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Autore: Like an Undead    03/10/2013    0 recensioni
Questa one shot racconta della morte di un giovane uomo concentrato solo su se stesso, un uomo indifferente a chiunque, un uomo a cui non importava niente oltre che della sua carriera.
Quest'uomo aprirà gli occhi dopo averli chiusi per sempre.
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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IL VOLTO DEL MALE
 
Ogni cosa appartiene all'oscurità e alle sue figlie, le tenebre, che tutto avvolgono come un immenso manto nero.
Niente sfugge alle ombre, che così veloci ed eleganti rapiscono tutto mutandolo nel nulla più assoluto.
Nella mia vita ho visto tante cose, so cosa vuol dire soffrire, lo so fin troppo bene. 
So cos'è il male, di cosa è capace...so di come cambia le persone e le cose che lo circondano.
Quando si ha a che fare con il male puro, nessuno ha via di scampo.
Si può provare a fuggire, a correre, si può urlare e strepitare implorando l'aiuto di un qualche eroe proveniente da chissà dove, ma non arriverà mai nessuno in soccorso delle migliaia di anime ormai disperse all'inferno.
È così, anche che si è stati la persona più buona del mondo, quando il male ci afferra con tutta la sua potenza e brutalità ci sporchiamo, e nulla ha più senso.
 
Che differenza fa di che colore è la nostra pelle o qual è il nostro sesso quando siamo destinati tutti alla stessa orribile fine? 
Perchè affannarsi tanto quando si sa che é inutile?
Qual è il senso del nostro sudore?
Perchè continuiamo a correre anche quando la nostra misera esistenza sta per terminare?
 
Ora parlo così, ma un tempo anch'io ero uno stupido ragazzino con dei sogni e delle aspirazioni, credevo che la morte avrebbe aspettato paziente il momento a me più consono per prendermi, ma mi sbagliavo terribilmente.
 
Quel giorno per me era importantissimo.
Finalmente il mio libro sarebbe stato pubblicato, il mio sogno si stava per realizzare, non riuscivo a crederci e per l'emozione stavo correndo.
Mi scontrai con una donna, non ci feci molto caso, la ignorai.
Davanti a noi semplici passanti era appena avvenuto un disastro, all'incirca venti o trenta bambini tra cui morti e feriti, " Un incidente come un altro..." pensai soffermandomi pochissimo sulla disgrazia appena avvenuta, m'importava solo di me, com'ero stupido.
Mi sarei pentito molto presto di quella freddezza che avevo assunto, o meglio, di cos'ero diventato: il male stesso.
Ma a tutto spetta una morte, e la mia sarebbe stata infinita.
Mi girai di scatto e riurtai la stessa donna ignorandola ancora una volta, come se non esistesse.
Non facevo altro che guardare l'orologio "Ancora un'ora, solo un'ora e la mia vita avrà una svolta decisiva!" dissi contento come una Pasqua.
Passai davanti ad una chiesa, non ero mai stato un uomo di fede, consideravo la religione una stupidaggine a cui solo delle persone insignificanti avrebbero potuto credere, pensavo che se si desidera qualcosa non bisogna chiederla che chissà quale Dio, ma fare di tutto per ottenerla, ma al tempo non sapevo che l'uomo da solo non sa fare assolutamente nulla.
Dopo aver preso un caffè al mio bar preferito andai al supermercato tanto che accertarmi di non dimenticare nulla per la cena che avevo organizzato quella sera, avrei dovuto rappacificarmi con la mia ex ragazza, ma non l'avrei fatto.
In quel momento, mentre mi destreggiavo nella scelta tra rigatoni e spaghetti entrò nel market un uomo armato "Tutti a terra! Questa è una rapina!" quella frase di certo non era nuova ma ebbe il suo effetto. 
Non avevo abbastanza tempo per star dietro ad un ladro da strapazzo quindi, senza farmi vedere tentai di chiamare la polizia: terribile errore.
L'uomo se ne accorse e senza indugiare un attimo mi sparò.
Il proiettile mi trapassò il cuore, pensavo che nel momento della mia morte mi sarebbe passata la mia vita davanti come nei film, ma niente da fare, è stato un grande grandissimo schifo: in meno di tre secondi ero bello che andato.
L'unica cosa che riuscii a pensare in quel momenti fu quella donna, la donna che urtai non una, ma ben due volte quella mattina "Perché?" pesai disperato, lì la vidi, era lei il mio angelo?
No...tutt'altro...quello era il mio diavolo personale.
Si avvicinò al mio corpo senza vita e ne estrasse l'anima, senza rivolgermi parola mi fece segno di seguirla.
Iniziai in preda al panico a travolgerla di domande, ma non rispose neanche ad una di esse.
Mi scortò nel più totale silenzio davanti ad un enorme ospedale.
Davvero a Lucca ne esisteva uno così?
"Aspetta...forse non sono morto! Dopotutto questo è un dannatissimo ospedale!" pensai speranzoso, ma quel piccolo barlume si spense subito a causa delle prime parole pronunciata dalla donna "Stupido umano." mormorò rivolgendomi un occhiata disinteressata.
Spalancò il portone e senza aspettarmi entrò.
Matematicamente avrei dovuto prendermi una bella sprangata in faccia, ma la porta mi attraversò "ok ok, sono ufficialmente andato" sussurrai deluso seguendo la figura dai lunghi capelli rossi.
"Dove stiamo andando? Ti decidi a darmi una risposta?!" chiesi impaziente, non avrei mai dovuto farlo, magari adesso non sarei qui.
Lei finalmente dopo chissà quanti quesiti si voltò "Hai mai sentito nominare la Divina Commedia? Beh, stai per andare nello stesso luogo dove io stessa ho condotto l'autore di tale opera. La tua destinazione è...l'inferno!" esclamò sorridendo in modo a dir poco inquietante.
 
Neanche ebbe finito di pronunciare quelle poche frasi, che venimmo tele trasportati in una stanza completamente bianca, dove gli unici colori erano i nostri.
"Ebbene, eccoci arrivati." disse sfilandosi il cappotto.
Era davvero una bellissima donna, gli occhi del colore della cenere risplendevano al centro di quel volto candido come la neve, i capelli rossi come il sangue ondeggiavano del vuoto di quel luogo, se non fosse stata la morte forse l'avrei invitata ad uscire.
Estrasse una spada dal lungo fodero attaccato alla sua cintura, dopo ciò mi chiese "Sei pronto al tuo primo giorno di terapia?".
Non capivo bene, ma di sicuro quella era una domanda retorica.
Non mi lasciò il tempo di rispondere che, con uno scatto veloce mi squarciò un braccio, quello che usavo per scrivere, il destro.
Sgranai gli occhi e caddi a terra dal dolore.
Le mie pupille dilatate quasi non scoppiarono quando mi tranciò la gamba sinistra.
Com'era possibile, cioè...ero morto, no? Come potevo provare dolore senza un corpo?
"So quello che stai pensando, lo fanno tutti...devi sapere che questo è il potere di questo posto...vedi, è tutta una questione di convinzione. Pensa che finirà in fretta e vedrai che non farà così male, o almeno credo...dopotutto, non ci sono mica io lì!" disse scoppiando a ridere e infilzandomi decisa lo stomaco.
 
Il bianco pavimento aveva ormai assunto un colore scarlatto tanto intenso da dar nausea. 
La mia vita stava per finire per la seconda volta, ma quest'ultima era stata tanto dolorosa da farmi capire il mio errore.
Eccolo. In quel momento mi passò davanti il fatidico filmino della mia vita, ma non era come me l'aspettavo.
Le scene che mi si presentarono innanzi furono solo tre: la mia nascita, il mio decimo compleanno e l'incidente avvenuto il giorno della mia morte.
Nella prima vi ero io che, appena messo al mondo, venni strappato alle braccia materne per essere portato in un orfanotrofio.
Nella seconda, dopo aver spendo le candelieri sulla torta, io e dei miei compagni andammo a giocare in giardino e lì commisi il primo dei miei infiniti peccati, uccisi un cane. Era stato quasi un gioco, lapidare quella povera bestia era stato addirittura divertente, ero diventato cattivo, ero diventato il male.
Nell'ultima scena, dopo il terribile accaduto, nel piccolo riquadro davanti a me comparve lo sguardo della donna, no...del demonio che il quel momento stava distruggendo ogni piccola parte della mia anima.
 
"Allora, ti è piaciuto il film?" chiese con un sorriso disgustosamente malvagio "Comunque sia, alla fine di ogni spettacolo, ci sono i titoli di coda!" urlò facendo ricadere la spada sulla tenera carne del mio collo.
Doveva essere morto già da un pezzo, ma nonostante tutto continuavo a provare imperterrito il dolore che mi arrecavano quelle ferite.
"Ora riposa, perchè domani non sarà una passeggiata come oggi. Preparati al secondo giorno di terapia..." disse scoppiando nuovamente in una sonora risata e lasciando la stanza.
Improvvisamente le ferite sul mio corpo si rimarginarono e del sangue che macchiava quel vuoto non vi fu più traccia.
Ancora oggi sono il quella stanza, attendendo la terapia giornaliera, senza poter far altro che rimuginare sui miei errori.
Un tempo contavo i giorni, le settimane, i mesi...ma ora ho perso il conto.
Non oso neanche immaginare quanti anni sono passati e quanti ne passeranno in quest'orribile modo.
La mia vita finì quando uccisi quel cane, perché non esiste perdono per chi non lo chiede.
Ancora oggi, in questo silenzio assoluto, mi chiedo perchè tutto ciò è successo a me, e puntualmente mi rispondo che non é il diavolo che sceglie, siamo noi, stupidi umani, a prendere la decisione.
 
La mia vita non è mai finita come non è mai iniziata.
   
 
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