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Autore: Yuki Dragon Slayer    03/10/2013    2 recensioni
Cato e Clove, Clove e Cato. Tutti sappiamo da dove vengono e come sono morti, ma sappiamo davvero la loro storia? Una cosa è sicura, loro due erano forti, determinati a vincere, ma cosa ne sappiamo davvero dei loro veri sentimenti? Questa è la storia di Clove e di Cato, di come sono stati strappati dal Distretto 2 per partecipare agli Hunger Games, di come sono stati illusi da Capitol che aveva fatto pensare loro che ci fosse una possibilità di tornare insieme a casa. Questa è la storia di Clove e di Cato, valorosi tributi del Distretto 2.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Brutus, Cato, Clove, Enobaria, Katniss Everdeen
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Capitolo 1

Era pronta. Lo era ormai da anni. Poteva benissimo dire che la sua esistenza avesse quell’unico scopo: Partecipare agli Hunger Games.
Clove era una ragazza piuttosto anonima, capelli e occhi scuri e piuttosto bassa, ma era stata allenata fin da bambina ad uccidere a vista. Con sé aveva perennemente almeno 2 pugnali, non se ne separava mai poiché il distretto 2 non era un luogo così pacifico.
Il suo nome era appena stato chiamato e nessuno si sarebbe offerto volontario, lo sapeva, ma a lei stava bene così. Era pronta ormai.
L’esile donnetta che aveva appena letto il suo nome si chiamava Sheila Milky, sorrideva come un’ebete e si apprestava a prendere il prossimo biglietto. Aveva una capigliatura tutta boccoli verde acqua e un colorito della pelle piuttosto rossastro e i gioielli di alabastro non facevano che renderla più ridicola.

“Disgustosa.”

Pensò fermamente Clove. Il distretto 2 era particolarmente favorito dal pubblico di Capitol City, ma lei non se li era mai fatti andare a genio. Se erano così favoriti dalla grande Capitol City allora perché erano ancora pressoché trattati come schiavi? Non lo avrebbe mai capito.

«è giunto il momento di scegliere il nostro tributo maschile!»

Doveva solo aspettare, di lì a poco avrebbe preso il treno ad alta velocità per quella città infernale e avrebbe vinto gli Hunger Games ottenendo così quel poco d’ amore dai suoi genitori che le era sempre stato negato come se fosse costretta ad esserne privata.

«Timothy Preston!»

Un ragazzo sui 13 anni piuttosto pallido e con i capelli rossi come il tramonto si fece largo tra la folla col morale a terra, probabilmente aveva appena iniziato i veri addestramenti, quelli duri che ti lasciavano i muscoli intorpiditi per due settimane intere, quelli senza il quale saresti stato immediatamente sconfitto dai tributi dell’uno.
Salì sul palcoscenico dopo aver ricevuto una gentile pacca sulla sua spalla da Sheila e sbuffò contrariato mentre quest’ultima rivolgeva un altro dei suoi sorrisetti ebeti alla folla di tributi.

 «C’è qualche volontario?»

Senza neanche il tempo per chiudere gli occhi una voce si innalzò potente prima di tutte le altre.

«Mi offro volontario!»

Clove si voltò alla disperata ricerca di colui che aveva gridato, aveva una voce familiare: potente, sicura, profonda, orgogliosa. Sì, l’aveva riconosciuto. Cato.
Cato si aprì una via verso il palco spintonando giù Timothy e si girò verso una pressoché infastidita Sheila con un sorrisetto malizioso; Aveva già deciso da un po’ che quello sarebbe stato il suo anno. I 74° Hunger Games sarebbero stati suoi, ma a quale prezzo?
Si voltò verso una Clove che lo guardava con espressione imperscrutabile, probabilmente confusa dal suo gesto, ovviamente non poteva sapere il motivo.

«Forza ragazzi, è il momento che i due tributi si stringano la mano!»

Cato allungò la mano verso Clove con una sicurezza innata, lei strinse la sua mano prima con timore, poi con più convinzione.

«Finalmente ti ho trovata.»

«Cosa?»

Clove si era sempre vantata di saper controllare ogni sua emozione, anche la più infima e piccola, ma ad una frase così non avrebbe saputo come rispondere.
Con questa frase Cato aveva appena abbattuto lo spesso muro di vetro che aveva creato per anni.
Sheila Milky spintonò leggermente i due ragazzi nel Palazzo di Giustizia del distretto 2 per concedergli quei pochi minuti per parlare con i loro parenti, amici e conoscenti; in fondo non avrebbe saputo dire se uno di quei due ragazzi sarebbe ritornato a casa sua.
Clove aspettò per circa una ventina di minuti nell’angusto spazio in cui l’avevano fatta aspettare. I suoi genitori non sarebbero venuti, forse per la prima volta ci aveva davvero sperato, ma semplicemente non sarebbe accaduto.
Ad un certo punto si aprì la porta ed entrò un uomo alto, robusto, con una testa liscia e brillante come una palla da bowling appena lucidata, ma quello che la fece sobbalzare erano gli occhi di quell’individuo: così scuri e profondi, tristi, ma allo stesso tempo pieni di vita, di una vita che ha rischiato di non esserci più, gli occhi di qualcuno che ha combattuto fino alle fine per la sopravvivenza. Brutus.

«Salve signorina.»

«Brutus.. Perché sei qui? Sei il mio mentore, avremmo potuto parlare sul treno tra pochi attimi.. Spero tu non sia qui perché ti faccio pena.»

Brutus la guardò sorpreso, ma allo stesso tempo intrigato; quella ragazza sapeva farsi valere, l’aveva tenuta d’occhio durante gli allenamenti e sapeva per certo che Clove avesse un bel caratterino, ma in fondo il suo carattere non le avrebbe fatto vincere gli Hunger Games.
Il punto forte di Clove erano i coltelli, affilati, lunghi, a manico corto o semplici taglierini, non aveva importanza; non sbagliava mai un colpo con uno di quelli in mano.

«Pena? Questa parola non l’ho mai sentita nel distretto 2. Oh no, sono venuto qui per parlarti, per parlare degli Hunger Games, Clove.»

«Dimmi Brutus, quand’è che la gente non parla dei Giochi della Fame?»

«Ogni giorno. Cerchiamo di non dire niente al riguardo e..»

«Oh, ma falla finita! Ci addestrate a combattere appena ci mettono nella culla! Gli unici argomenti di cui sento parlare sono: armi, Hunger Games e gloria. Credi che non sappia cosa pensano di me? Credono che sia già spacciata, ma nessuno di loro sa quali sono le mie abilità. Nessuno.»

«Io sì. Ed è per questo che voglio farti capire che questo non è un gioco. Non puoi saper maneggiare solo coltelli, lì dentro potrebbero anche non esserci. Se vi dessero una balestra come faresti?»

Clove ammutolì per un istante. Aveva ragione anche se odiava ammetterlo.
Per anni si era sempre e solo allenata con i coltelli, non aveva usato nessun’altra arma, benché la sua allenatrice avesse cercato di persuaderla ad esercitarsi almeno con l’arco.

«Ascolta Clove, prima dell’inizio degli Hunger Games ci saranno gli allenamenti per voi tributi. Concentrati su altri strumenti, altre armi, per almeno 3 giorni. In fondo sei una dei favoriti, non avrai bisogno di saper usare molti strumen-»

«Dovrei allearmi con quelli dell’uno e del quattro?! Oh no, te lo scordi.»

«Clove devi farlo! È l’unica maniera per sopravvivere il più a lungo possibile.»

Brutus e Clove si guardarono a lungo negli occhi con aria di sfida e dopo quei lunghi minuti un Pacificatore bussò alla porta e aprì un piccolo spazio sufficiente per vedere i contorni della divisa bianca.

«Signore, i minuti a sua disposizione sono finiti, la prego di congedarsi. La signorina Clove è pregata di recarsi nella sala principale dell’edificio dove la aspetta una limousine che la porterà sul treno ad alta velocità diretto a Capitol City.»

Brutus annuì e fece un lieve cenno con la testa a Clove prima di uscire dalla stanza; Non si sarebbe mai aspettata che il severo, maestoso Brutus sarebbe stato l’unico a farle visita.
Dopo che Brutus fu uscito dalla porta della sua stanza Clove si guardò ancora per un attimo intorno ammirando gli affreschi ai lati che forse vedeva per l’ultima volta; no, avrebbe vinto gli Hunger Games e sarebbe tornata a casa, lo sapeva, ci credeva.
Uscì dalla porta e venne scortata da un altro Pacificatore e in poco tempo raggiunse la sala maestosa dipinta di bianco e porpora con uno sgargiante tappeto quadrato color avorio su cui stava in piedi l’altro tributo, Cato.

«Cato.»

«Clove.»

Cato strinse i pugni incerto sul modo con cui comportarsi con lei, mentre Clove si concentrò per mantenere un’espressione neutra, non doveva sembrare agitata, nervosa o spaventata; stava giusto per chiedergli il motivo che l’aveva spinto ad offrirsi volontario proprio quell’anno, quando Sheila la sospinse verso l’entrata trillando:

«Forza ragazzi, dobbiamo andare alla stazione! Non vorrete arrivare in ritardo spero!»

Clove sbuffò lisciandosi il vestito color oro che indossava solamente per la mietitura e bisbigliò quel tanto che bastava per non essere sentita da Sheila.

«Perché non ti ci butti sotto quel treno?»

Cato ridacchiò sotto i baffi mentre Sheila li guardava con sguardo inquisitorio.
Clove guardò Cato ridere e senza accorgersene si ritrovò a sorridere a sua volta.
Il ragazzo entrò per primo nella limousine candida con i finestrini oscurati, seguito da Clove e dalla loro accompagnatrice.
Sebbene il mezzo di trasporto fosse molto lungo, lo spazio nel quale quei 3 dovevano stare seduti era claustrofobico; Clove era praticamente in braccio a Cato per non parlare della capigliatura eccessivamente voluminosa di Sheila che stava entrando in stretto contatto con la bocca di Clove; la situazione era snervante.

«Senti cosetta potresti toglierti quello schifo di parrucca e andare un po’ più in là? Sei troppo ingombrante.»

«Clove, ma come ti permetti?! Questi capelli sono verissimi e poi non sono ingombrante, sono magra come un manichino da vetrina.»

«Magari fossi un manichino, almeno terresti tappato quel buco di fogna che ti ritrovi al posto della bocca! Mi stai facendo venire il mal di testa.»

«Signorina! Non accetto questo comportamento e suddetto linguaggio scurrile, mi sono spiegata?»

Intanto che Sheila e Clove litigavano nello stretto spazio della limousine Cato rideva di gusto come non gli succedeva ormai da anni; nella vita quotidiana il suo unico scopo era allenarsi, non c’era tempo per le risate.
Clove alla fine la ebbe vinta, Sheila accettò di sedersi lievemente più in là, ma non ammise che quella vaporosa acconciatura verde-acqua fosse una parrucca.  Si stese leggermente verso Cato per respirare quel poco d’aria che c’era là dentro e chiuse gli occhi, sarebbero arrivati a momenti alla stazione.

«Stai meglio?»

La voce di Cato le fece riaprire subito gli occhi, come se fosse in allerta.

«Sì. Ma a te che importa?»

«Oh, mi scuso cara la mia principessa.» Disse lui ironico alzando le mani come in segno di resa.

«Dovrei forse avvisarti che ho 2 coltelli nascosti nel mio vestito.»

«Uh - uh. Cos’era, una frecciatina?»

«Hey, ma allora non sei così stupido come credevo.»

«Sai, in questo momento vorrei proprio sapere dove sono nascosti quei coltelli.»

«Ehm.. Ragazzi, la volete smettere di simpatizzare con l’altro?»

Appena terminata l’assurda frase con cui se ne era appena uscita Sheila, i ragazzi si voltarono con sguardo assassino verso di lei facendole abbassare lo sguardo.
Clove sentì la loro accompagnatrice bisbigliare tra sé:

«Mai più distretto 2, nossignore, mai più distretto 2!»

A quella dichiarazione sorrise malefica, era un piacere torturare quella trota salmonata di Sheila.
Cato abbassò leggermente il finestrino della limousine facendo scorgere a Clove i pochi tratti della stazione del distretto 2; non ci era mai andata, le era sempre stato raccomandato di non farlo e lei per una volta nella sua vita aveva ubbidito. Alcuni operai con divise bianche e grigie lucidavano il solido fianco del treno ad alta velocità, era semplicemente bellissimo.
Mai Clove aveva visto così tanta imponenza e restò a bocca aperta, poi però si ricordò cosa quel treno avrebbe significato per lei e Cato e rimise la sua maschera da ragazza distaccata e fredda.
Salì sul treno seguita dagli altri e nella saletta principale trovò Brutus intento a leggere un giornale su un lussuoso divanetto di pelle vermiglio; quando vide i due tributi fece loro un cenno di saluto con il capo e riprese a leggere mentre Sheila accendeva la televisione.

«Ragazzi, mettetevi pure comodi, il viaggio non durerà che una manciata di ore.. Servitevi pure prima della cena.»

Clove guardò l’immenso banchetto con freddezza, il cibo non le era mai mancato, ma non avrebbe toccato niente finché non sarebbe stata l’ora della cena.

«Io.. Preferirei andare nella mia stanza.»

«Come vuoi Clove, ti aspettiamo per cena allora!»

Cinguettò Sheila e Clove si ritirò nella sua stanza.
“Se non mi accoppano prima” pensò scettica lei guardando fuori dal finestrino, per la prima volta nella sua vita stava lasciando il Distretto 2.

 

Ciao a tutti! Grazie a chi ha letto questo mio primo capitolo, che dire, sono una grandissima fan della Clato e ho provato a mettere nero su bianco le idee che mi venivano in mente pensando al libro visto dal punto di vista dei tributi del distretto 2!  Mi farebbe molto piacere se mi faceste sapere cosa ne pensate, recensioni buone o critiche che siano sono tutte ben accette. Il prossimo capitolo lo pubblicherò Sabato 12 Ottobre per chi è interessato! Detto questo.. Grazie a tutti! ^^


 
  
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