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Autore: Chappy_    05/10/2013    9 recensioni
Prendete un "Principe dei Nani" qualsiasi: figo, testardo e per di più idiota.
Prendete poi la solita "Dea dei Giganti": acida, bellissima, ma insicura su ogni cosa.
Prendete anche, se volete, un'"autrice": sadica, stramba e fuori di melone, quale la sottoscritta.
Incastrateli per bene tra di loro (Attenzione: l’attrito tra le loro teste potrebbe rivelarsi FATALE), in una cornice meno comica e con una spruzzata di romanticismo in più; aggiungete una carrellata di situazioni assurde, svolte inaspettate e scelte difficili, capaci di mettere a dura prova anche il rapporto più solido e, infine, amalgamate il tutto…
Il risultato? Non sarà nulla di ciò che vi aspettate! Soprattutto se si ha a disposizione un anno, nel quale ogni cosa può accadere!
Tra vecchi e nuovi ostacoli, faide familiari, gelosie e tanto, tanto love-love, riusciranno i nostri cari "All Hanshin Kyojin" a buttare giù la maschera di storica coppia comica e farci vedere un'altra faccia dell'amore?
Perché si sa, anche la testa più dura, con l'aiuto di un cuore sincero, può ammorbidirsi.
Genere: Commedia, Demenziale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Atsushi Otani, Nuovo personaggio, Risa Koizumi, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Lovely★Idiots '
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Cap. 8 Il padre di Otani









Ora so perfettamente, da chi ha preso la statura Otani.
E' stato questo il mio primo pensiero, non appena la porta si è aperta, rivelando la figura del padre di Otani, in tutta la sua -scarsa- altezza.
Lo sovrasto. Letteralmente. Ed è... imbarazzante.
"Ah! Buo-buonasera, Otani- sama!"
Esclamo, ritta e impalata come un uccello, davanti a lui, torturandomi nervosamente gli alluci dentro le ballerine viola, in attesa di un segno di risposta da parte sua.
Ma lui non dice nulla, limitandosi a lasciare vagare uno sguardo interrogativo sulla mia fisionomia, osservandomi dal basso verso l' alto. Riconosco quello stesso sguardo austero e penetrante che gli ho visto avere in una delle fotografie mostratemi dalla signora Otani, la prima volta che sono venuta qui.
Non mi aspettavo di incontrarlo stasera. E a giudicare dal suo sguardo perplesso, neanche lui sembrava aspettarsi una mia visita.
'Fo-forse ho sbagliato sera...' mi chiedo, in preda ai sudori freddi.
"... E tu chi saresti?" domanda tutt'ad un tratto lui, con voce burbera e tagliente, priva di ogni traccia d' interesse.
Totalmente presa alla sprovvista, vado nel panico, farfugliando gorgoglii incomprensibili per qualunque essere umano, mentre scavo nelle profondità del mio cervellino sconnesso, nella disperata ricerca di almeno una - e intendo una- frase di senso compiuto, che indichi chi sono, cosa voglio, e perché diavolo mi trovo su quella soglia.
In questo momento, mi sento una totale -e perfetta- idiota.
"Ah, s-si io..."
"... Se sei una di quelle fanatiche spirituali che vende statuine religiose da impalare in giardino, non siamo interessati a comprare." decreta con cipiglio severo, talmente simile a quello di Otani, che per un attimo provo il bizzarro ed improvviso impulso, di rispondergli con una battuta pungente, del tipo: 'I nanetti come te, dovrebbero stare impalati in giardino!'.
Annodo un boccolo (arricciato poco fa da mia madre, per l' occasione speciale) tra le dita,  imbarazzata e nervosa come non mai.
"Ehm... No, veramente io..."
"Neanche se vendi quelle saponette per cani." mi interrompe seccamente, "L' ultima volta Sumiko perdeva chiazze di pelo ovunque, e gli sono spuntate delle escrescenze sulla lingua..."
Scuoto frettolosamente la testa, cercando di spiegarmi, "No no, io..."
"Non è che sei una di quelle 'accompagnatrici purosangue' in cerca di un notte di piacere retribuito, vero?"
Ammutolisco, sbarrando gli occhi, incredula.
Ho sentito bene? Mi ha appena definita un' accompagnatrice purosangue?
"Quelle come te, vanno a bussare di casa in casa, adesso? Mi spiace, ma io sono un uomo sposato!"
"Come, scusi?"
"Aspetta..." la sua voce si abbassa, carica di nervosismo, e il suo sguardo si indurisce.
"... Sei una ricercata? Vendi droga? Ragazza, non voglio avere grane con la polizia..."
Rimango a bocca aperta.
"No...!" esclamo senza fiato, talmente indignata e sconvolta da dimenticare persino il mio iniziale imbarazzo.
"Senta, sono qui perché sono stata invitata!" sbotto, al limite dell' esasperazione.
I suoi occhi, se possibile, si assottigliano ancora di più, talmente gelidi e guardigni stavolta, da farmi immobilizzare all' istante, gelandomi sul posto.
"... Se sei dell' AKI Company, dì a quei bastardi opportunisti, che non ho nessuna intenzione di tornare a fare il pagliaccio da circo, facendomi corrompere come tutti gli altri!!" sbraita improvvisamente furioso, facendomi trasalire.
"... E visto che ci sei, dì anche a quel tale Akamura, che può andare al DIAVOLO!!"
Sbatte la porta di casa con tale violenza che i luminari tremano, mentre il mio cuore mi si incastra nella gola per lo spavento.
Cavolo.
'Ma che...?' penso, talmente stralunata e allibita, da non riuscire a muovere un solo muscolo.
"Chi era?... Perché urlavi?" sento una voce femminile provenire da dentro la casa. La sorella di Otani?
Un grugnito accompagna la sua domanda preoccupata.
"Lascia perdere! Una donnaccia in cerca di denaro!"
Sussulto sconvolta, nello stesso istante in cui sento l' altra voce trattenere bruscamente il respiro.
Accigliata, e ancora totalmente sotto shock, con gambe tremanti decido di voltarmi e scendere lentamente gli scalini.
Donnaccia? Io?!...
"EEEEEEEEEEEEEEHHHH???!!!"
D' un tratto, uno strillo acuto provenire dalla casa, mi fa sussultare.
"... COME SAREBBE A DIRE, CHE LE SPILUNGONE DAI CAPELLI ROSSI SONO LE PIU' PERICOLOSE?! TI RENDI CONTO DI QUELLO CHE HAI APPENA FATTO, BRUTTO VECCHIACCIO??!"
Meno di un istante dopo, la porta di casa si spalanca del tutto, rivelando sulla soglia la bionda, dolcissima e ringhiante figura della sorella maggiore di Otani, dallo sguardo iniettato di sangue.
Indietreggio, a dir poco terrorizzata.
"... Oh. Risa- chan, sei qui che bello!" cinguetta raggiante, dopo essere tornata 'normale'.
Mi tengo una mano sul cuore, ancora con il fiato corto per lo spavento.
Sinceramente? Non credevo potesse esistere una famiglia stramba quanto -se non addirittura peggio- della mia.
Fino a questo momento.
Scende frettolosamente gli scalini, venendomi incontro con un sorrisone a trentatré denti, e mi abbraccia calorosamente.
"Buo-buonasera, Otani- san..." la saluto timidamente, dopo aver sciolto l' abbraccio.
"Oh, suvvia non essere così formale!" sventola una mano, ridendo di gusto, "Io sono Midori*, e... dammi del tu!" mi ammonisce, con uno sguardo tra il serio e lo scherzoso, ma comunque sempre con quel tono gentile, che mi ricorda tanto gli stessi modi della signora Otani.
Nonostante il verdino delle sue iridi, e la stessa tonalità del biondo cenere dei capelli, non sembra aver preso nient' altro dal padre. Noto che i suoi occhi sono alla pari di miei, anche se è più grande di qualche anno, penso.
Sperando non mi esca un ghigno, cerco di sorriderle, mentre le porgo la busta che tengo tra le mani.
"L' ho f-fatta io. E' una t-torta al lime e c-cocco..." mi porto una mano dietro la testa, mentre lei afferra la busta in silenzio, un po' sorpresa.
"Otani mi ha detto che è la tua pre-preferita e... e così ho pensato che po-potevamo mangiarla tutti insieme..."
"Ma che pensiero gentile! Grazie!" esclama con occhi luminosi, "Sono sicura che è davvero buonissima!"
Mi sorride, un sorriso di gratitudine che io ricambio immediatamente, sollevata al pensiero che abbia apprezzato.
"Oh! Che sciocca che sono!" esclama d' improvviso, portandosi teatralmente una mano sulla tempia, "Ti sto facendo stare qui fuori al freddo!"
Mi afferra saldamente una mano, trascinandomi dentro, "Su, vieni. Ti stavamo aspettando tutti!"
'Bè, forse non proprio tutti...',  non posso fare a meno di pensare, sospirando mentalmente; e mentre seguo Midori- san dentro casa, mi scopro di temere già il momento in cui mi ritroverò di nuovo faccia a faccia con il signor Otani.
Appena oltrepasso la soglia, un grazioso akita mi abbaia contro, niente affatto giocoso, mostrandomi i canini aguzzi, in una maniera molto simile a come ha fatto Midori- san poco fa.
Indietreggio nuovamente, spaventata. Non mi sono mai piaciuti i cani così grossi... mi fanno una gran paura! Sapevo già che Otani ne aveva uno, ovviamente, ma pensavo che fosse innocuo! E invece questo, non sembra particolarmente contento di vedermi.
E siamo a quota due. Fantastico.
"Sumiko!" la rimprovera Midori. Appoggia la busta sul comò lì accanto e si china ad accarezzarle la gola, per poi sollevare lo sguardo su di me.
"Tranquilla, fa così perché non ti conosce ancora. E' una gran tenerona, davvero, vedrai che non appena ci farai amicizia, ti adorerà!"
Arrossisco mentre le porgo il cappotto, vergognandomi della mia reazione idiota.
"Eh eh eh, si..."
"Prego, fa come se fossi a casa tua."
Dopo aver agganciato il cappotto all' attaccapanni, mi porge le pantofole, rivolgendomi un sorrisino a mò di scuse.
"Mi dispiace per quello che è successo prima, sono davvero mortificata..."
Le indosso, tenendo lo sguardo basso, non sapendo bene cosa dire.
"No... Bè, n-non..." farfuglio, come una completa imbecille.
"Ti prego, perdona mio padre..." sospira lei, supplichevole, "E' che ogni tanto, si dimentica di usare le buone maniere." aggiunge con tono carico di rimprovero, lanciando un' occhiata contrariata al di sopra della mia spalla.
Mi volto tremante, e solo allora mi rendo conto che il signor Otani non ha mai lasciato l' ingresso, continuando a tenere gli occhi verdi contornati da spesse rughe, puntati dritti contro di me.
Fumo di vergogna, senza osare emettere una sillaba.
"Sei sempre il solito, papa..." sbuffa pesantemente Midori- san, che dopo aver chiamato il genitore con quel nomignolo affettuoso, poggia entrambe le mani sui fianchi, guardandolo con aria severa.
"Eppure ti avevamo avvertito che la ragazza di At- chan avrebbe cenato insieme a noi, stasera!"
"Ragazza?..." sussurra, e il suo sguardo si assottiglia.
Prendo un grosso respiro, cercando di farmi coraggio, inchinandomi rispettosamente.
"Pi-piacere di conoscer-la, so-sono Ri-Risa Koizumi, l- la ra- ragazza di Ot- no! V-volevo dire, A-Atsushi- kun!" esclamo, rauca per via degli innumerevoli nodi che mi ingarbugliano le corde vocali.
Accidenti. E' la prima volta che incontro la famiglia di Otani per intero... Sono così nervosa!
Il signor Otani non dice nulla, limitandosi a fissarmi ancora, riducendo gli occhi a due minuscole fessure, senza dare alcun segno di voler rispondere con un 'Piacere mio!' o un 'Benvenuta!', né tantomeno accennare a scusarsi.
Non vorrei sbagliarmi; ma lo sguardo che mi sta rivolgendo proprio adesso, sembrerebbe un tantino... ostile.
Deglutisco rumorosamente, sentendo il sudore freddo scorrermi lungo la spina dorsale...
"Midorii! E' arrivata Risa?!"
Per fortuna, la voce squillante della signora Otani interrompe quella situazione, diventata -almeno per me- ormai fin troppo imbarazzante. Sospiro internamente di sollievo.
"Si, è qui! E' arrivata!" risponde tutta contenta Midori- san. Mi affaccio alla porta della cucina, cercando di sorridere nel modo più convincente possibile, alla padrona di casa.
"Buonasera signora..."
"Oh, benvenuta cara!" mi rivolge un sorriso caloroso, distogliendo l' attenzione dai fornelli che, devo dire, emanano un odorino niente male, da farmi venire istantaneamente l' acquolina in bocca.
"Guarda, mama." la chiama la figlia, poggiando la busta sul bancone, "Risa- chan ha portato una torta al lime e cocco."
"Spe-spero vi piaccia..."
"Ma certo. Hai avuto un' ottima idea, noi tutti ne andiamo pazzi!"
Le sorrido riconoscente, sentendo un po' della tensione iniziale scivolare via lentamente da me, come se non ci fosse mai stata.
Ma non appena scorgo la bassa figura del papà di Otani, che continua ad osservarmi di sottecchi dallo stipite della porta, non posso a fare a meno di irrigidirmi nuovamente.
Facendo finta di non averlo notato, lascio vagare lo sguardo attorno, alla ricerca di un' altra figura, altrettanto bassa.
"At- chan è di sopra, sta finendo di studiare." mi informa sorridente la signora Otani, come se mi avesse letto nel pensiero.
Mi irrigidisco di nuovo, ma stavolta dall' imbarazzo, "Ah, s-si..."
"Vieni, ti accompagno." si offe cortese Midori- san.
Sumiko prende di nuovo a ringhiarmi contro, mentre lei cerca di farla calmare. Lancio una sfuggevole occhiata al signor Otani, intercettando il suo sguardo gelido e contrariato.
Sono sicura che da un momento all' altro, ordinerà al cane di attaccarmi, e dopo essersi assicurato  che la belva si sia cibata fino all' ultimo osso del mio corpo, gli accarezzerà amorevolmente la nuca, con un affettuoso 'Ben fatto'.
"Shhtt, sta buona, Sumi..."
"Ah! N-no no..." mi affretto a rispondere, sperando di riuscire a mantenere la voce ferma, "Non vorrei disturbarlo, eh eh eh..."
"Ma no, figurati. E'stato At- chan a dirci di farti salire, non appena saresti arrivata." mi dice Midori.
Rimango sorpresa per quelle parole, e mi sento arrossire, non so bene perché.
"O...Ok..."
Senza aggiungere altro, seguo la sorella di Otani su per gli scalini, sentendo ancora lo sguardo penetrante del padrone di casa perforarmi la schiena.




 
***




 
Una volta davanti alla porta della stanza di Otani, Midori- san bussa.
“At- chan?...” non ricevendo risposta, la apre cautamente, “E’ arrivata Risa…”
Otani, spaparanzato comodamente sul letto cosparso di libri e fogli svolazzanti, cuffie nelle orecchie e ginocchia sollevate nel sostenere un tomo dall’ aria pesante, finalmente si accorge del nostro arrivo.
Alza gli occhi dal libro, intercettando i miei, e si solleva subito a sedere composto.
“Oh, ehi!…” esclama sorpreso, togliendosi le cuffie dalle orecchie, e abbandonando l’ ipod sul letto.
Probabilmente’ penso, ‘non avrà sentito neanche ciò che è successo di sotto…’
“Non sapevo che fossi arrivata…” ammette, alzandosi dal letto.
“N-no, bè…”  continuo a balbettare come una deficiente, io.
Midori ci osserva di sottecchi, per poi aprirsi in un sorrisetto furbo.
“Ok, io adesso torno di sotto. Immagino vogliate rimanere da soli…” squittisce, dandoci la schiena.
Arrossisco violentemente alla sua occhiata da 'Sono di troppo, so cosa volete fare, sporcaccioni!’,  che ci rivolge subito dopo.
“Vi chiamerò non appena sarà pronto per mangiare…”
“Ok.” dice solo lui, in tono inespressivo.
Dopodiché, la sorella di Otani scompare dietro la porta, lasciandoci soli a guardarci ai due lati opposti della stanza.
Non potendo sopportare un’ altra situazione imbarazzante da silenzio tombale, lascio che le parole escano a raffica, sperando non risultino troppo stridule.
“T- tua sorella è molto simpatica…” comincio, forzando un sorriso.
“Se lo dici tu.” fa spallucce lui, “E’ come ogni altra sorella maggiore, credo. Da piccolo mi punzecchiava sempre, lo fa anche adesso, in effetti. Un po’ prepotente, sai…”
Sembra che anche lui si stia impappinando nelle sue stesse parole, come se fosse nervoso. Aggancia una mano dietro il collo, guardando altrove.
Mi limito ad annuire, mentre lui riprende subito.
“N-non… sapevo che fossi già qui…” ripete, in evidente imbarazzo, “Hai fatto presto…”
“Ah. Si…”rispondo, tenendo lo sguardo basso, “N-non volevo fare tardi…”
“A cosa devo questo miracolo?”
Alzo di scatto lo sguardo e sbuffo seccamente, infastidita dal suo tono strafottente.
“Come os-?!”
Mi blocco a metà frase, rimanendo senza fiato, scoprendolo ad un passo da me.
Prima ancora che possa trattenere il respiro, o chiedermi quando mi si sia avvicinato, Otani mi ha già afferrata per le braccia, sollevandosi quel tanto che basta da potermi baciare sulle labbra.
Sento la pressione delicata delle sue labbra sulle mie, ed il cuore tambureggiarmi furiosamente dentro il petto. Rispondo un po’ esitante, ma emozionata...
Quando ci stacchiamo, ci osserviamo negli occhi per un lungo attimo, entrambi paonazzi.
Soltanto in questi ultimi due giorni, io ed Otani ci siamo scambiati parecchi baci, più di quanti ce ne siamo dati in oltre un anno e mezzo di frequentazione! Sono felice di quanto le cose siano cambiate, tra di noi.
Sembra che ormai, ogni volta che ci vediamo, Otani sia intenzionato a comportarsi sempre in questo modo, come un bravo fidanzato dovrebbe fare; e devo ammettere, che la cosa non mi dispiace affatto.
“Eh eh eh…”
“E smettila, dai…” distoglie lo sguardo, senza riuscire a nascondere il mezzo sorriso.
"Stavi studiando?" domando, indicando il letto cosparso di libri, "Scusami, non volevo disturbarti..."
Lui segue il mio dito, "Eh? Ah, no figurati, stavo solo ripassando intanto che... Uhm, avevo già finito da un pezzo..."
 Si affretta a sgombrare i libri dal letto, accatastandoli gli uni sopra gli altri, formando una pila considerevole, per poi adagiarli con cautela sulla scrivania lì vicino.
"E cosa stavi studiando?" domando, incuriosita.
"Niente che la tua testa possa comprendere."
"Ma che cafone!"
Mi siedo sul letto, scoprendolo morbido e confortevole sotto di me, osservando Otani per un po', senza dire nulla.
Scorgo le sue occhiaie persino da quaggiù, e i suoi movimenti sono discontinui e fiacchi. Sembra a pezzi.
Sbadiglia sonoramente, per poi stropicciarsi forte gli occhi e stiracchiarsi.
"Devi essere stanco..." 
"Si, sono distrutto..." sospira lui, con voce fievole, "E' tutto il giorno che sto sui libri, e mi bruciano gli occhi..." allontana le mani dal viso, e si stiracchia, agitando la testa per scrollarsi via la stanchezza.
"Scusa..." mormora dopo un altro sbadiglio.
"Non scusarti, scemo..." mi viene da sorridere.
'Però...' penso, rivolgendogli uno sguardo carico di affetto ed ammirazione, 'Certo che Otani si sta impegnando davvero tanto...'
"E... come sta andando?" domando, ancora col sorriso sulle labbra.
Mi lancia un' occhiata frettolosa, prima di riporre un altro tomo nella libreria.
Si gratta la nuca, "Bene. Penso che andrò meglio, la prossima volta..."
Sospiro, sollevata, "Menomale..."
"Già..." accenna un sorriso nella mia direzione, e sento il mio cuore sussultare dall' emozione.
"Questi appunti sono stati la mia salvezza." aggiunge, mostrandomi dei quaderni con dei gattini stampati sopra.
Deve aver notato l' espressione totalmente sconcertata sul mio viso, perché dopo un attimo aggiunge: "Emi, ti ricordi? La ragazza di ieri, la mia compagna di corso..."
'Oh, giusto, il genio in gonnella...' penso, mentre nella mia mente inizia a visualizzarsi con chiarezza l' immagine della splendida ragazza che solo ieri è saltata al collo di Otani, stampandogli un bel bacio sulla guancia. Come dimenticarla?
"Questi appunti me li ha prestati lei."
"Ah." evito di guadarlo, fingendo indifferenza.
"Gelosa ~?" cantilena lui, osservandomi di sbieco con un sorrisetto irritante.
"Tsk, figurati..." ribatto annoiata, non volendo dargli sazio.
Ridacchia, poi chiede, sempre sorridente, "E tu, Koizumi? Quando recupererai il test?"
Rispondo mestamente, "Mai."
"Eh?" si volta subito a guardarmi, stralunato.
"Stamattina ho parlato con il coordinatore scolastico e... mi ha detto che ormai quel test è andato. Non posso più recuperarlo. " spiego, con voce cupa, "Ma ce ne sarà un altro a fine trimestre, quello definitivo."
"Andrà bene, vedrai." mi sorride, incoraggiante.
Cerco di restituirgli il sorriso, "Lo spero..."
“Oh, a proposito…” si riprende lui tutt’ ad un tratto, come ricordandosi di qualcosa, “... Come è stato conoscere mio padre?”
La domanda mi coglie talmente impreparata, che quasi mi strozzo con la mia stessa saliva.
“Ah! Ehm… E’- è stato...” boccheggio, in preda al panico.
Solo la prospettiva di poter mentire ad Otani, non mi piace. Per niente. Ed infatti non ci riesco.
"Bè, ecco… strano.” rispondo infine, tenendo lo sguardo vacuo sul lenzuolo di lino verde del letto, cercando in tutti i modi di non intercettare il suo. Non è una bugia, ma non è neanche del tutto vero.
In realtà so benissimo che come prima impressione, ho fatto cilecca (che in questo caso, è sinonimo di schifo) con suo padre. Non so davvero come farò a reggere la tensione per tutta la cena...
Ma questo Otani non deve saperlo. Almeno, fino a quando non riuscirò a fargli cambiare idea sul mio conto.
E poi, francamente, cosa cavolo avrei dovuto dirgli?? Che suo padre mi aveva appena scambiata per una donnaccia di strada, sbattendomi la porta in faccia? Andiamo! Mi avrebbe dato della stupida, prendendomi in giro fino alla morte, e ridendo nel suo solito modo cretino. Meglio evitare...
Al suo sospiro rumoroso, mi volto a guardarlo. Non sembra affatto sorpreso, né infastidito dalle mie parole, tutto il contrario: Il suo volto ha un' espressione rassegnata, che sembra dire a chiare lettere 'Me lo aspettavo'. Cosa che mi lascia alquanto perplessa.
"Mio padre è sempre stato un tipo un po' burbero, non farci caso..."
"Hai appena detto 'burbero'?" soffoco una risata.
"Mpf, scema." sbuffa lui sbrigativo, non dando corda alla provocazione, "Bè, lui lo è. E da qualche giorno a questa parte, anche più del solito. Si è appena concesso un periodo di ferie, e dato che per lavoro è costretto a stare lontano da casa molto spesso, pensavamo che fosse contento di poter accantonare gli impegni per un po', per rilassarsi e godersi l' aria di casa..."
Sospira, abbandonandosi contro la scrivania dietro di lui, "E invece non fa altro che stare chiuso nel suo studio a lavorare ai suoi progetti, o a parlare al telefono con i suoi colleghi. E' fatto così." scrolla le spalle, con finta disinvoltura.
Rimango a fissarlo accigliata, chiedendomi se la nota appena accennata di delusione che ho avvertito nella sua voce fosse reale, o frutto della mia mente. Possibile che me la sia solo immaginata?
Se conosco anche sono un pochino Otani, so per certo che, anche se fa di tutto per mascherarlo facendo l' evasivo, in realtà lui si sente anche un po' ferito dal comportamento di suo padre; e che, infondo, gli sarebbe piaciuto che lui gli desse più attenzioni, e anche alla madre e alla sorella.
Deve volergli molto bene.
Almeno, questo è quello che mi suggerisce il cuore in questo momento.
"Che lavoro fa?" chiedo, per spezzare quello strano silenzio fatto di sottintesi, più che altro incuriosita -e anche un po' preoccupata- dallo strano atteggiamento del mio ragazzo.
"Mh?" solleva il volto, rinsavendo dai suoi fitti pensieri, "Mio padre?  Lavora in una piccola impresa di navi da crociera, come armatore e capitano..."
"Caspita!" mi esce un fischio di ammirazione. Non pensavo che il padre di Otani fosse una persona così illustre!
"Si..." mormora, sempre con indifferenza, "La 'Asahi no Fushigi* Corporation'. Non so se ne hai mai sentito parlare..."
"Ehm... Veramente no." ammetto, vergognandomene un po'.
Ma neanche in questo caso, mostra la benché minima traccia di stupore.
"Te l' ho detto, è una piccola impresa. Solo a Kobe è conosciuta. Forse ha intenzione di ampliarla un giorno, o unirla con qualche altra compagnia più grande... Non so." fa di nuovo spallucce, come se non glie ne importasse nulla.
"E tu?" chiedo, cercando di studiare il suo sguardo imperscrutabile.
Mi guarda, questa volta sorpreso, "Eh?"
Appoggio il mento sul palmo della mano, puntellandomi sul gomito, "Non ti piacerebbe seguire le sue orme?"
Si passa una mano tra i capelli, soffocando una risata niente affatto divertita.
"Scherzi? Viaggiare di continuo su una nave, non è mai stata la mia massima aspirazione, sai... Naa, non fa per me. Preferisco di gran lunga stare nei dintorni, e insegnare a giocare a basket ai ragazzini. E poi..." aggiunge, lanciandomi un' occhiata strana, "Stare lontani dalla propria città, riuscendo a vedere la famiglia solo per una manciata di giorni al mese, sarebbe un po'... deprimente. Non credi?"
Sorrido, totalmente d' accordo, "Hai ragione..."
"Ovvio. Insomma, mica potrei lasciarti qui da sola... Con la capacità che ti ritrovi nell' attirare guai in continuazione, potrei tornare, e trovare l' intera città rasa al suolo!"
Il mio sorriso si sgretola all' istante.
"Mpf." lo guardo in cagnesco, mentre mi alzo e lo raggiungo, facendogli 'pat- pat' sulla testa.
"Tsk, nanetto che non sei altro, non farti troppe illusioni. Per entrare in nautica, si deve essere almeno alti abbastanza da arrivare al timone!"
"Mi dai proprio sui nervi quando fai così, lo sai?!" sbotta, allontanando bruscamente la mia mano, arrabbiato.
"Su, su At- chan, non fare il burbero..."
"E smettila!"
Rido sonoramente, prima che la mia attenzione venga catturata da qualcosa oltre la testa di Otani.
La risata mi muore in gola, e mi raggelo immediatamente sul posto.
Notando il cambiamento della mia espressione, lui mi lancia un' occhiata interrogativa.
"Mh?"
"Ma... questo..." sussurro, in preda ai sudori freddi.
"Eh?"
"Questo... CHE CAVOLO SIGNIFICA??!" strillo con voce stridula, indicando la mensola vicino alla libreria.
"Cosa?" chiede, totalmente confuso, voltandosi e seguendo il mio sguardo. "Oh..." si apre poi in un sorriso sarcastico, non appena capisce di che si tratta.
Si avvicina alla mensola, ridacchiando beffardo; dopodiché, prendendola tra le mani, mi mostra con aria fiera l'oggetto della mia reazione isterica: un portafotografie, con dentro la foto di me, con una faccia a dir poco orribile, sconvolta e cadaverica, vestita da fantasma al festival scolastico di seconda liceo.
"Carina, uh?"
"COME CAVOLO L' HAI AVUTA??!" urlo, senza riuscire a contenere la costernazione.
"Seiko." risponde tranquillo lui, senza scomporsi, "L' ha scattata lei, quel giorno."
Apro e richiudo la bocca totalmente sconvolta, "C-cosa?! Come?! Perché??!"
"Stavo guardando le fotografie del festival, e lì in mezzo, tutt' ad un tratto, vedo spuntare questa meraviglia. Sembrava dirmi 'prendimi, prendimi, sono qui!', così l' ho presa." imita una vocina irritante, con un sorrisetto ancora più irritante.
"Razza di-!"
"Ho chiesto a Seiko se potevo farne una copia, ma mi ha detto che non ce n' era bisogno, così me l' ha data. L' ho tenuta nel cassetto per non so quanto tempo. Qualche giorno fa l' ho tirata fuori, e ho deciso di incorniciarla... Sta bene qui sulla mensola, non credi?" non smette di ridacchiare, beffardo.
"Ma perché proprio quella??!"
La sue labbra si incurvano in un sorrisetto strafottente, "Bè, diciamo che è una specie di... rivincita."
"Rivincita?! Che significa?!"
"Ti ostini a tenere quella foto ridicola, di me travestito da cheerleader? Benissimo, io mi tengo questa."
"COSA?!"
"Pftt..." ride sotto i baffi, osservando la foto con aria fastidiosamente compiaciuta, "Certo che avevi davvero una faccia orribile..."
Avvampo, furiosa, "Che... Che faccia volevi che avessi, dato che un nano idiota non si accorgeva dei miei sentimenti??!"
Ma lui non sembra starmi a sentire, ancora intento a contemplare la foto, mettendosi a ridere più forte, "Ahahahah! Oddio sembravi un vero fantasma, Ahahahahah... Ahi!!"
Lo colpisco forte in testa, urlandogli in faccia, "Dammi quella stupida foto!!"
Cerco di strappargliela dalle mani, ma lui la nasconde repentinamente dietro di sé.
"Fossi matto! Non te la darò mai!"
Mi avvento su di lui, cercando di acciuffarla da dietro la sua schiena, invano, costringendolo ad indietreggiare.
"Dammela subito!!"
"Scordatelo!"
"Dammi quella foto, Otani!!"
"No!"
"Ho detto di darmela!!"
"Neanche per so-oooooooohhhh...!!!"
In uno slancio più avventato, mi addosso contro di lui, facendolo sbilanciare e cadere come un sacco di patate sul letto, mentre lui mi afferra per la maglietta, trascinandomi giù con sé.
Mi si blocca del tutto il respiro.
"Ma che stai-??!"
Ammutolisce all' istante, notando anche lui quanto siano vicine le nostre labbra.
Lo vedo spalancare gli occhi, zitto ed immobile come una statua, e guardarmi con un' espressione indecifrabile, mentre il portafotografie giace ormai immobile abbandonato sul letto, sopra la sua testa.
Entrambi i nostri visi, prendono istantaneamente le stesse tonalità del fuoco vivo.
"Ah! I-Io..." boccheggio, in modo affannoso.
Un senso di deja-vù mi trapassa la mente annebbiata, insieme ad una valanga di emozioni diverse, tutte insieme, che non riesco a gestire.
Mi sento stordita da questa improvvisa vicinanza. Il mio cuore và a mille, ho le palpitazioni, mi sento girare la testa...
E in un lampo, me ne rendo conto: Sono... sopra Otani.
Ed anche lui sembra rendersene conto.
Noto il rossore sui suoi zigomi pronunciati dipanarsi per tutto il collo, scendendo giù per la gola e raggiungendo il pomo d' Adamo, che si alza e abbassa lentamente; anche il suo respiro è diventato più affannoso, e sento il suo cuore tambureggiare contro il mio petto.
In un attimo, ritrovo quelle sensazioni. Quelle che ho provato quella sera, in quella stanza d' albergo, in occasione del matrimonio di Maity- sensei*. Anche allora eravamo vicini, vicini abbastanza da provare emozioni simili...  Ma non così vicini!
Sento le nostre gambe intrecciate, i suoi fianchi talmente stretti ai miei da impedire ad entrambi di respirare regolarmente, il suo torace alzarsi ed abbassarsi sotto di me...
Non sono passati più di dieci secondi, da quando entrambi siamo finiti sul letto, eppure sembra che il tempo si sia congelato.
Lui apre la bocca, come per cercare di dire qualcosa, ma non emette neanche una sillaba. Mi rendo conto, che anch' io ho un disperato bisogno di parlare, di dire qualcosa, di esprimere qualcosa. Ma non ci riesco. Non con le parole, comunque. Non oso muovermi di un solo centimetro, e neanche Otani sembra volerlo.
Perciò, restiamo entrambi immobili a guardarci sognanti e con le guancie infuocate, le nostre labbra ancora ad un passo dal toccarsi.
Non riesco a distogliere l' attenzione dallo sguardo di Otani. Dai suo occhi d' improvviso più scuri, più intensi. Più belli. Sembrano due pozze nere, lucide e profonde...
D' un tratto, li vedo distogliere l' attenzione dai miei, concentrandosi un po' più in basso, su qualcosa in particolare.
Vado in iperventilazione, non appena mi rendo conto che la cosa che sta fissando, sono le mie labbra. 
Ma è solo quando sposta una ciocca dei miei capelli, caduta a sfiorargli la guancia, e la sistema delicatamente dietro il mio orecchio, che mi sento morire.
Il suo sguardo torna ad incatenarsi al mio, e sento il mio cuore avere un' altro sussulto involontario, l' ennesimo.
No. Non è neanche lontanamente, come quella volta, penso. Questa volta, non sento il bisogno di cacciarlo via...
Improvvisamente il mio corpo, senza il mio consenso, inizia a comportarsi in modo strano.
Prendo a mordicchiami, senza motivo apparentemente logico, il labbro inferiore. Il mio cuore comincia a battere ad una velocità davvero fuori dal normale, persino per me, e in una maniera tale che sento i miei polmoni svuotarsi di ogni sorta di forma d' aria, d' ossigeno, persino il diaframma si rifiuta di collaborare!
Sembra che tutto il sangue dentro il mio corpo fluisca in un unico punto, e cioè le mie guancie, e che il mio cervello sia intenzionato a liberarsi di ogni ingombrante e fastidioso pensiero.
Ogni cellula del mio corpo adesso mi controlla, sento ogni emozione travolgermi, e attraversarmi fino alle estremità. Il suo respiro velocizzato sulle mie guance in fiamme, mi dà alla testa...
Ed è così, che le mie emozioni prendono il sopravvento.
Senza rendermene conto, sporgo inavvertitamente di più le labbra, cercando il contatto con le sue.
Mi sento così strana... molto, molto strana. Mi chiedo cosa sia questa sensazione di... trionfo...
Adesso sento... Sento... che lo voglio più vicino a me.
Più... vicino...
RISA!! mi urla, forte e fastidiosa, la mia parte razionale, Ritorna in te!! Che aspetti? Caccia via quel nano maniaco!
'Ma... Ma non è come quella volta...!' risponde cocciutamente la me impulsiva, 'Io... lo voglio più vicino, adesso...'
Ma che cavolo dici?! Siete in un letto! Da SOLI! Sai cosa significa questo, vero?!
'Se... se so cosa significa...?'...
D' un tratto, delle voci indistinte cercano di farsi largo attraverso i miei ricordi, confuse e sbiadite. Prima tra tutte, quella della mia migliore amica...
#"Sai Risa, prima o poi tu ed Otani dovrete prendere il 'treno dell' amore'! O vuoi rimanere una bambina per sempre?! CIUFF-CIUFF!!"#
... di Midori- san...
#"Immagino vogliate rimanere da soli..."#
... Persino dell' amico di Maity- sensei, quel tale Jack...
#"Spero che voi due, passiate una dolce e focosa notte!"#
...
Ed è così che, un secondo dopo, il mio cervello riprende pieno possesso delle sue facoltà.
Mi blocco all' istante, prendendo spaventosamente atto della situazione in cui mi trovo. Aspetta...
Io. Otani. Stanza. Soli. Un letto.
... SO COSA SIGNIFICA TUTTO QUESTO!
Spalanco di scatto gli occhi, scoprendo quelli di Otani chiusi, come in attesa.
Non accorgendosi del mio turbamento e della mia esitazione, sporge anche lui il viso, appoggiando una mano bruciante sul mio fianco scoperto, facendomi rabbrividire, avvicinandomi inavvertitamente di più a sé.
Oddio, oddio, cosa succede?... Cosa diamine sta succedendo??!
Trionfo? No, non è trionfo... E' PANICO!
Che devo fare??! Devo di nuovo cacciarlo via dal letto? Oppure no? E, cosa più importante di tutte: Lo voglio?
NO.
Si...
Fo-forse non è il momento adatto p-per...
"Koizumi..." sussurra lui roco, ad un centimetro dalle mie labbra.
No, aspetta che fai?! Non sono pronta a-!... A-aspetta...!
Sono ancora indecisa se protendere le labbra e rispondere al bacio, o spedirlo a schiantarsi al muro con un calcio rotante, quando uno schianto tremendo ci fa sobbalzare entrambi.
Otani si solleva con uno scatto fulmineo, scansandomi senza troppi complimenti fuori dal letto, facendomi finire col culo per terra.
"N-non... NON SI USA BUSSARE??!" sbraita rossissimo rivolto alla porta, mentre io mi sollevo massaggiandomi il sedere dolorante.
Seguo il suo sguardo, e se possibile, arrossisco ancora di più: Lì, sulla soglia, il signor Otani ci sta fissando, con uno sguardo a dir poco furibondo.
Non dice nulla, quando improvvisamente una testa bionda lo sovrasta da dietro.
"Papa! Ti avevo detto che li chiamavo io...!" sbraita, contrariata, per poi osservarci con un uno sguardo carico di imbarazzo, "E-ehm! E' pronto in tavola..."
"SI!" esclamiamo rossissimi all' unisono.
Senza osare guardarci, schizziamo fuori dalla stanza, sotto lo sguardo furioso e indagatore del signor Otani.





 
***




 
Uno strano silenzio aleggia attorno alla tavola, spezzato solamente dal rumore delle posate che ogni tanto sbattono sui piatti, rendendo l’atmosfera -già pesante da prima- decisamente … soffocante.
Non mi sento molto a mio agio. Anzi, non mi sento per niente a mio agio.
Strane vibrazioni negative mi attraversano il corpo, irrigidendomi, tutte provenienti dal posto di fronte al mio, occupato dal padre del mio ragazzo.
Ho come la sensazione che mi stia studiando. E sono sicura -anzi, sicurissima- che abbia equivocato qualcosa.
La signora e Midori si rivolgono a me in modo molto gentile, ed io cerco di rilassarmi, ma dopo che incontro lo sguardo del papà di Otani, mi irrigidisco nuovamente.
E' tutta la sera che và avanti così.
Un attimo prima mi sembra di essere in una scatola piena di gattini miagolanti che fanno le fusa, l' attimo dopo nella fossa dei leoni!
Non sono sicura di come dovrei comportarmi...
Mi sento come se fossi sotto esame. Almeno, la tensione ed il senso di essere costantemente sotto pressione è lo stesso. Se non peggio.
Provo un senso di... soggezione. E non me lo spiego.
Sento ancora quegli occhi gelidi carichi di ostilità puntati dritti contro di me, ma non oso sollevare lo sguardo dal piatto che ho davanti, che non ho neanche toccato.
Mi è passato completamente l' appetito. E pensare che vado matta per la zuppa di granchio.
Sospiro internamente. Che delusione...
Ed io che avevo immaginato una cosa come tante risate e allegria intorno al tavolo, insieme al calore, alla gioia e alla spensieratezza, di essere accettata come ragazza di Otani...
Gli lancio un' occhiata di sbieco, notando quanto anche lui sia nervoso e senta quella strana tensione; lo percepisco dai suoi movimenti rigidi, e dagli sguardi allusivi che ogni tanto mi lancia da sotto in sù. Che anche lui stia pensando la stessa cosa?
Se prima credevo di non aver fatto buona impressione su suo padre, adesso posso dire di essere nella sua  personale lista nera. La situazione è decisamente peggiorata!
‘Diavolo.’ penso, in preda al panico, ‘Adesso penserà che sono venuta qui, solo con l’ intenzione di saltare addosso a suo figlio!’
Arrossisco, al pensiero di quanto è successo di sopra. Mi sento ancora un po’ frastornata, e soprattutto molto confusa  dalle mie stesse sensazioni…
L’ unica cosa che so, è che adesso non potrò più entrare nella stanza di Otani, senza arrossire violentemente.
Mi chiedo cosa sarebbe potuto succedere…  se il signor Otani non ci avesse interrotti…
“Ti piace la zuppa, cara?”
La voce gentile della signora Otani spezza quel silenzio, facendomi sobbalzare all’ istante. Sento le mie guance andare a fuoco.
“S-si! Mo-moltissimo! E’… tutto squisito…” ridacchio nervosamente, portandomi automaticamente  il cucchiaio alle labbra.
Con la coda dell’ occhio, vedo Otani sospirare impercettibilmente, elevando gli occhi al cielo.
“Dimmi, come va’ con gli studi? At- chan ci ha detto che frequenti l’ accademia per aspiranti stilisti, non è vero?”
Corrugo la fronte, perplessa:  Ha parlato di questo con la sua famiglia?
Mi volto a guardare Otani, sorpresa, ma lui rimane concentrato sulla sua zuppa, sviando il mio sguardo. Noto alcune chiazze rosate solcargli gli zigomi.
Sento il sorriso spuntarmi sulle labbra, mentre mi rivolgo di nuovo a sua madre.
“Adesso bene, grazie... Si, infatti, la ‘Bunka Fashion College’... ”
“Oh, ne ho sentito parlare!” esclama Midori, “E’ una scuola molto impegnativa! Ho sentito che gli studenti sono praticamente tutti in competizione, pur di mettersi in luce farebbero qualsiasi cosa! E' vero?"
"Ehm, già..." rispondo solamente, ricordando anche troppo bene le arpie che mi sono capitate come compagne di corso.
"Da quella scuola escono gli stilisti migliori del Giappone, se non addirittura del globo!" spiega alla madre, entusiasta, "Per non parlare delle borse di studio interculturali che offrono, anche per studiare all' estero."
Mi esce una risatina nervosa,"Davvero? Non lo sapevo, eh eh eh...!"
Trasalisco bruscamente, non appena intercetto l' occhiataccia furente che mi rivolge il signor Otani.
Oh, porca miseria. Ma perché la mia boccaccia agisce sempre prima del cervello??!
Midori annuisce, non accortasi di nulla, “Devi essere bravissima per frequentare un’ accademia così prestigiosa…” prosegue poi,  rivolgendomi uno sguardo carico di ammirazione.
“E’ così, quindi? Vorresti diventare una stylist?”
“Eh…” mi sento un po’ in imbarazzo, per quel termine. Non mi si addice granché.
“B-bè…” balbetto nervosamente, “A-a dire la verità, i-io avevo deciso di smettere di frequentarla..."
Il sorriso di Midori si affievolisce, "Oh... E come mai?"
Il signor Otani si lascia sfuggire un grugnito, che nessuno sembra sentire.
Ri-diavolo. Adesso penserà che sono una buona a nulla e che sono venuta qui solo con l' intenzione di saltare addosso a suo figlio!
Deglutisco, incerta se dire la verità o no, evitando con tutte le mie forze di guardare davanti a me.
"S-sono risultata ultima al test." ammetto infine, sconsolata. Quella sconfitta personale mi brucia ancora parecchio. "E... e poi..." mi volto istintivamente verso Otani, scoprendolo a fissarmi attentamente.
Abbassa subito gli occhi, con aria colpevole. Cavolo.
"M-ma... Ho ricominciato a seguire le lezioni e... " prendo un grosso respiro, "E grazie all' appoggio di Otani, ho deciso di non darmi per vinta. Ritenterò con il prossimo test, e riuscirò a superarlo. Ne sono certa." la mia voce esce forte e decisa, questa volta.
Otani solleva lo sguardo, guardandomi con occhi carichi di sorpresa. Lancio un sorriso verso di lui, sentendomi sicura delle mie parole, come non lo sono stata per tutto il tempo in cui ho messo piede qui dentro.
E' così. Se non fosse stato per quello che mi ha detto quella sera ed il suo appoggio, probabilmente non avrei ripreso le lezioni, né tantomeno la decisione di impegnarmi così duramente, proprio come sta facendo Otani. E' grazie a lui, che adesso ho più fiducia in me stessa e nelle mie capacità. Ed è la prova che ho davvero bisogno di Otani, della sua presenza, del suo sostegno.
Senza di lui, mi sentirei persa.
"Non è facile, ma… è quello che voglio fare. Anche se non mi si addice m-molto, lo so…”  esito, in imbarazzo, sentendo gli occhi di tutti puntati su di me. “Però, ecco… I-il fatto è che… mi piace. Anche se è diventato da poco il mio sogno… p-penso di potercela fare. I-insomma, penso che mi piaccia vestire la gente… al meglio. Ed avere l' appoggio di Otani, significa molto per me. Mi impegnerò al massimo, questa volta.”
I miei occhi non si sono staccati nemmeno per un secondo da quelli di Otani, e mi trattengo dal mettermi a ridacchiare, non appena lo vedo arrossire alle mie parole.
"Umpf."
Un suono burbero di uno sbuffo infastidito, spezza quella docile atmosfera, facendomi bruscamente ritornare a quella tesa di poco prima.
Vedo il mio ragazzo voltare di scatto la tesa verso suo padre, corrugando la fronte.
Faccio di nuovo finta di niente, tesissima come una corda di violino.
"Hai fatto la scelta giusta, cara." mi sorride gentilmente la signora Otani, che non sembra essersi accorta di nulla.
"Brava Risa!" mi sorride Midori, anche lei ignara, "At-chan è molto fortunato ad avere una ragazza come te!"
Cerco di sorriderle timidamente, incerta se il fastidioso malessere allo stomaco che sento, sia dovuto alla reazione del signor Otani, o al fatto di non aver toccato cibo.
"E frequenti le lezioni giornalmente, adesso?" mi domanda ancora la signora, cercando, lo so, di non ricadere nuovamente in un silenzio imbarazzante.
Annuisco, "Si, la mattina. Il pomeriggio vado a lavoro..."
"Oh, lavori?" chiede, piacevolmente sorpresa, "E che lavoro fai?"
Noto il signor Otani sollevare il volto, interessato. Cerco di ignorarlo.
"G-già. Faccio la cameriera all' Ikebe Cafè..."
"L' Ikebe Cafè?... Ma è praticamente dietro l' angolo!" esclama Midori, per poi lanciare un' occhiataccia al fratello, "Non ne sapevo niente. Sarei venuta a trovarti, qualche volta..."
"Ah, in realtà lavoro part- time, anche ad orari assurdi, a volte..." mi affretto a spiegare, "Perciò..."
Questa volta lo sbuffo infastidito del signor Otani, attira l' attenzione di tutti.
"Papà... c' è qualcosa che non và?" domanda Otani, con una nota nervosa nel tono di voce.
"No, nulla." si limita a rispondere lui, senza staccare gli occhi dal piatto.
Vedo Otani assottigliare lo sguardo, fissando il padre in modo truce.
"Nulla?" replica con voce gelida e sarcastica, senza staccare lo sguardo dal padre,"Ma se è dall' inizio della cena, che non fai altro che sbuffare ad ogni commento di Koizumi, come se ti dessero fastidio."
Midori trattiene bruscamente il respiro.
'Oh, cazzo!'  penso, in preda al panico, 'Se n' è accorto, allora...!'
Si è accorto di tutto...
"Se hai qualcosa da dire a Koizumi, diglielo e basta, senza comportarti in questo modo assurdo!"
"At- chan..."
 Il sibilo carico di nervosismo della madre si sente a malapena, perché Sumiko prende ad abbaiare sguaiatamente, avvertendo che la tensione è ormai agli sgoccioli.
Tengo gli occhi puntati sulla tovaglia. Voglio scomparire. Voglio che un buco nero mi risucchi in quest' istante...
Midori, evidentemente in un tentativo disperato di salvare la situazione, si alza dalla sedia e si schiarisce nervosamente la gola, sfoggiando un sorriso smagliante.
"Ehm... Bene!" esclama, con voce stridula, "Ora che siamo riuniti qui tutti a tavola, vorrei fare un annuncio important-"
"Dimmi, per caso ti ha dato fastidio qualcosa che ha detto?" rincara la dose Otani, senza prestar conto alla sorella. Non sembra intenzionato a lasciar correre.
"Ok, come non detto..." torna a sedersi lei, cupamente.
"Illuminami per favore, perché io non capisco! E ad essere onesto, mi stai facendo salire i nervi con il tuo atteggiamento! "
'No, Otani...',  penso, preoccupata.
"Assolutamente no." risponde il padre, impassibile.
"E allora qual' è il problema?" sbotta Otani, frustrato.
"No, intendevo che non ho niente da dire." risponde l' altro, in modo brusco, "Per quanto mi riguarda, questa cena è finita." dice poi, alzandosi dalla sedia.
"Papa!"
Otani si solleva su immediatamente, furioso.
"Come sarebbe a dire è finita??! Koizumi è ancora seduta a tavola, non puoi andartene così!! Chiedile subito scusa...!"
"Otani, lascia stare..." lo tiro per un braccio, cercando di farlo sedere, e lui si volta a guardarmi.
"Ma-!" si blocca nuovamente, notando i miei occhi lucidi.
"Per favore..." sussurro, con voce incrinata.
Mi fissa ancora un secondo, prima di sedersi nuovamente. Sembra ancora furioso e sconvolto.
Evita di guardarmi, così come la madre e la sorella.
Sento il mio cuore tambureggiarmi furiosamente dentro il petto, per quanto è successo. Mi sembra di essere in un incubo. Stringo i pugni sulle gambe. Ho voglia di piangere, ma non lo faccio.
Sono presa dall' impulso di alzarmi da quella sedia e andarmene da lì, all' istante.
Ma devo restare. Per Otani.
 Lo ferirei, se decidessi di andarmene proprio adesso. Perciò deglutisco e faccio un paio di respiri profondi, per cercare di calmarmi.
E' ritornato il silenzio, ed ormai nessuno ha più voglia di fingere sorrisi.
Non mi sono mai sentita più a disagio, estranea e fuori luogo, in tutta la mia vita.
Voglio tornare a casa.





 
***



 
Abbandono la borsa sul pavimento, buttandomi a peso morto sul letto.
Finalmente nella mia stanza.
Sospiro sollevata, abbracciando il cuscino. Che serata… Da non ripetere mai, mai più!
Per fortuna il peggio è scampato. Non che ci sia qualcosa da poter definire 'meglio', comunque.
Dopo che il signor Otani si è alzato dalla sedia e se n' è andato, chiudendosi nel suo studio, più nessuno ha osato parlare di ciò che era appena accaduto, e la conversazione si è spostata in terreni meno pericolosi, come se non fosse successo nulla.
La signora Otani non ha fatto che elogiare per tutto il tempo  la torta che avevo preparato, sperticandosi in lodi riguardo le mie -a suo dire- indubbie qualità di pasticcera. Era tutta un 'Delizioso!' di qui, e un 'Bravissima!' di là, ed altri complimenti esageratamente enfatici, palesemente volti a scusare (anche se in modo indiretto), il bizzarro atteggiamento del marito.
Midori- san, dal canto suo la assecondava, esprimendo tutta la sua - esagerata- contentezza nell’ avermi lì a cenare insieme a loro, e insistendo perché mi riaccompagnasse a casa.
Io ho provato a farle notare che casa mia non è poi lontanissima, e che potevo benissimo arrivarci a piedi da sola. Ma dato che si è offerta così generosamente ( * mi ha rivolto uno sguardo a dir poco omicida), non ho saputo proprio dirle di no (* me la sono quasi fatta sotto dalla paura), accettando il suo invito di buon grado (* ho dovuto rassegnarmi al peggio).
Solo una volta in macchina ha incominciato, sull’ orlo del pianto, a ricoprirmi di profonde scuse per "l' imperdonabile comportamento di quel vecchio bacucco", mostrandomi quanto era sinceramente dispiaciuta e mortificata.
Quelle scuse non hanno fatto altro che farmi sentire ancora più a disagio di quanto già non fossi, così mi sono limitata a sorridere e ad annuire ad ogni parola, dondolando la testa come quel cagnolino nel lunotto posteriore dell' auto, in più sfoggiando il peggior sorriso rassicurante della Terra, non sapendo davvero cosa dire, né cosa pensare.
Nella mia mente, in quel momento, c’ era solo l’ immagine tetra di Otani, ancora abbandonato fiaccamente sulla sedia, lo sguardo vuoto perso dentro il piatto integro davanti a sé.
Non ha più detto una parola, né mi ha guardata una sola volta, da quando suo padre aveva lasciato la stanza.
E' rimasto così, fermo e zitto per tutto il tempo, accettando silenziosamente di assaggiare la torta; ma dopo la prima forchettata è rimasto a fissarla intensamente, con la posata a mezz' aria e una profonda ruga che gli solcava la fronte, adottando uno sguardo concentrato, quasi cercasse di disintegrarla anziché mangiarla.
Io ho cercato continuamente il suo sguardo, tentando  di decifrare i suoi pensieri. Ma niente, si è rifiutato categoricamente di guardarmi.
Quando - finalmente-  me ne sono andata, preceduta da Midori, mi ha salutata facendomi solo un cenno da lontano, agganciando una mano dietro il collo, ad occhi bassi.
Forse temeva ci fosse suo padre nei dintorni? O può essere che sia arrabbiato con me...
'Oh no!' penso, in preda allo sconforto. E se fosse davvero arrabbiato con me, per quello che è successo con suo padre?
Non gli piaccio, è chiaro come il sole. A suo padre, intendo.
Dopo quello che è successo, non vorrà che rimetta più piede in quella casa, ne sono sicura... Persino il cane mi odia!
Ma nonostante questo, non posso fare a meno di chiedermi: Dove ho sbagliato?
Che cosa ho fatto di così male, da meritarmi un’ accoglienza tanto fredda e ritrosa, da parte del signor Otani? ; di così grave, da attirare quello sguardo gelido e contrariato, costantemente su di me?
'Beh', penso, rispondendomi subito, 'D’ altronde, mi ha visto avvinghiata a suo figlio… avrà tratto conclusioni errate....’
E' così quindi? Si è fatta un' idea sbagliata sul nostro rapporto?...
All' idea, mi sento arrossire violentemente.
Mi avrà presa per una sorta di mangiatrice di uomini (un' 'accompagnatrice purosangue' , per l' appunto), particolarmente infida e manipolatrice, che ha preso di mira suo figlio con l' intento di prosciugarlo dei suoi beni materiali, spillandogli fino all' ultimo centesimo dei suoi risparmi, e che col potere subdolo e cinico dell' inganno, lo conduce in un inferno di perdizione...
Nello stesso istante nella mia mente, inizia a formarsi vividamente l' immagine della mia doppelgänger perfetta, una sorta di mia gemella maligna e sensuale che, tutta manierosa e vestita, pardon: svestita di strappi e retini, accompagnata dalla melodia suadente di 'Hot Stuff' di Donna Summer, si avvicina ad Otani e lo spinge con uno slancio sul letto, mettendosi a cavalcioni su di lui, e sussurrandogli con labbra rosse cangianti, ad un centimetro dal suo orecchio:  "Tesoro, ti ringrazio per la Citroën, la desideravo tanto. Eccoti il mio premio..."
... Aaaaaaarrrrrggghh!!!
No, no, NO! Questa non sono io!! 
Mi afferro i capelli in preda al panico, mentre quella scena sconvolgente svanisce in una nuvola di fumo.
Mi sento male solo ad aver pensato ad una cosa simile! E al pensiero che il signor Otani possa credere che una cosa de genere sia fattibile, mi sento ancora peggio!
E se davvero pensasse che mi stia approfittando della gentilezza e genuinità di Otani? Crede che, solo perché sono più alta di suo figlio, possa in qualche modo avere un qualche controllo su di lui? O forse è perché non sono ricca e sono una semplice cameriera, il motivo per cui non gli vado a genio?
In fondo, il signor Otani è un uomo di un certo spessore, visto il lavoro che fa, e di certo non vorrebbe mai che suo figlio stia con una persona che è a) più alta di lui, b) senza progetti solidi per il futuro, né opportunità di carriera e c) priva di ogni minima traccia di charme.
Forse, semplicemente, ha capito che suo figlio sta con un’ inetta buona a nulla, piena di sogni e speranze, ma che fallisce ancora prima di cominciare.
Sicuramente, deve pensare che non sono adatta per stare con Otani. Che non sono la persona giusta per lui, e che non sono in grado di renderlo felice. In fondo, come posso biasimarlo?
E' chiaro che per suo figlio, voglia il meglio. Una persona seria e con la testa sulle spalle. Non la seconda parte di un duo comico, sgraziata, che inciampa dappertutto, e che fa sembrare suo figlio un soldo di cacio,  non appena gli si accosta di fianco...
Mi esce un sospiro fiacco. Non so più cosa pensare, davvero…
E se stessi decisamente ingigantendo la cosa? Forse ha solo avuto la giornata storta, tutto qui.
Forse dovrei semplicemente dimenticare quello che è successo stasera, e non farmene un problema; dovrei dire che no, non m' importa se non mi accetta come ragazza di suo figlio. Non sono affari suoi infondo, e comunque io ed Otani non smetteremo di vederci solo perché suo padre non sembra approvare la cosa.
Ma in realtà, ad essere onesta... mi importa. Mi importa tanto...
Senza pensarci, mi porto la mano sinistra davanti agli occhi, accorgendomi immediatamente dell' assenza dell' anello.
Buffo come, nonostante non ci sia più, lo riesca a percepire con più chiarezza adesso, di quando lo sfoggiavo fieramente. Sono stata così sciocca a romperlo...
Mi sembra strano, ingiusto ed innaturale non portarlo più al dito. Mi sembra... sbagliato.
#"NON TOCCARMI MAI PIU'!"#
Mi lascio sfuggire un sonoro sospiro.
Tanto è inutile rimuginare su questo, adesso. Quel che è passato è passato. Non serve a niente rimproverarsene ancora.
Ma perché ogni volta che ci penso... rivedo chiaramente gli occhi del signor Otani, che mi fissano con disprezzo e diffidenza?
Ripenso nuovamente ad Otani, e alla sua reazione allo strano comportamento del padre. Sembrava... così furibondo.
E per la fretta di andarmene, vigliaccamente, non l' ho neanche salutato come si deve...
Spero tanto... che non ce l' abbia con me...
*E' in arrivo una super telefonata! E' in arrivo una super telefonata!*
Con un sussulto, mi sporgo istantaneamente dal letto, agganciando la borsa con dita tremanti dall' emozione, sapendo per certo che c' è solo una persona che può chiamarmi in questo momento.
 
- Chiamata in arrivo -

Da: Otani
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"Pro... Pronto? Otani...?" rispondo, con voce fievole per essere rimasta in silenzio tanto a lungo.
In realtà mi è venuto il mal di testa, per tutti quei pensieri. O forse è solo la stanchezza, non so.
"Koizumi..." mormora lui dall' altra parte, con voce incerta, "Ti ho svegliata?..."
"Eh?..." lancio automaticamente un' occhiata alla sveglia: Mezzanotte passata?!
Davvero ho pensato così a lungo?? Devo aver subito una mutazione genetica di livello S! O forse sono i morsi della fame che si fanno sentire...
"No, no..." rispondo in fretta, interrogandomi sul motivo per il quale abbia deciso di chiamarmi a quest' ora. Anche se in fondo, posso immaginarmelo.
"Ah. O-Ok, bene..." sembra volermi dire qualcosa, ma è esitante, "Ehm..."
'Ti prego, ti prego, fa che non sia arrabbiato con me...!'  penso angosciata, il battito del mio cuore accelerato dall' ansia.
"Sei... Sei arrabbiata?" esala infine, con la voce intrisa di preoccupazione.
Eh?
"A-arrabbiata...?" chiedo, perplessa.
Perché mai dovrei essere... Aspetta, pensa che sia io ad essere arrabbiata con lui??
"No!" esclamo, decisa, "Non sono affatto arrabbiata...!"
"Dici davver-?"
"Scusami, Otani." le parole escono fuori prima che possa controllarle.
"Ma che...? Scusarti?" domanda, palesemente confuso, "E per cosa?"
"I-io ... Scu-scusami, devo aver fatto qualcosa di sbagliato p-per..."
"No, non dire altro." mi interrompe bruscamente, "Non hai fatto niente di sbagliato, capito? La colpa è solo di mio padre... All' improvviso deve essersi bevuto il cervello! Non hai niente da farti scusare, tu."
Ok, adesso si che è arrabbiato.
Scuoto la testa, cercando di protestare, "M-ma-!"
Sospira di nuovo, questa volta rumorosamente, "Smettila, va bene? Sono già abbastanza nervoso, anche senza che tu ti dia colpe ingiuste."
Mi lascio andare anch' io ad un sospiro, arrendendomi miseramente. Quando Otani è così, meglio non contraddirlo.
"Hai... dimenticato un fermaglio a casa mia." mi informa ancora di malumore, dopo qualche istante di insolito silenzio.
Uh?. "Fermaglio...?" domando, tastandomi automaticamente i capelli: Ne trovo solo uno, ma ce ne dovrebbero essere due.
"Si, è viola..." conferma lui, con voce atona, "Sono certo che sia tuo, perché ho chiesto a mia sorella e non lo riconosce. E poi..." fa una pausa, come quando è in imbarazzo, "Uhm... Era sul mio letto..."
Arrossisco furiosamente, ripensando subito a ciò che è successo nella sua stanza, a come sono finita sopra di lui e... bè, tutto il resto.
'Ma certo!' penso, schiaffandomi una mano sulla fronte, 'Il fermaglio dev' essermi scivolato via dai capelli quando... quando sono finita addosso ad Otani!...'
A quel pensiero, mi sento arrossire ancora di più.
"Oh..." farfuglio solo. Poi, sorrido.
Sono sicura al cento per cento, che abbia deciso di chiamare con la scusa del fermaglio, solo per sentire come sto.
Che sciocca pensare che fosse arrabbiato con me!...
"... Sei sicuro che non sia uno dei tuoi, invece?" cinguetto, sfottendolo un po', "Mi pare che anche tu usi i fermacapelli, At- chan!"
Lo sento sbuffare, "Li uso solo quando gioco a basket, scema. E no, non è uno dei miei. Il viola farebbe a pugni con il colore dei miei capelli, non credi?!"
Scoppio a ridere, senza poterlo evitare. Dopo un attimo di stupore, alla fine anche lui cede, abbandonandosi ad una breve risata.
'Non c' è niente di meglio dl suono della sua risata', penso. E' così calda, avvolgente...Rassicurante. Mi riempie di gioia e positività.
In meno di un attimo, mi sono già dimenticata di tutta la faccenda di suo padre e della cena andata in malora, felice di potermi godere il suono più bello del mondo, anche attraverso una rete mobile!
"Sei matta..." mormora lui, con voce insolitamente affettuosa.
Mi sento arrossire, "E tu uno scemo..." replico, con un sussurro carico di altrettanta dolcezza.
"Mai quanto te..."
"Sai di cosa mi sono appena resa conto?" chiedo, senza che il sorriso abbandoni le mie labbra.
Lo sento ridacchiare, "Non mi dire che ti sei resa conto solo ora di essere una scema!"
Sbuffo, sbrigativa, "Mpf, no."
" ... Cosa?" domanda dopo un breve attimo.
"Che non mi hai mai chiesto quale sia il mio colore preferito."
Soffoca una risata, "Perché c' è anche da chiederlo? E poi, neanche tu me l' hai mai chiesto... Secondo te qual' è?"
Rispondo senza riflettere, "Uhm, l' arancione."
Lo sento sorridere, "... Esatto."
"Ah! Lo sapevo!" esulto, per poi aggiungere, con voce fastidiosamente nasale, "Sei così prevedibile! I palloni da basket sono arancioni, e a te guarda caso piace l' arancione!"
"E questo che cavolo c' entra?" sbuffa lui, "I palloni da basket sono di un arancione scuro, quasi marrone... a me invece piace la tonalità più accesa, che và sul rossiccio."
"Tipo tardo tramonto?" faccio io, con un sorrisino sornione, arricciandomi una ciocca rossiccia tra le dita.
"Uhm, già..."
Mi rivolto a pancia ingiù e sollevo le gambe, accovacciandomi contro il cuscino.
"Indovina il mio adesso." lo incalzo, con tono di sfida, "Tanto non lo indovini."
Ci mette meno di un istante a rispondere.
"Anche il tuo è l' arancione."
"Ah! Visto non hai-!... Eh?!"
Mi sollevo istantaneamente a sedere, stupita.
"Anche il tuo colore preferito, è l' arancione. " ripete, con voce flautata.
Cavolo! Ha... ha indovinato!  Ma come ha fatto?! Eppure non mi sembra di averglielo mai detto!  Legge nel pensiero, forse?!
Mi aspettavo che anche lui desse una risposta ovvia tipo, che so, il rosa, non che indovinasse al primo colpo!
Mi acciglio, perplessa, "Ma... ma come hai...?"
"Sei così prevedibile!" mi fa il verso beffardo, per poi schioccare la lingua, "Ti conosco troppo bene, Koizumi. Davvero pensavi che non lo sapessi? A parte che la tua stanza è stracolma di roba arancione, ci ho fatto caso l' altra volta, come la maggior parte del tuo guardaroba, d' altronde. E poi..." sembra divertito, "... La nostra compatibilità non potrebbe essere del 100%*, se non avessimo preferito lo stesso colore."
"Umpf, sei un imbroglione. "sbuffo io a quel punto, contrariata, "Hai indovinato solo per via di quel test. E comunque non è proprio lo stesso. A me piace l' arancione-"
"... Chiaro." risponde lui per me, "Quello più tenue, dalle sfumature che vanno sul giallo. Giusto?"
Per la sorpresa, mi sto zitta e muta per cinque secondi buoni. Infine sorrido, sollevando un sopracciglio.
"Ammirevole, sensei."
"Hai visto? Sensei si accorge di tutto." anche lui sembra sorridere.
"Aaah, uffaa...!" fingo esasperazione, buttandomi nuovamente sul letto, "Ci dev' essere pur qualcosa che non abbiamo in comune!"
"A parte l' altezza?"
"Ovviamente."
"Bè..." pare pensarci su, "A me non piacciono le carote..."
"Neanche a me piacciono."
"... I film western?
"Accettabili."
"Senza Clint?"
"Vuoi scherzare?!"
"Cavolo. E la papaya?"
"A cubetti, con miele e limone."
"Senza zucchero?"
"Neanche un grammo."
"Ah! No, aspetta, l' ho trovato!" fa lui, esultante, "A me piacciono i cani, e a te no... e anche tu sei fissata con quegli aggeggi conigliettosi, che io non sopporto. Che ne pensi?"
Ci rifletto un attimo, poco convinta, "Mmm, non è che i cani non mi piacciano... mi fanno solo paura quelli grossi. Quelli piccoli sono carinissimi! Ed ammettilo, anche a te piacciono i coniglietti... Insomma, come possono non piacerti?? Sono così teneri e batuffolosi!!..."
"Infatti non parlavo dei conigli di per sé, ma solo dei tuoi aggeggini strambi... Che razza di persona sarei, se disprezzassi i coniglietti??"
"Concordo in pieno!" sorrido, poi sospiro, "Quindi è così. Non c' è proprio niente da fare, mh? Siamo davvero compatibili al 100%..."
"Bè, non proprio..." si oppone ostinatamente lui, "Ci piacciono le stesse cose, è vero... ma non tutte allo stesso modo. Se così fosse sarebbe noioso." replica, con una secca risata, "In fondo... sono le sfumature che fanno la differenza. Non credi?"
Rimango talmente spiazzata dalla semplicità della sua risposta, da non sapere cosa ribattere. Sento il mio sorriso allargarsi d' ammirazione.
"Però, At- chan! E tutta questa saggezza?! Puoi uscirtene con frasi del genere?!" ridacchio, spudorata. Mi diverto a prenderlo un po' in giro.
"Umpf..." brontola, infastidito, "Scema. Non è mica la prima volta, che dico una frase sensata... Perché, è suonato strano?" domanda poi, con una nota appena accennata di preoccupazione.
Cerco di tenere a freno le risate, rispondendo con sincerità: "No. Anzi, sapeva molto da adulto. Sai, suonava... virile."
Dopo un attimo di pausa, lo sento schiarirsi impercettibilmente la gola.
"Ah. E' così, quindi..."
"Già..." mi viene da ridere, ad immaginarmi la sua faccia buffissima come quando è imbarazzato.
Si schiarisce nuovamente la gola, provando -a suo parere- un tono basso e seducente.
 "Bè, io sono virile... Non pensi?"
"Woha, frena l' entusiasmo Macho- man! I nanetti come te non dovrebbero darsi tutte queste arie!"
"TU-!" esclama, irritato, "Prima mi dici che sono virile, e poi mi dai del nanetto?? Ma ti pare?!"
"Bè, una cosa non esclude l' altra!" replico, cercando di contenermi.
Ho una gran voglia di scoppiare a ridere, ma se lo facessi lui si arrabbierebbe tantissimo! Sono sicura che se fossimo faccia a faccia, mi avrebbe già dato un bel cazzotto in testa!
"Sei-! Argh, lasciamo perdere!" sbotta, palesemente incazzato.
Del resto è comprensibile. Ogni volta che flirtiamo, non faccio altro che uccidere il suo entusiasmo con le mie solite cavolate! Ma davvero, non resisto a prenderlo in giro così, è troppo divertente! Chiunque al mio posto farebbe lo stesso, ci giurerei!
"Su, su, stavo scherzando..." borbotto, dopo che le risate sono scemate.
"E vorrei vedere." brontola lui in risposta, corrucciato.
Poi , sospira, "Senti... Mi dispiace tanto. Sai... per mio padre..." la sua voce adesso, è sinceramente dispiaciuta.
"Oh... Tranquillo non fa niente..." sorrido con voce rassicurante.
Ad essere onesta, dopo questa chiacchierata mi sento decisamente più serena ed ottimista. Sono tornata in me.
"Sicura che sia ok...?" mi domanda, ancora titubante.
"Si..." rispondo in fretta, senza pensarci,  "... Basta che fai scomparire quella stupida foto." aggiungo, in tono più serio, caricando la frase di minaccia ed avvertimento.
Per tutta risposta soffoca una risata, "Puoi scordartelo, la foto rimane dov' è." enuncia, spavaldo.
"Aaahh, ma perchéé??" piagnucolo lamentosamente.
"Ne riparliamo domani, va bene?" replica, in tono spiccio.
"Sai, non so fino a che punto ti convenga aspettare fino a domani, sarò sicuramente più sveglia di quanto lo sia ora." ribatto, sarcastica.
Sospira esasperato, e me lo immagino sollevare gli occhi al cielo.
"D' accordo, ti lascio riposare adesso. Devi essere stanco." mormoro, comprensiva.
Di questo passo andremo avanti per tutta la notte, parlando del più e del meno fino all' alba. Non sarebbe neanche la prima volta.
E domani dobbiamo entrambi alzarci presto per andare a lavoro. Che strazio. Lavorare di domenica mattina: Un sogno.
"Ci sentiamo domani?"
"...Ok." risponde solo lui, dopo una breve pausa.
"Ok..."
Sono pronta per staccare la chiamata, quando tutt' ad un tratto lo sento chiamarmi.
"...Risa." la sua voce è poco più che un fievole sussurro, ma deciso.
Mi sento arrossire per il fatto che mi abbia chiamata col mio nome, così all' improvviso. Ultimamente lo fa più spesso del  normale... Non che la cosa mi dispiaccia, anzi.
"Si?"
"No, solo... Ecco..." farfuglia. Sembra... agitato?
"Ecco... I-io..."
"Cosa?" lo esorto allora a parlare, confusa.
"Io...Ti amo." sussurra, pianissimo, "Lo sai, vero?"
Sento il mio cuore esplodermi nel petto.
Gioia.
Pura semplice, ed immensa gioia.
"Si." sorrido dolcemente, il labbro inferiore che trema dall' emozione, "Certo, certo che si. Anch' io..." rispondo in un sussurro soffocato, commossa.
"Bene..."  replica, anche lui roco, sicuramente imbarazzato quanto me.
"Ci sentiamo domani, allora. Buonanotte..."
"Buonanotte, Otani."
Stacca la chiamata, ed io rimango con il cellulare ancora attaccata all' orecchio, con un sorriso da ebete stampato in viso.
Vorrei ridere, saltare, urlare e cantare, cantare  a squarciagola a più non posso!
Ma sono così felice, che neanche riesco a muovermi. Nemmeno a respirare.
#"Io... Ti amo. Lo sai, vero?"#
Scemo. Come puoi pensare che non lo sappia? Credi davvero che possa pensare il contrario?...
Abbandono le braccia lungo i fianchi e mi distendo infine sul letto, osservando il soffitto con aria sognante, mentre una miriade di farfalle variopinte svolazzano allegramente dentro il mio stomaco, e i battiti del mio cuore non accennano a diminuire.
'Si. Otani mi ama.' penso sopraffatta dalla felicità. Di tutto il resto non mi importa.
Non deve importarmi.





 
***




 
POV Otani




Premo il tasto di interrompi chiamata, e mi porto entrambe le mani a coprirmi il volto paonazzo.
L' ho fatto davvero? Le ho davvero di nuovo detto che la amo?...
Mi esce un sospiro lento. Mi sto decisamente rammollendo. Eppure è strano, ma ho sentito di doverglielo dire. Anche se non so bene perché.
Sento ancora la sua risata argentina risuonarmi nelle orecchie. Che sollievo sapere che non è arrabbiata con me...
Allontano le mani dal volto mentre mi appoggio al ripiano della cucina, perdendomi ad osservare l' immagine sul display del cellulare: Una foto che raffigura me e Koizumi che facciamo la posa di Umibozu, scattata quest' estate.
Senza rendermene davvero conto, passo delicatamente il pollice sull' immagine di lei, desiderando di poterla accarezzare davvero, come in questo momento...
Cavolo... Ma perché, perché proprio tu, tra tutte, sei la sola capace di stritolarmi il cuore così forte?...
"Atsushi, non mi dirai che hai intenzioni serie, con quella ragazza."
Sobbalzo, al suono di quella voce. Con studiata lentezza, mi volto infine a fronteggiare mio padre, palesandogli tutta la mia irritazione.
"D' accordo, non te lo dirò, se vuoi! La cosa non ti riguarda affatto!"
Lui si scalda subito, "Ehi, ragazzino, ti ricordo che sono tuo padre! Portami il dovuto rispetto!"
"Ed io ti ricordo che non sono più un ragazzino!" controbatto, a denti stretti, "Si può sapere qual' è il tuo problema?"
"Problema?" fa, con sguardo confuso.
"Si! Sbuffi in quel modo, ti alzi e te ne vai... Ti sembra una cosa normale, comportarsi in questo modo con un' ospite?!"
"Ti sbagli. Non ho problemi con nessuno."
"Ah, no? Non si direbbe." replico, con una punta di ironia, "Solo perché tu lo sappia, stasera sei tu che mi hai mancato di rispetto. A me, e alla mia ragazza. Se non rispetti lei, non rispetti me."
"E pensi di meritartelo, dopo questo?" domanda gelidamente, porgendomi il foglio bianco, che fino ad ora non ho notato tenesse in mano.
Lo afferro tremante, consapevole che una parte di me sa bene di cosa si tratti.
 
 

 
Università di Osaka (APRU, AEARU)
*** "Vivere localmente, crescere nel mondo" ***

 
-Risultati esami scritti
 
- Sig. Otani Atsushi, in base ai termini di giudizio posti in sede a Suita,(Osaka) in data odierna, siamo spiacenti di informarla che...

 
Merda.
"Hai frugato nel mio cassetto?!" urlo, infastidito ed indignato. Come si è permesso di ficcanasare tra le mie cose?!
Mi ignora spudoratamente, "Scommetto che è successo perché avevi sempre in testa quella ragazza. Ho ragione?"
Ugh. Come ha fatto mio padre a capirlo?! Accidenti!
Mi paralizzo, mentre il rossore rabbioso sulle mie guance, si tramuta in qualcos' altro.
"T-ti sbagli, quello è stato solo un problema mio. Non provare a dare la colpa a Koizumi, lei non c' entra niente! Sto studiando sodo per ridare quell' esame-!"
"Si, ho notato." mi interrompe, sarcastico, "Stavi davvero 'studiando' molto da vicino il viso di quella ragazza, quando eravate soli nella stanza."
Sento il mio viso andare a fuoco, al pensiero di quello che è successo di sopra. Io e Koizumi non avevamo mai avuto un contatto così... ravvicinato.
Mi sembra ancora di sentire i suoi fianchi rigidi attorno ai miei, il profumo delicato dei suoi capelli, le guance rosso brillante, e quello sguardo languido ed impaurito, da cerbiatta.
Tutto, tutto di lei, in quel momento emanava fragilità e candore. E già lo so che rivedrò quel suo viso, stanotte.
Averla così vicina, devo ammettere che mi ha fatto... uno strano effetto. Ricordo di aver imprecato mentalmente contro la porta che veniva spalancata, e contro di me, per non aver pensato di chiuderla a chiave.
E poi, quelle labbra. Sembravano così morbide, mentre si avvicinavano alle mie, così... invitanti...
Rendendomi conto di stare arrossendo furiosamente, per di più di fonte a mio padre, cerco di rinsavire da quei pensieri e tornare al presente, ormai consapevole che d' ora in avanti, occuperanno la mia mente molto più di quanto non voglia.
"Que- questi non sono affari tuoi..."
"Sono solo preoccupato per te..." mi fissa attentamente, ed io cerco in tutti i modi di evitare il suo sguardo. Sto incominciando a sentirmi a disagio.
"Ti vedo molto preso da lei, e questo mina alla tua concentrazione. Non voglio vederti fallire di nuovo..."
"Non fallirò stavolta..."
"Devi pensare alla tua carriera, e al tuo futuro..."
"Lo faccio già, non c' è bisogno che me lo dica tu!"
"... Sono queste le cose che contano." non sembra starmi a sentire, "Hai già perso troppo tempo con le sciocchezze."
"Sai, la cosa ti sorprenderà, ma nella vita ci sono cose più importanti della carriera." ribatto, con una nota d' acidità.
Solleva un sopracciglio, scettico, "Oh, davvero? Per esempio?"
Koizumi. Ecco un esempio. Ed io, Midori, la mamma...
Grugnisco, mordendomi la lingua e stringendo i pugni. Ormai la lettera giace completamente accartocciata e spiegazzata sul palmo della mia mano.
Papà scuote la testa, in segno di disappunto, "Fa' il serio, e vedi di passare l' esame questa volta. O ti toglierò i viveri, mi hai capito bene?"
Detesto quando mio padre mi tratta come un moccioso di cinque anni, o peggio, un perdigiorno che pensa solo a spassarsela. Mi fa intendere che non ha capito proprio un accidenti di niente di me. E questa cosa mi fa imbestialire. Ciononostante però, rimango zitto e sottomesso, lasciandomi mortificare.
"Bada bene ragazzo, non sarò contento fino a quando non avrai superato l' esame con un punteggio decente." prosegue duramente, "Ho già accettato il fatto che tu voglia diventare un misero insegnate d' asilo..."
"Elementari!"
"Quello che è. Il punto è che ho accettato la cosa, e voglio, esigo che tu ti impegni al massimo, intesi?"
Come se già non lo facessi, penso indignato. A questo punto, decido di smettere di fare il permissivo, ed affrontarlo.
"Ma tu lo sai che io non dormo più neanche la notte, per studiare?" sbotto, infastidito dalla sua totale mancanza di fiducia in me.
"Certo, se di giorno pensi alle cialtronerie sentimentali, è ovvio che ti riduci a studiare di notte." sbuffa lui, con aria di sufficienza, "Dì alla tua amichetta..."
"Ragazza!"
"Perfetto. Dì a quella ragazza..."
"Si chiama Koizumi! Risa Koizumi!"
"... Dille che vuoi prenderti una pausa, e che hai bisogno di restare concentrato nello studio per un po'. Almeno fino a quando non darai l' esame."
Rimango zitto ed allibito dallo stupore. Con che diritto, mio padre pensa di potermi imporre una cosa del genere?! Crede che Koizumi sia un interruttore, che posso spegnere ed accendere a mio piacimento?! Che ragionamento del cazzo!
"Sei fuori come un balcone, o cosa?!" sbotto, ormai al limite, "Pensi che possa chiederle di fare una cosa del genere?!"
Lui fa spallucce, "Perché no? In fondo anche lei ha bisogno di studiare, giusto? Vi farà bene stare lontani per un po', e cosa più importante, potrai studiare per l' esame senza intoppi. O la principessa è talmente presa da te, da non saperti aspettare?"
Lo fulmino con un' occhiataccia, per quelle ultime parole. Non mi piace il sottile sarcasmo con cui ha parlato. Di certo non è da uno che dice che non ha niente contro un' altra persona.
Non sa quanto si sbaglia. E di grosso, anche.
Non credo che esista un' altra persona capace di aspettarmi tanto a lungo di quanto abbia fatto lei. Con tutto quello che ha dovuto passare, per di più.
E non mi riferisco solo a queste ultime settimane. Da quando mi si è dichiarata, Koizumi non ha fatto altro che aspettarmi. Prima la mia risposta, poi, pazientemente, che mi innamorassi di lei. Probabilmente non lo sa, ma io ci penso spesso a questo.
Rimango comunque in silenzio, a soppesare le parole di mio padre, valutando la sua proposta.
Benché non vedere più Koizumi spesso come una volta, sia tuttora un tantino snervante, non ho nessuna intenzione di abbandonare gli studi. Ma non posso neanche rinunciare a lei, senza che ci siano conseguenze. Non ripeto mai lo stesso errore due volte.
Quindi devo solo imparare a conviverci, dosando entrambe le parti alla stessa maniera. Una cosa non deve necessariamente escludere l' altra. E comunque, ad essere onesto, riesco a concentrarmi di più adesso, di quanto non ci riuscissi settimane fa.
Stare lontani l' uno dall' altra, non è la soluzione. Ormai l' ho capito. Non le chiederò di aspettarmi ancora, vada come vada.
Intanto mio padre mi sta ancora fissando in silenzio, in attesa. Sospiro profondamente, torturandomi i capelli. Infine, rispondo.
"No."
Lui corruga la fronte, "No?"
"I-io non penso sia una buona idea, ecco."
"Perché?"
"Perché??" lo guardo, incredulo, "Mi stai seriamente chiedendo perché?? Perché è una cosa assurda, ecco perché!" replico, asciutto, "Dire alla gente cosa deve o non deve fare... non faccio queste cose, io." carico l' ultima parola di un pesante sarcasmo.
"Parlo sul serio, Atsushi. Che cosa ne sarà dei tuoi studi? Che farai, se non passerai neanche quest' altro esame, o i prossimi a venire?" mi guarda, assottigliando lo sguardo, "D' ora in avanti sarà dura, e non arriverai mai da nessuna parte, se continuerai ad avere la testa altrove..."
Distolgo lo sguardo da lui, scuotendo piano la testa. Non posso dargli torto su questo. So che è difficile... lo so. Ci convivo tutti i giorni. E' una mia responsabilità.
Posso comprendere il suo punto di vista. Capisco che possa essere... preoccupato, per i miei studi e per il mio futuro. Cerco ci mettermi nei suoi panni... ma lui non si mette nei miei, però.
Se solo ci fosse un modo, per fargli capire quanto io abbia bisogno di Koizumi...
"Che vuoi che faccia allora? Che le dica di aspettarmi fino alla laurea?!" sbotto, carico di sarcasmo.
"Non sarebbe una cattiva idea." replica lui serissimo. Poi aggiunge, in tono condiscendente, "Io... posso comprendere quello che stai passando..."
Aggrotto la fronte, un po' sorpreso, "Ah, si?..."
"Capisco che tu possa cercare delle... uhm... distrazioni, di questo genere. Sei giovane, e lo sono stato anch' io. Ma devi pensare alle tue priorità adesso. Se vuoi sapere come la penso, non potevi trovare momento peggiore per cercarti una ragazza..."
"Uho, uho, aspetta un attimo...!" lo fermo subito, sollevando una mano, intuendo la natura del suo discorso.
"Distrazioni? Cosa...? Guarda che non è mica una cosa del momento..."
Papà solleva un sopracciglio, evidentemente non capendo le mie parole. Perciò, mi spiego.
"Io e Koizumi... è da più di un anno che stiamo insieme." lo informo, scandendo bene ogni parola.
Pensava davvero che l' avrei portata qui stasera, se non fosse così?...
"Koizumi... per me non è solo una 'distrazione', come dici tu..." consapevole che le mie guance stanno velocemente diventando porpora, aggiungo svelto, "I-io ci tengo a lei, e tanto. M- mi piace, ok?"
Sto morendo di vergogna a dire tutte queste cose a mio padre. Ma non ho scelta, devo mettere le cose in chiaro.
Lui intanto non dice ancora nulla. Sembra esserci rimasto di sasso. Si starà chiedendo come mai non glie ne abbia parlato prima, presumo.
Bene, che ci pensi pure.
Prendo un grosso respiro, sperando vanamente di scrollarmi di dosso la tensione, ed incrocio le braccia al petto, "Per quanto riguarda i miei studi, non preoccuparti. Ho tutto sotto controllo."
"Sotto controllo un corno!” sbotta seccamente lui, “Vuole starti sempre appiccicata! Vi siete visti solo ieri, e già stasera è venuta qui… Come pensi di poterti concentrare sullo studio, se ce l' hai sempre tra i piedi?”
“Sono stata io ad invitarla a cena!” ribatto, accalorandomi, “E se proprio vuoi saperlo, ieri era la prima sera che uscivamo dopo tanto tempo. L' ho persino trascurata per via dei miei studi... Non sai quanto me ne sono pentito!”
"Male." protesta lui, con uno sguardo penetrante, "Hai fatto il tuo dovere."
Mi stringo nelle spalle, "Come vuoi, non è servito comunque a niente. Non chiederò mai a Koizumi di aspettarmi. E' una cosa che non farò mai, mai più!"
Mio padre rimane a fissarmi per qualche secondo senza dire nulla, accigliato e anche un po’ sorpreso dalla mia reazione.
Sollevo il viso, sostenendo il suo sguardo con tutta la determinazione e risolutezza di cui dispongo. Non mi sono mai sentito più sicuro delle mie parole.
“… Quindi, in parole povere, hai lasciato che lei la spuntasse, non è così?”
Corrugo la fronte, senza capire, “Co-...  In che senso?”
“Hai lasciato che ti facesse sentire in colpa per averla trascurata, quando studiavi per l' esame… Dico bene?”
“Lei non-...” mi mordo la lingua, furioso con me stesso. Perché mi rendo conto di non essere in grado di controbattere.
‘Lei non’, cosa?” domanda, fissandomi con occhi gelidi, “Non voleva farti sentire in colpa? Oh, era proprio quello che voleva, invece. Perché non riesci a capirlo?”
“Stavamo litigando, ok?!” sbotto, non riuscendo a trattenere la mia irritazione, “Abbiamo detto cose che non pensavamo! A-anch’ io volevo farla sentire in colpa…” ammetto infine, arrossendo dalla vergogna e dal rimorso.
Questa volta evito il contatto con i suoi occhi, tenendo lo sguardo basso, sicuro che da un momento all' altro dica ciò che temo di sentire sin da quando è iniziata questa conversazione.
"Non credo che quella ragazza faccia per te, Atsushi." decreta infine, con voce dura e tagliente quanto una lama d' acciaio inossidabile, "Per niente."
Me lo aspettavo. Sapevo che c' era qualcosa che non andava. D' altronde è mio padre, capisco sempre anche troppo bene, quando ce l' ha storta.
Alzo risolutamente lo sguardo, tenendolo ancorato al suo. Abbiamo la stessa altezza, per cui i nostri occhi si incrociano alla pari.
"E chi se ne importa?" faccio spallucce infine, ostentando indifferenza.
So cosa pensa. D' altronde, ci sono abituato.
Da quando stiamo insieme, io e Koizumi non abbiamo fatto altro che sopportare bisbigli di diffidenza ed occhiatine di pregiudizi. Di certo, non passiamo inosservati.
E sapevo, ne ero sicuro, che un uomo dalla personalità così rigida e giudiziosa, ed anche un po' bigotta come quella di mio padre, non sarebbe stata un eccezione.
Si, lo sapevo. Ma ho deciso di buttarmi lo stesso. E non me ne pento.
"Bè, a meno che tu non trova un metodo sostitutivo al latte che ti permetta di crescere rapidamente, o un modo per rimpicciolire lei, dovrebbe importarti." esala gelidamente, infatti, "Perché io non accetterò mai che mio figlio stia con una camerierina da quattro soldi, per di più alta e trasandata, accettando di essere lo zimbello del villaggio. Puoi anche levartelo dalla testa."
Ringhio, sentendo ribollirmi il sangue in ogni particella del mio corpo, fibra del mio essere ed  incarnato del midollo. Non gli permetto di parlare in questo modo di Koizumi. Assolutamente no!
"E questo che cavolo significa??!!"
"Significa quello che hai sentito. Non approvo che tu stia con quella ragazza."
"E allora?" replico infine, altrettanto freddamente. "Koizumi è la mia ragazza, questo è quanto." taglio corto, con un' alzata di spalle.
"Non approverò mai, questo è quanto."
"Non m' importa."
"Preparati a fare le valigie, allora."
"Bene, non vedo l' ora di andarmene da qui!"
"Fallo."
"Tanto per te non fa nessuna differenza se ci sono o no, vero?!" urlo, furioso.
"Non se decidi di stare con quella ragazza."
Sento la gola essiccarmi da tutta la saliva, e il sangue salirmi al cervello, mentre tutta la rabbia che ho cercato di soffocare fino ad ora, esplode in un unico, tremendo botto.
"Tu non ci sei mai!!" urlo io a quel punto, fuori di me, "E ti permetti anche di giudicarmi?! Non sta a te decidere con chi devo stare, chiaro?! Perciò non intrometterti! Sono affari miei!!"
Mio padre mi sta proprio facendo incazzare. E tanto. Perché diavolo ha preso Koizumi così in antipatia? Io proprio non capisco.
"E' per questo quindi, eh?! Non ti piace perché è più alta di me e non è ricca!" sputo con disgusto quelle parole, come se il solo pronunciarle mi infettasse la bocca.
"Esatto, è proprio per questo." risponde lui, con una tranquillità che, in tutta onestà, mi fa incazzare ancora di più.
Digrigno i denti, pieno di rabbia repressa, "A me non me ne importa niente di queste cose! Perché dovrebbero importare a te?! Neanche la conosci!"
"Non conosco lei, ma conosco il mondo." replica con voce monotona, "Sei sempre stato un ingenuo, Atsushi. Non conosci  i pericoli che ci possono essere là fuori..."
"Che cosa dici?! Di quali pericoli parli?!"
"Non hai idea di quanto siano scaltre le donne. Soprattutto le squattrinate in cerca di sempliciotti ai quali spillare denaro".
In realtà, mio padre non può saperlo, ma mi è già successa una cosa del genere, con Hitomi. Mi sono lasciato quasi ingannare, e si, sono stato un ingenuo... ma non capisco cosa c' entri Koizumi con questa storia.
"Ecco a che cosa potresti andare incontro, frequentando quella ragazza."
Resto un secondo in silenzio, interpretando le parole di mio padre.
"Stai dicendo... che Koizumi...?"
 "Esattamente." annuisce lui, serio, "Una ragazza così alta che frequenta un ragazzo basso... Andiamo! Ho sentito puzza di imbroglio non appena l' ho vista."
"TU NON LA CONOSCI!" urlo, in preda alla rabbia.
"Potrò anche non conoscerla, ma ho già capito tutto di lei." replica, con apparente tranquillità, "Mi sembra proprio il tipo che adesca il primo idiota che passa e farsi mettere incinta, per legarti a lei per sempre, insieme a viveri, assegni mensili e annessi e connessi! E tu sei troppo imbecille da renderti conto che ti stai assumendo un grosso rischio a stare con quella ragazza..."
"MA SEI SCEMO??!" arrossisco dalla testa ai piedi, per la piega imbarazzante che ha preso il discorso.
Lo sapevo! Sapevo che avrebbe equivocato, dopo l' episodio di me e Koizumi nella stanza...!
"Se vuoi saperlo, io e Koizumi non... N-non siamo ancora..." lascio in sospeso la frase, non riuscendo a dire altro. Spero che capisca comunque.
Cavolo. Non c' è niente, niente di più imbarazzante, che ammettere una cosa del genere al proprio padre...
"Ad ogni modo, ti lasci influenzare troppo da lei. " riprende lui, dopo un attimo di pausa, "L' ho notato oggi a cena, e ne ho avuto la conferma poco fa, quando mi hai detto che ti sei sentito in colpa ad averla trascurata."
"Cosa volevi che facessi?!" esclamo, esasperato e frustrato, "Abbandonarla solo perché dovevo superare un esame?!"
"No, avesti dovuto mettere le cose in chiaro sin da subito, invece." replica, freddandomi con un' occhiataccia, "Stupido ragazzino. Ti atteggi tanto da adulto, ma non appena viene il momento di prendere posizione, ecco che ti tiri indietro!"
Boccheggio, preso in contropiede dalle sue parole, "N-non mi sono tirato indietro..."
"No, hai fatto di peggio. L' hai lasciata fare. E neghi l' evidenza. Hai lasciato che lei prendesse controllo su di te. E' questo quello che lei vuole! Frantumare le tue certezze, tutto quello che hai costruito e farti sentire in colpa, fino a quando non diventerai un suo burattino. Vuole manipolarti-"
Lo interrompo, mettendomi a ridere talmente forte, che la risata rimbomba in tutta la casa silenziosa. Una risata fredda, senza la benché minima traccia di ilarità.
"Ma piantala con queste assurdità! Sono tutte fesserie!" sbotto, pensando a come possa essere andato così in paranoia, "Manipolarmi? Ma chi, Koizumi? Ma se a malapena si ricorda di puntare la sveglia la sera! E pensi che sia in grado addirittura di manipolarmi!"
"E' tutta una strategia femminile. "si ostina fermamente lui, "Acchiappa la preda, senza mostrare le tue armi. E tu ci sei caduto dentro con tutte le scarpe-!"
"Aahahahahah , si certo, come vuoi..." lo interrompo di nuovo, non riuscendo a trattenere un' altra sonora risata, "Sai una cosa, inizio a pensare che il tuo astio abbia poco a che vedere con Koizumi... C' è dell' altro, o sbaglio?"
Mi lancia una lunga occhiata fulminante, "Ti sbagli. Sto solo cercando di farti capire che stare con quella ragazza ti rovinerà. Ma a quanto pare, ti ostini a non voler vedere la verità."
"No, sei tu che non vedi."  ringhio, stringendo i pugni,  "Non vedi niente. E come potresti, ti importa solo di te stesso, e del giudizio della gente. Sei sempre alla costante ricerca di approvazione... ed è triste. E pensare che una volta, anch' io ero come te..." questa volta la breve risata, risulta amara e sprezzante, "Non volevo deludere nessuno... soprattutto te. Ma sai che ti dico? Che adesso non me ne importa più un accidente della tua approvazione, né di quella degli altri!" le parole escono forti ed impresse di una tale decisione, da impressionare persino me stesso.
 "Io voglio stare con Koizumi! Puoi anche ripetere all' infinto quanto sei deluso da me, non m' importa. Non mi è mai importato!"
Io e mio padre restiamo a lungo a fissarci in cagnesco ai due lati opposti della stanza.
"Non pensavo fossi così cocciuto." mormora infine.
"Non sono più un ragazzino, te l' ho detto. Sono in grado di prendere decisioni da solo." replico, con decisione, " Non puoi controllare la mia vita."
"E invece si, maledizione..." ringhia improvvisamente rabbioso mio padre. Alla mia occhiata stralunata, prende un grosso respiro, nel tentativo di calmarsi.
 "Atsushi. Non vedrai più quella ragazza, ormai ho deciso. E farai quello che ti dico io."
"Puoi anche scordartelo." ribatto prontamente, cercando di mantenere il controllo delle mie emozioni. In realtà sento il mio cuore stringersi brutalmente, battendo talmente forte che temo possa sconquassarmi il petto. Mi tremano le ginocchia.
"Non capisco perché tu non debba voler sentir ragioni!" sento che anche lui adesso sta per perdere il controllo. Scorgo già le vene del suo collo che si gonfiano, e le sue nocche diventare bianche per aver stretto troppo forte i pugni. "Perché non riesci a capire?! Perché ti ostini così tanto a voler stare con lei?! Cos' ha di così speciale per-!"
"La amo!!" sbotto rossissimo, senza neanche rendermene conto.
Papà si blocca ad osservarmi, sorpreso dalla veemenza della mia reazione. Il suo sguardo si assottiglia.
"Cosa?" esala, gelido.
Oh, merda.
Deglutisco, distogliendo lo sguardo da lui.
Perché negarlo, in fondo?  E' la verità.
"M-mi... Mi hai sentito." mormoro, osservandolo con la coda dell' occhio.
Il suo viso, assume un' espressione a dir poco furibonda.
"Sei uscito fuori di senno!?" ruggisce, ormai fuori controllo, "Cosa?! La ami?! Ma che cosa ti dice il cervello??!" sembra sconvolto dalla mia rivelazione.
"E' proprio questo il punto." replico, con un sospiro stanco, "Non è il cervello a parlare."
"In ogni caso, fattela passare!"
Scuoto la testa, "E' impossibile. Ci ho già provato."
"Riprovaci!"
"Non voglio."
"Perché?!"
"Non voglio e basta."
Sono stufo di questa conversazione. Stufo di tutto!
Perché deve essere tutto così difficile, quando è così maledettamente semplice?!
"Non mi interessa quello che pensi." ripeto, con voce annoiata, "Io e Koizumi non ci lasceremo solo perché tu non approvi. La nostra relazione andrà avanti, che a te piaccia o no."
Emette un altro ringhio alla mia risposta. Infine, abbandona le braccia lungo i fianchi.
Una parte di me, spera ardentemente che possa avvenire il miracolo, e che abbia deciso di arrendersi all' idea. Ma in fondo so che, con mio padre, questo è impossibile.
Un secondo dopo, lo sento sospirare pesantemente.
"Non sotto il mio stesso tetto." enuncia gelido, "Quella è la porta."
Soffoco una risata ironica, "Si, certo come no..."
Mio padre rimane a fissarmi in silenzio, allusivo e con uno sguardo più gelido che mai.
Il mio sorriso si sgretola, e mi volto lentamente a guardarlo, corrugando la fronte.
"Che cosa?"
"Mi hai sentito! Fuori di qui!!" sbraita lui, più furioso di quanto lo abbia mai visto in tutta la mia vita.
Sono talmente shockato da paralizzarmi all' istante sul posto. Mi limito a fissarlo, accigliato. Non credo alle mie orecchie.
Infine, domando debolmente, "Mi stai... sbattendo fuori di casa?"
"Si!"
"Perché non approvi la mia relazione?!" urlo, sconvolto e incredulo.
"Esatto, è proprio così! Ora puoi anche andartene!"
"MA SEI FUORI DI TESTA??!" ruggisco, sbattendo forte il pugno sul tavolo, "TI RENDI CONTO DI QUELLO CHE STAI DICENDO??!"
Le nostre urla, com' era prevedibile, hanno svegliato mia madre e mia sorella, che preoccupate, si sono affrettate a raggiungere la cucina.
"Papa! At- chan!"
"Che succede?!"
"TI HO DETTO FUORI!!" urla ancora lui, fuori di sé dalla rabbia. "FUORI, FUORI DI QUI!!"
"Ichiro...!"
Rimango a fissarlo per un attimo. Non posso crederci, fa sul serio. Lo capisco dal suo sguardo.
"D' ACCORDO!!" sbraito furiosamente, cercando di mantenere la voce ferma. Sto tremando da capo a piedi.
"FACCIO LE VALIGIE, E ME NE VADO!! SARO' FUORI DOMATTINA, CI PUOI CONTARE!!"
"At- chan!"
"VIA!! FUORI DA QUESTA CASA!!" strattona il braccio dalla presa di mia madre, guardandomi con occhi fiammeggianti d' ira, "NON VOGLIO PIU' VEDERTI, NE' A TE, NE QUELLA RAGAZZA!! QUELLA SUBDOLA APPROFITTATRICE , QUELLA POCO DI BUONO, QUELLA SGUALDR-!"
Non lo lascio finire.
Scatto in avanti, e afferro mio padre per il colletto, sbattendolo al muro con forza.
"AT-CHAN!!"
"Fermo!!"
Sento mia madre e Midori che implorano disperate. Ma io non le ascolto.
Sono così incazzato, che neanche ci vedo più dagli occhi.
Poi metto a fuoco il viso sconvolto di mio padre, e in un lampo di lucidità mi accorgo di stare ringhiando a due centimetri dalla sua faccia.
Mollo di scatto la presa sul colletto, e benché ancora furioso, anch' io mi sento sconvolto dalla mia reazione.
Io e mio padre rimaniamo a lungo a fissarci ad occhi sgranati. Infine deglutisco.
 "Vai...vai al diavolo." sussurro, col respiro affannoso.
"At- chan...!"
Mi volto, correndo come un fulmine per gli scalini, e sbattendo la porta della mia stanza.





 
***


 
No POV




"Quel moccioso impertinente!"
"Calma. Ti si alza la pressione..."
"Sono suo padre! Come ha osato mancarmi così di rispetto?!" sbotta l’ uomo, per poi emettere un impercettibile lamento di dolore.
Gli duole la spalla. Suo figlio Atsushi non si era risparmiato in quanto a forza bruta, quando lo aveva sbattuto forte al muro della cucina. E' decisamente molto strano, che una tale forza sia rinchiusa in un corpo cosi piccolo.
Sua moglie aveva persino dovuto tirare fuori la cassetta del pronto soccorso, nonostante le sue proteste, intimandogli di stare fermo e di lasciarla fare. Un’ impresa ardua, considerando che l’ uomo scalpitava, ancora peso dalla rabbia del litigio.
“E' inutile che borbotti.” replica lei, con voce atona, “Hai dato alla sua ragazza della poco di buono. E' naturale che si sia arrabbiato…"
"Quello che gli ho detto, è stato solo per il suo bene! L' ho messo in guardia!"
"In guardia da cosa?” chiede, ancora impassibile, “Risa- chan è davvero una brava ragazza, sai?"
"Quindi mi stai dicendo che stai dalla sua parte?!"
La signora sospira, paziente. Suo marito è sempre stato un po’ infantile. In certi momenti le ricorda suo figlio in maniera impressionante. Hanno entrambi lo stesso carattere forte e la stessa testardaggine, per questo si scontrano molto spesso.
"Non sto dicendo che sto dalla sua parte, né che sto dalla tua. Solo... che non si può scegliere di chi innamorarsi. Per noi è stato così, non ti ricordi?..."
Le guancie del’ uomo si tingono di rosa, "Per noi è stato diverso... E poi da dove sbuca questa ragazza? Perché non ne sapevo niente?"
"Lei e Atsushi sono stati compagni di scuola.” spiega la signora, “La prima a dichiararsi è stata proprio lei, sai? Ma At- chan inizialmente l' aveva rifiutata…"
"Quindi lui l' ha rifiutata!” esclama il marito, furente, “Allora si era accorto che non è adatta a lui! E alla fine lo stesso si è lasciato ingannare da quella subdola ragazzetta!"
"Ma no, non è andata affatto così...” cerca di farlo ragionare la signora Otani, “Si è solo accorto di aver commesso un errore, tutto qui..."
Lui sbuffa, irritato, "Avrebbe dovuto scegliere Mimi. Lei si che è una ragazza di sani principi, con la testa sulle spalle..."
"Si, e che ha anche un lavoro che le frutta parecchio, non è vero?" dichiara la donna, con uno sguardo di chi la sa lunga.
"Anche."
La signora sospira di nuovo.
"Risa- chan non sarà una modella, ma ha tante buone qualità..."
"E' una fallita." replica l' uomo, con una smorfia, "E' risultata ultima al test di quell' accademia da quattro soldi...”
"L' accademia di Risa gode di enorme prestigio in tutto il Giappone, l' hai sentito anche tu." ribatte la donna, alzando un sopracciglio.
"E' vero è arrivata ultima, ma ha anche detto che non ha intenzione di arrendersi. E' da ammirare."
l' uomo grugnisce, infastidito, “Non ci trovo niente da ammirare. Non voglio che mio figlio si mischi a gentaglia del genere, è fuori discussione. Non gli fa bene e basta."
La signora Otani si lascia andare ad un altro sospiro fiacco, mentre termina la medicazione. Non ha guadato il marito in faccia, neanche una volta.
“Ecco qua. Ti fa ancora male la spalla?” domanda poi, nel suo solito modo gentile.
“Mh, no.”
La donna si apre in un sorriso radioso, “Bene...”
Detto ciò, lo colpisce talmente forte nel punto in cui lo ha appena medicato, da scaraventarlo fuori dal letto.
“AHIO!!” l’ uomo la guarda, stralunato, “MA CHE-!?”
“TU... NON BUTTI... FUORI... DI CASA... NOSTRO FIGLIO... CHIAROOOOOOOOOOOOOO??!!!”
Ruggisce tonante, la voce che si alza gradualmente ad ogni boccata d’ aria. Il signor Otani indietreggia fino al muro, terrorizzato.
Nei rari momenti in cui sua moglie perdeva il controllo, erano guai assicurati. Soprattutto per lui!
“COME... HAI... OSATO??!!” continua a sbraitare lei.
“Calma, tesoro calma, tranquilla, tranquilla…” si ritrova a mormorare con voce tremante l’ uomo, in un tentativo disperato di placare l’ira della moglie, neanche se fosse un cavallo da corsa spaventato da un camion.
La cosa buffa, è che il signor Otani è conosciuto dai più, come una persona autorevole e impavida, un gigante ( in senso figurato, ovviamente) emergente della finanza, che non si fa mettere di certo i piedi in testa da nessuno, men che meno da una donna.
 Bè. Nessuno di quei  'più', evidentemente, ha mai visto la signora Otani perdere la calma.
La verità, è che sotto l' autorità della donna, il signor Otani, non è altro che un elefante. Si, un elefante.
Di fronte ad un terribile, spaventoso, topolino.
“NON DIRMI DI STARE CALMA!!” strilla la donna, con uno sguardo a dir poco da pazza.
“No, ok, non te lo dico, se ti fa piacere…”
"Sta zitto! Zitto! Sitz!" brandisce l' indice davanti al suo naso con accento tedesco, come se desse ordini ad un cane.
"Non emettere neanche una sillaba! O giuro che ti soffoco con la pellicola trasparente!!"
"Tesoro, non potremo almeno parlarn-?"
"Ho detto zitto!! Un' altra parola, e da domani, senza che tu lo sappia, ti darò da mangiare stufato di ratto! O preferisci che metta a bollire le tue ciabatte?!"
"Ma cara-!"
"Niente ma! Sono io che detto le regole! Ora andrai da At- chan,a dirgli che ritiri tutto, tutto quello che è uscito da quella bocca di water che ti ritrovi, mi hai capito bene??!"
"M-ma starà dormendo a quest' ora...!"
"Perfetto, allora fallo domattina presto!"
L' uomo sbuffa sonoramente, "D' accordo."
"Bene! E ora vai a dormire!" sbotta, lanciandogli brutalmente il cuscino in faccia.
"Co-? Che significa...?"
"Per tua fortuna abbiamo un divano comodo in salotto, sennò potevi dormire sul pavimento!" replica la donna, furente.
"Cosa?!"
Si blocca immediatamente, notando l' occhiata assassina con la quale lo sta fulminando la moglie.
Sospira, "... Posso avere una coperta, almeno?"
"No, arrangiati da solo."
"Ma fa freddo!"
"Tu butti nostro figlio fuori di casa senza il mio consenso, e io non ti posso buttare fuori dalla stanza senza coperta??!"
Grugnisce, "Mpf. Stupida donna."
"COME HAI DETTO??!" tuona lei, voltandosi a guardarlo con occhi fiammeggianti.
"Ehm, niente..." mormora lui, con una vocina.
"Ah, ecco. Spera solo che At-chan non deciderà di andarsene prima che tu gli parli, domattina, oppure preparati a tante notti gelide e solitarie."
Detto ciò, la donna si sporge verso l' abat-jour per spegnere la luce, ma la voce bassa e roca del marito la blocca.
"Mei. Ho ragione io, e tu lo sai."
La signora Otani si volta nuovamente a fronteggiarlo.
"Qui non si tratta di chi ha ragione o torto, ma della felicità di At-chan." replica, con voce dura e tagliente, "Una cosa che, a quanto pare, non sembra minimamente interessarti."
"Ti sbagli. Non è vero che non mi interessa. Solo-..."
"Da quando sei tornato a casa, non hai fatto altro che stare chiuso nel tuo studio a lavorare." lo interrompe con un sonoro sospiro la donna.
" Va bene non degnare di una sola occhiata me, ma almeno At- chan merita le tue attenzioni.  Anche se non è più un bambino, ne ha tutt' ora bisogno, e il diritto. Quale pensi che sia il motivo per cui abbia invitato Risa a cenare con noi, stasera? Voleva fartela conoscere, voleva renderti partecipe della sua felicità. E tu, come al solito, hai mandato tutto a monte."
Il signor Otani rimane in silenzio, soppesando le parole della moglie. E' così, dunque? Atsushi si sente un po' abbandonato da lui?...
"E' stato sempre alla ricerca della tua approvazione, sempre, sin da quando era piccolo." prosegue lei, non vedendo reazioni evidenti da parte del marito.
"Ha sempre cercato di compiacerti. Come pensi che stia, adesso che ha capito di remarti contro, scegliendo di stare con Risa?"
"Se ha sempre cercato di compiacermi, come mai non ha voluto sentir ragioni?"
"Perché ne è innamorato." risponde semplicemente la signora, "Hai visto anche tu come la guarda. E' una cosa seria, Ichiro, o non l' avrebbe portata qui da noi, stasera."
Lui si innervosisce, "D' accordo, ma francamente quanto può essere seria una cosa come questa? Lei è alta, nostro figlio è basso. Non potrebbe mai funzionare."
"Invece a quanto pare ti sbagli, sai?" ribatte pacatamente la moglie, "Nostro figlio è sempre stato un tipo allegro e spensierato, ma anche molto, molto fragile. E con fragile, non mi riferisco alla sua altezza, né alla sua forza di volontà. Quella ne ha da vendere. Ma al suo animo sensibile e suscettibile. Soprattutto riguardo alla sua altezza. Ha sempre cercato di mostrarsi forte e spavaldo davanti agli altri. Era solo un ragazzino, ma quando lo guardavo negli occhi, vedevo sempre una piccola traccia di tristezza, che lui cercava di nascondere agli altri. Mi addolorava molto... vederlo in quel modo... "
Fa una pausa, e per un attimo lascia che l' immagine di quel ragazzino piccolo e minuto, dalla testa color rame gli sorrida attraverso i ricordi.
"Ma da qualche tempo a questa parte, quello sguardo non c' è più. E' sparito." continua lei, con voce ferma, adesso, "E' felice con lei, Ichiro. Ed anche io e Midori lo siamo per lui. Perché non puoi esserlo anche tu?"
"Hai ragione, nostro figlio è fragile." mormora l' uomo, con sguardo basso, "E' proprio questo il punto: E' facile ingannarlo."
"Fragile non vuol dire stupido." ribatte la donna.
"No, ma neanche furbo." replica lui, "Chiunque può essere ingannato, chiunque. Non ci si può fidare di nessuno. E che cosa sappiamo realmente di questa ragazza, Mei? Come possiamo sapere che non lo farà soffrire?"
La donna rimane a guardare lo sguardo del marito, senza dire nulla.
Infine, sospira, "Non possiamo saperlo. Tutto ciò che so, è che Atsushi la ama. E tanto basta a convincermi."
"Quindi non dovrei preoccuparmi? Non dovrei metterlo in guardia?" replica il signor Otani, infervorandosi.
"Non è questo che un bravo genitore dovrebbe fare? Preoccuparsi per i propri figli?"
"Il compito di un bravo genitore è quello di assicurarsi che i propri figli siano felici." ribatte la donna, risoluta, "E certo, preoccuparsi per loro. Ma ad un certo punto  bisogna lasciare che camminino sulle proprie gambe, che facciano le proprie scelte, che sbaglino, e che capiscano da soli. Bisogna che vadano per la propria strada. E soprattutto, non remargli contro nelle decisioni importanti."
"Non posso farci nulla se quella ragazza non mi piace." si difende l' uomo.
"Potrei chiederti di sforzarti, se non per Atsushi, almeno per te stesso. Vuoi ... Vuoi davvero che nostro figlio ci volti le spalle?..." sussurra con un tremolio la donna, ormai sull' orlo delle lacrime.
"Se... se domani At- chan se ne andrà, sarà tutta colpa tua..."
"Mei..."
"Và via." mormora la signora Otani, asciugandosi il viso con l' orlo del lenzuolo, tirando su forte col naso.
Dopodiché spegne l' abat-jour, e si gira sdraiata su di un fianco, dando le spalle al marito.
L' uomo rimane a fissarla al buio, esitante e preso da emozioni contrastanti.
Infine, massaggiandosi la spalla dolente, col cuscino sottobraccio si avvia verso la porta, chiudendosela piano dietro di sé.

 


 
***



 
POV Risa




“Mamma.”
 La chiamo calma il pomeriggio seguente, poggiando sul ripiano il coltello con il quale stavo tagliando le verdure un attimo prima.
“Mh?...” chiede lei assorta, senza smettere di tagliare le sue.
“Tu… come hai capito che papà era quello giusto?”
Solleva subito lo sguardo, accigliandosi sorpresa, “In che senso?”
Cerco di spiegarmi, “Cioè, come… Come sapevi che sarebbe stato papà, quello che avresti sposato?”
Lei rimane a fissarmi con aria confusa per qualche attimo, per poi sbarrare gli occhi e sbiancare, trattenendo bruscamente il respiro.
 “Oh! Risa, non mi dirai che...? Non mi dire che sei incinta!” si porta una mano alla bocca, sconvolta.
La guardo a mia volta, perplessa, “Uh? Ma che… Aspe- COSA??!” urlo, subito dopo.
“Papà!!” trilla lei, senza nemmeno prestarmi attenzione, continuando a ciarlare con voce strozzata.
“Oddio Risa, è tutta colpa mia!! Avrei dovuto spiegarti come vanno queste cose quando era il momento, ma tuo padre insisteva con la storia delle api e dei fiori, ma io gli dicevo no, che ti avrebbe solo confusa, perché non avresti mai potuto capire cosa c’ entrasse un’ impollinazione con l’ arrivo della cicogna…”
“MA SEI SERIA?!”
“… Perdonami, perdonami tesoro, è tutta colpa mia, tutta colpa-… Papà!! E ora tu sei… sei…” continua a piagnucolare, portandosi le mani ai capelli con uno sguardo vuoto e traumatizzato.
“Sono una cattiva madre, sono una cattiva madre…”
“MA CHE TI SEI FUMATA??!” strillo isterica, ormai al limite della sopportazione, “NON SONO INCINTA, CHIARO??!”
“Incinta?” domanda mio padre, sbucando dallo stipite della porta della cucina, “Chi è incinta?”
Sudo freddo, ma prima che possa spiegarmi, la mamma tuona, “Nostra figlia!”
Ugh.
“Eh?” mi osserva lui, sistemandosi  meglio gli occhialetti sul naso. Brutto segno.
“Eh…! N-no papà, non è così! Quello che sto cercando di spiegar-!”
“Nee- san è incinta?”
Mio fratello fa la sua comparsa, spuntando da dietro la spalla di mio padre, e punta lo sguardo sul mio ventre piatto.
“Otani- san, sa di questo?” domanda, con voce talmente seria da farmi venire i brividi.
Mia madre esce un fazzoletto e vi si butta dentro, piangendo a dirotto
“Sono una cattiva madre, sono una cattiva madre…”
Papà rincara la dose, “Dovrò fare un discorsetto al tuo fidanzato, cara…”
Argh!
“NO!!!” urlo con quanto fiato ho in corpo, ormai rossa da capo a piedi.
“Qui nessuno è incinta, chiaro??! Mamma, hai capito male!”
“M-ma allora perché sposarsi proprio adesso, scusa? Quale motivo urgente può spingere due ragazzi a sposarsi così presto?”
Eeeeeehhh?! Spo... sarsi...?
Il mio sguardo si accende all' istante di mille stelline luccicanti.
"Aww~ . Ma no no, che dici, è ancora troppo presto, eh eh eh!! ♥... "
Mi apro in un sorriso sognante, tenendomi le guance brucianti, mentre mi immagino me ed Otani felici ed innamorati all' altare...
Poi Otani inizia a fare il verso del maiale, ed io rinvengo bruscamente dal mio sogno ad occhi aperti.
Mi schiarisco la gola, "Ehm... Comunque, mamma, quello che intendevo dire è come hai fatto a capire che fosse papà la persona giusta per te. Tutto qui...!"
“Oh bè, in questo caso è tutto apposto.”
Smette di piagnucolare e sospira di sollievo, rimettendosi il fazzoletto dentro la tasca del grembiule e ricominciando a tagliare le verdure, come se niente fosse.
Rimango a guardarla con il tic nervoso all’ occhio, mentre mio padre fa spallucce, dirigendosi verso la sua poltrona col solito giornale sottobraccio; mio fratello scuote la testa, alzando gli occhi al cielo, congedandosi con un impercettibile, “Che famiglia di matti…”.
“Vuoi sapere come si fa a capire se una persona è quella giusta?” riprende la mamma, senza sollevare lo sguardo dal suo lavoro, “Bè, la risposta è soltanto una, cara…”
“Lo capisci e basta?” provo a rispondere, sarcastica.
“Uhmm, no. Lo sai già.” mi risponde lei, con un sorrisetto allusivo.
Mi volto a guardarla, sorpresa.
“E’ semplice.” risponde, alla mia occhiata interrogativa, “E' una cosa che già sai. Come, uhmmm,... Ecco! Come sai che questa cipolla ti farà lacrimare, per esempio!" esulta, sollevandola.
Alzo gli occhi al cielo. Ecco che fa di nuovo la mamma strana!
"Ma dai!"
"Bè, è così!" si difende lei, iniziando a tagliuzzare la cipolla a piccoli dadini, "Non puoi evitare che la cipolla ti faccia lacrimare, così come non puoi evitare di essere fatti apposta per stare con una determinata persona."
Rimango a guardare ancora incerta il suo sorriso, mentre lei prosegue, "E' una specie di... qualità che abbiamo, come tante altre. Come il nostro naturale odore, ad esempio, o il gusto personale. Quando una persona ti fa battere forte il cuore... o ti fa provare sensazioni per lo più positive, allora quella persona è in grado di renderti felice."
"Ma questo non significa che sia quella giusta, però." le faccio notare, con un sospiro.
"No, ma..." smette di tagliare, pensandoci su un attimo, "Penso che alla fine sia questo, ciò che conta davvero. Che senti di poter essere felice con lui, più che con chiunque altro."
Si volta a guardarmi, sorridendomi con le ciglia grondanti di lacrime, "Anche se ti infastidisce parecchio, e ti fa piangere, proprio come questa cipolla!
Sorrido anch' io per quell' analogia, scuotendo piano la testa. Riprendo il coltello in mano e incomincio a tagliare il sedano, pensando alla semplicità della sua risposta.
Può darsi che non abbia poi tutti i torti. Forse è più semplice di quanto pensassi, in fondo.
E' vero, non esiste un metodo scientifico per valutare o individuare la persona giusta, neanche se fosse una stupida macchinetta mangia-soldi, per quanto accurata possa essere.
Non puoi stilare una lista, con su scritto tutte le qualità che quella persona dovrebbe avere ( è un tappo? Assolutamente no, è escluso in partenza!), né tantomeno stare lì a domandarti assiduamente se lo sia o no.
Lo si sa e basta. Sin dall' inizio. Si deve solo lasciare che il tempo e il destino facciano il loro corso.
Mi chiedo come abbia fatto a non capirlo prima. E' davvero più semplice di quanto pensassi.
Sorrido. Poso l' utensile sulla tavola e mi avvicino a mia madre, cingendole le spalle da dietro, in un abbraccio delicato.
Sobbalza, presa alla sprovvista , per poi alzare una mano, accarezzandomi affettuosamente la spalla. La sento sorridere.
E' buffo come già io sia più alta di lei. Ma nonostante questo, mi sentirei persa senza la mia dolce, arguta ed eccentrica mamma.
"Grazie." sussurro, abbracciandola stretta, "Ti voglio bene."
"Anch' io, cara..." scioglie delicatamente l' abbraccio, e tira su forte col naso, riportando l' attenzione sul pranzo; io faccio lo stesso, mentre lo sguardo soddisfatto ed improvvisamente addolcito di papà segue i nostri movimenti al di sopra del giornale.
In silenzio, riprendiamo a tagliare le verdure, ancora col sorriso sulle labbra. Dopo un po', decido nuovamente di spezzarlo.
"Mamma." la chiamo ancora, senza interrompere il mio lavoro, stavolta.
"Mmh?..." mugugna di nuovo lei in risposta, senza sollevare lo sguardo.
"Io... Ecco... Non ti ho mai chiesto scusa per... come mi sono comportata con te. Sai, durante... quel periodo..."
Mi sento ancora nervosa a parlarne, ma non ho bisogno di aggiungere altro perché so che lei ha capito a cosa mi riferisco.
Non ho dimenticato come lei, preoccupata per il mio stato, ha cercato di essermi vicina, ed io l' ho respinta in malo modo. Ho chiuso tutti fuori, soffrendo in silenzio. Mi sono comportata in modo imperdonabile. Se mi fossi aperta con lei invece, sono certa che mi sarei sentita meglio. Sono stata così stupida.
"... Quindi ti chiedo scusa. Scusa davvero, questa volta." la guardo, sperando capisca che sono sincera.
Lei sorride, guardandomi a sua volta, "Non fa niente, cara. Sono contenta che alla fine tu ed Otani- kun abbiate chiarito. E anch' io credo di aver esagerato con la punizione, costringendoti a costruire il traliccio."
Le sorrido di rimando, arrossendo leggermente. Lei non può saperlo, ma visto a quello che è servito, non mi pento per niente di averla aiutata a costruirlo. Anche se mi sarei volentieri evitata i suoi richiami non troppo gentili... A ripensarci, il mio sorriso si tramuta in un ghigno.
"Bè, in effetti devo dire che è stata una vera tortura farmi urlare ordini nelle orecchie per tutto il giorno, e assecondare ogni tua assurda richiesta..." ammetto, poi sospiro, facendo spallucce.
"Ma me lo sono meritata. Però..." la ammonisco, con un' occhiata falsamente seria, "La prossima volta, fai alzare il culo a tuo figlio! A momenti anch' io sono più uomo di lui!"
"Ti ho sentita."
Takato spunta nuovamente dalla porta della cucina, rivolgendomi una delle sue solite occhiate gelide, mentre si dirige spedito verso il frigorifero.
"E sai, questa non è poi una novità, considerando la tua indole da maschiaccio." prosegue con indifferenza, mentre tira fuori l' aranciata.
"Mpf, non so di cosa stai parlando." replico austera, gettandomi con nonchalance un ciuffo ribelle dalla fronte, "Io sono molto femminile."
"Si, come un raduno di motociclisti."
Sbuffo contrariata, per poi sghignazzare malvagiamente, "Oh, ma io te l' ho detto per il tuo bene, sai? Ora che hai la ragazza devi saper mostrare il tuo lato virile, non pensi?"
Si affoga con l' aranciata, spruzzandola dappertutto.
Si volta di scatto verso di me, rossissimo come non l' ho mai visto in tutta la mia vita.
"E... e t-tutu tu t-tu tu t-t-tu co-come fai a saperlo??!"
"Bhuahahahhahahah, che faccia da rintronato!!" lo prendo in giro, battendo un pugno sul tavolo. "Ho i miei informatori otouto caro!" mi asciugo una lacrimuccia all' angolo dell' occhio.
"Eh?" domandano in sincrono i miei genitori, entrambi incuriositi. Takato li ignora bellamente.
"... La biondina!" esclama, ancora rosso di imbarazzo e di rabbia, "Quella che in realtà è un uomo! E' stato lui a dirtelo, non è vero??!"
"Mostra il tuo lato virile, altrimenti Manabe- chan potrebbe rimanerci male..." rido per tutta risposta, poi aggiungo, "...Takatina."
A quello stupido nomignolo, il suo viso, da rosso brillante, diventa porpora acceso e non posso impedirmi di mettermi a ridere più forte.
"Ahahahahahah!!! No, oddio davvero, dovresti vedere la tua faccia, ahahahhahahaha...!!!"
"Piantala!" sbotta, infuriato.
Davvero, non pensavo che Takato potesse essere così... così... tenero. Aww, si è proprio tenero in questo momento! Non l' ho mai visto così imbarazzato. Sembra quasi opera di una magia! Ma effettivamente, lo è!
Manabe- chan, devi essere davvero una persona speciale, per essere riuscita a cancellare ogni traccia di alienità da mio fratello, e dargli le sembianze di un qualsiasi essere umano!
Soprattutto, ne sono sicura, devi esserlo anche per lui.
"Quindi è così, mh?" sospira la mamma, poggiando una mano sulla guancia, e guardando mio fratello con aria malinconica, "Hai la fidanzatina?"
"N-non..." comincia lui, diventando nuovamente rosso cremisi, "Non sono affari vostri! E tu!" punta un dito ammonitore contro di me, "Se lo dici a qualcuno ti... ti..."
"Cosa?" domando, fissandomi un unghia con aria annoiata, per niente impressionata dalla sua quasi- minaccia.
"Non farti illusioni,ormai lo saprà tutta la scuola."
Deglutisce rumorosamente, sbiancando in un attimo, "N-non è vero..."
"Tu dici? Bè, avresti dovuto pensarci prima di baciare la tua ragazza davanti ad occhi indiscreti." ribatto, con un ghigno.
Le sue guancie prendono nuovamente colore, "I-in ogni caso tieni chiusa quella boccaccia!"
"Oh, andiamo!" sbuffo esasperata, "Sono contenta per te, dico sul serio! Manabe- chan è la ragazza migliore che poteva capitarti, lo penso veramente. Sono sicura che sia lei la ragazza giusta per te! Perciò..."
Corro verso di lui, abbracciandolo stretto, "Congratulazioni, fratellino!"
"Che schifo, levati di dosso, cozza!"
"Cozza?! Mi hai appena dato della cozza??! Un po' di rispetto, per la tua Nee- san!"
"Ahh, questi giovani..." sospira  ancora la mamma, "Vedono l' amore come la cosa più complessa al mondo! E pensare che invece, è tutto l' opposto..."
"Alla loro età neanche per noi era tanto diverso, cara." dice papà, ripiegando il giornale sulle ginocchia.
"Si..." mormora lei, dopo averci pensato su, "Ma per noi è stata dura davvero..."
Lascio andare la presa su mio fratello, e mi volto a fronteggiarli, con aria di sfida.
"Ehi, neanche per me ed Otani  è stata una passeggiata, sapete?" li apostrofo corrucciata, incrociando le braccia al petto.
"Uhm, forse..." ribatte la mamma con un sorrisino compiaciuto, "Ma Otani non è un teppista che ha cercato di dare fuoco alla scuola, né mi risulta che ti abbia mai rapita solo per dirti che le piaci, mentre siete circondati da venti auto della polizia... Ma potrei anche  sbagliarmi."
"COOOOSAA??!" urliamo in perfetta sincronia io e mio fratello, esterrefatti.
Ho sentito bene?? Papà era...
"Un teppista??!" domanda sconcertato Takato.
Ci credo che è così sconvolto, d' altronde lo sono anch' io! Guardando mio padre, chiunque gli darebbe della persona perbene, addirittura innocua, non un teppista!
"Uhm, si." borbotta lui, grattandosi la zazzera nera dagli argentei riflessi traslucidi, "Qualche anno fa, prima che voi nasceste..."
"Non ce l' avevate mai detto..." mormora mio fratello, osservandoli entrambi, accigliato.
"Bè, voi non ce l' avete mai chiesto." ribatte la mamma.  Come se chiedere se il proprio padre sia stato un teppista da giovane, sia qualcosa che normalmente si debba fare! Poi scoppia a ridere sonoramente.
"Era un ragazzo impossibile, davvero!" esclama divertita, "Erano tutti terrorizzati da lui e dalla sua banda. Ovviamente lui era il capo."
La mascella mi cade da sola dallo stupore.
"Si, ma la scuola?!" si accalora Takato, "Chi può essere così folle da appiccare fuoco alla scuola?!"
"Fiiigo...!" mormoro, con occhi luccicanti di ammirazione.
Lui mi schiaffeggia in testa, "Non ci trovo niente di figo!  E da pazzi!" ribatte, piccato.
"Oh, era veramente figo, invece..." replica la mamma con un sospiro, "Eccome se lo era. Ma anche molto tenero, sapete? Una volta ha persino impedito che abbattessero una quercia che aveva più di mille anni, che sorgeva nel bel mezzo del punto in cui avrebbero dovuto costruire una nuova autostrada. Io ero un' ambientalista convinta, e lui lo sapeva. Così ha cercato di convincere a fare spostare il progetto, e non so come, ci è riuscito!"
Assume un' espressione meditabonda, "Ora che ci penso, non so se abbia usato la minaccia, o altro..."
"Non chiedermelo." borbotta papà, ma capisco dal suo tono di voce che è di buon umore.
"Tu invece potevi fare ben di peggio." prosegue poi, togliendosi gli occhiali e pulendoli con il pullover, "Eri capace di accamparti per giorni sotto un edificio storico destinato alla demolizione, solo per non vederlo buttar giù. Eri così ostinata..."
Li rimette in equilibrio precario sul naso, nel suo solito modo impassibile. Ma noto un sorrisetto appena accennato, non appena incontra, per un sfuggevole istante, lo sguardo stupito della mamma.
"Te lo ricordi ancora!" esclama lei, sbalordita. Sembra che ormai non facciano più caso a noi.
"Oh, non potrò mai dimenticare la faccia di quel tizio, quando hanno ritirato l' ordine di demolizione! Era furioso!"
"Mai quanto tuo padre quel giorno che ti ha visitata, e ha visto cosa c' era sulla tua gamba..."
Lei scoppia a ridere, "Ahahah si, è stato uno shock!"
"Avevamo ragione a farcelo, dopotutto..."
"Credo di si..."
Si scambiano un sorriso lieve, ma carico di mille parole.
Io e mio fratello ci guardiamo confusi, non avendo la minima idea di cosa stiano parlando.
Torno a guardare i volti sereni dei miei genitori, persi nei ricordi passati, riuscendo a percepire nei loro sguardi quel particolare luccichio che mi sembra di riconoscere, per lo più legato ai miei ricordi d' infanzia, ma che a quanto pare non è andato perso.
E' così, quindi? Quando ami qualcuno anche a distanza di anni, quando dopo tutte le difficoltà e gli scogli della vita, sei ancora con la persona con la quale vuoi stare? Insieme alla persona giusta?
Mi chiedo se sarà così anche per noi. Per me ed Otani, per Takato e Manabe.
La felicità, forse, non è poi così difficile da trovare...
*E' in arrivo una super telefonata! E' in arrivo una super telefonata!*
Oh. Numero sconosciuto.
"Pronto? Sono Risa."
"Koizumi."
"Oh, Otani, sei tu ~!" cinguetto, tutta contenta, "... Ma perché mi chiami con un altro numero?"
Silenzio.
"Otani?"
Che sia caduta la linea? No, c'è ancora.
Allora perché non risponde?
"...E' successo qualcosa?" domando con voce seria, preoccupata dal suo mutismo.
"... Sono da Nakao." risponde infine, in un debole sussurro.
"Ho... tagliato i ponti con mio padre."












ANGOLINO AUTRICE
Fiùù, ce l' ho fatta.
Bah, ad essere onesta non è che mi garba poi molto 'sta roba. (Trad: Non sono molto soddisfatta del capitolo) Ma non volevo farvi aspettare oltre, ecco. Se non lo postavo adesso, se ne sarebbe parlato tra un mese, come minimo.
Purtroppo non ho saputo regolarmi con in tempi, e mi dispiace tantissimo. Tralasciando gli impegni vari, tra l' aver scritto la mia prima Song- fic, ed aver cominciato la revisione di questa storia, "estirpando" il primo capitoli da tutti gli errori ( almeno lo spero), si sono protratti ulteriormente.
Spero comunque che capiate quanto impegno ci metto, e quanto sinceramente tengo a questa storia. Ho persino deciso di dare un doppio titolo ad ogni capitolo, uno in italiano e l' altro in inglese, perché... boh, perché mi andava XD Ho pensato che, dato che anche il titolo della storia è per metà inglese e metà italiano, va bene così, presumo.
Dunque. Che ne pensate del capitolo? Il papà di Otani avrà le sue buone ragioni per comportarsi in questo modo? O, semplicemente ha la testa più dura di suo figlio?
Passiamo ai chiarimenti:
* Non avendo idea di come si chiamassero i familiari di Otani, dato che l' opera non fa riferimento a nomi specifici, li ho inventati. XD Midori significa verde. Midori Otani: Grande Valle Verde. Sono scema, lo so.
'Asahi no Fushigi', significa letteralmente 'Meraviglie del Sol Levante'.
Per chi non avesse letto il manga:
* Per quanto riguarda il matrimonio di Maity (cap. 57, vol. 15), Koizumi fa riferimento a quello che ha provato quando lei ed Otani si sono improvvisamente ritrovati molto vicini sul letto della loro camera d' albergo. Quella frase sbellicosa di Nobu del "Treno dell' amore" è proprio in questo volume, così come quella di Jack, l' amico di Maity.
* Infine, Otani si riferisce a quando lui e Koizumi hanno fatto il test della compatibilità di coppia (vol. 1, cap. 4), sicuri che avrebbero totalizzato lo 0%. Peccato che, a discapito delle loro aspettative, invece ottengono il massimo del punteggio XD
Spero che il capitolo, malgrado tutto via sia piaciuto. Se così non fosse, siete autorizzati a lanciarmi quanti pomodori volete ^^
Spero di farmi perdonare con il prossimo, ci impiegherò sempre di meno ad aggiornare, lo prometto!
Bene, scappo! XD
Se vorrete dirmi cosa ne pensate, mi farebbe molto piacere! c:
Bacioni,
Chappy- chan 


 

 


 
 

 




 
 
 
 
 






 




 

 



 
 
 
 



 
 
 
 




 
 




 
 
 
 
 
  
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