Capitolo 2
Un paio di
minuti dopo, Mai ed Elisabeth erano sedute su un tavolino sotto un
pergolato,
nel retro del giardino. Attorno a loro c’erano vialetti che
si snodavano tra
alberi, aiuole di fiori colorati e aiuole verdi. Tra le tante aiuole,
c’era
anche un roseto con splendidi fiori bianchi. Un attimo dopo che loro
erano
arrivate, il maggiordomo aveva portato due tazzine, una teiera e un
piatto di
dolcetti e biscotti per poi allontanarsi e rientrare nella casa. Ora
Mai stava
muovendo il cucchiaino nella tazza, cercando di riordinare le idee,
anche in luce
di quello che aveva visto. Elisabeth stava facendo lo stesso, in attesa
che Mai
iniziasse a farle domande. Alla fine Mai, dopo aver bevuto un sorso di
tè e
aver riappoggiato la tazzina, alzò lo sguardo verso
Elisabeth.
“Come…
come hai
incontrato Yuuki? Cioè, come mai ora lui è qui in
casa tua in quello stato?
Come è successo, come hai saputo di Kajitsu e soprattutto
perché lo stai
aiutando e l’hai aiutato anche quando le posizioni contro di
noi Maestri della
Luce erano più decise e dure di oggi…
perché?”
Elisabeth
sorrise al fiume di domande di Mai. Domande più che
legittime. Decise quindi di
raccontarle ogni cosa, cercando di non dimenticare nulla di quello che
sapeva.
“Allora,
diciamo che mi hai fatto davvero un sacco di domande. Cerchiamo,
però, di andare
con ordine. Io ti racconto com’è andato, se poi mi
vuoi domandare
qualcos’altro, potrai farlo. Come l’ho
conosciuto… allora, è successo un paio
di giorni dopo quello di cui tutti i giornali hanno parlato. Lo avrai
sentito
anche tu. Parlavano dell’uccisione di uno dei Maestri della
Luce, del Guerriero
Bianco, di uno dei due Maestri della Luce che più aveva
cercato di
destabilizzare l’ordine insieme al Guerriero Rosso e roba
simile…”
Mai
trasalì al
sentir nominare Dan, ma non interruppe Elisabeth che
continuò con il suo
racconto.
“Ma
non
cambiamo discorso. Vedi, quel giorno io ero andata a dare una mano a
dei
volontari che aiutano i senzatetto, dando loro cibo, vestiti e tutto
quello che
può loro servire. Lo faccio perché mio padre mi
ha insegnato fin da bambina ad
aiutare i meno fortunati… sai, lui era un medico nelle
missioni in Africa. Ma
non voglio dilungarmi, riprendo a raccontare. Beh, vedi quel giorno
aveva
iniziato a piovere ed io ero appena salita sulla limosine per tornare a
casa
quando uno di quei senzatetto si era avvicinato e aveva attirato la mia
attenzione da dietro il finestrino. Devi sapere che lo conoscevo. Era
un medico
anche lui, in un ospedale, lo conosceva anche mio padre. Poi aveva
lasciato il
lavoro e aveva iniziato a vivere in strada quando aveva perso la moglie
e il
figlio in un incidente stradale... Ecco che torno a divagare,
scusa.”
Mai scosse la
testa, come per farle capire che non c’era problema.
Elisabeth allora riprese.
“Beh,
lui mi
disse che mi doveva parlare. Sembrava molto sospettoso e si continuava
a
guardare attorno. Lo feci salire sulla macchina e solo allora mi
raccontò tutto,
dicendomi che non dovevo farne parola con nessuno…”
“…
allora, posso sapere che cosa sta
succedendo? Ti ho già detto che non lo racconterò
a nessuno.
L’uomo
sembrò
ancora incerto per un attimo, ma poi decise di fidarsi.
“Sei
una cara e
brava ragazza ed è per questo che ho pensato che solo tu
potessi aiutarmi e
aiutarlo.”
Elisabeth
inclinò la testa perplessa. “Aiutarlo, di chi stai
parlando?”
L’uomo
abbassò
ancora di più la voce. “C’è
un ragazzo, dove vivo. Ha bisogno di urgenti cure
mediche…”
Elisabeth lo
guardò ancora più perplessa, continuando a non
capire.
“Ma
non puoi
portarlo in ospedale? Io non sono mica un medico, cosa posso fare
io?”
L’uomo
le prese
con una mano il braccio, scuotendo vigorosamente la testa.
“Non
posso, o
loro lo ammazzano. Che cosa credi, che non ci avessi pensato? Ma loro
lì lo
scoprono e terminano il lavoro che hanno iniziato! Lo fanno fuori in
quattro e
quattr’otto se vogliono.”
Elisabeth
cominciò ad avere un po’ di paura a quelle parole.
Cominciava a temere che ci
fosse qualcosa di criminale sotto a tutto quello.
“Loro,
ammazzare, fare fuori… ma di che cosa stai parlando? Chi
sono questi loro? Non
voglio essere coinvolta in niente di losco o criminale,
io…”
L’uomo
la
guardò quasi supplicandola. “Ti prego, ha
veramente bisogno di aiuto e io non
so a chi altro chiederlo. Non ho potuto fare nulla per salvare mio
figlio,
aiutami almeno a salvare questo ragazzo.”
Elisabeth
fissò
i suoi occhi per qualche istante prima di sospirare.
“D’accordo.
Spero di fare bene a fidarmi. Kosuke vieni, dobbiamo
seguirlo…”
L’autista
annuì
e scese. Fece per aprire l’ombrello, ma il senzatetto gli
fece cenno che era
meglio di no, per non attirare l’attenzione.
L’autista aspettò un cenno di Elisabeth
e poi lo mise via. Elisabeth si strinse nel suo giubbotto, tirandosi su
il
cappuccio, e iniziò a seguire il senzatetto.
L’autista le veniva dietro.
Iniziarono a camminare velocemente tra vicoli stretti, resi ancora
più
difficili da percorrere da pozzanghere e spazzatura. Finalmente dopo
minuti
interminabili raggiunsero il piano terra di una casa mezza diroccata ma
mai
abbattuta. La porta era completamente rotta. All’interno
Elisabeth si guardò
attorno e vide che, da alcuni buchi nel soffitto, la pioggia entrava
anche lì.
Abbassò il cappuccio e si avvicinò a una specie
di stanza più piccola fatta di
legno. Sicuramente la nuova casa dell’ex-medico.
C’erano vecchi giornali e un
paio di scarpe rovinate. L’uomo le fece cenno di venire e
scomparve
all’interno. Elisabeth si avvicinò e fece cenno
all’autista di seguirla. Quando
Elisabeth entrò, fu accolta da un certo disordine di vecchi
piatti, scatole di
conserve, pile di vestiti rovinati e giornali. Alla fine vide
l’ex-medico
inginocchiato accanto ad una specie di giaciglio, fatto con un vecchio
materasso e coperte logorate dall’uso. Solo a quel punto si
accorse che, in
quel letto, c’era un ragazzo disteso. Fece un passo indietro.
“È
lui il
ragazzo di cui ti parlavo.”
Elisabeth lo
osservò un po’ meglio, cercando di trattenere la
tensione. Il respiro del
ragazzo era affannoso e il volto era percorso da una smorfia di dolore.
Sembrava dormire, ma le sue mani ogni tanto stringevano la coperta come
a
sottolineare le fitte di dolore. L’autista si
avvicinò e, allora, l’ex-medico
scoprì leggermente il corpo del ragazzo. Elisabeth per poco
non svenne, quando
vide la maglietta bianca del ragazzo completamente tinta di un rosso
cupo
all’altezza dell’addome. Alcuni panni erano stati
messi per bloccare la
fuoriuscita. Si sedette sull’unica sedia di quella
“casa”. Sentiva il cuore
batterle all’impazzata nel petto. Vi posò una mano
per paura che scoppiasse.
L’autista osservò per un attimo la ferita.
“Che
cosa gli è
successo?”
“Arma
da fuoco.
Ero lì vicino quando gli hanno sparato. Quegli uomini sono
scappati perché
pensavano stesse per arrivare la polizia e poi è arrivato un
ragazzo che, dopo
essersi avvicinato, è corso via sconvolto.
All’inizio volevo scappare anch’io,
ma alla fine mi sono avvicinato e ho visto che era ancora vivo. Senza
pensare
alle conseguenze, l’ho trascinato fino a qui e ho cercato di
fermare la
fuoriuscita di sangue come potevo. Ma non sono certo nella mia sala
operatoria.
Ha bisogno di vere cure o per lui sarà la fine.
Già temevo non sarebbe
sopravvissuto fino ad oggi.”
L’autista
annuì
e poi guardò ancora un attimo il ragazzo. Poi, come colto da
un’illuminazione,
si voltò verso Elisabeth che si stava riprendendo.
“Lady
Elisabeth,
non lo riconoscete? È apparso anche al telegiornale. Uno dei
Maestri della
Luce.”
A quelle
parole
Elisabeth si fece coraggio e si avvicinò. Pensò a
quante cose più terribili di
quelle aveva sicuramente visto suo padre: doveva mostrarsi alla sua
altezza.
S’inginocchiò accanto all’autista e vide
che era vero. Era il Guerriero Bianco,
Yuuki Momose se non ricordava male. Ucciso, secondo il telegiornale di
due
giorni prima. Allora era ancora vivo. Avvicinò lentamente la
mano al suo viso e
lo sentì bollente. Prima che la allontanasse, il ragazzo
mosse le labbra
pronunciando un’unica parola.
“Kajitsu…”
Elisabeth
allontanò la mano e si voltò preoccupata verso i
due uomini. “Ma è bollente! E
chi è Kajitsu?”
L’ex-medico
sospirò tristemente. “Temo stia delirando. La
ferita si deve essere infettata.
Non fa altro che ripetere a intervalli quel nome… Kajitsu,
Kajitsu… e anche
rosa bianca, pioggia, spine, Maestri della Luce. E ancora Kajitsu.
Continua a
ripeterle senza senso.”
A quel punto
Elisabeth
si ricordò di un’altra cosa detta dai
telegiornali. Kajitsu Momose: era sua
sorella. I telegiornali la avevano definita un
“mostro” che il Re del Mondo
Altrove aveva fermato. Quante volte aveva sentito i Maestri della Luce
smentire
quelle e altre cose. Lo guardò un’altra volta. La
voce dell’autista la
riscosse.
“Dobbiamo
fare
qualcosa o in questo stato non resisterà ancora a
lungo.”
“Hai
ragione.
Dobbiamo fare qualcosa, ma cosa? Non possiamo davvero portarlo in
ospedale. Ma
forse…” Ad Elisabeth tornò in mente un
altro collega di suo padre, grande amico
di famiglia che gestiva una clinica privata dove anche lei era nata.
Solo lui
poteva aiutarla.
“Kosuke,
dobbiamo portarlo dal dottor Aosawa. Sono certa che lui ci
aiuterà.”
L’autista
annuì
e con l’aiuto dell’ex-medico sollevò il
ragazzo. Elisabeth si alzò e andò a
controllare che non ci fosse nessuno. Il più velocemente
possibile, raggiunsero
la limosine e posarono Yuuki sul sedile posteriore. Sperarono che
nessuno li
avesse visti. L’autista corse al posto di guida. Elisabeth
stava per salire, ma
l’ex-medico la afferrò per un braccio. Lei si
voltò.
“Mi
raccomando.
Stai attenta. Nessuno, di cui non ti fidi, deve sapere di lui,
altrimenti non
sareste al sicuro né lui né tu. Gli uomini che lo
hanno ridotto in questo stato
non scherzano di certo.”
Elisabeth
represse la paura e cercò di fare un sorriso convincente.
“Lo so. Starò
attenta, te lo prometto.”
“Buona
fortuna.”
A quel punto
l’uomo la lasciò e Elisabeth salì sulla
macchina, sedendosi vicino a Yuuki. Con
il suo fazzoletto cercò di asciugare la pioggia dal suo viso.
“Kosuke,
fai
presto ti prego.”
Per la prima
volta si accorse di trovarsi davanti a qualcosa di rischioso e che
avrebbe
avuto bisogno di tutto il suo coraggio e la sua determinazione. In quel
momento,
però, vedendolo così ferito e così
indifeso, senza pensare alle conseguenze decise
che avrebbe fatto di tutto per salvarlo e per aiutarlo.
L’immagine di suo
fratello, morto alcuni anni prima, le attraversò la mente.
Trattenendo le
lacrime, pensò fermamente che non doveva andare nello stesso
modo. Tristemente
pensò a quante persone crudeli esistevano a quel mondo. Come
si poteva ridurre
in quello stato un ragazzo? Improvvisamente Yuuki gemette, percorso da
una
fitta più forte. Elisabeth gli strinse la mano.
“Devi
resistere. Ce l’hai fatta fino ad adesso. Non arrenderti
proprio ora.”
“Corremmo
alla
clinica. Riuscii a convincere il dottore ad aiutarmi mantenendo la
più stretta
segretezza. Radunò le persone della sua equipe di cui
più si fidava e iniziò ad
operarlo. Tutti promisero di non dire nulla. Rimasi commossa da tanta
abnegazione. Non so quanto rimasi lì ad aspettare. Credo, ad
un certo punto, di
essermi anche addormentata. Quando mi svegliarono,
l’operazione era conclusa.
Il dottore volle parlarmi prima di portarmi da lui.”
“Elisabeth,
voglio parlarti chiaro. L’operazione è andata
bene, ma le sue condizioni sono
ancora critiche. Bisogna ancora vedere se supererà le
prossime ventiquattro,
quarantott’ore. Ha perso molto sangue e mi sorprende ancora
il fatto che sia
sopravvissuto senza cure fino ad oggi. E c’è
un’altra cosa. Se anche riuscisse
a farcela, c’è un’ampia
possibilità che entri in coma. Qualunque cosa accada,
sia per te, sia per la mia dignità di medico,
farò il possibile e ti aiuterò.
Ma non nutrire grandi speranze in ogni caso.”
“Contro
quello
che disse il medico, Yuuki superò le
quarantott’ore. Ma entrò in coma. Il dottore
mi aiutò a recuperare le apparecchiature e le medicine. Con
il tempo le sue
condizioni si sono stabilizzate e lentamente il suo corpo ha iniziato a
guarire. Solo che non si è mai risvegliato.”
Elisabeth
sospirò e Mai cercò di collegare quel racconto a
quello che lei aveva fino a
quel momento saputo.
“Sono
ormai più
di sei mesi che è in quello stato. Ormai, il dottore ha
detto che le
possibilità che si risvegli, dopo tutto questo tempo, sono
pressoché nulle. Ora
ti chiederai perché io continui a occuparmi di lui in questo
modo, invece di
lasciarlo in clinica finché magari lui cederà. Me
lo sono chiesta anch’io. In
realtà, non lo so neppure io il vero motivo.”
Elisabeth
iniziò a fissare la tazzina e con il cucchiaino
iniziò a giocherellare con le
briciole di biscotti sul tavolo. Mai non disse nulla. Aspettava che la
ragazza
finisse di dire tutto quello che doveva.
“Sai,
in realtà
ci ho pensato. Credimi. Anche più di una volta. Un paio di
mesi fa era stato
quasi tentata di farlo. Mi dicevo che ormai erano passati quattro mesi
senza
che fosse cambiato nulla. Io avevo fatto tutto quello che avevo potuto.
Avevo
la coscienza a posto. Stavo quasi per chiamare il dottore per
dirglielo. Eppure,
quando sono entrata nella sua stanza prima di fare la telefonata e
l’ho visto,
ho pensato che se c’era ancora una speranza per
lui… beh, aveva il diritto di
averla ed io non potevo togliergliela. Mi capisci?”
Mai
annuì. “Sì,
ti capisco. Sai, come ragionamento sembri un po’ un Maestro
della Luce.”
Elisabeth
sorrise. “Chissà, magari se non
c’eravate voi, lo sarei diventata io. Magari
sono una specie di riserva.”
Anche Mai
sorrise pensando all’altruismo che quella ragazza aveva
dimostrato, anche
quando nessuno e neppure le loro famiglie avrebbero fatto qualcosa per
loro. In
quei mesi la polemica contro di loro si era placata anche
perché loro si erano
arresi. Forse ora, con quello che avrebbero fatto lei, Hideto e Kenzo
sarebbe
tornata. Non lo sapeva proprio… questo non cambiava,
però, l’opinione positiva
che Mai aveva di Elisabeth. Era stata una delle pochissime che non
aveva
voltato le spalle a uno di loro Maestri della Luce.
“E
per quanto
riguarda Kajitsu? Hai cercato sue notizie in base a quello che aveva
detto
Yuuki prima di entrare in coma?”
Elisabeth
annuì.
“Esatto, Mai. Capii che quella persona per lui era importante
e per questo
decisi di trovare informazioni. Nei telegiornali continuavano a dire
che era
una creatura pericolosa, che aveva cercato di distruggere
l’umanità, che voi
Maestri della Luce eravate dei pazzi incoscienti che, per avere fama,
avevano
impedito all’umanità di raggiungere il
benessere.”
Mai
sentì
montarle dentro la rabbia. Quante volte aveva sentito quelle accuse
senza
senso. Tutte persone che non avevano capito che le parole del Re del
Mondo
Altrove servivano solo per conquistarli e averli dalla sua parte.
“Menzogne
pilotate per screditarci. Possibile che nessuno abbia mai capito che
l’umanità
deve cambiare da sé? Il potere del Nucleo avrebbe forse
cambiato il mondo, ma
non avrebbe migliorato le persone. Avrebbero continuato ad odiare, a
fare
guerra e a cercare i propri interessi come adesso!”
Elisabeth
rimase allibita dalla reazione di Mai. Solo ora capiva quanto male
avevano
potuto fare quelle accuse ai Maestri della Luce, che erano stati pronti
a tutto
pur di salvare la Terra.
“Mai,
all’inizio io non credevo né agli uni
né agli altri. Ero più che altro
indifferente. Ma mio padre mi ha insegnato che bisogna pensare con la
propria
testa. Sai, lui è morto in Africa facendo il medico. Ci fu
un attacco di
mercenari e lui fu colpito. Una cosa, però, mi aveva anche
insegnato: che chi è
al potere ti dice quello che gli fa comodo. Anche in Africa,
c’era chi
prometteva benessere, cibo e cure per tutti e poi a mio padre e ai suoi
colleghi era già tanto se arrivavano le medicine e lo
stretto necessario per
tutte quelle persone. Questo e il fatto che abbiano cercato di
assassinare
Yuuki, mi ha fatto pensare che forse avevate veramente voi ragione. E
ne sono
stata sempre più convinta. Chi è nel giusto non
fa eliminare le persone che gli
vanno contro. E voi Maestri della Luce non avete mai fatto del male a
nessuno.”
Mai sorrise.
“Sei veramente una ragazza speciale, Elisabeth.”
Elisabeth
arrossì a quel complimento. “Grazie. Ma non penso
di avere niente di speciale.
Siete voi Maestri della Luce le persone speciali.”
Mai la
guardò
come aveva guardato anche Yus tanto tempo prima.
“Sai,
è proprio
questo che ti rende speciale.”
Per un attimo,
nessuna delle due disse più nulla. Ognuna sembrò
assorta nei propri pensieri.
Dopo alcuni minuti fu Mai la prima a spezzare il silenzio.
“Perché
andavi
al cimitero?”
“Ho
pensato che
potevo fare qualcosa per lui. Porto i fiori al suo posto
finché non lo farà
lui. Ho scelto le rose perché credevo avrebbe fatto piacere
ad entrambi.”
A Mai
tornò in
mente il Gradino delle Rose dai sei colori. L’aveva visto per
l’ultima volta il
giorno in cui Kajitsu era morta.
“Sì,
avrebbe
fatto loro piacere… C’è ancora una cosa
che vorrei sapere. Perché non hai mai
cercato di contattare uno di noi Maestri della Luce?”
“Beh,
in realtà
all’inizio non sapevo neppure come fare. Senza contare che
non sapevo neppure
se sarebbe sopravvissuto e voi credevate fosse morto. Inoltre, tutti
voi
avevate cercato di far perdere le vostre tracce. Tu, il Guerriero Blu,
il
Guerriero Giallo, il Guerriero Verde… all’inizio
avevo pensato che il Guerriero
Rosso, Dan Bashin sarebbe stato più facile da
trovare… dato il suo impegno, mi
capisci. Ma dopo quel giorno si dileguò. Poi, dopo un
po’, pensai che forse
fosse meglio non dire niente e aspettare. Se avevano cercato di
eliminarlo,
quella gente era pericolosa. Temevo che cercandovi, avrebbero avuto dei
sospetti. Sarebbe stato troppo pericoloso non solo per lui ma anche per
voi.
Forse ho sbagliato, non lo so…”
Mai la
guardò
con indulgenza. “Non darti colpe, tu hai fatto quello che
ritenevi più giusto.
Dopotutto se non fosse stato per te, lui non sarebbe ancora
vivo.”
Elisabeth
annuì
pensierosa. “Già… penso che tu abbia
ragione.”
Mentre le due
ragazze parlavano, il sole aveva continuato il suo corso e il cielo
aveva
assunto un colore sempre più intenso di azzurro. Il vento
muoveva le fronde e
faceva cadere le prime foglie ingiallite dai rami. Esse danzavano lungo
i
vialetti, tra l’erba e i vari cespugli di fiori. Ad un certo
punto le due
ragazze sentirono, dietro di loro, un rumore sulla ghiaia e si
voltarono.
Videro il maggiordomo che stava facendo un piccolo inchino.
“Milady,
non
vorrei disturbare, ma volevo solo avvertirla che l’infermiera
se ne è andata.
Ha detto che tornerà domani alla stessa ora a meno che non
ci sia qualche
problema.”
Elisabeth
sorrise. “Ti ringrazio. Mai, finiamo il tè e poi
torniamo un po’ da lui prima
che tu vada, ok?”
Mai
annuì e
prese la tazzina il cui tè era ormai freddo. Mai lo bevve
senza dire nulla come
anche Elisabeth, il cui tè non doveva essere di certo
più caldo. Il maggiordomo
attese pazientemente che le due finissero prima di avvicinarsi per
raccogliere
le tazzine e il resto. Mai e Elisabeth si alzarono quasi insieme.
“Andiamo,
Mai.
Ti faccio strada.”
Le due
tornarono dentro la casa e risalirono le scale. Dopo un paio di minuti
erano di
nuovo dentro la stanza. Niente era cambiato. Solo alcuni petali delle
rose si
erano staccati per il vento ed erano caduti sul comodino. Yuuki
continuava a
dormire e non si era mosso di un millimetro. I valori sui macchinari
erano
sempre gli stessi.
Elisabeth si
avvicinò al letto e strinse la mano sinistra di Yuuki. Mai
rimase un passo
dietro di lei.
“Posso
rivelarti una cosa? Forse c’è un motivo per cui mi
ostino ad occuparmi di lui.
In tutto questo tempo è diventato per me come un fratello.
Sai, il mio vero
fratello è morto in un incidente stradale alcuni anni fa.
Entrò in coma, ma
morì pochi giorni dopo. Occuparmi di lui è un
po’ come occuparmi di mio fratello.
Credo di essermi affezionata a lui. Come ad un fratello
maggiore.”
Mai la
guardò.
In un certo senso, era contenta che Yuuki avesse trovato quella nuova
“sorella”
che si occupasse di lui. Certo, agli occhi di Yuuki non avrebbe mai
preso il
posto di Kajitsu… Mai venne distratta dal corso dei suoi
pensieri dalla voce di
Elisabeth. La ragazza aveva lasciato la mano di Yuuki e si era
avvicinata al
comodino. Aveva preso in mano il mazzo di carte che vi era posato e si
era
voltata verso Mai.
“Il
giorno che
l’ho trovato, aveva solo questo con sé. Era il suo
mazzo di carte, vero?”
Mai prese il
mazzo che Elisabeth le porgeva. Iniziò a scorrere le carte:
erano bianche, ma
ce n’erano anche verdi. Quelle di Kajitsu. Elisabeth nel
frattempo continuava a
parlare.
“Non
è che io
sia una grande esperta, ma ho capito subito che era un mazzo forte. Il
dottore
mi aveva detto che dovevo parlargli, di cosa non aveva
importanza.”
Bufera
Impenetrabile, Ricarica Nuclei, Potente Elisir, Supremo
Gugnir…
“Oggi
giorno
gli parlavo di cosa succedeva e molte volte gli parlavo delle sue carte
e anche
di quella sottospecie di mazzo che è il mio. Gli dicevo cosa
facevo per
migliorarlo e gli facevo complimenti per le sue carte.”
Mai annuiva. Yggdrasill, Cavaliere d’Acciaio; Woden,
il Grande
Cavaliere Alato; Walhalance dalla Corazza Indistruttibile…
Improvvisamente,
Mai si fermò con due carte in mano. Elisabeth smise di
parlare e la guardò,
chiedendosi che cosa le fosse preso. Si avvicinò e vide le
carte che aveva in
mano.
“Hououga,
Fenice
Implacabile e Ragna-Rock, Cavaliere Signore del Fato. Mai,
c’è qualcosa che non
va?”
Mai scosse la
testa, guardando con un po’ di tristezza quelle due carte.
Poi alzò la testa e
sorrise.
“Sai,
Elisabeth,
queste due carte sono molto importanti per Yuuki. Hououga ero lo spirit
di
Kajitsu, mentre Ragna-Rock è il simbolo della promessa che
si sono fatti,
quella di cercarsi anche in futuro e di stare di nuovo
insieme.”
Elisabeth
annuì
sorpresa, anche se in parte non aveva capito che cosa intendesse. Poi
guardò
Yuuki.
“Ora
che lo so,
conserverò queste carte con ancora più cura. Mai,
adesso vi lascio un po’ soli
così puoi parlargli liberamente.”
Prima che Mai
potesse dirle qualcosa per fermarla, Elisabeth era andata alla porta e
ed era
uscita. Mentre la chiudeva, si era voltata ancora una volta verso Mai.
“Sono
certa che
un giorno si risveglierà, Mai.”
Elisabeth non
attese risposta e chiuse la porta. Dopo lo scatto della maniglia, tutto
rimase
silenzioso. Gli unici rumori erano il cinguettio degli uccellini fuori
dalla
finestra e il monotono ronzio delle macchine. Dopo un attimo, Mai si
voltò
verso il comodino e posò il mazzo di carte. Per ultime
posò Hououga e
Ragna-Rock. In quel momento vide la foto nella cornice sul comodino:
era la
stessa foto che c’era sulla lapide. Elisabeth doveva essere
riuscita ad averne
una copia. Si chiese se non fosse bastata la voce di Kajitsu per
risvegliarlo.
Sospirò, pensando che, se anche fosse stato, Kajitsu non era
più là. Tornò a
voltarsi verso la stanza. Mai prese una sedia e la mise vicino al
letto. Si
sedette e chiuse gli occhi. Poi gli aprì e guardò
Yuuki. Dalla flebo, ad
intervalli regolari, scendeva una goccia. Il respiratore, al ritmo del
suo
respiro, si appannava. Sul monitor una linea verde zigzagata mostrava i
battiti
del suo cuore. Mai rimase in silenzio per lunghi minuti prima di
riuscire a
parlare.
“Scusa,
se non
sono venuta prima. Ma sia io che gli altri credevamo che tu fossi
morto.
Soprattutto Dan, rimase profondamente segnato da quello che era
successo. Si
sentiva anche in colpa per averti coinvolto. Forse però tu
avresti agito lo
stesso, anche se Dan non ci fosse stato. Quella volta, voi due siete
stati i
più forti e determinati di tutti. Io in quei giorni mi sono
fatta prendere
dalla paura. Sentirmi derisa e accusata mi terrorizzava. Tutto quello
mi tolse
ogni forza di lottare.”
Mai
sospirò, ripensando
a quel periodo della sua vita. Era stato veramente duro. Lentamente,
dopo
essersene andata e aver ripreso il suo nome, aveva ricominciato a
riacquistare
un po’ di serenità. Poi c’era stata la
chiamata dal futuro…
“Sai,
Yuuki, da
quel giorno sono successe tante cose. Kazan ci ha chiamato nel futuro
per
aiutare l’umanità a bloccare la riconfigurazione
della Terra. Se non l’avessimo
fermata, tutto sarebbe stato azzerato. Ci siamo andati tutti: io,
Clarky,
Kenzo, Hideto e anche… Dan. Ero stata io che avevo preso
l’incarico di andarlo
a prendere. Era tanto che non lo rivedevo. Era molto cresciuto, anche
se era
demoralizzato da quei duelli che faceva, senza un vero avversario,
senza il
mettere in gioco veramente la vita. Nel futuro abbiamo ritrovato
fiducia in noi
stessi, siamo tornati com’eravamo e abbiamo ripreso a
combattere con la stessa
determinazione di un tempo. Alla fine ce l’abbiamo fatta e
ora nel futuro gli
uomini vivono in pace con le creature oscure… o meglio, i
Mazoku. Sono creature
di Gran RoRo rimaste sulla Terra. Ci sono stati un sacco di scontri tra
i due
popoli. Ora però è tornata la pace. E sai cosa
abbiamo anche scoperto? Anche
gli abitanti di Gran RoRo erano umani evolutosi poi con il
tempo.”
Mai si
fermò
per un attimo, cercando le parole per continuare.
“Quindi,
anche
tu e Kajitsu… siete stati sempre umani in un certo senso, o
almeno così credo.
Ah, un’altra cosa. Sai chi abbiamo incontrato nel futuro? Tra
le tante persone
che abbiamo conosciuto, c’eravate anche voi.” Mai
sorrise. “O meglio, le vostre
reincarnazioni. Vi chiamate Zolder Grave e Flora Perfume. Avete
entrambi un
mazzo verde-bianco e Ragna-Rock. Il buffo è che non andate
quasi mai molto
d’accordo e vi ricordate poco o nulla del legame che
c’è tra voi. Senza contare
che avete dei caratteri decisamente più… come
dire… estroversi. Ma sono certa
che con il tempo, vi ricorderete di voi.”
Mai
s’interruppe di nuovo. Stava per arrivare ad un punto molto
doloroso per lei.
Ormai lo aveva accettato, ma era sempre penoso parlarne. Mai,
però, sentiva il
bisogno di sfogarsi definitivamente. Aveva pianto tante volte nel
futuro, prima
di accettare quello che era successo. Si era rassegnata, ma sentiva
ancora un
groppo in gola. Sentiva che era arrivato il momento di liberarsi anche
di
quello, di sfogarsi anche lì nel presente. Solo
così avrebbe potuto ricordare
Dan con serenità.
“Clarky
è
rimasto nel futuro. Diceva che per lui era quella la sua nuova casa.
È rimasto
lì con una ragazza che ci ha aiutato, Angers
Lochè. Spero che siano felici
insieme. Invece io, Kenzo e Hideto siamo tornati. Abbiamo deciso di
ritornare a
far sentire la nostra voce. Pian piano riusciremo a farla sentire a
tutti.
Finiremo quello che tu e Dan avevate iniziato.”
Mai prese un
ampio respiro prima di continuare. Con la mano destra strinse il
medaglione che
portava al collo. Poi iniziò a giocherellare con una delle
ciocche di capelli.
“Dan
invece non
è tornato. Non ha potuto. Per attivare l’energia
necessaria a salvare la Terra
c’era bisogno di qualcuno che si sacrificasse. L’ho
a fatto lui. È sempre stato
così, sempre in prima linea. Lo sai anche tu. Il futuro gli
aveva fatto bene.
Era tornato come un tempo. Con la sua stessa determinazione.”
Lo sguardo di
Mai si abbassò e s’incupì. Poi
quest’ombra passò e ne prese il posto una
nostalgica
dolcezza.
“Avevo
già
capito che Dan non sarebbe tornato, se avesse continuato a combattere.
Avevo
trovato in Inghilterra i resti del museo di Battle Spirits.
Lì era conservato
il suo mazzo e su una targa c’era scritto che si erano perse
le sue tracce dal
giorno in cui lo avevo portato nel futuro… 30 agosto 2010.
Mi sentivo in colpa.
Ero stata io a portarlo nel futuro e volevo essere io a impedire che si
avverasse. Decisi di combattere contro di lui, sconfiggerlo e
convincerlo a non
combattere più. A lasciare quell’ultimo duello a
qualcun altro. Non mi diede
ascolto e mi rispose che era venuto nel futuro per duellare ed era
quello che
avrebbe fatto. Avrebbe continuato a vincere. Mi rassicurò e
mi chiese di
tornare sull’astronave con lui, dicendomi che ne sarebbe
stato felicissimo. Non
riuscii a dirgli di no, anche perché era quello che volevo
anche io: stargli
vicino.”
Mai
sospirò.
Dire tutto quello che aveva provato le era difficile, ma il fatto che
Yuuki,
purtroppo, non potesse risponderle, rendeva la cosa in un certo senso
più
facile.
“Quello
non
bastò, però, a dissipare ogni mio dubbio. Prima
del duello finale, andai da lui
per parlargli, fargli capire le mie paure. Non riuscivo a togliermi
dalla testa
che lui nel passato non era tornato. Mi rassicurò e mi disse
che non mi dovevo
preoccupare perché sarebbe andato tutto bene. Mi promise che
quando sarebbe
finito saremmo tornati indietro e avremo affrontato il passato insieme,
io e
lui. Riuscì un’altra volta a rassicurarmi. Gli
promisi che gli avrei preparato
il curry, come quello di Zungurii. Dopotutto, doveva essere solo quel
duello…”
Mai sorrise al
pensiero del bacio che lei e Dan si erano scambiati un attimo prima di
quel
combattimento.
“Finito
quel
duello, saremo tornati indietro insieme. Ma alla fine accadde quello
che doveva
succedere. Forse Dan mi aveva rassicurato per fare sì che io
lo lasciassi
andare. Forse sapeva già che quello era il suo destino. Nel
duello ne aveva
avuto la conferma. Durante il duello la sua postazione si era
danneggiata e non
sarebbe comunque potuto tornare…”
Le emozioni e
il dolore, tenuti dentro tanto a lungo, si facevano sentire dopo ogni
parola
che Mai pronunciava. Il suo tono di voce si fece più
concitato e il suo respiro
affannoso. Poi Mai fu scossa da un singhiozzo e si fermò
all’improvviso
portando le mani al viso, alcune lacrime scivolarono lungo le sue
guance.
“Non
ho potuto
fare nulla, capisci? Solo vederlo scomparire, dissolversi in un vortice
luminoso…
se forse ci avessi provato, l’avrei salvato, ma non ho
neppure tentato… ma
probabilmente non sarebbe servito comunque… è
stato tutto troppo veloce. In
quell’istante ho provato un dolore così grande,
così lacerante… credevo di non
riuscirlo a sopportare… faceva così male. Era
come se mi avessero colpito al
cuore… come se mi avessero strappato una parte di me, il mio
respiro, la mia
stessa vita… non so neppure come spiegarlo… Dan
era diventato una parte
fondamentale della mia vita. Mi sono sentita morire, svuotata di ogni
cosa…
negli occhi avevo solo lui che scompariva, non riuscivo a pensare a
niente
altro: solo che lo stavo perdendo… e io non ho provato a
fare nulla, nulla…”
Mai, il viso
oscurato dai capelli, sentì le lacrime calde rigarle sempre
più numerose le
guance. Sentì di non avere più la forza di
parlare. Scoppiò in un pianto
silenzioso, un pianto liberatorio che le avrebbe permesso, anche in
quell’epoca,
di accettare il fatto che Dan non era più li accanto a lei.
Per lunghi minuti i
suoi singhiozzi ruppero il silenzio nella stanza.
Salve a tutti! ^-^ Come
promesso, ecco
il secondo capitolo di questo primo episodio. Come avrete notato, ho
cambiato
il nome della ragazza che ha aiutato Yuuki: da Isabel a Elisabeth
(anche nel
capitolo 1, ovviamente..). A parte questo, abbiamo scoperto che cosa
era
successo al nostro Yuuki e come ha fatto a salvarsi. Spero che questa
nostra
soluzione vi piaccia: fateci sapere che ne pensate. E
nell’ultima parte, ho
voluto dare sfogo a Mai. Né nella serie, né nella
One-shot, erano ed ero
riuscita a trasmettere tutto il dolore che la nostra Guerriera Viola
aveva
provato. Spero di non averla resa troppo piagnucolosa. Se
c’è qualche erroretto
fatemelo notare, così lo posso correggere: ho riletto
attentamente, ma qualcosa
sfugge sempre. ^-^
Grazie a
chicca12lovestory e Lacus Clyne per aver recensito lo scorso capitolo
e aver inserito questa storia nelle seguite e grazie a ShawnSpenstar
per aver
recensito e aver inserito la storia nelle preferite. Spero di non
deludervi! ;)
Ovviamente, grazie anche a chi solo legge.
E prima di
salutarvi, vi lascio una piccola anticipazione sul prossimo
capitolo: arriverà il momento per Mai di salutare Yuuki ed
Elisabeth e
succederà anche qualcosa di piuttosto importante a uno dei
nostri personaggi… largo
a ogni ipotesi! XD Con questo vi saluto e vi dò appuntamento
(con molta
probabilità) a martedì prossimo! Alla prossima,
Hikari