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Autore: _ems    05/10/2013    5 recensioni
“Siamo tanto vicini da poterci toccare, anche solo alzando un dito, ma siamo così lontani da non riuscire neanche a sfiorarci. C’è un abisso tra me e chi mi sta di lato, eppure sembra essere sempre così vicino. Non c’è contatto con nulla, qui. E se cerco di spiegarmi da quando, non so darmi una risposta.”
[Storia arrivata quinta al contest “SongFic – Contest a pacchetti!” di Eiriin e Hotsuma92 sul forum di EFP.]
Genere: Malinconico, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nickname: _Nips sul Forum, Ems Sunflower_
Titolo: “The White and Red.”
Fandom: Originale.
Personaggi: //
Genere: Introspettivo.
Rating: Verde.
Tipo di Storia: On-Shote.
Breve introduzione:
“Siamo tanto vicini da poterci toccare, anche solo alzando un dito, ma siamo così lontani da non riuscire neanche a sfiorarci. C’è un abisso tra me e chi mi sta di lato, eppure sembra essere sempre così vicino. Non c’è contatto con nulla, qui. E se cerco di spiegarmi da quando, non so darmi una risposta.”
Avvertimenti: Nessuno.
Note: Partecipa al contest “SongFic – Contest a pacchetti!” di Eiriin e Hotsuma92, scadenza 10 settembre 2013.
Pacchetto scelto: Pacchetto A6 - canzone Crawling dei Linkin Park con frase (La strada c’è, le indicazioni ci sono, la direzione sei tu. La luce, la risposta sei tu.) e prompit bacio (libera interpretazione).
NdA: Uhm… la vera e propria nota ci sarà a fine storia, non potevo scriverla qui senza rivelare troppo del testo.
Voglio solo fare una premessa: la storia era nella mia mente da diversi giorni… non doveva partecipare a nessun contest, avevo più intenzione di presentarla come una semplice storia, ma quando ho visto che uno dei pacchetti scelti era praticamente perfetto per la storia… mi sono sentita “in dovere” di partecipare con questa storia.
Come vedrete (spero!) frase e canzone sono perfette per la storia. (Tra l’altro il sei è il mio numero preferito/fortunato!) Il bacio avevo deciso di non usarlo, ma sono consapevole che alla fine una specie di bacio c’è.
Mi sembra giusto avvertire di non aver preso in considerazione tutte le correzioni che Eiriin mi ha fatto presente. Non voglio apparire presuntuosa o cosa, ma ho messo in atto tutte le correzioni dovute alla grammatica e alla punteggiatura, le correzioni che andavano a stravolgere troppo il mio stile e la storia in sé ho preferito evitarle.

The White and Red.

Da questo lato la luce non è mai troppo forte salvo, forse, quando s’illumina.
È strano quando ciò accade, bisogna sempre socchiudere un po’ le palpebre e cercare di capire, attraverso un piccolo spiraglio tra gli occhi, chi sia il nuovo arrivato. A volte, se la luce sembra particolarmente intensa e insistente, bisogna proteggere il viso con le mani o, alla peggio, girare il capo dall’altro lato.
I nuovi arrivati hanno un’espressione confusa, ma non parlano.
Sulle loro fronti appaiono piccole rughe, si guardano attorno e poi sorridono. Mi sono chiesto più volte se quell’espressione, etichettata ormai come “la naturale reazione di benvenuto,” sia stata anche la mia. D’altra parte credo di essere qui da tanto tempo da non ricordarmene, ormai. O da troppo poco per pensarci seriamente.
Il tempo.
È una cosa strana quasi quanto la luce, qui. Sembra non passare mai, ma allo stesso tempo si ha come l’impressione che scorra veloce, irrefrenabile. Non ci sono punti di riferimento né orologi. Non si sa mai se è giorno, se è notte… nulla.
Eppure, c’è il tempo.
Lo senti scorrere nelle vene a una velocità impressionante e contemporaneamente lo senti scorrere con una lentezza clamorosa.
Nessuno sembra curioso di sapere il perché, o cosa ci sia oltre tutto questo bianco.
Bianco.
Ogni cosa è bianca, qui.
Anche noi, che sembriamo così pochi ma siamo così tanti, siamo bianchi. È sempre difficile riuscire a vedere un nuovo arrivato: l’unica fonte di colore è la sua pelle e – per chi non è troppo anziano d’aver già i capelli bianchi di suo – il colore dei capelli.
Il bianco è il colore dell’anima.
Questa è l’unica spiegazione istintiva, naturale, che penetra nelle ossa appena varcata la luce. Non c’è più sorpresa, a questa rivelazione, di tutto il bianco che ci circonda. Ed anche quando alla fine, l’unico colore diverso dal bianco è quello della pelle, non ce ne preoccupiamo. Il processo avviene velocemente, ma c’è sempre quell’impressione… quel retrogusto che non è né amaro né dolce, ma semplicemente non è, che il tutto sia accaduto lentamente. Quasi gradualmente, abbiamo l’impressione che i capelli passino da un castano a un bianco, ma nelle nostre vene scorre la consapevolezza della velocità in cui tutto è accaduto. Non ce ne preoccupiamo, non ce ne bisogno.
Non c’è bisogno di nulla, quasi quanto c’è bisogno di tutto, qui.
Il tutto è ovattato, quasi inesistente o forse semplicemente in bilico, in cerca di una destinazione.
Io mi sento in bilico, io mi sento sereno.
È questa l’unica cosa che ci confonde. È questa, la confusione, l’unico sentimento che si prova… qui.
Tutto è lontano, ma vicino.
La distesa di bianco è immensa, ed eterna, e noi ce ne stiamo qui, aspettando che il tempo scorra alle due velocità, contemporaneamente, guardandoci solo quando la luce s’illumina.
Siamo tanto vicini da poterci toccare anche solo alzando un dito, ma siamo così lontani da non riuscire neanche a sfiorarci. C’è un abisso tra me e chi mi sta di lato, eppure sembra essere sempre così vicino. Non c’è contatto con nulla, qui. E se cerco di spiegarmi da quando, non so darmi una risposta.
È come se un contatto, in realtà, ci fosse, e come se fossimo tutti legati da un filo invisibile che ci tiene stretti e ci avvicina.
Ho mosso le braccia più volte, io, cercando di individuare il filo: ma qualsiasi cosa sia non puoi toccarla, ma puoi sentirla. Ti scorre nelle vene come il tempo, come il bianco, come l’eternità.
A volte capita che qualcuno se ne vada, tutti nello stesso modo.
La luce s’illumina e noi tutti ci scambiamo uno sguardo quasi d’intesa.
“Eccone un altro,” pensiamo.
Dieci, venti, cento o più paia di occhi si posano su quella luce – con le palpebre regolarmente assottigliate o gli occhi coperti, liberi di guardare solo attraverso una fessura tra le dita – in attesa di un nuovo ospita, ma quando questo non accade c’è una sola spiegazione, istantanea: qualcuno sta andando via.
Allora ci scambiamo ancora uno sguardo. Qualcuno si passa una mano tra i capelli bianchi, corruga la fronte e lentamente scuote la testa.
«Ecco cosa avevo dimenticato».
Dice e se ne va, attraversando di nuovo la luce.
Capita raramente, o troppo spesso.
Fa sempre tutto parte del tempo, del bianco e della connessione.
Fa sempre parte di tutto questo, che ti scorre nelle vene assieme, senza fermarsi mai. Tutto è lento, tutto è veloce, eterno.
Non ci sono eccezioni, o non dovrebbero esserci.
Siamo tutti uomini, qui. Tutti con la stessa carnagione e lo stesso colore di capelli prima che diventino bianchi. Siamo tutti un puntino color carne nell’immensa distesa di bianco puro.
Siamo tutti uomini qui, tranne, ora, lei.
La luce si è illuminata più forte del solito, stavolta, e una figura minuta ne è uscita.
Lei mi fissa, in silenzio.
Ha la fronte corrugata e per un attimo mi chiedo se non sia un nuovo ospite anch’ella, ma di bianco non ha nulla.
I suoi capelli sono rossi.
Rossi come il sangue.
Ha sul viso un sorriso, le piccole mani sui fianchi e mi guarda.
Guarda me, solo me, come se il resto non esistesse.
E in un attimo mi accorgo che è così, in questa immensa distesa di bianco ci siamo solo noi: un puntino color carne di fronte ad un puntino rosso sangue. O forse il suo puntino è molto più grande, in fondo quella massa informe di ricci non sembra occupare poco spazio.
«Mi piacciono i tuoi capelli».
Mi dice e la sua voce sembra miele, delicata e dolce. Un sussurro appena udibile, ma che nel vuoto di ‘sto bianco¹ risuona forte e chiara.
Io sto zitto, guardandola e solo in quel momento giunge a me un suono nuovo.
Una voce maschile, straniera.
Un inglese impeccabile, autentico.
Sembra arrabbiato, o forse no.

{ Fear is how I fall
confusing what is real.
There’s something inside me that
pulls beneath the surface.
Consuming, confusing.}

La ragazza si volta divertita, sussurrando parole incomprensibili. Dietro di lei ora la luce s’irradia forte ma non abbastanza da costringermi a proteggere i miei occhi.
La voce dell’uomo sembra essersi abbassata di qualche ottavo e lei continua a sorridermi, e se prima non c’era nulla che riuscisse a scuotere in me quel sorriso, ora qualcosa c’è: il terrore.
D’un tratto mi sento stretto, come se i miei organi andassero man mano a rimpicciolirsi. O forse è il mio corpo a rimpicciolirsi, e i miei organi sono suoi prigionieri.
Dentro di me mi agito e scalpito affinché possa liberarmi da questo vestito stretto che ormai è la mia pelle.
Una sensazione nuova, che mai si era trovata nelle mie vene, va a stringermi il cuore in una morsa, risalendo lentamente verso la mia gola.
Sto annegando in me stesso.
Non posso parlare, non posso urlare, il cambiamento è dentro di me e la voce dell’uomo che accompagna tutto questo sembra dar vita ai miei pensieri.

{This lack off self-control I fear is never ending controlling,
I can’t seem to find myself again.
My walls are closing in.}

Lei si avvicina sempre di più, con quel suo sorriso ormai statico sulle labbra. Esiste solo il suo volto, per me, e i suoi capelli rossi che si arrestano davanti a me, in silenzio.
Resto immobile, sentendomi quasi imbalsamato.
Per un attimo mi sento l’animale esposto e questo bianco, fa da soggiorno a tutto il mio tormento. E lei lì, con i suoi capelli rossi, e come una bambina sembra quasi gustarsi la scena.
Sa cosa succede dentro di me? Sono solo gli occhi della mia anima ad essere spalancati, o anche quelli del mio corpo?
Vorrei chiudere gli occhi e inseguirmi, entrare in me e spingere più forte affinché tutto ciò che mi soffochi fuoriesca. Vorrei stringermi le braccia al petto per abbracciarmi e portarmi in salvo, per smettere di annegare.
E vorrei fermare questa voce, questo canto, che sembra quasi violentare la mia anima.

{I’ve felt this before, so insecure.
(…)
Discomfort, endlessly has pulled itself upon me
distracting, reacting against my will
I stand beside my own reflection.
It’s haunting how I can’t seem…}

La ragazza è molto più bassa di me.
La sua testa mi arriva alle spalle, solo i suoi capelli rossi raggiungono a malapena il mio naso. È piccola, minuta… fragile.
E si solleva, su punte di piedi che non vedo, accostandosi a me. Sorride, poggia le mani sulle mie spalle e si sporge in avanti e solo in quel momento riesco a chiudere gli occhi. Vorrei deglutire, ma qualsiasi cosa mi soffochi riesce anche ad immobilizzarmi.
L’acqua mi arriva alla gola.
Sento i suoi capelli sul viso, mi accarezzano la guancia sfiorandola appena.
Non si muovono più di tanto, il suo unico gesto consiste nell’avvicinare le sue labbra al mio orecchio.
Vorrei sprofondare, sparire. Il senso di soffocamento è sempre più forte, tanto forte da farmi mancare l’aria.
Vorrei spingerla lontano da me e pregarla di lasciarmi respirare.
“Fammi vivere,” vorrei dirle.
Lei non si muove e il suo respiro caldo è l’unico indizio della sua presenza lì, delle sue labbra al mio orecchio. E quasi quando credo di non farcela, quasi rassegnato a scomparire, soffocato da me stesso, annegando nelle mie viscere, lei parla:
«La strada c’è, le indicazioni ci sono, la direzione sei tu. La luce, la risposta sei tu».
E lasciando un bacio dietro al mio orecchio si allontana.

Apro lentamente gli occhi, uno per volta, per adattarmi alla luce che filtra attraverso le tende grigie. Perché diamine siano grigie, poi, non l’ho mai capito.
Respiro: uno, due, tre boccate d’aria piene, pure.
È tutto un colore, qui.
E qualcuno è accanto a me e stringe la mia mano, ed io la sento rovente tra le mie mani gelide.
«Scusami» dice. «Non volevo svegliarti».
«Non importa» ribatto. «Ti ho sognata».
«Davvero? E cos’ero?»
Mi chiede e la sua voce è miele per me: delicata e dolce.
L’accenno di un sorriso le increspa le labbra.
«La vita» le rispondo.
La voce maschile ha ripreso a cantare, ed io me ne sto qui in silenzio. Ascolto ogni parola con attenzione, lasciando che mi scorrano nelle vene. Non fanno più paura ormai, non hanno più alcun effetto su di me.
E lei si sposta appena, depositando dietro il mio orecchio un piccolo bacio.

La strada c’è,
le indicazioni ci sono,
la direzione sei tu.
La luce,
la risposta sei tu.”


Note:
1. L'espresisone " 'sto bianco" è meglio considerarla una piccola licenza poetica, suvvia!

2.
La frase detta dalla ragazza (e quindi quella riportata alla fine) è la frase del pacchetto.
3. Traduzione (pezzetti) canzone:
- {Sono caduto per paura,
confondendo ciò che è reale.
Dentro di me,
sotto la superficie,
c’è qualcosa che preme.
Consumando, confondendo.}
- {Temo che questa assenza di autocontrollo sia senza fine,
controllando non mi sembra di ritrovare me stesso.
Le mie pareti mi stanno intrappolando.}
- {Mi sono già sentito così, così insicuro.
(…)
Il disagio si è sempre impossessato di me
distraendomi, reagendo contro la mia volontà
io resto accanto alla mia immagine riflessa.
Mi sta ossessionando, come se io non riuscissi…}.

4. La storia, come ho detto, girovagava per la mia mente da un po’.
NULLA è lasciato al caso.
Ogni cosa scritta ha un suo significato, che unito con gli altri rendere il testo… sensato?
Non so se si (si possono mettere tutte ‘ste s vicine? °-°) capisce il significato, quindi mi sembra “giusto” spiegare alcune cose.
Partendo dal titolo, che come si nota è “colorato”.
Il “White” non è nero perché a farlo bianco, non si sarebbe visto… insomma, non solo. Nella storia il bianco come il rosso rappresentato, rispettivamente, una specie di oblio e la vita. Nel titolo il “White” è nero perché l’oblio in sé è qualcosa di oscuro.
Perché ho usato il bianco e non il nero? Perché il bianco è n colore uniforme, non ha sfumature né puoi confonderlo con un altro colore.
Per la gran parte della storia il personaggio si trova in questo bianco, dove tutto è simile, quasi sterilizzato da qualsiasi altra cosa possa essere diversa.
Segue un “gregge” una regola non scritta, dove il bianco è bianco e non c’è altro.
Il protagonista è in un momento della sua vita, in quel bianco, dove tutto è piatto e sereno, ma allo stesso tempo in qualche modo soffocante… anche se non se ne rende conto subito.
Il bianco, però, non è una condizione eterna.
Come si nota durante il testo, il personaggio, spiega che c’è chi affermando di aver dimenticato qualcosa se ne va.
Quel “Allora ci scambiamo ancora uno sguardo, qualcuno si passa una mano tra i capelli bianchi, corruga la fronte e lentamente scuote la testa.
«Ecco cosa avevo dimenticato».”
Sta a significare che non tutti, come il protagonista, hanno bisogno di una mano per uscire dal gregge (o dalla condizione di disagio/momento di non-vita) e ci riescono anche sulle proprie gambe.
La ragazza (che poteva anche essere un ragazzo per quanto mi riguarda, ma non ho mai visto un maschio con una cascata di ricci rossi xD) ha i capelli rossi e ricci per un semplice motivo: il rosso sta a significare la vita, e la vita è un casino.
Cosa c’è di più incasinato dei ricci?
In oltre, ho usato il rosso perché a dirla tutta, per me, è un colore che risalta all’occhio e che – visto “in testa a qualcuno” – non si dimentica facilmente.
Il ragazzo si rende conto di tutto quel disaggio quando vede la ragazza perché nel suo sogno/visione la ragazza carnifica la vita. Solo vedendo la vita, capendo cos’è, lui capisce di quando tutto quella piattezza sia in realtà sbagliata.
Ne è consapevole, ma se ne rende conto solo nel momento in cui vede la vita.
La frase che la ragazza dice: “la strada c’è, le indicazioni ci sono, la direzione sei tu. La luce, la risposta sei tu,”a mia interpretazione (non so da dove sia stata presa, essendomi fornita dalle ragazze del contest), vuole intendere che, per quando qualcuno possa aiutarti, o almeno provarci, sei solo tu il padrone della tua vita e l’unico che può davvero tirarsi fuori da quell’oblio. Per quanto riguarda la musica, credo che sia inutile spiegare il suo funzionamento nella storia… no? Nel caso ci siano dubbi, qua sto!
Credo di aver spiegato tutto (e spero di aver spiegato bene!) e mi scuso per questa mega nota. Tengo molto alla storia… e spero non sia un “incompresa”, ecco. (E spero pure di non essermi sognata tutti ‘sti “simboli”!)
   
 
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