Serie TV > Altro - drama
Ricorda la storia  |      
Autore: _horanslaughx    05/10/2013    0 recensioni
[Fatti di cronaca - Telegiornale]
Ho il viso vicino a quello di Syria, le sussurro: “Stai sulla schiena, ci porterà la corrente… Syria, ti prometto che ce la faremo”.
“Ti prometto”, “Ti prometto”… e quante volte le promesse si spezzano? Specie quelle più importanti?
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Noi siamo clandestini - La Tragedia di Lampedusa



Il cielo è nuvoloso, ma il mare è una tavola: abbiamo aspettato condizioni meteo così per mesi, prima di salire finalmente a bordo.
Non c’è molto da trasportare fino al ponte: due borsoni, qualche foto in tasca e tante speranze nel cuore.
 
E si parte: siamo clandestini, siamo immigrati.
 

2 ottobre 2013,
Non appena saliti sulla “nave” che dovrebbe portarci in Italia, io e mia sorella Syria abbiamo provato a cercare una sistemazione: tentativo invano, dato che siamo in piedi da ore e stiamo finendo le poche cose da mangiare che c’eravamo preparati.
 
Quando si viaggia, abbandonando la propria terra per cercare fortuna, non si sa cosa si troverà “dall’altra parte”, ma qualsiasi cosa andrà pur bene a chi ha lasciato tutto.
Il vero problema, miei cari, è il viaggio tra i “due mondi” che la gente disperata e in cerca di una vera vita deve affrontare per trovarla, questa Fortuna.

 
Ricordo che una volta da piccolo, mio nonno mi stava raccontando una storia. Erano le undici di sera e avevo molto sonno, perciò mi addormentai proprio a metà del racconto e, quando ripresi coscienza, stavo ascoltando il finale della storia.
Ecco, la situazione in cui mi trovo ora è piuttosto simile a questa.
 
Eppure è strano, mi sarò appisolato solo una diecina di minuti seduto accanto alle mie borse piene di vestiti e ricordi; com’è possibile che ora intorno a me sia tutto fuoco e scintille?
 
Sento urla di disperazione, sento la disperazione stessa e sarà per il risveglio improvviso e pieno di paura, che sono bloccato.
Poi, come se le fiamme che stanno intorno a me abbiano acceso qualcosa anche dentro la mia testa, mi giro di scatto alla mia destra, proprio dove stava mia sorella prima che mi addormentassi.
Lei è lì, immobile, gli occhi spalancati e il petto che le si muove in modo irregolare; si gira, mi fissa.
 
Ora conosco la faccia della paura.
 
Si dice che la paura più grande che può avere un uomo è quella della morte, ma non sono per niente d’accordo con questo stereotipo.
Infatti, il sentimento più angosciante che una persona può provare è quello di vedere la Paura negli occhi di chi ama.
La vera Paura, belli miei, è il sentimento della perdita per la quale la nostra esistenza sarebbe vuota.
 

Che siano maledetti gli idioti con cui sono imbarcato: incendiare una coperta per far segnale?
Moriremo tutti per colpa loro.
 
Quando la tua fine è vicina e nella vita non hai fatto altro che aspettare, il sentimento che provi è terribilmente straziante: l’attesa che non finisce mai è un pentimento eterno.
 
E sento il pavimento inclinarsi sotto i miei piedi.
Hanno tutti paura del fuoco, stanno tutti scappando.
Non ci penso più su un sol attimo, prendo il braccio di Syria, lo strattono per invitarla ad alzarsi e scappare, ma lei sembra non essere più su questo pianeta.
Prendo in considerazione l’idea di uno shock: cos’è successo a Syria? Che ne è della mia sorellina?
La strattono ancora più forte una, due, tre volte e finalmente qualcosa nei suoi occhi sembra tornare a brillare: è il riflesso delle fiamme che divampano ancora ovunque.
 
Scappare è un istinto naturale; pensarci su due volte, no.
 
Correre e correre, trovando davanti a noi solo muri di fiamme, è tutto quello che riusciamo a fare.
Questa barca è ormai diventata un fiammifero gigante, come fanno le guardie costiere a non accorgersi di noi?
Troviamo una sorta di passaggio bloccato da un asse caduta davanti una porta.
Metto la vita di Syria prima della mia perché sono stato io a trascinarla dentro tutto questo, sono stato io a portarla in mare a diciassette anni per trovare fortuna in Italia e lei deve farcela.
Afferro l’asse infuocata e la sposto di lì, ora vediamo tutto il resto della gente e, non posso non pensare che se noi fossimo rimasti tra le fiamme, non ci sarebbe stata nessuna differenza: la loro è solo una morte più lunga di quella che sarebbe toccata a noi.
 
Piangono e urlano, si buttano giù e provano a nuotare. Molti affogano ancor prima di riuscire a muovere le braccia.
Ma cos’hanno in testa? Il fumo gli ha forse annebbiato i pensieri? L’acqua è alta trenta metri qui.
Tuttavia –chiamatemi pure incoerente– il fumo avrà annebbiato anche la mia ragione, dato che sto trascinando il mio corpo sconvolto dalle fiamme e quello di mia sorella al seguito verso la ringhiera.
 
Tuffarsi non è certo un sollievo: la pelle ustionata brucia tremendamente al contatto con l’acqua salata e gelida di ottobre.
 
Ho il viso vicino a quello di Syria, le sussurro: “Stai sulla schiena, ci porterà la corrente… Syria, ti prometto che ce la faremo”.
 
“Ti prometto”, “Ti prometto”… e quante volte le promesse si spezzano? Specie quelle più importanti?

 
3 ottobre 2013
Quando arrivo sulla spiaggia e la mia pelle tocca la sabbia, le ferite non bruciano più.
Quando sono sulla terraferma, la testa fuori dall’acqua, le mie orecchie non sentono le urla.
Quando la Stampa è lì sul posto, e si parla della “Tragedia di Lampedusa”, io sono tra i morti.
 
Più incerta della morte, solo la vita.
 
Guardo tutta la scena dall’esterno, come in un film, e mi sento a mio agio, dopotutto.
I piedi non toccano terra e le mani non hanno più il tatto, ma ho ancora tutti i miei ricordi e sarei in grado di parlare con qualcuno, se ci fosse davvero qualcuno in grado di sentirmi.
Infatti, tutti quelli “come me”, cioè morti, sono troppo impegnati per comunicare: stanno immobili davanti ai loro cadaveri, cercando di capire cosa fare per abbandonare questa Terra che non sentono più appartenere a loro.
 
Un uomo che indossa un paio di jeans e una maglia con sopra lo stesso logo del microfono che tiene in mano inizia a parlare.
Racconta ciò che è successo tra la nostra partenza e il nostro ”arrivo”: fuoco, fiamme, paura, un barcone rovesciato, tanti morti, pochi sopravvissuti.
 
Sopravvissuti. Syria.
 
La cerco, devo trovarla. Nei pochi minuti antecedenti al mio disperato tuffo in mare la mia priorità, la mia Missione si era trasformata dall’arrivare in Italia a salvare mia sorella.
Devo scoprire se il mio obiettivo di vita si è rivelato invano o meno.
 
Ho già fatto il giro della spiaggia due volte –evitando di guardare in faccia i cadaveri e le loro anime– semplicemente cercandola tra la folla di superstiti, che, finalmente la vedo.
Seduta su uno scoglio, con una coperta intorno alle spalle e una tazza di acqua calda tra le mani tremanti, si trova dietro la linea gialla con la scritta “NON OLTREPASSARE”.
La raggiungo, mi “siedo” accanto a lei, lei che porta il nome del paese da cui proveniamo.
E le sussurro le stesse parole che le ho detto quando stavamo per dirci addio senza saperlo: “Syria, ti prometto che ce la faremo”.
 
Mi sollevo, sono davvero in alto ora e riesco a vedere tutto l’orrore da cui non sono riuscito a scampare: il barcone affondato sotto il mare, la folla di gente e giornalisti sulla spiaggia, persino la faccia sconvolta che ha Syria adesso che ha sentito la mia voce senza vedere la mia faccia.
 
Ed è salendo sempre più su che mi accorgo che, forse, questa Terra non è poi così male.
Vedo la gente che si abbraccia nelle strade, i bambini che giocano nei cortili, i papà che tornano a casa dal lavoro e le mamme che preparano il pranzo nelle cucine.
Vedo i sorrisi, quelli che forse avrei dovuto fare spesso anch’io per regalare qualche istante in più da ricordare a chi mi ha voluto bene.
E poi, non vedo più nulla.
Solo luce, tanta luce.
 

È tutto meraviglioso, ma nessuno sembra accorgersene





In questo "Spazio Autore" spiego il perché di questo racconto attuale.
L'immigrazione è un fenomeno antico che, specialmente qui in Sicilia, ha a che fare con il quotidiano e la Tragedia di Lampedusa -con il seguente lutto nazionale- è ciò che mi ha portato a scrivere.
Ps. Non avevo idea della categoria in cui inserirlo... e ho scelto 'sta qui.

Grazie,

Mari, @_horanslaughx

 
 
 
 
 

  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Altro - drama / Vai alla pagina dell'autore: _horanslaughx