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Autore: HikariMoon    05/10/2013    3 recensioni
Sono passate solo poche settimane dal ritorno di Mai, Kenzo e Hideto dal futuro. Il passato di Maestri della Luce sembra ormai solo un capitolo chiuso. Ma non è così e sarà Mai a rendersene conto per prima. Il passato infatti tornerà a bussare nelle loro vite in modo improvviso e del tutto inaspettato. Ma non sarà solo quello ciò con cui dovranno confrontarsi. Mai troverà il coraggio di ricominciare a duellare a Battle Spirits? Kenzo e Hideto riusciranno ad aiutarla? Chi è la misteriosa persona che Mai troverà in coma? E riuscirà a risvegliarsi? La decisione da prendere è solo una: trovare la forza di ricominciare a vivere continuando a sperare che, un giorno, i portali di Gran RoRo tornino ad aprirsi.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hideto Suzuri, Kenzo Hyoudo, Mai Viole/Shinomiya, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 2

Un paio di minuti dopo, Mai ed Elisabeth erano sedute su un tavolino sotto un pergolato, nel retro del giardino. Attorno a loro c’erano vialetti che si snodavano tra alberi, aiuole di fiori colorati e aiuole verdi. Tra le tante aiuole, c’era anche un roseto con splendidi fiori bianchi. Un attimo dopo che loro erano arrivate, il maggiordomo aveva portato due tazzine, una teiera e un piatto di dolcetti e biscotti per poi allontanarsi e rientrare nella casa. Ora Mai stava muovendo il cucchiaino nella tazza, cercando di riordinare le idee, anche in luce di quello che aveva visto. Elisabeth stava facendo lo stesso, in attesa che Mai iniziasse a farle domande. Alla fine Mai, dopo aver bevuto un sorso di tè e aver riappoggiato la tazzina, alzò lo sguardo verso Elisabeth.

“Come… come hai incontrato Yuuki? Cioè, come mai ora lui è qui in casa tua in quello stato? Come è successo, come hai saputo di Kajitsu e soprattutto perché lo stai aiutando e l’hai aiutato anche quando le posizioni contro di noi Maestri della Luce erano più decise e dure di oggi… perché?”

Elisabeth sorrise al fiume di domande di Mai. Domande più che legittime. Decise quindi di raccontarle ogni cosa, cercando di non dimenticare nulla di quello che sapeva.

“Allora, diciamo che mi hai fatto davvero un sacco di domande. Cerchiamo, però, di andare con ordine. Io ti racconto com’è andato, se poi mi vuoi domandare qualcos’altro, potrai farlo. Come l’ho conosciuto… allora, è successo un paio di giorni dopo quello di cui tutti i giornali hanno parlato. Lo avrai sentito anche tu. Parlavano dell’uccisione di uno dei Maestri della Luce, del Guerriero Bianco, di uno dei due Maestri della Luce che più aveva cercato di destabilizzare l’ordine insieme al Guerriero Rosso e roba simile…”

Mai trasalì al sentir nominare Dan, ma non interruppe Elisabeth che continuò con il suo racconto.

“Ma non cambiamo discorso. Vedi, quel giorno io ero andata a dare una mano a dei volontari che aiutano i senzatetto, dando loro cibo, vestiti e tutto quello che può loro servire. Lo faccio perché mio padre mi ha insegnato fin da bambina ad aiutare i meno fortunati… sai, lui era un medico nelle missioni in Africa. Ma non voglio dilungarmi, riprendo a raccontare. Beh, vedi quel giorno aveva iniziato a piovere ed io ero appena salita sulla limosine per tornare a casa quando uno di quei senzatetto si era avvicinato e aveva attirato la mia attenzione da dietro il finestrino. Devi sapere che lo conoscevo. Era un medico anche lui, in un ospedale, lo conosceva anche mio padre. Poi aveva lasciato il lavoro e aveva iniziato a vivere in strada quando aveva perso la moglie e il figlio in un incidente stradale... Ecco che torno a divagare, scusa.”

Mai scosse la testa, come per farle capire che non c’era problema. Elisabeth allora riprese.

“Beh, lui mi disse che mi doveva parlare. Sembrava molto sospettoso e si continuava a guardare attorno. Lo feci salire sulla macchina e solo allora mi raccontò tutto, dicendomi che non dovevo farne parola con nessuno…”

 “… allora, posso sapere che cosa sta succedendo? Ti ho già detto che non lo racconterò a nessuno.

L’uomo sembrò ancora incerto per un attimo, ma poi decise di fidarsi.

“Sei una cara e brava ragazza ed è per questo che ho pensato che solo tu potessi aiutarmi e aiutarlo.”

Elisabeth inclinò la testa perplessa. “Aiutarlo, di chi stai parlando?”

L’uomo abbassò ancora di più la voce. “C’è un ragazzo, dove vivo. Ha bisogno di urgenti cure mediche…”

Elisabeth lo guardò ancora più perplessa, continuando a non capire.

“Ma non puoi portarlo in ospedale? Io non sono mica un medico, cosa posso fare io?”

L’uomo le prese con una mano il braccio, scuotendo vigorosamente la testa.

“Non posso, o loro lo ammazzano. Che cosa credi, che non ci avessi pensato? Ma loro lì lo scoprono e terminano il lavoro che hanno iniziato! Lo fanno fuori in quattro e quattr’otto se vogliono.”

Elisabeth cominciò ad avere un po’ di paura a quelle parole. Cominciava a temere che ci fosse qualcosa di criminale sotto a tutto quello.

“Loro, ammazzare, fare fuori… ma di che cosa stai parlando? Chi sono questi loro? Non voglio essere coinvolta in niente di losco o criminale, io…”

L’uomo la guardò quasi supplicandola. “Ti prego, ha veramente bisogno di aiuto e io non so a chi altro chiederlo. Non ho potuto fare nulla per salvare mio figlio, aiutami almeno a salvare questo ragazzo.”

Elisabeth fissò i suoi occhi per qualche istante prima di sospirare.

“D’accordo. Spero di fare bene a fidarmi. Kosuke vieni, dobbiamo seguirlo…”

L’autista annuì e scese. Fece per aprire l’ombrello, ma il senzatetto gli fece cenno che era meglio di no, per non attirare l’attenzione. L’autista aspettò un cenno di Elisabeth e poi lo mise via. Elisabeth si strinse nel suo giubbotto, tirandosi su il cappuccio, e iniziò a seguire il senzatetto. L’autista le veniva dietro. Iniziarono a camminare velocemente tra vicoli stretti, resi ancora più difficili da percorrere da pozzanghere e spazzatura. Finalmente dopo minuti interminabili raggiunsero il piano terra di una casa mezza diroccata ma mai abbattuta. La porta era completamente rotta. All’interno Elisabeth si guardò attorno e vide che, da alcuni buchi nel soffitto, la pioggia entrava anche lì. Abbassò il cappuccio e si avvicinò a una specie di stanza più piccola fatta di legno. Sicuramente la nuova casa dell’ex-medico. C’erano vecchi giornali e un paio di scarpe rovinate. L’uomo le fece cenno di venire e scomparve all’interno. Elisabeth si avvicinò e fece cenno all’autista di seguirla. Quando Elisabeth entrò, fu accolta da un certo disordine di vecchi piatti, scatole di conserve, pile di vestiti rovinati e giornali. Alla fine vide l’ex-medico inginocchiato accanto ad una specie di giaciglio, fatto con un vecchio materasso e coperte logorate dall’uso. Solo a quel punto si accorse che, in quel letto, c’era un ragazzo disteso. Fece un passo indietro.

“È lui il ragazzo di cui ti parlavo.”

Elisabeth lo osservò un po’ meglio, cercando di trattenere la tensione. Il respiro del ragazzo era affannoso e il volto era percorso da una smorfia di dolore. Sembrava dormire, ma le sue mani ogni tanto stringevano la coperta come a sottolineare le fitte di dolore. L’autista si avvicinò e, allora, l’ex-medico scoprì leggermente il corpo del ragazzo. Elisabeth per poco non svenne, quando vide la maglietta bianca del ragazzo completamente tinta di un rosso cupo all’altezza dell’addome. Alcuni panni erano stati messi per bloccare la fuoriuscita. Si sedette sull’unica sedia di quella “casa”. Sentiva il cuore batterle all’impazzata nel petto. Vi posò una mano per paura che scoppiasse. L’autista osservò per un attimo la ferita.

“Che cosa gli è successo?”

“Arma da fuoco. Ero lì vicino quando gli hanno sparato. Quegli uomini sono scappati perché pensavano stesse per arrivare la polizia e poi è arrivato un ragazzo che, dopo essersi avvicinato, è corso via sconvolto. All’inizio volevo scappare anch’io, ma alla fine mi sono avvicinato e ho visto che era ancora vivo. Senza pensare alle conseguenze, l’ho trascinato fino a qui e ho cercato di fermare la fuoriuscita di sangue come potevo. Ma non sono certo nella mia sala operatoria. Ha bisogno di vere cure o per lui sarà la fine. Già temevo non sarebbe sopravvissuto fino ad oggi.”

L’autista annuì e poi guardò ancora un attimo il ragazzo. Poi, come colto da un’illuminazione, si voltò verso Elisabeth che si stava riprendendo.

“Lady Elisabeth, non lo riconoscete? È apparso anche al telegiornale. Uno dei Maestri della Luce.”

A quelle parole Elisabeth si fece coraggio e si avvicinò. Pensò a quante cose più terribili di quelle aveva sicuramente visto suo padre: doveva mostrarsi alla sua altezza. S’inginocchiò accanto all’autista e vide che era vero. Era il Guerriero Bianco, Yuuki Momose se non ricordava male. Ucciso, secondo il telegiornale di due giorni prima. Allora era ancora vivo. Avvicinò lentamente la mano al suo viso e lo sentì bollente. Prima che la allontanasse, il ragazzo mosse le labbra pronunciando un’unica parola.

“Kajitsu…”

Elisabeth allontanò la mano e si voltò preoccupata verso i due uomini. “Ma è bollente! E chi è Kajitsu?”

L’ex-medico sospirò tristemente. “Temo stia delirando. La ferita si deve essere infettata. Non fa altro che ripetere a intervalli quel nome… Kajitsu, Kajitsu… e anche rosa bianca, pioggia, spine, Maestri della Luce. E ancora Kajitsu. Continua a ripeterle senza senso.”

A quel punto Elisabeth si ricordò di un’altra cosa detta dai telegiornali. Kajitsu Momose: era sua sorella. I telegiornali la avevano definita un “mostro” che il Re del Mondo Altrove aveva fermato. Quante volte aveva sentito i Maestri della Luce smentire quelle e altre cose. Lo guardò un’altra volta. La voce dell’autista la riscosse.

“Dobbiamo fare qualcosa o in questo stato non resisterà ancora a lungo.”

“Hai ragione. Dobbiamo fare qualcosa, ma cosa? Non possiamo davvero portarlo in ospedale. Ma forse…” Ad Elisabeth tornò in mente un altro collega di suo padre, grande amico di famiglia che gestiva una clinica privata dove anche lei era nata. Solo lui poteva aiutarla.

“Kosuke, dobbiamo portarlo dal dottor Aosawa. Sono certa che lui ci aiuterà.”

L’autista annuì e con l’aiuto dell’ex-medico sollevò il ragazzo. Elisabeth si alzò e andò a controllare che non ci fosse nessuno. Il più velocemente possibile, raggiunsero la limosine e posarono Yuuki sul sedile posteriore. Sperarono che nessuno li avesse visti. L’autista corse al posto di guida. Elisabeth stava per salire, ma l’ex-medico la afferrò per un braccio. Lei si voltò.

“Mi raccomando. Stai attenta. Nessuno, di cui non ti fidi, deve sapere di lui, altrimenti non sareste al sicuro né lui né tu. Gli uomini che lo hanno ridotto in questo stato non scherzano di certo.”

Elisabeth represse la paura e cercò di fare un sorriso convincente. “Lo so. Starò attenta, te lo prometto.”

“Buona fortuna.”

A quel punto l’uomo la lasciò e Elisabeth salì sulla macchina, sedendosi vicino a Yuuki. Con il suo fazzoletto cercò di asciugare la pioggia dal suo viso.

“Kosuke, fai presto ti prego.”

Per la prima volta si accorse di trovarsi davanti a qualcosa di rischioso e che avrebbe avuto bisogno di tutto il suo coraggio e la sua determinazione. In quel momento, però, vedendolo così ferito e così indifeso, senza pensare alle conseguenze decise che avrebbe fatto di tutto per salvarlo e per aiutarlo. L’immagine di suo fratello, morto alcuni anni prima, le attraversò la mente. Trattenendo le lacrime, pensò fermamente che non doveva andare nello stesso modo. Tristemente pensò a quante persone crudeli esistevano a quel mondo. Come si poteva ridurre in quello stato un ragazzo? Improvvisamente Yuuki gemette, percorso da una fitta più forte. Elisabeth gli strinse la mano.

“Devi resistere. Ce l’hai fatta fino ad adesso. Non arrenderti proprio ora.”

“Corremmo alla clinica. Riuscii a convincere il dottore ad aiutarmi mantenendo la più stretta segretezza. Radunò le persone della sua equipe di cui più si fidava e iniziò ad operarlo. Tutti promisero di non dire nulla. Rimasi commossa da tanta abnegazione. Non so quanto rimasi lì ad aspettare. Credo, ad un certo punto, di essermi anche addormentata. Quando mi svegliarono, l’operazione era conclusa. Il dottore volle parlarmi prima di portarmi da lui.”

“Elisabeth, voglio parlarti chiaro. L’operazione è andata bene, ma le sue condizioni sono ancora critiche. Bisogna ancora vedere se supererà le prossime ventiquattro, quarantott’ore. Ha perso molto sangue e mi sorprende ancora il fatto che sia sopravvissuto senza cure fino ad oggi. E c’è un’altra cosa. Se anche riuscisse a farcela, c’è un’ampia possibilità che entri in coma. Qualunque cosa accada, sia per te, sia per la mia dignità di medico, farò il possibile e ti aiuterò. Ma non nutrire grandi speranze in ogni caso.”

“Contro quello che disse il medico, Yuuki superò le quarantott’ore. Ma entrò in coma. Il dottore mi aiutò a recuperare le apparecchiature e le medicine. Con il tempo le sue condizioni si sono stabilizzate e lentamente il suo corpo ha iniziato a guarire. Solo che non si è mai risvegliato.”

Elisabeth sospirò e Mai cercò di collegare quel racconto a quello che lei aveva fino a quel momento saputo.

“Sono ormai più di sei mesi che è in quello stato. Ormai, il dottore ha detto che le possibilità che si risvegli, dopo tutto questo tempo, sono pressoché nulle. Ora ti chiederai perché io continui a occuparmi di lui in questo modo, invece di lasciarlo in clinica finché magari lui cederà. Me lo sono chiesta anch’io. In realtà, non lo so neppure io il vero motivo.”

Elisabeth iniziò a fissare la tazzina e con il cucchiaino iniziò a giocherellare con le briciole di biscotti sul tavolo. Mai non disse nulla. Aspettava che la ragazza finisse di dire tutto quello che doveva.

“Sai, in realtà ci ho pensato. Credimi. Anche più di una volta. Un paio di mesi fa era stato quasi tentata di farlo. Mi dicevo che ormai erano passati quattro mesi senza che fosse cambiato nulla. Io avevo fatto tutto quello che avevo potuto. Avevo la coscienza a posto. Stavo quasi per chiamare il dottore per dirglielo. Eppure, quando sono entrata nella sua stanza prima di fare la telefonata e l’ho visto, ho pensato che se c’era ancora una speranza per lui… beh, aveva il diritto di averla ed io non potevo togliergliela. Mi capisci?”

Mai annuì. “Sì, ti capisco. Sai, come ragionamento sembri un po’ un Maestro della Luce.”

Elisabeth sorrise. “Chissà, magari se non c’eravate voi, lo sarei diventata io. Magari sono una specie di riserva.”

Anche Mai sorrise pensando all’altruismo che quella ragazza aveva dimostrato, anche quando nessuno e neppure le loro famiglie avrebbero fatto qualcosa per loro. In quei mesi la polemica contro di loro si era placata anche perché loro si erano arresi. Forse ora, con quello che avrebbero fatto lei, Hideto e Kenzo sarebbe tornata. Non lo sapeva proprio… questo non cambiava, però, l’opinione positiva che Mai aveva di Elisabeth. Era stata una delle pochissime che non aveva voltato le spalle a uno di loro Maestri della Luce.

“E per quanto riguarda Kajitsu? Hai cercato sue notizie in base a quello che aveva detto Yuuki prima di entrare in coma?”

Elisabeth annuì. “Esatto, Mai. Capii che quella persona per lui era importante e per questo decisi di trovare informazioni. Nei telegiornali continuavano a dire che era una creatura pericolosa, che aveva cercato di distruggere l’umanità, che voi Maestri della Luce eravate dei pazzi incoscienti che, per avere fama, avevano impedito all’umanità di raggiungere il benessere.”

Mai sentì montarle dentro la rabbia. Quante volte aveva sentito quelle accuse senza senso. Tutte persone che non avevano capito che le parole del Re del Mondo Altrove servivano solo per conquistarli e averli dalla sua parte.

“Menzogne pilotate per screditarci. Possibile che nessuno abbia mai capito che l’umanità deve cambiare da sé? Il potere del Nucleo avrebbe forse cambiato il mondo, ma non avrebbe migliorato le persone. Avrebbero continuato ad odiare, a fare guerra e a cercare i propri interessi come adesso!”

Elisabeth rimase allibita dalla reazione di Mai. Solo ora capiva quanto male avevano potuto fare quelle accuse ai Maestri della Luce, che erano stati pronti a tutto pur di salvare la Terra.

“Mai, all’inizio io non credevo né agli uni né agli altri. Ero più che altro indifferente. Ma mio padre mi ha insegnato che bisogna pensare con la propria testa. Sai, lui è morto in Africa facendo il medico. Ci fu un attacco di mercenari e lui fu colpito. Una cosa, però, mi aveva anche insegnato: che chi è al potere ti dice quello che gli fa comodo. Anche in Africa, c’era chi prometteva benessere, cibo e cure per tutti e poi a mio padre e ai suoi colleghi era già tanto se arrivavano le medicine e lo stretto necessario per tutte quelle persone. Questo e il fatto che abbiano cercato di assassinare Yuuki, mi ha fatto pensare che forse avevate veramente voi ragione. E ne sono stata sempre più convinta. Chi è nel giusto non fa eliminare le persone che gli vanno contro. E voi Maestri della Luce non avete mai fatto del male a nessuno.”

Mai sorrise. “Sei veramente una ragazza speciale, Elisabeth.”

Elisabeth arrossì a quel complimento. “Grazie. Ma non penso di avere niente di speciale. Siete voi Maestri della Luce le persone speciali.”

Mai la guardò come aveva guardato anche Yus tanto tempo prima.

“Sai, è proprio questo che ti rende speciale.”

Per un attimo, nessuna delle due disse più nulla. Ognuna sembrò assorta nei propri pensieri. Dopo alcuni minuti fu Mai la prima a spezzare il silenzio.

“Perché andavi al cimitero?”

“Ho pensato che potevo fare qualcosa per lui. Porto i fiori al suo posto finché non lo farà lui. Ho scelto le rose perché credevo avrebbe fatto piacere ad entrambi.”

A Mai tornò in mente il Gradino delle Rose dai sei colori. L’aveva visto per l’ultima volta il giorno in cui Kajitsu era morta.

“Sì, avrebbe fatto loro piacere… C’è ancora una cosa che vorrei sapere. Perché non hai mai cercato di contattare uno di noi Maestri della Luce?”

“Beh, in realtà all’inizio non sapevo neppure come fare. Senza contare che non sapevo neppure se sarebbe sopravvissuto e voi credevate fosse morto. Inoltre, tutti voi avevate cercato di far perdere le vostre tracce. Tu, il Guerriero Blu, il Guerriero Giallo, il Guerriero Verde… all’inizio avevo pensato che il Guerriero Rosso, Dan Bashin sarebbe stato più facile da trovare… dato il suo impegno, mi capisci. Ma dopo quel giorno si dileguò. Poi, dopo un po’, pensai che forse fosse meglio non dire niente e aspettare. Se avevano cercato di eliminarlo, quella gente era pericolosa. Temevo che cercandovi, avrebbero avuto dei sospetti. Sarebbe stato troppo pericoloso non solo per lui ma anche per voi. Forse ho sbagliato, non lo so…”

Mai la guardò con indulgenza. “Non darti colpe, tu hai fatto quello che ritenevi più giusto. Dopotutto se non fosse stato per te, lui non sarebbe ancora vivo.”

Elisabeth annuì pensierosa. “Già… penso che tu abbia ragione.”

Mentre le due ragazze parlavano, il sole aveva continuato il suo corso e il cielo aveva assunto un colore sempre più intenso di azzurro. Il vento muoveva le fronde e faceva cadere le prime foglie ingiallite dai rami. Esse danzavano lungo i vialetti, tra l’erba e i vari cespugli di fiori. Ad un certo punto le due ragazze sentirono, dietro di loro, un rumore sulla ghiaia e si voltarono. Videro il maggiordomo che stava facendo un piccolo inchino.

“Milady, non vorrei disturbare, ma volevo solo avvertirla che l’infermiera se ne è andata. Ha detto che tornerà domani alla stessa ora a meno che non ci sia qualche problema.”

Elisabeth sorrise. “Ti ringrazio. Mai, finiamo il tè e poi torniamo un po’ da lui prima che tu vada, ok?”

Mai annuì e prese la tazzina il cui tè era ormai freddo. Mai lo bevve senza dire nulla come anche Elisabeth, il cui tè non doveva essere di certo più caldo. Il maggiordomo attese pazientemente che le due finissero prima di avvicinarsi per raccogliere le tazzine e il resto. Mai e Elisabeth si alzarono quasi insieme.

“Andiamo, Mai. Ti faccio strada.”

Le due tornarono dentro la casa e risalirono le scale. Dopo un paio di minuti erano di nuovo dentro la stanza. Niente era cambiato. Solo alcuni petali delle rose si erano staccati per il vento ed erano caduti sul comodino. Yuuki continuava a dormire e non si era mosso di un millimetro. I valori sui macchinari erano sempre gli stessi.

Elisabeth si avvicinò al letto e strinse la mano sinistra di Yuuki. Mai rimase un passo dietro di lei.

“Posso rivelarti una cosa? Forse c’è un motivo per cui mi ostino ad occuparmi di lui. In tutto questo tempo è diventato per me come un fratello. Sai, il mio vero fratello è morto in un incidente stradale alcuni anni fa. Entrò in coma, ma morì pochi giorni dopo. Occuparmi di lui è un po’ come occuparmi di mio fratello. Credo di essermi affezionata a lui. Come ad un fratello maggiore.”

Mai la guardò. In un certo senso, era contenta che Yuuki avesse trovato quella nuova “sorella” che si occupasse di lui. Certo, agli occhi di Yuuki non avrebbe mai preso il posto di Kajitsu… Mai venne distratta dal corso dei suoi pensieri dalla voce di Elisabeth. La ragazza aveva lasciato la mano di Yuuki e si era avvicinata al comodino. Aveva preso in mano il mazzo di carte che vi era posato e si era voltata verso Mai.

“Il giorno che l’ho trovato, aveva solo questo con sé. Era il suo mazzo di carte, vero?”

Mai prese il mazzo che Elisabeth le porgeva. Iniziò a scorrere le carte: erano bianche, ma ce n’erano anche verdi. Quelle di Kajitsu. Elisabeth nel frattempo continuava a parlare.

“Non è che io sia una grande esperta, ma ho capito subito che era un mazzo forte. Il dottore mi aveva detto che dovevo parlargli, di cosa non aveva importanza.”

Bufera Impenetrabile, Ricarica Nuclei, Potente Elisir, Supremo Gugnir…

“Oggi giorno gli parlavo di cosa succedeva e molte volte gli parlavo delle sue carte e anche di quella sottospecie di mazzo che è il mio. Gli dicevo cosa facevo per migliorarlo e gli facevo complimenti per le sue carte.”

Mai annuiva. Yggdrasill, Cavaliere d’Acciaio; Woden, il Grande Cavaliere Alato; Walhalance dalla Corazza Indistruttibile…

Improvvisamente, Mai si fermò con due carte in mano. Elisabeth smise di parlare e la guardò, chiedendosi che cosa le fosse preso. Si avvicinò e vide le carte che aveva in mano.

“Hououga, Fenice Implacabile e Ragna-Rock, Cavaliere Signore del Fato. Mai, c’è qualcosa che non va?”

Mai scosse la testa, guardando con un po’ di tristezza quelle due carte. Poi alzò la testa e sorrise.

“Sai, Elisabeth, queste due carte sono molto importanti per Yuuki. Hououga ero lo spirit di Kajitsu, mentre Ragna-Rock è il simbolo della promessa che si sono fatti, quella di cercarsi anche in futuro e di stare di nuovo insieme.”

Elisabeth annuì sorpresa, anche se in parte non aveva capito che cosa intendesse. Poi guardò Yuuki.

“Ora che lo so, conserverò queste carte con ancora più cura. Mai, adesso vi lascio un po’ soli così puoi parlargli liberamente.”

Prima che Mai potesse dirle qualcosa per fermarla, Elisabeth era andata alla porta e ed era uscita. Mentre la chiudeva, si era voltata ancora una volta verso Mai.

“Sono certa che un giorno si risveglierà, Mai.”

Elisabeth non attese risposta e chiuse la porta. Dopo lo scatto della maniglia, tutto rimase silenzioso. Gli unici rumori erano il cinguettio degli uccellini fuori dalla finestra e il monotono ronzio delle macchine. Dopo un attimo, Mai si voltò verso il comodino e posò il mazzo di carte. Per ultime posò Hououga e Ragna-Rock. In quel momento vide la foto nella cornice sul comodino: era la stessa foto che c’era sulla lapide. Elisabeth doveva essere riuscita ad averne una copia. Si chiese se non fosse bastata la voce di Kajitsu per risvegliarlo. Sospirò, pensando che, se anche fosse stato, Kajitsu non era più là. Tornò a voltarsi verso la stanza. Mai prese una sedia e la mise vicino al letto. Si sedette e chiuse gli occhi. Poi gli aprì e guardò Yuuki. Dalla flebo, ad intervalli regolari, scendeva una goccia. Il respiratore, al ritmo del suo respiro, si appannava. Sul monitor una linea verde zigzagata mostrava i battiti del suo cuore. Mai rimase in silenzio per lunghi minuti prima di riuscire a parlare.

“Scusa, se non sono venuta prima. Ma sia io che gli altri credevamo che tu fossi morto. Soprattutto Dan, rimase profondamente segnato da quello che era successo. Si sentiva anche in colpa per averti coinvolto. Forse però tu avresti agito lo stesso, anche se Dan non ci fosse stato. Quella volta, voi due siete stati i più forti e determinati di tutti. Io in quei giorni mi sono fatta prendere dalla paura. Sentirmi derisa e accusata mi terrorizzava. Tutto quello mi tolse ogni forza di lottare.”

Mai sospirò, ripensando a quel periodo della sua vita. Era stato veramente duro. Lentamente, dopo essersene andata e aver ripreso il suo nome, aveva ricominciato a riacquistare un po’ di serenità. Poi c’era stata la chiamata dal futuro…

“Sai, Yuuki, da quel giorno sono successe tante cose. Kazan ci ha chiamato nel futuro per aiutare l’umanità a bloccare la riconfigurazione della Terra. Se non l’avessimo fermata, tutto sarebbe stato azzerato. Ci siamo andati tutti: io, Clarky, Kenzo, Hideto e anche… Dan. Ero stata io che avevo preso l’incarico di andarlo a prendere. Era tanto che non lo rivedevo. Era molto cresciuto, anche se era demoralizzato da quei duelli che faceva, senza un vero avversario, senza il mettere in gioco veramente la vita. Nel futuro abbiamo ritrovato fiducia in noi stessi, siamo tornati com’eravamo e abbiamo ripreso a combattere con la stessa determinazione di un tempo. Alla fine ce l’abbiamo fatta e ora nel futuro gli uomini vivono in pace con le creature oscure… o meglio, i Mazoku. Sono creature di Gran RoRo rimaste sulla Terra. Ci sono stati un sacco di scontri tra i due popoli. Ora però è tornata la pace. E sai cosa abbiamo anche scoperto? Anche gli abitanti di Gran RoRo erano umani evolutosi poi con il tempo.”

Mai si fermò per un attimo, cercando le parole per continuare.

“Quindi, anche tu e Kajitsu… siete stati sempre umani in un certo senso, o almeno così credo. Ah, un’altra cosa. Sai chi abbiamo incontrato nel futuro? Tra le tante persone che abbiamo conosciuto, c’eravate anche voi.” Mai sorrise. “O meglio, le vostre reincarnazioni. Vi chiamate Zolder Grave e Flora Perfume. Avete entrambi un mazzo verde-bianco e Ragna-Rock. Il buffo è che non andate quasi mai molto d’accordo e vi ricordate poco o nulla del legame che c’è tra voi. Senza contare che avete dei caratteri decisamente più… come dire… estroversi. Ma sono certa che con il tempo, vi ricorderete di voi.”

Mai s’interruppe di nuovo. Stava per arrivare ad un punto molto doloroso per lei. Ormai lo aveva accettato, ma era sempre penoso parlarne. Mai, però, sentiva il bisogno di sfogarsi definitivamente. Aveva pianto tante volte nel futuro, prima di accettare quello che era successo. Si era rassegnata, ma sentiva ancora un groppo in gola. Sentiva che era arrivato il momento di liberarsi anche di quello, di sfogarsi anche lì nel presente. Solo così avrebbe potuto ricordare Dan con serenità.

“Clarky è rimasto nel futuro. Diceva che per lui era quella la sua nuova casa. È rimasto lì con una ragazza che ci ha aiutato, Angers Lochè. Spero che siano felici insieme. Invece io, Kenzo e Hideto siamo tornati. Abbiamo deciso di ritornare a far sentire la nostra voce. Pian piano riusciremo a farla sentire a tutti. Finiremo quello che tu e Dan avevate iniziato.”

Mai prese un ampio respiro prima di continuare. Con la mano destra strinse il medaglione che portava al collo. Poi iniziò a giocherellare con una delle ciocche di capelli.

“Dan invece non è tornato. Non ha potuto. Per attivare l’energia necessaria a salvare la Terra c’era bisogno di qualcuno che si sacrificasse. L’ho a fatto lui. È sempre stato così, sempre in prima linea. Lo sai anche tu. Il futuro gli aveva fatto bene. Era tornato come un tempo. Con la sua stessa determinazione.”

Lo sguardo di Mai si abbassò e s’incupì. Poi quest’ombra passò e ne prese il posto una nostalgica dolcezza.

“Avevo già capito che Dan non sarebbe tornato, se avesse continuato a combattere. Avevo trovato in Inghilterra i resti del museo di Battle Spirits. Lì era conservato il suo mazzo e su una targa c’era scritto che si erano perse le sue tracce dal giorno in cui lo avevo portato nel futuro… 30 agosto 2010. Mi sentivo in colpa. Ero stata io a portarlo nel futuro e volevo essere io a impedire che si avverasse. Decisi di combattere contro di lui, sconfiggerlo e convincerlo a non combattere più. A lasciare quell’ultimo duello a qualcun altro. Non mi diede ascolto e mi rispose che era venuto nel futuro per duellare ed era quello che avrebbe fatto. Avrebbe continuato a vincere. Mi rassicurò e mi chiese di tornare sull’astronave con lui, dicendomi che ne sarebbe stato felicissimo. Non riuscii a dirgli di no, anche perché era quello che volevo anche io: stargli vicino.”

Mai sospirò. Dire tutto quello che aveva provato le era difficile, ma il fatto che Yuuki, purtroppo, non potesse risponderle, rendeva la cosa in un certo senso più facile.

“Quello non bastò, però, a dissipare ogni mio dubbio. Prima del duello finale, andai da lui per parlargli, fargli capire le mie paure. Non riuscivo a togliermi dalla testa che lui nel passato non era tornato. Mi rassicurò e mi disse che non mi dovevo preoccupare perché sarebbe andato tutto bene. Mi promise che quando sarebbe finito saremmo tornati indietro e avremo affrontato il passato insieme, io e lui. Riuscì un’altra volta a rassicurarmi. Gli promisi che gli avrei preparato il curry, come quello di Zungurii. Dopotutto, doveva essere solo quel duello…”

Mai sorrise al pensiero del bacio che lei e Dan si erano scambiati un attimo prima di quel combattimento.

“Finito quel duello, saremo tornati indietro insieme. Ma alla fine accadde quello che doveva succedere. Forse Dan mi aveva rassicurato per fare sì che io lo lasciassi andare. Forse sapeva già che quello era il suo destino. Nel duello ne aveva avuto la conferma. Durante il duello la sua postazione si era danneggiata e non sarebbe comunque potuto tornare…”

Le emozioni e il dolore, tenuti dentro tanto a lungo, si facevano sentire dopo ogni parola che Mai pronunciava. Il suo tono di voce si fece più concitato e il suo respiro affannoso. Poi Mai fu scossa da un singhiozzo e si fermò all’improvviso portando le mani al viso, alcune lacrime scivolarono lungo le sue guance.

“Non ho potuto fare nulla, capisci? Solo vederlo scomparire, dissolversi in un vortice luminoso… se forse ci avessi provato, l’avrei salvato, ma non ho neppure tentato… ma probabilmente non sarebbe servito comunque… è stato tutto troppo veloce. In quell’istante ho provato un dolore così grande, così lacerante… credevo di non riuscirlo a sopportare… faceva così male. Era come se mi avessero colpito al cuore… come se mi avessero strappato una parte di me, il mio respiro, la mia stessa vita… non so neppure come spiegarlo… Dan era diventato una parte fondamentale della mia vita. Mi sono sentita morire, svuotata di ogni cosa… negli occhi avevo solo lui che scompariva, non riuscivo a pensare a niente altro: solo che lo stavo perdendo… e io non ho provato a fare nulla, nulla…”

Mai, il viso oscurato dai capelli, sentì le lacrime calde rigarle sempre più numerose le guance. Sentì di non avere più la forza di parlare. Scoppiò in un pianto silenzioso, un pianto liberatorio che le avrebbe permesso, anche in quell’epoca, di accettare il fatto che Dan non era più li accanto a lei. Per lunghi minuti i suoi singhiozzi ruppero il silenzio nella stanza.

Salve a tutti! ^-^ Come promesso, ecco il secondo capitolo di questo primo episodio. Come avrete notato, ho cambiato il nome della ragazza che ha aiutato Yuuki: da Isabel a Elisabeth (anche nel capitolo 1, ovviamente..). A parte questo, abbiamo scoperto che cosa era successo al nostro Yuuki e come ha fatto a salvarsi. Spero che questa nostra soluzione vi piaccia: fateci sapere che ne pensate. E nell’ultima parte, ho voluto dare sfogo a Mai. Né nella serie, né nella One-shot, erano ed ero riuscita a trasmettere tutto il dolore che la nostra Guerriera Viola aveva provato. Spero di non averla resa troppo piagnucolosa. Se c’è qualche erroretto fatemelo notare, così lo posso correggere: ho riletto attentamente, ma qualcosa sfugge sempre. ^-^
Grazie a chicca12lovestory e Lacus Clyne per aver recensito lo scorso capitolo e aver inserito questa storia nelle seguite e grazie a ShawnSpenstar per aver recensito e aver inserito la storia nelle preferite. Spero di non deludervi! ;) Ovviamente, grazie anche a chi solo legge.
E prima di salutarvi, vi lascio una piccola anticipazione sul prossimo capitolo: arriverà il momento per Mai di salutare Yuuki ed Elisabeth e succederà anche qualcosa di piuttosto importante a uno dei nostri personaggi… largo a ogni ipotesi! XD Con questo vi saluto e vi dò appuntamento (con molta probabilità) a martedì prossimo! Alla prossima, Hikari

  
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