Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Artemisia17    04/10/2013    7 recensioni
Ned ha fatto una promessa sul letto di morte della sua amata sorellina Lyanna. Di che genere? Tutti, chi più, chi meno, si sono posti La domanda. Molti idee e filoni di pensiero si sono sviluppati e ognuno ha la propria teoria personale. Ma.
Voi avete idee di quante cose possono cambiare per un solo,unico, infinitesimo dettaglio? Uno solo? Vite, storie, pensieri, narrazioni, stravolte per un sì o per un no, per un gameto o per un altro.
E quindi, se Jon fosse nato con gli occhi viola?
Se nelle vie imperscrutabili della genetica, gli dei del Nord avessero deciso un destino diverso per il bastardo di Ned Stark? Occhi viola, dolci come la pervinca, affilati come la metista, occhi così tipicamente Targaryen, occhi pericolosi nel mondo dell'Usurpatore ... vi ho incuriosito?
Capitolo XIII: numero non scelto a caso, Jon cavalca verso la Barriera accompagnato dal Folletto, cercando di scappare dai sicari del re, ma un corvo è più veloce sia delle lame che del veleno
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eddard Stark, Jon Snow, Lyanna Stark, Rhaegar Targaryen
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“Jon! Jooonnn!!” Arya Stark di Grande Inverno irruppe nella calda camera, avanguardia di un robusto esercito formato da tutti i piccoli lupetti.
Spettro alzò appena lo sguardo con i suoi grandi occhi rossi, per poi accasciarsi sul sacco che gli fungeva da cuccia con un rumoroso sospiro, già sconfitto e sfinito prima ancora di cominciare.
Jon si sentiva un po’ come lui. Non aveva nessuna voglia di lasciare il comodo e amorevole rifugio delle sue coperte, solo per gettarsi nel freddo addiaccio del cortile, pronto a prostrarsi al suo re. Ma evidentemente i suoi fratellini minori erano di tutt’altro avviso. 
Mentre Arya scuoteva invano la massa informe di pelliccia, Rickon stava tentando di scalare il mucchio. Nel frattempo Nymeria stava sgranocchiando le orecchie di Spettro, ma il metalupo fissava cupo davanti a sé, deciso a non darle soddisfazione. Cagnaccio stava annusando nella ciotola di Spettro, in cerca di qualche rimasuglio.
Con un rauco muggito, il ragazzo decise di entrare nella mischia. Emerse dalla coltre informe come un antico eroe  del Nord e si gettò a capofitto sulla sorella minore, tentando di farle il solletico. Ma Arya non era una lady qualunque, che scappava spaurita, squittendo e ridacchiando, e Jon fu costretto a ricordarselo bene. Un deciso calcio allo stomaco lo fece cadere per terra.
“ Jon-è-caduto. Jon-è-caduto.” Canticchiò il bambino, ridacchiando. Arya rise a sua volta, i capelli castani arruffati.
“ Oh, oh qualcuno si dovrà rifare i capelli.” Disse Jon aggrappandosi alle coperte e facendo cadere i fratellini. Arya si aggrappò agilmente alla testata del letto, salvandosi da un sicuro capitombolo, ma il fratellino non fu altrettanto svelto. Rickon cadde a testa in giù sul pavimento in legno, seppur attutito dalle coltri. Immediatamente un urlo sdegnato si propagò nei corridoi. Arya, per niente scossa dal piccolo incidente, si avvicinò allo specchio che ricopriva l’intera stanza.
“Ufh, e adesso chi la sente più la septa!” mormorò fissando infuriata i capelli castani ribelli che erano scappati dalla complessa treccia. I capelli, quasi sentissero tutto il peso di quegli occhi grigi, si afflosciarono ancora di più.
“ Sono dovuta stare due ore immobile. Due ore! Ti rendi conto, Jon? Due ore per un maledetto codino mentre mia madre mi ha rimbrottato per tutto il tempo.” La bambina tentò passarsi una mano tra i capelli, ottenendo esattamente il gesto opposto.
“ Se tua madre sentisse che lo chiami codino, ti avrebbe già sottoposto ad un lungo interrogatorio su quanto sia dignitoso essere una lady.” Sbuffò divertito il fratello, cercando di consolare Rickon, invano.
“ O su quanto io non lo sia, molto più probabilmente. Dammelo.” Rispose con un ghigno lei, pienamente soddisfatta, prendendo il fratellino tra le braccia.
“ Se solo capisse, Jon. Se solo capisse.” Sussurrò mentre Rickon si stava calmando, più che altro divertito dalla scena che si gli si parava davanti. Nymeria aveva chiesto l’aiuto del fratellino e ora entrambi i metalupi stavano spingendo Spettro giù dalla cuccia a colpi di testate.
“ Vedrai che capirà. Lei ti vuole bene ed è tua madre. Tutto si sistemerà.” Jon si alzò, scompigliando ancora di più i capelli della sorella.
“ Ma ora è meglio che tu vada prima che ci veda insieme.” Il sorriso di Arya si incrinò, tuttavia la ragazza si avviò verso la porta. Poi si fermò sovrappensiero. Nymeria trotterellò felice  verso la sua compagna di giochi, sommamente soddisfatta dell’espressione sconfitta di Spettro.  Cagnaccio invece leccò rumorosamente la faccia del lupo prima di avviarsi con il resto del gruppo.
“ Ah, quasi dimenticavo, papà ti aspettava dieci minuti fa nella sala grande. Auguri.” Con un sorriso Arya schivò un cuscino e scese le scale della torretta, non badando alla sequela di bestemmie che provenivano dall’alto.
Jon si tolse la lunga camiciola, rabbrividendo per il freddo.
Ned Stark era un uomo magnanimo e calmo, ma se c’era una cosa che non sopportava era il ritardo.
Infilò a fatica i pantaloni stretti fino alla vita, dannò un paio di sette dei nel mettere il farsetto argentato;  allacciò il cinturone da allenamento e riuscì con qualche aiutino a calzare gli stivali di pelle.
Prima di prendere la spada, si concesse qualche secondo di venerazione. Per tutti quegli anni, Ned Stark non aveva permesso ai suoi figli e a tutti i giovani della fortezza di allenarsi con spade vere.
Solo quelle di legno, piombate all’interno, in modo da risultare abbastanza pesanti e allenare le braccia.
Ma l’arrivo del re, aveva imposto un accelerazione dei tempi.
 Inguainata in un fodero di pelle, con dei minuscoli rilievi di caccia a decorarlo, la spada incantava tutti gli sguardi. Non era eccessivamente voluminosa né decorata, anzi, era assolutamente normale, ma per il ragazzo aveva un valore diverso: era la sua spada, la sua spada vera. La sua prima spada. Il fabbro gli aveva raccontato che ogni arma ha una propria anima ed è compito di ogni spadaccino domarla.
Jon aveva passato anni di notti insonni a pensare, bramare quel momento; il secondo in cui sarebbe diventato uomo, quando suo padre lo avrebbe portato con lui nelle sedute con i suoi alfieri, magari affidandogli un qualche misteriosa operazione oltre la Barriera.
 E poi, quando lui sarebbe tornato stanco e infreddolito, Ned Stark lo avrebbe abbracciato davanti a tutti, complimentandosi con lui mentre il suo cuore caldo e pulsante, batteva eccitato dei colpi di campana a festa.
Era il sogni di tutti i bastardi, no? Il riconoscimento, l’amore, la gloria originata dal merito e dal valore.
 E come tutti i bastardi, Jon si era accorto che quel momento non sarebbe mai arrivato.
 Un giorno avrebbe imbracciato uno scudo, sguainato una spada vera per lanciarsi all’attacco di qualche bruto, intenzionato ad ucciderlo.
Se sarebbe sopravvissuto, suo padre, il grande Ned Stark, lo avrebbe guardato; sì, guardato, ma solo per un secondo, un attimo dove l’amore paterno vinceva sull’onore, in cui gli diceva, anche se in un sussurro, bravo figliolo. Ma era solo per un attimo e dopo tutto sarebbe tornato normale.
Robb sarebbe stato abbracciato, il giovane fratellastro sarebbe rimasto in ombra.
Un giorno, quando le scorrerie si sarebbe succedute e diventate tutte uguali, colorate di un apatia grigia, si sarebbe sposato. Non una bella principessa venuta da lontano, circondata da damigelle e paggetti e il suon di trombe che ne annunciavano l’arrivo, così bella e raffinata da sfolgorare nei suoi abiti ricamati.
No. Qualche figlia di un lord minore, che sarebbe stato felice e orgoglioso che la sua progenie si imparentasse con i lord Stark. Certo, avrebbe borbottato a denti stretti, con un sorrisetto nella piazza del mercato, era un bastardo, ma una bastardo Stark perbacco, figlio del grande Ned e, poi, tanti figli illegittimi sono diventati dei grandi, oh sì. E lui l’avrebbe incontrata il giorno delle nozze, il viso tagliente e le mani grosse di chi è abituato ad operare la vanga più che l’ago, i capelli biondi e gli occhi azzurri, il vestito, minuto e decoroso, su cui aveva passato tante notti insonne.
No, per lui non ci sarebbero stati squilla di trombe roboanti o mani delicate di lady. No. Forse il freddo di una lama pianta nel cuore, in una delle tante campagne per suo fratello, forse il gelo della Barriera, dove sarebbe stato uguale a tutti, dove non sarebbe stato nessuno. Forse solo il freddo della morte.    
È solo un bastardo.
Jon credeva di sentire quella voce stridula e imbarazzata ogni notte e nei suoi peggiori incubi le guance rubiconde del mercante divenivano magre, incorniciate da capelli ramati e occhi azzurri, sottili e affilati che lo trapassavano, lo accusavano con quel suo tono di voce lapidaria, aspra: sei solo una bastardo.
Jon respirò piano, le mani strette. Sono solo un bastardo. Un bastardo con una spada. Il ragazzo prese il fodero e se lo legò alla cintola. Andava di fretta, quel giorno sarebbe arrivato il re. Doveva andare. E in fretta anche!
“Spettro.” Chiamò prima di dirigersi verso la porta. Il cucciolo di metalupo scosse la testa, sconsolato, fissandolo con i suoi occhi rossi. Sei solo un bastardo.
“ Spettro!” Questa volta il lupacchiotto ubbidì saltando sul pavimento e caracollando verso le scale. Con uno sbuffo, Jon chiuse la porta. Sei solo un bastardo.
 
 
 
 
“ Sono arrivati i rifornimenti da Porto Bianco?” Le luci incerte delle candele proiettavano  delle macabre figure sul soffitto  di pietra mentre un sussurrio ciabattante si ripercuoteva nelle navate laterali, crescendo sempre più, come lo scroscio di un torrente diretto a valle, fino al confluire di tutti i mormorii, le paure, i desideri.
“ Si, mio Lord.” Ned Stark era seduto su un imponente scranno di legno intarsiato e visionava attento delle serie di carte. Solo dopo averle lette, le licenziava in un angolo della tavola dove mastro Comon le impilava ordinatamente.
“ E il picchetto di guardie?”
“ è tutto pronto. Manca solo il re.” Il Lord annuì, consegnandogli un ultima carta.
“ E anche tu, Jon, a quanto pare.” Il padre si girò per rivelare la figura atletica e flessuosa del ragazzo, che si stava avvicinando al tavolo del banchetto.  
Jon aveva indossato i suoi migliori vestiti e lucidato la sua spada, notò il padre con una nota di dolore e orgoglio insieme. E con uguale tristezza e amore, doveva ammettere che sarebbe stato un degno Stark. Aveva ereditato tutti i tratti della sua casata: la statura alta, i capelli scuri intarsiati di rosso, la carnagione candida, il fisico temprato e scattante, proprio come un lupo di montagna pronto all’attacco.
Ma i suoi occhi. Ned sospirò mentre si alzava.
 Se non fosse stato per quegli occhi, lui sarebbe stato davvero suo figlio.
Occhi belli, come cantava la balia al neonato. Occhi belli come la vita.
Occhi viola, occhi che assumevano a tratti la dolcezza della pervinca e l’affilatezza dell’ametista di montagna. Occhi che riassumevano la sua natura, che ne denunciavano la stessa presenza: Stark fino al midollo, ma Targaryen, sì, Targaryen erano i suoi occhi.
“ Mi dispiace, padre. Ho legato Spettro nelle stalle insieme ai suoi fratelli. Non era molto contento.” Jon si avvicinò, piegando lievemente il capo, già in colpa per quella sua piccola mancanza.
“ Lo immagino. Beh, non tutti siamo felici di questa visita. Re Robert ha finito le scorte in ogni castello in cui il suo seguito si è fermato. Dobbiamo sperare che se ne vada presto.” I due si avviarono verso l’uscita.
“ Antichi dei, dove sono arrivato, augurarmi che il mio più vecchio amico se ne vada il più presto possibile.” Sbottò dopo qualche secondo. Jon rimase in silenzio. Sapeva che era per causa sua, tutto era per causa sua. In breve, arrivarono sotto il portico che conduceva al primo cerchio di mura interne.
“ Vuoi che ti aiuti a mettere il mantello, padre?” Ned perso nei suoi pensieri, si riscosse, annuendo appena. Il mantello in questione era una coltre unica di pelliccia di metalupo, pesante per l’arrivo dell’inverno, decorato con fili d’argento e d’oro, fino a formare la fisionomia di un lupo.
Il ragazzo pose il pesante manto sulle spalle robuste, prima di legare le catene che lo assicuravano alla corazza, le dita che scorrevano agili e senza intoppi sulla corazza.
Già da tempo lady Catelyn aveva chiesto e ottenuto che Jon diventasse lo scudiero di Robb. “Perché tu impari il mestiere della armi con chi ti sta più a cuore, i vostri destini saranno indissolubilmente legati in battaglia”, aveva spiegato loro Eddard, il viso contratto.
“Perché tu impari qual è il tuo posto, bastardo,” gli aveva sibilato la lady del castello mentre i bambini, felici di rimanere insieme, scappavano via.
“ Grazie Jon.” Disse Ned, intenzionato a parlargli, ma il corno della torretta del maestro tuonò.
“ Padre, venite, dobbiamo andare.” Jon fece per dirigersi all’entrata, ma il Lord lo fermò.
“ Jon …” un secondo suono tonante seguì al primo.
“ Jon, tutti noi dobbiamo compiere dei sacrifici. Non mi fa piacere questa visita al completo  della corte, perché può significare solo una cosa per noi: guai. Ed è meglio per tutti noi, non dar loro un motivo di ripicca a cui possano aggrapparsi.
 Figliolo, sarebbe meglio che tu rimanessi lontano dal re per il momento. Quando gli parlerò, ti faremo convocare nel mio studio e lì potrai offrirgli il tuo pegno di lealtà. Ma fino ad allora, rimani nelle tue stanze.”
L’ultima frase era un ordine, secco, da Lord a un suo suddito e questo Jon lo capiva bene, come vedeva gli occhi di quel Lord che sembravano dirgli: fallo per me, ti voglio bene, ragazzo mio, lo faccio per il tuo bene, non vogliono che ti feriscano.
Ma non parlavano mai quegli occhi. Non lo dicevano mai. Forse per questo faceva sempre così male. Gli sembrava quasi di sentire la voce di lady Catelyn: “ è disdicevole che un bastardo presenzi al saluto della famiglia al re.” Disdicevole. Una parola carina da dire in occasione affettate, quando non si ha mai niente da dire: mettersi quel vestito è disdicevole, quell’insetto è disdicevole, essere vivo è disdicevole. Una parola vuota, fredda, coniata per l’esatto scopo di non dire niente e forse per questo diceva tutto.
“ Jon.” Ned riscosse il figlio: “ Potrai presenziare al banchetto se lo vorrai.” Gli occhi grigi di Ned erano arrivati ad un livello a Jon sconosciuto: sembravano implorare. Lo faceva stare male, male da morire far soffrire il padre, ma era una sofferenza che sia andava sommando alla vergogna. Vergogna di cosa? Non lo sapeva nemmeno lui.
“ Sì. Sì. Capisco, padre. È giusto. ”
C’era stato un tempo in cui chiamarlo padre era così facile. Ned gli diede una robusta pacca sulla spalla.
 Jon sentiva già le ruote dei carri attraversare la strada maestra. Malgrado l’arrivo imminente, il Lord si concesse ancora qualche secondo prima di voltarsi e andarsene.
 Il grande metalupo degli Stark sembrò ululargli contro, derisorio.
 
 
 
Taraddan! Eccomi qua! La storia dovrebbe seguire le massime di zione Martin, almeno per i prossimi due capitoli, poi avverrà una svolta, poichè non ho nessuna intenzione di mandare Jon alla Barriera, in esilio vero e proprio. Beh, che dire. A parte il fatto che recensioni sono sempre ben accette, anzi, ne ho bisogno per la mia stabilità mentale, vorrei ringraziare Ainsel e bic per aver recensito il primo capitolo, donandomi una pace mentale in un periodo di travaglio scolastico. Grazie ancora!
  
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