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Autore: Fox writer    05/10/2013    3 recensioni
Il momento di crescere non può essere rimandato, ci sorprende quando ancora non siamo pronti...
Tiffany ha come unica compagna la sua fantasia, ma se anche questa dovesse abbandonarla?
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tiffany non desiderava altro, ogni mattina se non che fosse presto sera, così da poter sprofondare la testa tra le morbide piume del suo cuscino. Solo allora poteva entrare nel suo mondo.

I suoi compagni di classe, a scuola, la prendevano in giro, ma Tiffany non sapeva spiegarsene il motivo. La sua unica colpa, pensava, era quella di avere molta fantasia, ecco, forse troppa: ogni parola, anche la più semplice, le bastava per costruire un muro nella sua testa creando una stanza da riempire di storie. Se la maestra diceva, ad esempio, “Fenici”, lei non poteva certo sapere che fossero un popolo antico e non che non lo volesse sapere, ma la sua stanza segreta andava riempiendosi di lucine danzanti che cambiavano colore, ancora prima che la maestra potesse cominciare a spiegare. Il muro crollava solo quando, la maestra, con una domanda, interrompeva il suo sogno.

A quel punto, il bianco delle pagine del suo diario venivano sostituite da parole come: “è distratta” oppure: “non presta attenzione” che però si mettevano subito a svolazzare per la classe grazie ad ali d'angelo e quando, il giorno dopo, la maestra la interrogava sul perché non avesse fatto firmare la nota, lei rispondeva che l'avrebbe fatto, ma durante la strada del ritorno un soffio di vento aveva spazzato via le parole che la seguivano ubbidienti svolazzando sopra la sua testa e quelle, poverette, non avevano più trovato la strada di casa.

La sera, però, una volta chiusi gli occhi, la maestra, i compagni e le sgridate volavano via come le note lasciando spazio ad una stanza. Era sempre la stessa da che lei potesse ricordare. Una stanza esagonale e su ogni parete c'era una porta. Le porte erano ciascuna di un colore diverso e su ognuna era dipinto un simbolo: un fulmine luminoso squarciava la porta azzurra, una stella illuminava la porta blu, un diamante brillava sulla porta bianca, una lacrima bagnava la porta d'argento e, infine, una chiave di violino danzava sulla porta arancio.

Era sempre questa che, ogni notte, Tiffany apriva, rivelando, ogni volta, un luogo diverso, entrando, ogni sera, in un sogno nuovo.

I suoi sogni erano diversi da quelli dei suoi compagni; gli altri erano in balia della magia della notte, lei no, lei riusciva a controllarla.

Non c'era nulla che non potesse fare...nuotare all'infinito senza dover respirare, questo poteva farlo. Spiccare il volo e andare sempre più su fino a toccare le stelle e poi superarle, arrivare solo dove la fantasia può giungere. E a volte, quando la porta le presentava uno scenario magico, popolato da mani ed elfi, le sue mani erano in grado di eseguire incantesimi e la sua testa si riempiva di formule magiche che si sarebbero sgretolate solo al sorgere del sole, ma che Tiffany non avrebbe mai dimenticato.

Tiffany era da tempo attratta dalle altre cinque porte ma quando, la sera, era sul punto di aprirne una nuova, la voglia di entrare ancora una volta nella porta dei sogni era troppo forte e le sue dita si staccavano dal pomello dorato per andare a stringere ancora una volta quello color del ferro poiché il colore si era ormai staccato per via di tutte le volte che era stato afferrato.

Una notte successe una cosa incredibile; senza esitazioni, Tiffany, aveva imboccato la porta arancione e si era trovata nuovamente nella stanza delle sei porte. Rimase stupita, ma non più delle altre volte. Incuriosita da quella nuova situazione si diresse nuovamente verso la porta con la chiave di violino e, aprendola, scorse ancora una volta la sala esagonale.

Tiffany non si preoccupò, il sorriso rimase ad incresparle le labbra e gli occhi brillavano ancora di curiosità. Entrata nella stanza si voltò trovandosi davanti la stanza con il diamante.

Tirò giù la maniglia e chiuse gli occhi. Quando Tiffany sentì il “tlac” della serratura che si era chiusa alle sue spalle aprì gli occhi che si ritrovarono abbagliati da una luce bianca e candida.

Quando si fu abituata a quella nuova situazione poté finalmente guardarsi attorno.

La stanza non aveva confini definiti poiché era completamente tappezzata di specchi che si riflettevano l'un l'altro. Una cosa, però, balzò subito agli occhi curiosi della bambina: ogni specchio rifletteva si l'immagine degli altri, ma in maniera un poco diversa cosicché il paesaggio andava cambiando piano piano e la situazione finale risultava diversa da quella riflessa nel primo specchio che aveva osservato.

Un'altra cosa piuttosto evidente era che c'era si Tiffany riflessa negli specchi, ma gli scenari che l'avvolgevano sulle superfici lucide, non erano certo gli stessi in cui la bambina si trovava, senza contare che le bambine dello specchio erano tutte ferme e guardavano sorridenti Tiffany che, invece, non faceva che girarsi intorno febbrilmente.

Uno specchio, però, era del tutto differente: rifletteva, infatti, Tiffany di spalle intenta ad aprire la porta con la lacrima.

Senza pensarci due volte vi corse incontro e, non senza meraviglia, lo attraversò ritrovandosi, così, davanti alla porta d'argento. Quando l'aprì fu circondata da numerose maschere dall'aria disperata e Tiffany si sentì presa dalla tristezza.

Quella notte, Tiffany, entrò in tutte le porte e, la notte seguente, quelle erano cambiate. Andò avanti così a lungo, per molti anni, fino a che, la prima notte del suo tredicesimo compleanno, sognò come tutti gli altri.

Le porte le avevano mostrato tutto ciò che c'era da conoscere del mondo. Era cominciato tutto con la porta del diamante che le aveva mostrato gli specchi dell'illusione, la lacrima le aveva poi mostrato il dolore, erano poi seguiti la fantasia, la forza, la sincerità, l'amore e l'odio e così di seguito per molte notti.

Era giunto, ormai, il momento di vivere tutto ciò che le porte le avevano mostrato, era tempo, per Tiffany, di vivere una vita vera e non nello specchio dell'illusione.

 

******

Eccomi di nuovo qui cari lettori con una nuova storia.

Con queste parole ho voluto parlare di quel periodo detto “adolescenza” durante il quale ci lasciamo alle spalle le fantasie di bambini per sentirci grandi. Ma essere grandi vuole dire davvero smettere di sognare? Vuole dire forse essere tutti uguali seguendo le stesse mode? Ognuno di noi è scegliere se abbandonare la sua porta dei sogni o se rimanere unico e speciale continuando a volare più su delle stelle. Tiffany è giunta nella notte del giudizio, sta a lei scegliere se tornare ancora nella sala esagonale e se diventare come gli altri. E voi, cosa avete scelto?

  
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