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Autore: EmmaStarr    03/10/2013    5 recensioni
Per non dimenticare i cento e passa morti del naufragio di questa mattina. Clandestini provenienti dalla Somalia, in fuga da una guerra più grande di loro. Donne incinte. Bambini. Un tributo a queste decine di martiri innocenti.
* * *
Fatima è nel panico: stanno affondando? Ma non è possibile, il padrone diceva che queste navi non affondano mai! C'era così tanta gente... La mamma non si vede più, ma Fatima non può cercarla.
Acqua. Troppa, troppa acqua. Fatima ormai non ha più niente sotto i piedi. Stanno davvero naufragando? No! Lei deve vedere l'Italia, lei vuole delle amiche che le insegnino cosa viene dopo il tre, lei vuole farle giocare con il fratellino e ridere, ridere tanto per cose stupide ed essere felice.
Perché c'è stata la guerra? Perché i suoi fratelli sono morti? Perché la mamma non c'è?
Il fratellino si rimette a piangere, terrorizzato e infreddolito, e Fatima lo stringe, annaspando nell'acqua fredda e scura che si alza e si abbassa. – No. Non piangere, va tutto bene. Tutto bene. – ormai Fatima sta singhiozzando.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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3 NOVEMBRE 2013




Fatima ha paura. Non sa cosa sta succedendo, ma non le piace.

È piccola, dopotutto, e ha visto cose che non avrebbe mai dovuto vedere: la guerra, per esempio. La morte. La paura.

E poi la fuga, quella fuga disperata e impossibile, quella fuga tanto pazza quando effettivamente reale. Eppure non è passato tanto tempo da quei giorni tutto sommato felici, quand'erano ancora tutti insieme: lei, sua madre, suo padre e i suoi cinque fratellini.

Ali e Mohammed, morti durante un bombardamento ancora in Somalia.

Jama, caduto dal camion sgangherato sul quale erano saliti, e suo padre, che è saltato per cercare di salvarlo.

Liob, che si è ammalato e non riceveva abbastanza cibo e acqua mentre viaggiavano dentro a quel l'enorme trasporto merci.

Sono rimasti solo lei, la mamma e il fratellino più piccolo, che ha solo un anno. Fatima lo tiene in braccio perché la mamma piange tantissimo, piange e basta, e Fatima non sa cosa dire.

Sono su questa specie di barca dall'aria tanto spaventosa da più di tre giorni, Fatima non si ricorda bene se dopo il tre viene il quattro oppure il cinque. Comunque sono tanti.

Il cibo è poco e rovinato, ma lei non si preoccupa: manca poco a quel paese così bello e favoloso di cui parlano tutti, l'Italia. Presto arriveranno, e Fatima potrà smettere di avere paura delle bombe o dei padroni cattivi, potrà piantarla di implorare per un pezzo di pane raffermo, e smetterà di svegliarsi di soprassalto con la mamma che le dice di uscire in fretta e senza chiedere perché. Magari mamma smetterà di piangere.

Magari andrà anche a scuola.

Sarebbe bello, potrebbe anche farsi delle amiche con cui giocare alla corda e ridere. Deve solo sopportare ancora un po' la fame, il freddo, il buio e le onde. Le onde sono davvero forti, riceve gli spruzzi in pieno volto, nessuno sa cosa fare, tutti urlano e il fratellino piange.

Fatima ha paura.

Cerca la mamma, la cerca disperatamente, con tutto il cuore, ma la mamma non c'è. Non come vorrebbe Fatima, almeno.

Qualcuno grida più forte, e Fatima capisce che qualcosa non va.

Poi, il primo rumore.

È notte, è buio, è tutto una gran confusione e Fatima vorrebbe solo rannicchiarsi da qualche parte e piangere, ma non può. Ha il fratellino a cui badare. Perciò non piange e cerca di stare dritta con la testa alta, fragile e indifesa in mezzo a tanta gente che corre e si butta in mare. Perché si buttano? Fatima non capisce bene: così poi non muoiono?
Cerca di chiedere alle persone intorno a lei, ma nessuno la nota. Corrono, gridano, e il fratellino continua a piangere. Fatima lo culla, cercando di infondergli un coraggio che non ha. – Non piangere, tra poco arriveremo in Italia. Lo sai che lì c'è sempre il sole? E i bambini vanno a scuola. Pensa, andremo a scuola! Se farai il bravo, ti farò conoscere le mie amiche: vedrai, mi farò tantissime amiche e ti darò il permesso di giocare con loro anche tu. Ti insegnerò a contare, prima c'è l'uno, poi il due, poi il tre. Dopo forse viene il cinque, o magari il quattro. Ma le mie amiche lo sapranno e ce lo diranno, d'accordo? Però adesso non piangere.

Piano piano, il fratellino smette di piangere. Ma la gente continua a gridare. Fatima ha paura, ed ecco il secondo rumore. Qualcosa si è spezzato, qualcosa di grosso. Acqua, acqua da tutte le parti. Pezzi di legno in giro, onde altissime, spruzzi ghiacciati e una notte senza stelle. Le poche luci della nave si spengono, ed è ancora più buio.

Acqua. Paura. Grida.

Fatima è nel panico: stanno affondando? Ma non è possibile, il padrone diceva che queste navi non affondano mai! C'era così tanta gente... La mamma non si vede più, ma Fatima non può cercarla.

Acqua. Troppa, troppa acqua. Fatima ormai non ha più niente sotto i piedi. Stanno davvero naufragando? No! Lei deve vedere l'Italia, lei vuole delle amiche che le insegnino cosa viene dopo il tre, lei vuole farle giocare con il fratellino e ridere, ridere tanto per cose stupide ed essere felice.

Perché c'è stata la guerra? Perché i suoi fratelli sono morti? Perché la mamma non c'è?
Il fratellino si rimette a piangere, terrorizzato e infreddolito, e Fatima lo stringe, annaspando nell'acqua fredda e scura che si alza e si abbassa. – No. Non piangere, va tutto bene. Tutto bene. – ormai Fatima sta singhiozzando. – A-arriverai in I-Italia, tesoro. Andremo a s-scuola. Andrai a-a scuola. T-te lo prometto.

Un'asse di legno gli passa vicino, e Fatima ci si aggrappa con tutte le sue forze. Intorno a lei la gente grida sempre più forte, ma non può farci niente. Il fratellino si aggrappa goffamente sull'asse e si stringe a lei, continuando a piangere. – No. Tranquillo. T-tra poco sarà m-mattina, e la mamma v-verrà a prenderci, e v-verranno a prenderci d-dall'Italia, quel paese d-dove c'è sempre il sole... Il sole, e non c-c'è la guerra, capito? N-non piangere... – singhiozza Fatima, accarezzandolo.

Il fratellino la guarda, si aggrappa a lei, e insieme rimangono zitti in un abbraccio disperato.

Passano le ore, e non cambia niente. – N-non dormire. Mi hai sentito, non dormire! – grida Fatima al fratellino, terrorizzata. Non deve chiudere gli occhi. Non deve.

Intorno a loro il mare si fa più calmo, emergono altri pezzi di legno, e le altre voci si fanno più fioche, più distanti. Fatima spinge il fratellino su un'altra asse, più grande. – Stai qui. Avrai m-meno freddo. – piange, sperando in un miracolo. Sperando di vedere l'Italia, di vivere, vivere! Ha solo dieci anni, non può morire così, non può!

Non si sente più il corpo. Ha freddo. No, non è vero, non ha più neanche freddo. Il fratellino è ancora sveglio, trema e ha la faccia blu. Fatima vuole solo dormire. – È... è quasi l'alba. Tra poco v-verranno a prenderci. A-aspetta... aspetta solo un altro po'. – assicura, disperata.

Sorge il sole, una fredda palla di luce rosata, e Fatima non si muove più.

Lontano, lontano mille anni luce da lei, sente il fratellino pronunciare il suo nome. Sente delle voci, voci che parlano in un'altra lingua, voci vicine. L'acqua si muove, forse una barca.

Una barca.

Il suo fratellino starà bene, se gli Italiani sono venuti con una barca. Questo è più di quanto avrebbe mai potuto sperare. Le dita non rispondono più ai suoi comandi, l'aria fa troppa fatica ad entrare nei polmoni. Il fratellino la chiama ancora, ma lei non può rispondere. Non piangere... vorrebbe dirgli. L'ha detto tante, troppe volte, solo questa sera. Non piangere... Io starò bene. Vedo Ali. Mohammed. Jama. Liob. Tu non te li ricorderai, ma sono qui davanti a me. Papà... mamma. Mi aspettano, capisci? Non piangere, fratellino, io sono in pace. Tu starai bene. Tu saprai contare fino a tre, e anche di più. Andrai a scuola, sai? L'Italia è un bel posto, sta' tranquillo.

Buona fortuna, fratellino.

Fatima si lascia scivolare indietro, poi è solo buio.

È in pace, finalmente.










Angolo autrice:
È successo oggi e sono rimasta sconvolta.
L'ho sentito alla radio prima di mangiare  e non ci potevo credere. Più di cento morti! Queste sono cose che, purtroppo, in Italia succedono troppo spesso. E noi non facciamo niente! Tra duecento anni parleranno di questa cosa come noi ora parliamo di... Della tratta degli schiavi, non lo so, ma ci disprezzeranno per non aver fatto nulla. Io non posso farcela. QUI --> http://www.lettera43.it/cronaca/lampedusa-barcone-naufragato-ci-sono-morti_43675109972.htm l'articolo dove si trovano i dettagli. Io ho ovviamente romanzato la cosa, però io ho quindici anni e più che scrivere cose del genere cosa posso fare? Mica posso iniziare una petizione o uno sciopero o cose simili.
Però queste cose mi fanno male, cazzo. Ma male sul serio. Perché persone come Fatima e il suo fratellino c'erano, insomma, c'erano davvero! E niente, ho scritto questo in meno di mezz'ora perché dovevo, punto.
Non dico che spero che vi sia piaciuta, perché sarebbe da pazzi. Spero che vi abbia toccato dentro, che vi abbia fatto pensare a qualcosa. Perché queste cose finiscano, prima o poi, e perché le persone smettano di morire in maniere così disumane.
Perché quelli che hanno perso la vita stanotte trovino la pace.
  
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