “Vedi, capitano. Basta una piccola spinta”.
Killian gli rivolse un'occhiataccia infastidita, visto che quella frase non era altro che l'ennesima frecciatina che la sua amata ciurma gli riservava in continuazione.
Era davvero tanto difficile lasciarsi andare e fare un passo avanti? Lui aveva baciato Ariel e aveva spezzato la maledizione. Non era certo una cosa che poteva passare inosservata, solo che lui ancora non si era reso completamente conto di cosa significasse quel gesto: lui era il suo vero amore.
Era pronto a ricominciare, mano nella mano con una persona in grado di salvarlo e aiutarlo a lasciarsi alle spalle la sua vendetta? Era pronto ad accettarne le conseguenze?
 

Ariel si lasciò cadere sulla prima panchina che aveva adocchiato nei pressi del porto di Storybrooke, mentre il vento freddo le colpiva il viso. La mattina era nebbiosa e leggermente gelida, come tutte quelle che aveva vissuto in quel periodo. Si strinse maggiormente nel cappotto e tirò su con il naso, che sembrava più un ghiacciolo. Quello era il suo giorno libero e di solito si recava da Granny's per fare colazione ma quella mattina non ne aveva molta voglia. Non voleva essere sommersa dalle domande riguardanti la rissa della sera prima o spiegare anche alle sue più care amiche il discorso fra lei e Dylan. Voleva soltanto stare un po' da sola, prima di decidere cosa fare.
Dylan le aveva detto di correre da lui, dal suo vero amore ma lei non lo aveva ancora fatto, per il semplice motivo che le mancava il coraggio. Lui l'aveva baciata, ridandole la memoria che aveva perso, quindi il significato di quel gesto era abbastanza chiaro, visto che solo il vero amore poteva spezzare anche la più terribile delle maledizioni. Doveva essere felice perchè significava che tutto ciò che aveva provato per Killian era sempre stato ricambiato e che lui provava davvero qualcosa per lei. Non aveva sprecato il suo tempo e le sue energie: era riuscita a fare breccia nel suo cuore. Lo aveva desiderato per tanto tempo, solo che in quel momento sembrava tutto troppo vuoto per permetterle di formulare un pensiero sensato.
“Ehi, tu sei la sirenetta!”. La voce di Henry la fece voltare: solo lui poteva chiamarla in quel modo.
“Ciao, Henry!”, esclamò la ragazza, sorridendogli, mentre il bambino si avvicinava affiancato da un uomo, avvolto in un cappotto nero. Doveva essere suo padre Neal, che appena la vide, la osservò con gli occhi spalancati, come se avesse visto un fantasma.
“A-Ariel?”, domandò con voce abbastanza incerta.
“Ci conosciamo?”, chiese lei, alzandosi in piedi.
“Sono io! Bae”, esclamò lui con un sorriso timido e allargando le braccia.
Ariel rimase di sasso di fronte a quella rivelazione. Bae. Quel Bae era il padre di Henry, lo stesso Bae che l'aveva aiutata ad avere le gambe e che lei stessa aveva salvato dalle grinfie dei pirati.
“Bae”, ripetè lei, mostrando un sorriso radioso e buttandogli le braccia al collo senza rifletterci.
“Voi due vi conoscete?”, domandava intanto Henry, osservandoli stranito.
“Lei mi ha salvato”, esclamò Neal, rivolgendosi al figlio.
“E lui mi ha aiutata ad avere le gambe”, continuò la ragazza, scostandosi per guardarlo meglio.
Era un uomo, ormai. Eppure lo sguardo da ragazzino spaurito lo aveva comunque.
“Sono felice di vedere che stai bene”, esclamò Neal, guardandola con un sorriso davvero lieto. “E di vedere che hai ancora le tue gambe”.
“E' stato un bene non averle perse con il sortilegio”, rispose Ariel, osservando le gambe che aveva tanto bramato, avvolte nei jeans stretti. Riportò lo sguardo su Neal, ricordando il giorno in cui lo aveva incontrato sulla spiaggia e la notte in cui lo aveva fatto scappare.
“Sei sempre una piratessa con i fiocchi?”, chiese lui, alzando un sopracciglio in modo sarcastico.
La ragazza abbassò lo sguardo, ricordando come fosse stata gettata in mare quel giorno orribile.
“Beh, sì e no”, rispose in tutta sincerità.
“Dovresti andare da lui...dal tuo pirata”, intervenne ad un tratto Henry, attirando su di sé l'attenzione dei due adulti, in particolare quella di Neal, stranito da quella affermazione.
L'uomo osservò Ariel, in attesa di una spiegazione che però venne data prontamente da Henry.
“Lei e Killian sono innamorati”, continuò il bambino, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. “Solo che ci sono stati un po' di problemi fra loro e non hanno il coraggio di farsi avanti. Lui ha spezzato la maledizione, quindi è il suo vero amore”.
“Ma come...”, fece per chiedere Ariel, quando Henry tirò fuori il suo libro dallo zaino e ci battè la mano sopra, per farle capire che tutte le informazioni venivano da lì.
“Tu e Killian?”, chiese Neal, con un tono che di sorpreso non aveva proprio nulla, quasi come se lo sospettasse. “Nel film non andava così la storia. C'era un principe. Comunque, a questo punto torna tutto. Cosa stai aspettando?”.
“Non lo so neanche io”, esclamò Ariel, tornando a sedersi sulla panchina con fare afflitto.
Neal si sedette accanto a lei, rivolgendole un sorriso di incoraggiamento.
“Vorrei poter avere un po' di polvere di fata per aiutarti come feci allora”, esclamò lui con un tono gentile e quasi malinconico. “Ma il tuo problema è di tutt'altra natura. Se lui ha rotto questa maledizione di cui parla Henry, credo che ci sia ben poco su cui riflettere, non credi?”.
Forse Neal non aveva tutti i torti. Ariel strinse maggiormente il ciondolo che portava al collo, sperando di trarne forza e di mettere fine a quella strana sensazione di terrore che le impediva di correre da Killian senza troppe riserve.
“Sei ancora qui?”, chiese Henry, con un tono di voce così offeso, che Ariel dovette sforzarsi di non ridere, altrimenti il ragazzino le avrebbe rifilato un calcio probabilmente.
La ragazza si alzò, sempre sotto lo sguardo severo di Henry, che a tratti ricordava quello di Emma, mentre lui continuava a farle segno di dileguarsi il prima possibile.
Neal rideva di gusto dinanzi a quella scena e fece un cenno di saluto ad Ariel, che si incamminò verso la Jolly Roger, attraccata non molto lontano da lì.
Rimase ad osservarla, prima di salire a bordo: era proprio come la ricordava. Mentre saliva a passo lento, Ariel poteva assaporare tutte le sensazioni che quella nave le aveva provocato: libertà, gioia, rabbia. Erano ancora lì, come se il tempo non fosse mai trascorso. La nave sembrava vuota, così Ariel ne approfittò per fare un giro intorno al timone. Lo accarezzò leggermente, ricordando tutte quelle volte in cui aveva osservato Killian, senza farsi notare troppo, e di tutte quelle volte in cui lui si era rifiutato di insegnarle come stare al timone. Diceva che era troppo presto per lei.
Scese sottocoperta, adocchiando quella che una volta era una sua cabina. Aprì leggermente la porta e vide come tutte le sue cose fossero sparite. Non c'era più nulla di lei che stesse ad indicare la sua presenza, come se non fosse mai salita su quella nave. Quel particolare quasi la rattristò: Killian si era sbarazzato di tutto ciò che le apparteneva, come se non volesse avere alcun ricordo di lei.
Chiuse la porta di legno, sbattendola con leggera frustrazione, ed entrò nella stanza di Killian.
Era sempre tutto lì, il letto a baldacchino, la scrivania con diverse mappe poggiate sopra, ma qualcosa attirò la sua attenzione sulla scrivania in legno.
Si avvicinò e notò che su di essa vi era un foglio di pergamena con sopra una specie di ritratto. Lo prese tra le mani e si portò una mano alla bocca quando capì di chi si trattava: era lei. I contorni non erano ben delineati e la figura era abbozzata, come se quel disegno fosse stato fatto in fretta e furia, come quando ci si annota velocemente qualcosa per paura di dimenticarlo.
“Cosa fai qui?”.
Ariel si voltò di scatto: Killian era appoggiato alla porta aperta della sua cabina con uno sguardo indecifrabile che scrutava la sua figura in maniera quasi irritante. La ragazza cercava di trovare una scusa plausibile ma non gliene veniva in mente nessuna, continuando a restare in silenzio.
“Cerca di parlare, invece di darmi ogni tipo di seccatura ”, ribattè Killian con un leggero sorriso.
Ariel inclinò leggermente la testa, ricordando quell'espressione alquanto familiare.
“E' strano”, esclamò lei con un soffio di voce. “Credo che tu mi abbia già detto questa frase” (2).
Killian alzò lo sguardo su di lei. Gli occhi persi ad osservarla e l'espressione corrucciata, come se quella risposta gli avesse fatto male, ricordandogli tutti i battibecchi avuti su quella nave.
Erano lì, fermi, dove tutto era iniziato.
“Forse l'ho detta...in un'altra vita”, rispose lui, avvicinandosi leggermente alla ragazza, che intanto sentiva una miriade di emozioni che facevano capolino dentro di lei.
Lui scorse il disegno ancora stretto fra le mani di Ariel. Si voltò di nuovo a guardarla, mentre lei sembrava attendere una spiegazione per quel foglio che era forse l'unica cosa che testimoniava la sua presenza su quella nave. Ariel sentiva già gli occhi colmarsi di lacrime, solo che il loro significato le era ancora sconosciuto: erano lacrime di rabbia, gioia e tristezza tutte insieme.
“Mi serviva a ricordare il tuo volto”.
 
 


Angolo dell'autrice
 
  • (1) frase ripresa sempre dal film “La Storia Fantastica”, che, come in questo caso, è un'espressione nota solo ai due protagonisti, visto che nel film Wesley rispondeva in questo modo a tutte le richiesta di Bottondoro, ed è diventata per loro due una specie di “riconoscimento”;
  • (2) nel capitolo 6, Killian le dice “Cerca di riposare, invece di darmi ogni tipo di seccatura”, per questo ho messo che Ariel trova familiare quell'espressione.
 
Eccomi con il nuovo e penultimo capitolo. Mi scuso per il ritardo madornale e spero che vi sia piaciuto. Probabilmente mi vorrete morta per questo finale ma spero vivamente di no. In caso contrario, potete lanciarmi ortaggi, ciabatte, ecc. Comunque, non credo ci sia altro da dire. Se ci sono errori fatemelo presente. Lasciate una recensione se vi va, anche piccina :)
Alla prossima, un abbraccio :3
   
 
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