Serie TV > Glee
Segui la storia  |       
Autore: SunMonTue    05/10/2013    1 recensioni
Dave non riconobbe il numero sul display, ma rispose comunque, con un nodo allo stomaco, perché Kurt era in ritardo di cinque ore, non rispondeva al cellulare e lui sapeva che fosse successo qualcosa. Avvertiva quella certezza tendergli i nervi a tal punto da farli quasi spezzare.
“Buonasera. Chiamo per sapere se conosce un certo Kurt Hummel.”

---
Quando per poco Kurt non viene separato da lui per sempre, Dave s'impegna ad aiutarlo a ritrovare la via di casa.
Perdita di memoria. Un bel po' di fluff, anche se non era nelle mie intenzioni.
[Future!fic Kurtofsky tradotta da LaGrenouille | Traduzione rivista il 20/02/16]
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Burt Hummel, Dave Karofsky, Kurt Hummel | Coppie: Dave/Kurt
Note: Lime, Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
- Questa storia fa parte della serie 'To Safely Go Home'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Nota dell’Autrice: Grazie a tutte le persone che hanno messo la fic tra le preferite/seguite/ricordate. È la prima volta che scrivo una storia basandomi sul prompt di qualcun altro; grazie a Karomeled per il prompt e per avermelo lasciato distorcere come meglio credevo! Questa è anche la prima fic multi-capitolo che abbia mai completato (TWB è la prima che abbia mai iniziato [all’epoca non l’aveva ancora finita di pubblicare – N.d.T.]), quindi avrà sempre un posto speciale nel mio cuore, anche quando in futuro la rileggerò e senza ombra di dubbio mi riempirà d’imbarazzo.

AVVERTIMENTO: Lime blanda (beh, per i miei standard). Ehm. È solo una pomiciata ‘impegnata’, direi. C’è un orgasmo, a un certo punto. E se non sapete di cosa si tratti, non dovreste star leggendo la fic.

 

 

CAPITOLO QUATTRO

 

 

Dave si catapultò fuori dal letto prima ancora che il corpo e la mente si fossero svegliati del tutto. Riusciva a sentire Kurt piangere e immaginava che fosse così essere neogenitori, rispondere in automatico al lamento del proprio figlio. Barcollò lungo il corridoio, tenendo una mano sulla parete e non riuscendo a scorgere il minimo barlume di luce, gli sembrava di avere le palpebre incollate. Abbassò la maniglia della porta della camera e i suoni emessi dall’altro aumentarono di volume. Si strofinò gli occhi, cercando di schiarirsi la vista abbastanza da distinguere almeno il contenuto della stanza. Voleva accendere la luce, ma non sapeva se la cosa avrebbe aiutato o meno, quindi lasciò perdere e si mosse verso il letto. Gli occhi si erano abituati al buio, adesso che riuscivano a stare aperti, e per fortuna Kurt aveva la lampada accesa al minimo sul comodino.

Il terrore completo negli occhi di quest’ultimo, quando alzò lo sguardo su di lui, lo fece bloccare sul posto e s’inginocchiò così da non dominarlo dall’alto. Nonostante la spiacevole sensazione allo stomaco a vederlo così pietrificato dalla paura, non poté fare a meno di sperare che magari qualcosa avesse smosso il suo cervello, che i ricordi si fossero inseriti nei loro varchi originali.

“Kurt… stai bene?” Tenne la voce bassa, poco più di un sussurro. Era piuttosto sicuro che fosse sveglio, ma non si sarebbe stupito se avesse iniziato a soffrire terrori notturni o roba simile. Non aveva idea di come funzionasse la mente, benché ne avesse una conoscenza migliore rispetto a sei mesi prima.

“Sì… sì. Era solo… un incubo. Credo. Avevo paura. Ero terrorizzato da qualcosa. Ma non so cosa, esattamente…”

Era evidente che non gli stesse dicendo tutto, ma non avrebbe insistito. La sua pelle era pallida e sudata e lui sospettava che si sentisse molto fragile. Quello che voleva di più al momento era abbracciarlo e dirgli che andava tutto bene, ma non poteva farlo. Soprattutto una volta che si era reso conto di essere lì in ginocchio con addosso solo i pantaloni del pigiama. Era strano sentirsi un intruso nella propria camera, ma si era abituato a considerarla la stanza di Kurt.

“Pensi che starai bene, ora?”

“Ehm… Potresti rimanere qui? Per favore. Almeno finché non mi riaddormento?”

I suoi occhi erano ancora spalancati e pieni di qualcosa, facendolo esitare, ma poi annuì e andò a prendere il copriletto dalla propria camera. Non sarebbe mai riuscito a dirgli di no, ma non si sarebbe infilato nel suo letto sotto le stesse coperte, non quando stava iniziando a scordarsi che ci fosse così tanto che l’altro non ricordava.

 

Aprì gli occhi e si trovò davanti il torace di Dave. Durante la notte si era in qualche modo spostato in basso, portando il viso alla stessa altezza di capezzoli bruniti e di un petto villoso. Aveva una mezza voglia di allungare una mano e toccare, ma si trattenne, cercando invece di accettare l’idea di aver appena dormito con un uomo. E, okay, c’erano vestiti e coperte a separarli, ma aveva comunque l’impressione di aver infranto numerose regole e che suo padre l’avrebbe messo in castigo per un mese o qualcosa di simile.

Si ricordava il sogno. Era molto confuso, fatto di impressioni e sensazioni, l’unica immagine nitida era il volto di Dave, ma era quello di adesso. Era perplesso. Si ricordava dolore, il corpo che urtava violentemente contro qualcosa e pensava che magari si stesse ricordando del bullismo alle superiori, perché Dave, Blaine, suo papà e in minima parte Finn gli avevano parlato di quel periodo. Gli sembrava l’unica conclusione logica, ma c’era qualcosa che non andava con quel ragionamento, perché se così fosse, si sarebbe ricordato della sua faccia di allora, non quella da adulto. Era frustrante quanto cercare di afferrare qualcosa che continuava a scivolargli tra le dita. Quanto sapere che fosse lì, in attesa di essere acciuffato, solo per vederlo dissolversi in nebbia l’attimo dopo.

Sgusciò fuori dal letto in modo cauto e lentamente, così da non svegliare Dave. Nonostante il senso di panico e terrore che aveva provato in sogno, non aveva paura di lui, il che era sconvolgente, sebbene si dovesse tener conto che stava cercando di non scoppiare a ridere all’idea di aver appena dormito con qualcuno. Era felice che fosse stato Dave, perché era certo di amarlo. Di essersi innamorato di lui. Di nuovo. Attraversò la stanza in punta di piedi; sul pavimento c’era la moquette, quindi non era esattamente necessario, ma si sentiva di umore melodrammatico. Fissò il proprio riflesso nello specchio. Di solito cercava di evitare di guardarsi, perché si sembrava così vecchio. Aveva ancora un bell’aspetto, però, benché ci fossero delle sottili rughe attorno agli occhi quando sorrideva e anche sulla fronte. Ma si era irrobustito e la sua faccia aveva perso tutta quell’orribile pinguedine infantile. Ora aveva l’aspetto di un uomo, il che era rassicurante, perché sapeva di aver potuto passare per una ragazza, se avesse voluto, quando era adolescente. Si chiese quando avesse iniziato a cambiare e decise di riguardarsi di nuovo tutte le foto, per vedere se l’avessero aiutato a mettere le informazioni al posto giusto o a schiarire le immagini sfocate che aveva in testa.

Si sentiva il corpo vecchio. Rigido, dolorante, e la muscolatura stava tornando solo ora a farsi vedere, dopo settimane di fisioterapia. Sapeva che il fatto di non avere muscoli definiti fosse a causa dell’incidente, ma si chiedeva come si mantenesse in forma, adesso. Non aveva visto attrezzatura per ginnastica nell’appartamento e non si vedeva proprio a fare jogging, soprattutto nelle strade di New York. Si fece una doccia con tutta calma e si sentì molto più rilassato quando uscì dalla stanza piena di vapore, non più ansioso quanto prima a proposito delle immagini del sogno, che già iniziavano a svanire. Si avvolse nell’accappatoio e quando aprì silenziosamente la porta della camera, vide che Dave non c’era più.

 

La prima volta che Kurt lo salutò con un bacio quando stava uscendo per andare a lavoro, Dave rimase lì, in silenzio e sconvolto, prima che l’altro scoppiasse a ridere, lo spingesse verso l’uscio e gli dicesse di muoversi. Quando ricevette un altro bacio dopo essere tornato a casa, era un po’ più preparato, ma ancora sorpreso. Erano solo piccoli bacetti sulla guancia, ma significavano molto di più. Che Kurt fosse a suo agio. Si stesse rilassando.

Era certo che fosse successo qualcosa, perché Kurt aveva riorganizzato tutte le foto in ordine cronologico e le sfogliava regolarmente sul tablet. Faceva più domande, domande molto specifiche alle quali lui non sapeva sempre rispondere. Non si ricordava cosa fosse stato servito alla cena di Natale due anni prima, o quale fosse il suo indumento preferito (era piuttosto sicuro che non ne avesse solo uno). Sapeva però quali fossero i suoi piatti preferiti, come gli piaceva prendere il caffè, il suo numero di scarpe e che aspetto avesse dopo aver fatto sesso… Non avevano più menzionato l’incubo e forse era semplicemente stato un brutto sogno e basta, ma lui sperava in un angolino del cuore che fosse qualcosa di più. Aveva parlato con il terapista che Kurt si rifiutava di andare a vedere e quello gli aveva detto di non mettergli pressione. Di dargli spazio, ma anche di stargli vicino. Sembrava tutto perfettamente logico. Ciò non lo rendeva più semplice, però.

Erano sul divano, con Kurt che teneva i piedi di fianco alla sua gamba. Se fosse stato il vecchio Kurt, avrebbe già richiesto un massaggio o avrebbe cominciato a sfregargli le piante dei piedi sull’inguine. Invece li teneva sul cuscino, toccandogli il lato della coscia, e benché lui sapesse che quella parte del suo corpo fosse praticamente due blocchi di ghiaccio intagliati, gli sembrava che nel punto di contatto si stesse spandendo un piacevole calore.

“Ti metti i miei vestiti…” affermò Kurt, d’un tratto, toccandogli la gamba con l’alluce. Dave abbassò lo sguardo su di esso e poi sul suo viso, perplesso.

“No, non è vero. Sono troppo piccoli.”

“No. Voglio dire che ti metti i vestiti che ti faccio io.”

Avvertì il corpo irrigidirsi. Non gli aveva detto assolutamente tutto sulla loro vita, voleva tacere alcune parti, così magari si sarebbe accorto quando Kurt sarebbe tornato da lui completamente… Ma forse non sarebbe accaduto tutto in una volta, come il getto di una grande cascata. Forse sarebbe stato più simile al gentile flusso di un ruscello. A ogni modo, non gli aveva mai accennato che era stato lui in persona a creare la maggior parte dei suoi vestiti.

“Come fai a saperlo?” La voce era roca e, non appena fece quella domanda, l’espressione sul viso di Kurt si fece contrita e lui seppe che non se lo fosse ricordato.

“Ehm, l’ho dedotto. Tempo fa, a dirla tutta. Un sacco dei tuoi vestiti sono fatti su misura e non hanno alcuna etichetta, quindi… ho supposto che probabilmente te li facevo io.”

“Sì… hai ragione. Sono tuoi. È iniziata come uno scherzo. Ti stavi lamentando dei miei abiti e io ti ho detto che avresti fatto prima a vestirmi come volevi tu e… così hai fatto.”

“Oh. Ti dispiace che te li faccio io?”

“Pensi che avrei un armadio pieno dei tuoi vestiti se mi dispiacesse?”

“Sì…” rispose quello, con aria un po’ rattristata.

Lui scoppiò a ridere, perché aveva ragione: se anche avesse detestato quegli indumenti, gli avrebbe comunque lasciato continuare a farglieli. Kurt non gli aveva mai cucito niente che avesse temuto di indossare, però, benché non sapesse se fidarsi altrettanto dei suoi gusti da adolescente. Aveva avuto delle idee piuttosto stravaganti.

“I vestiti mi piacciono, tranquillo. Non mi hai mai fatto niente che abbia detestato. Ne ho dei preferiti, ovviamente.”

“A me piace quella verde bosco con le cuciture di una sfumatura più chiara.”

“Sì, è la tua preferita,” affermò, non sapendo se fosse solo una coincidenza o se Kurt stesse tornando da lui.

 

Era chiaro che Dave fosse deluso che avesse solo indovinato di aver fatto lui i suoi vestiti, invece di esserselo ricordato. E doveva ammettere di cominciare a sentirsi altrettanto frustrato. Gli sembrava di aver provato tutto e aveva iniziato a cercare altre possibilità. Aveva sognato di nuovo ed era certo ora di starsi ricordando qualcosa, ma erano scene rumorose e terrificanti e in qualche modo avevano a che fare con Dave, ma non sapeva come. Gli scorci erano brevissimi, sembravano perfino avvolti dalla nebbia e un paio di volte si era svegliato e aveva preso a pugni il cuscino per l’insoddisfazione. Aveva pensato che magari il suo primo bacio fosse stato l’evento scatenante dei sogni, quindi anche per quel motivo aveva cominciato a baciarlo ogni giorno. Gli piaceva farlo, comunque, e lui non si opponeva, però cominciava a volere davvero che anche Dave iniziasse qualche bacio. Capiva che si sentisse a disagio, ma stava arrivando al punto di mettersi a urlare dalla frustrazione. Voleva… di più. Non sapeva esattamente di cosa, però, perché l’idea del sesso lo faceva ancora sclerare un tantino, sebbene quella reazione diminuisse ogni volta che lo baciava.

Quindi stava affrontando due livelli di frustrazione e il fatto che l’altro sembrasse così composto e tranquillo a volte lo irritava profondamente. Aveva voglia di fare una scenata, di urlare e strillare che fosse tremendamente ingiusto avere una vita fantastica di cui non si poteva ricordare nulla. Invece si barricava nello studio. Creava vestiti e faceva schizzi. Passeggiava per New York, meravigliandosi di vivere lì. Parlava con il suo capo, perché nonostante l’attuale mancanza di qualifiche, aveva ancora un buon occhio per capire cosa stesse bene con cosa. Quando si ritrovò a comprare della stoffa per una camicia per Dave, sospirò e completò l’acquisto.

I sogni cominciarono a venire ogni notte e nessuno era terrificante e sconvolgente quanto il primo, ma lui continuava a non riuscire a trattenere le immagini. Una notte smise di tentare di riaddormentarsi e si alzò, andando nello studio. Il suo rifugio. Chiuse piano la porta e si mise a lavoro, non prestando davvero attenzione a quello che stava facendo: voleva solo distrarsi dalla sensazione onnipresente di stare cercando di raccogliere acqua con un colabrodo. Non sapeva da quanto tempo stesse lavorando, ma non si era accorto della porta che si apriva, né dell’altro che si era messo sull’uscio a osservarlo.

“Non riesci a dormire, eh?” chiese Dave, con le braccia incrociate davanti al petto nudo, e lui scosse la testa, abbassando lo sguardo sulla stoffa che stava usando. “Venivi sempre qui quando stavi rimuginando qualcosa…”

“Davvero?”

“Davvero. Senti, Kurt… ti stai ricordando qualcosa?”

“Non lo so…” rispose in un sussurro affranto. “È come se… gli ultimi dieci anni fossero un rullino e qualcuno l’avesse tagliato, separando tutti i fotogrammi, e io non so quale sia un ricordo o qualcosa che mi avete detto tu o Finn o mio papà oppure una foto che ho visto… È così confuso… e spaventoso… A volte sono certo di starmi ricordando qualcosa, ma poi mi ricordo di averne visto una fotografia e mi rendo conto che la memoria non mi sta tornando affatto. Che non era un ricordo vero. E io voglio davvero ricordare, ma è tutto un insieme di fotografie sviluppate a metà, mischiate a volte con sequenze di film e io mi sento così inutile…”

Piangeva mentre parlava e gli sembrava di dire cose senza senso, ma l’altro gli si era avvicinato, mettendoglisi di fianco, e avvolgendolo in un abbraccio; Kurt si lasciò andare, facendosi sostenere dalla sua forza. Una sua mano gli stava massaggiando la schiena in modo circolare e a lui piaceva il contatto fisico, il fatto che l’avesse confortato automaticamente. Poggiò la testa sulla sua spalla, cercando di fare dei respiri profondi mentre Dave parlava.

“Cazzo, Kurt… non metterti un peso del genere sulle spalle. Sono dieci anni di ricordi. Sarebbe un’ondata di informazioni ed emozioni e… un sacco di cose. Cerca… di non esigere troppo da te stesso, okay? Cosa stai facendo, comunque?”

“Ehm…” allontanò il corpo dal suo e immediatamente le sue braccia sciolsero la presa, cosa che a lui non piacque affatto, le rivoleva attorno a sé. Abbassò per la prima volta lo sguardo sulla stoffa che aveva tra le mani e si rese conto che era quella che aveva comprato il giorno prima. “Dovrebbe essere una camicia per te…”

La afferrò per le spalle e la stese sul banco: tutte le parti erano assemblate, era quasi finita. Mancavano solo asole e bottoni, come anche l’orlo finale; giocherellò con il taglio vivo prima di guardare di nuovo il viso dell’altro, trovandolo a osservare il proprio.

“Dove hai preso le mie misure?”

“Ehm… da nessuna parte. Cioè, l’ho solo… fatta.”

Il significato di quelle parole rimase sospeso tra di loro e Kurt avvertì un brivido per l’emozione di conoscere le misure di Dave a livello inconscio. Quello gli stava sfilando l’indumento di mano e lo indossò, senza mai interrompere il contatto visivo tra loro. Era perfetta. Le spalle erano dell’ampiezza giusta, come anche la lunghezza delle maniche per le sue braccia ed era evidente che il colletto avesse la circonferenza corretta, perfino la lunghezza della camicia in sé era adatta.

Perfetta…” sospirò Kurt, perché era una prova tangibile, qualcosa di reale, qualcosa che gli diceva che sebbene non riuscisse a ricordare tutto, una parte del suo cervello stava riparando il danno e rimettendo le informazioni nella loro giusta collocazione. La bocca di Dave sulla propria lo sorprese per un solo attimo, prima di rispondere al bacio, percorrendo con le dita i bordi aperti della camicia fino in fondo, per poi andare a ritroso sotto il tessuto, passando sulla pelle nuda che non aveva mai toccato, prima. Dave era solido e caldo e forte, ma più di ogni altra cosa era gentile.

 

Non riusciva a credere che stesse finalmente succedendo, che ci fosse stato qualche segno del ritorno della memoria di Kurt! A qualcuno sarebbe potuta sembrare una piccola cosa, ma per lui era come vedere un piccolo barlume di luce alla fine del tunnel dopo sei mesi di duro cammino. E anche se fossero mancati ancora chilometri alla sua fine, sapere che ci fosse quella luce avrebbe reso il viaggio molto più facile da affrontare.

Baciarlo era stato automatico, portando le mani sui suoi fianchi mentre Kurt gli esplorava il petto. Un punto che sembrava affascinare entrambe le versioni del suo ragazzo. Gli leccò un labbro e l’altro schiuse la bocca; sentì le sue mani afferrare la camicia e il suo corpo portarsi in avanti, quindi Dave si scostò: doveva assicurarsi di cosa volesse, prima di lasciarsi prendere la mano. Quello emise un suono seccato alla perdita del contatto tra le loro labbra e aprì gli occhi per lanciargli un’occhiataccia, e lui non poté fare a meno di sorridere. Vederlo guardarlo in cagnesco ed essere infastidito… era grato di potersi godere di nuovo quello spettacolo. Non lo vedeva da troppo.

“È okay, questo?”

“Ehm… cos’è ‘questo’, esattamente?”

“Tutto quello che vuoi,” rispose, ed era serio. Se Kurt voleva pomiciare, bene. Se voleva tornare a letto, l’avrebbe accettato. Se invece voleva… di più, beh, non aveva obiezioni a riguardo.

“Uhm, pomiciare. Quello che stavamo facendo… ti va bene?”

“Mi va benissimo. Ricorda solo… che hai tu le redini, okay?”

Quello annuì bruscamente, arrossendo, cosa che lui trovò adorabile perché Kurt non arrossiva più così. Abbassò la testa, così da sfiorargli gentilmente le labbra con le proprie, e Kurt si spinse verso il suo corpo, passando di nuovo le mani sul suo torace, e Dave posò le mani sui suoi fianchi, gentilmente, così che potesse scostarsi in qualsiasi momento.

Ma non accennò a farlo. Invece premette il corpo contro il suo, cercando di infilare una gamba tra le sue in modo alquanto impacciato e Dave dovette reprimere l’impulso di tenerlo fermo in quel punto. Voleva suggerire di continuare a letto, ma non voleva dargli l’impressione sbagliata o mettergli pressione. Lo baciò profondamente, gioendo di poter sentire di nuovo la sua bocca sulla propria, riscoprendo la forma del suo palato, il punto particolarmente sensibile sulla guancia, di fianco alle labbra. Kurt s’inarcò e lui ne approfittò per leccare il collo esposto e, come da copione, l’altro fremette. Venne attraversato dal sollievo, perché il suo corpo era ancora lo stesso, reagiva negli stessi modi di prima.

“Io non- non so cosa sto facendo,” mormorò quest’ultimo, a occhi chiusi, ma non si scostò da lui e invece cominciò a muovere il bacino contro il suo. Dave portò la bocca sul suo orecchio, leccandolo e mordicchiando il lobo finché non lo sentì di nuovo tremare contro di sé. Amava quanto fosse sensibile.

“Tu fai tutto quello che vuoi e che ti sembra giusto… Non preoccuparti di me, okay? So prendermi cura di me stesso.”

“Non voglio che tu ti prenda cura di te. Io voglio prendermi cura di te…” borbottò con un tono petulante che lo fece sorridere. Si stava muovendo in modo fluido, adesso, sfregandosi contro la sua coscia, e lui riusciva a sentire la sua erezione calda attraverso il tessuto sottile dei pantaloni del pigiama.

“Non mi lamenterò, ho solo pensato che… questa prima volta… tu debba andare alla velocità di cui hai bisogno.”

“È da tanto che ci penso. Che penso a te… che ti voglio. È solo che… ho paura di sbagliare.”

Dave chiuse gli occhi alla vulnerabilità che sentì nella sua voce e posò un lieve bacio dopo l’altro sul suo viso e sul collo. Kurt indossava il pigiama al completo, con i bottoni chiusi fino al collo e lui non riuscì a fermare il sorriso.

“Non potresti mai sbagliare, Kurt. Mai.”

Infilò la mano tra i loro addomi, posandola gentilmente sul cavallo dei suoi pantaloni, e aveva ogni intenzione di tenere il tocco leggero, così da poter chiedere se fosse d’accordo, ma Kurt emise un lieve gemito e spinse contro il suo palmo. Trattenne un gemito a sua volta, perché era da troppo che non lo vedeva così.

Lo massaggiò da sopra la stoffa, guardandogli il viso, gli occhi chiusi con forza, la bocca schiusa, la lingua che gli inumidiva le labbra ogni tanto. Lo baciò, mantenendo però una parte di sé all’erta, nel caso l’altro decidesse di allontanarsi o indicasse disagio. Tutto quello che ottenne in risposta fu la sua lingua entusiasta nella bocca, dita che gli tiravano la peluria sul petto e, quando tornò a baciargli il collo, una serie di ‘oh, cazzo, sì…’ mormorati a mezza voce. Mosse la mano più velocemente, sperando che Kurt domani mattina non si pentisse di quello che stavano facendo o, peggio, tra pochi minuti. Riusciva a sentire i liquidi pre-orgasmici inumidire la stoffa, i muscoli del suo corpo che s’irrigidivano, premuti contro il suo corpo, e seppe che non gli mancasse molto.

Quando Kurt venne, poco dopo, lui lo guardò, affascinato. Il labbro intrappolato tra i denti, le pupille dilatate al massimo, l’espressione quasi ebbra e meravigliata che assumeva durante l’orgasmo, come se ogni volta fosse una sorpresa. Lo guardò battere piano le palpebre, rimettendo la stanza a fuoco. E concentrandosi su di lui.

“Ti amo,” disse Dave, dandogli un breve bacio, e si rese conto di non averglielo detto ad alta voce da quando si era svegliato dal coma. “Ti amo.”

“Lo so. Ti amo anch’io. Di nuovo,” mormorò lui, piano, arrossendo dalla testa ai piedi, e lui si rese conto che probabilmente si sentiva a disagio, appiccicaticcio e improvvisamente timido. Soprattutto dopo le parole che si erano appena scambiati. Non riuscì a resistere, però, attirandolo in un altro bacio prima di scostarsi.

“Forse dovresti andarti a fare una doccia… e cambiarti i pantaloni. Prova a riaddormentarti…”

“Sì. Una doccia ci vuole. Ehm. Tu… ecco…”

“Vuoi che venga a dormire con te?”

Quello annuì, assumendo un’espressione sollevata per non aver dovuto chiederglielo lui, e Dave annuì e sorrise. Anche lui avrebbe avuto bisogno di una doccia, quindi lasciò che Kurt tornasse in camera e usasse il bagno annesso, mentre lui andava in quello principale, assicurandogli che sarebbe arrivato tra poco. Mentre si spogliava, strofinò tra le dita il fine tessuto della camicia e sorrise, perché sarebbe andato tutto bene.

 

La mattina dopo, Kurt si svegliò con le braccia di Dave attorno a sé e sorrise, perché era una bella sensazione e, se anche la propria memoria ci avesse impiegato anni a tornare, sapeva che stesse effettivamente tornando, e ciò rendeva l’esperienza sopportabile. Lasciò che il corpo agisse d’istinto, posando una mano sul petto dell’altro, e in qualche modo quel gesto sembrava significativo, non ne sapeva la ragione, sapeva solo che portò un sorriso sul viso di Dave e forse era per quello che era importante. Sebbene, a quanto pareva, l’avesse anche svegliato.

“Giorno…” disse quello, con voce profonda e roca, e quel suono gli piacque molto.

“Ciao. Dormito bene?” Si sentiva in imbarazzo. Sapeva di non averne davvero motivo, ma non riusciva a farne a meno.

“Sì… Non dormivo così bene da tempo…” rispose, con un sorriso dolce che gli rimase a lungo sulle labbra, e lui si sentì pervadere dal calore, perché capiva: aveva dormito bene perché era tornato nel suo letto. Con Kurt. Era felice che avesse capito cosa aveva tentato di dire la notte prima, senza dover pronunciare la domanda.

Quel giorno, mentre Dave era a lavoro, spostò tutte le sue cose nella loro camera. Quando quello tornò a casa e vide la stanza degli ospiti vuota, recepì il messaggio forte e chiaro. Poteva anche non essere pronto a fare di più che masturbarsi a vicenda, ma non avrebbe rinunciato a dormire avvolto tra le sue braccia.

 

Sentì lo stridio degli pneumatici, un lungo suono di un clacson che suonava, prima dello schianto metallico, il suono di vetro che andava in frantumi e gli pioveva addosso e lo scoppio dell’airbag che si gonfiava. Si sentiva male, le parole ‘Torna a casa tutto intero, okay?’ si ripetevano nella sua testa ed era terrorizzato all’idea di non rivederlo mai più, che le ultime parole che gli avesse detto fossero state un ammonimento di non ordinarsi schifezze da mangiare, invece di lasciarlo con parole d’amore. Poi il suono delle sirene e il viso di Dave che fluttuava davanti a sé. ‘Torna a casa tutto intero, okay?’

 

Kurt aprì gli occhi, svegliandosi al buio e non vedendo niente, ma un lento sorriso gli sbocciò sulle labbra. Allungò una mano e la posò sul petto di Dave, proprio sopra il suo cuore, così da poterne sentire il forte battito regolare.

“Sono finalmente a casa.”

 

 

Fine

 

 

V.d.T

Finita! ^__^ Kurt ha riacquistato la memoria e Dave è riuscito a farlo innamorare di sé da zero.. Happy ending! Yeeeeaah!

Spero che la fic vi sia piaciuta e che tornerete anche per il sequel.. a rating rrrrrosso.. +__+ (A proposito: secondo me questa fic non è da rosso, l’arancione ci sta benissimo, ma se qualcuno pensa che io debba modificarlo, fatemi sapere! Le mie orecchie sono aperte!)

Ci sarà una settimana di pausa, poi sabato 19 ottobre pubblicherò il primo capitolo del sequel.

Grazie mille a elektra12 e carlikiller per aver messo la fic tra le seguite e grazie a tutte le persone che hanno letto. ^__^

Alla prossima!

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Glee / Vai alla pagina dell'autore: SunMonTue