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Autore: Tinkerbell92    05/10/2013    4 recensioni
(DA REVISIONARE)
Seguito della fanfiction "Il Pegno della Luna".
Leila Swift, figlia di Artemide, in seguito alla sconfitta di Crono, decide di compiere un viaggio per ritrovare l'amato Luke, il quale, nel frattempo, si è già reincarnato ed ha cominciato una nuova vita, senza aver memoria degli eventi precedenti.
Quasi in contemporanea, Nico Di Angelo, in seguito ad un sogno premonitore, decide di partire per l'Ade, per salvare l'anima di sua sorella Bianca, tenuta prigioniera da una dea molto pericolosa.
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Luke Castellan, Nico di Angelo, Nuovo personaggio, Percy Jackson, Quasi tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Nel segno della Luna'
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- Nico -

Ripresi conoscenza a fatica, cercando di mettere a fuoco quello che stava attorno a me.
Per un attimo tutto ciò che vidi fu il buio, un’oscurità fitta e densa. Poi, un paio di freddi occhi azzurro ghiaccio comparve innanzi a me, facendomi urlare.
Ci fu un lampo di luce, poi, delle mani che mi scuotevano. E allora mi resi conto che stavo tenendo ancora gli occhi chiusi.
Li aprii di scatto, ansimante, percependo il terreno sotto di me. Ebbi un sussulto non appena vidi di nuovo due occhi che mi fissavano, ma poi mi resi conto che non erano azzurri, ma color nocciola, con le pagliuzze che parevano quasi dorate. Erano iridi familiari…
Misi a fuoco e, attorno a quegli occhi scintillanti, apparve anche un viso femminile, un viso che ben conoscevo.
- Nico, mi senti?
La prima volta che provai a rispondere emisi soltanto un debole squittio, ma poi, facendomi forza, mi sollevai sui gomiti e balbettai stordito: - Ehm… ciao Helen…
La ragazza mi sorrise, appoggiando la mano sulla mia guancia: - Oh, Nico, ero così preoccupata!
Cercai di non arrossire, mentre il calore del suo palmo morbido si irradiava sul mio viso, e sospirai: - Per quanto sono stato privo di sensi? Ormai non faccio altro che svenire…
Helen mi guardò con dolcezza: - Siamo arrivati a Los Angeles da cinque ore… non riuscivo a svegliarti e sembravi tormentato dagli incubi…
Mi misi a sedere e mi guardai intorno: - Dove siamo?
- In una grotta ai piedi delle colline di Hollywood- rispose lei, gettando una rapida occhiata al tetto di pietra che ci sovrastava – Ho pensato che fosse il posto più sicuro in cui ripararci. E’ libera da molto tempo, le tracce di odore degli animali che vivevano qui sono debolissime.
- Capisco- mormorai un po’ incerto, dando un rapido sguardo all’uscita della caverna – Dici che ce la facciamo a raggiungere l’entrata degli Inferi entro stasera? Vorrei raggiungerla prima che faccia buio…
Helen alzò un sopracciglio: - Non sei un po’ troppo debole per affrontare una salita del genere? La scritta Hollywood è abbastanza distante da qui…
- Non dobbiamo per forza raggiungere la scritta- spiegai, provando ad alzarmi – Conosco un’altra entrata segreta che ci farà sbucare a pochi passi dal Palazzo di Ade. E’ meglio non usare le entrate principali o Lilith mi scoprirà…
Barcollai non appena fui in piedi ed Helen mi sostenne tempestivamente: - Per me dovresti riposare.
- Non c’è tempo!- protestai – Bianca potrebbe essere in una stanza delle torture in questo momento! Io… io non posso permettere che venga fatto del male a mia sorella! L’ho già persa una volta…
Repressi a fatica le lacrime, cercando di non pensare alla morte di Bianca, e mi appoggiai ansimante alla parete di roccia dietro di me. Helen sospirò: - Dèi quanto sei testardo…
Prima che potessi fare qualcosa, si girò e mi caricò sulle sue spalle: - Spero di reggere fino alla tua entrata segreta…
Spalancai gli occhi allibito: - Ma cosa stai facendo?
Lei serrò la presa sulle mie gambe e sbuffò: - Visto che sei ancora debole ti porterò io. Posso arrivare a portare cinquanta chili di peso senza problemi. E’ una fortuna che sei così magro.
- Devo ancora capire che tipo di creatura sei- sospirai, mentre iniziavamo a muoverci.
Helen si voltò e mi sorrise: - Sono un licantropo.
- Ah- mormorai, mentre la fresca aria serale ci sfiorava – Questo spiega il ringhio e i guaiti…
- Già.
Fece un passo avanti un po’ incerta e, per un momento, temetti di pesarle troppo, poi, però, si diede una scrollata ed incominciò a camminare spedita
Ebbi un sussulto non appena fummo fuori dalla grotta: il cielo aveva già incominciato ad imbrunire e l’atmosfera che si respirava era decisamente spettrale. Dovevamo sbrigarci.
- Ehm… segui quel piccolo sentiero di ghiaia- suggerii – E’ la via più breve e sicura.
Helen si limitò ad annuire e, affrettando il passo, cominciò a salire le pendici della montagna.
Forse era una mia impressione, ma, man mano che proseguivamo, la temperatura diventava sempre più glaciale, l’aria più opprimente, le ombre più lunghe e minacciose. Il tutto in tempi decisamente ristretti, perché, in meno di mezz’ora di cammino, il cielo assunse una tinta decisamente troppo scura, anche per i gusti di un figlio di Ade.
Helen teneva duro, ma era chiaro che qualcosa non andava. Capitava che, di tanto in tanto, barcollasse o ansimasse, come avesse appena fatto una corsa.
- Tutto bene?- domandai ansioso, gettandomi delle occhiate guardinghe attorno – Se vuoi posso provare a camminare da solo…
- No, ce la faccio- tagliò corto lei, rabbrividendo – Sto bene, davvero, va tutto bene.
No, non andava tutto bene. Man mano che ci avvicinavamo all’entrata segreta avvertivo sempre più chiaramente che qualcosa ci stava ostacolando. Era una forza misteriosa e oscura, che ci respingeva in modo deciso ma cauto, come se ci tenesse a non farsi scoprire. Ma io ormai l’avevo individuata.
- Helen- chiamai, allentando la presa attorno alle sue spalle – E’ meglio che scenda. C’è qualcosa o qualcuno che non sembra intenzionato a facilitarci le cose… vado avanti io, chissà che non riesca a bloccarla…
Helen si fermò, ma non dischiuse le braccia serrate attorno alle mie gambe.
- Helen?
Attesi qualche secondo. La ragazza non dava segni di vita, sembrava essersi trasformata all’improvviso in una statua di marmo. No, marmo no, il calore che il suo corpo emanava era troppo intenso per farmi pensare al marmo. Comunque sia, iniziai ad avvertire un leggero senso di panico.
- Helen?- chiamai nuovamente, cercando di rianimarla con dei colpetti sulle spalle – Helen cos’hai? Puoi mettermi giù ora, che cosa ti succede?
Iniziai a farmi prendere dall’angoscia, agitandomi sulla sua schiena e controllando nervosamente le ombre attorno a noi. L’unica cosa che mi rasserenava un po’ era la luce argentata della luna piena, che sembrava, al momento, l’unica cosa che ci impedisse di restare completamente al buio.
Un momento… luna piena?
Feci un rapido conto mentale: Ventuno Agosto… prima notte di plenilunio del mese…
Con uno sforzo immane – avendo i muscoli semi-paralizzati dal terrore – mi sporsi sopra la spalla di Helen, cercando di notare qualche strano cambiamento sul suo viso.
I suoi lineamenti erano immobili come quelli di una maschera, gli occhi spalancati e volti verso la luna. Il calore del suo corpo aumentò, fino a diventare quasi insopportabile.
- He…Helen!- balbettai, cercando di divincolarmi dalla sua presa ferrea – Helen, ti prego, trattieniti!
Un ringhio cupo uscì dalle sue labbra, facendomi divincolare con più insistenza. Inaspettatamente, la presa sulle mie gambe si allentò, facendomi cadere a terra.
Mi rialzai tempestivamente, parandomi davanti ad Helen e afferrandola per la spalle: - Per favore, non è il momento di trasformarsi! Dobbiamo…
Le parole mi morirono in gola non appena guardai i suoi occhi: erano sempre fissi verso la luna, ma il colore delle iridi da nocciola era passato ad argento, mentre le pupille si erano spaventosamente assottigliate. Faceva paura.
Un fascio di luce mi colpì alle spalle, ma ero troppo terrorizzato e confuso per riuscire a reagire in qualche modo.
Il corpo di Helen cominciò ad essere scosso da violenti spasmi, mentre terrificanti ringhi uscivano dalla sua bocca, filtrando attraverso i denti ormai divenuti zanne.
Udii qualcosa che assomigliava ad una voce umana, che però alle mie orecchie giunse quasi più come un ronzio. Non mi domandai nemmeno chi fosse stato a parlare, né tantomeno chi accidenti potesse essere tanto pazzo da aggirarsi per quei sentierini tortuosi e oscuri a quell’ora, perciò il mio cuore perse un battito non appena una mano calda e robusta mi afferrò per la spalla – grazie agli dèi quella illesa.
- CHE CAVOLO STAI FACENDO? LEI NON SA CONTROLLARSI!
Sbarrai gli occhi, iniziando a sentirmi sempre più confuso, mentre Maggie mi scuoteva, urlandomi contro.
- VATTENE DI QUI! VUOI FARTI AMMAZZARE?
Mi gettò da parte con un violento spintone, facendomi ruzzolare per qualche metro verso la pianura, mentre un tremendo ululato mi squarciò i timpani.
Restai steso a terra bocconi per qualche secondo, ansimando e tremando come una foglia dalla testa ai piedi. Stavano succedendo troppe cose, troppe cose terribili in una sola volta.
Alzai a fatica lo sguardo verso le due ragazze, con la vista leggermente appannata.
Maggie parlava alla sorella in tono fermo e severo, senza però ottenere i risultati sperati. Cercai di strisciare verso di loro, quando, con un ringhio, Helen fece un balzo in avanti, trasformando il proprio corpo in quello di un grosso lupo dal pelo color bronzo.
- RAGAZZINO SCAPPA!
Scappare… sì, fosse stato facile riuscire a muovere un singolo muscolo!
Mi limitai ad osservare Maggie trasformarsi a sua volta: era grande almeno il doppio di Helen ed il suo pelo era color grigio scuro. Ringhiò ferocemente, così forte da farmi sobbalzare, e si parò davanti all’altra lupa, la quale, pur ringhiando a sua volta, fece un paio di passi indietro con le orecchie abbassate.
Non ero sicuro che Helen riconoscesse la sorella maggiore, ma di sicuro identificava la lupa più grossa come un superiore.
Quando riuscii a rimettermi in piedi, seppur un po’ disorientato, cercai di trovare un posto dove nascondermi, anche se pareva abbastanza impossibile, considerata la desolazione della collina.
Mi accostai dietro ad un cespuglio dai rami secchi, osservando con un nodo alla gola le due gigantesche creature che sembravano ormai sul punto di affrontarsi. Non mi domandai nemmeno come avesse fatto Maggie a raggiungerci, al contrario, ringraziai la mia Buona Sorte – che, stranamente, aveva cominciato a farsi viva- per un aiuto così provvidenziale.
Evidentemente avevo parlato troppo presto, perché un tremendo stridio squarciò l’aria notturna. Alzai gli occhi imprecando, mentre cinque figure minacciose dalle grandi ali scure volavano in cerchio sopra le due contendenti. Somigliavano a grossi uccelli rapaci dal volto –orribile- di donna.
- Fantastico – borbottai – Ci mancavano le Furie…
Essendo creature sottoposte a mio padre, dubitavo che una di loro mi avrebbe attaccato. Ma questo non garantiva la sicurezza di Helen e Maggie...
La furia maggiore, un’orrenda creatura dai capelli neri e ispidi, si appollaiò su una roccia poco distante dai licantropi e gracchiò con voce orribile: - Invasori canini! Come osate gironzolare nel nostro territorio?
Maggie si voltò verso di lei con un ringhio, che suonava più o meno come un “Stà zitta!”, scatenando una marea di proteste indignate da parte delle altre furie.
- Uno di loro è fuori controllo, Celeno!- urlò una furia dai capelli crespi color biondo chiaro – Uccidiamole prima che trovino l’entrata!
Maggie ringhiò più forte, assumendo una posizione di difesa, senza perdere d’occhio Helen che pareva parecchio su di giri. Muoveva la testa in più direzioni come impazzita, digrignando i denti e flettendo le zampe come se volesse compiere un balzo. Le furie ripresero a volare in cerchio.
Ecco, fu a quel punto che feci la cosa più stupida del mondo: uscii dal mio nascondiglio, sbracciandomi e gridando alle furie di fermarsi: - FERME! COME FIGLIO DEL VOSTRO SIGNORE VI IMPONGO DI CESSARE L’ATTACCO!
Il silenzio calò all’improvviso.
La furia di nome Celeno planò verso di me, sghignazzando orrendamente: - Figlio di Ade, eh?  Sei sfortunato, ragazzo, noi serviamo Dama Lilith.
- Celeno- ribatté quella con i capelli biondi – Il ragazzino pensa che siamo furie!
- Furie?
Celeno scoppiò in una risata orribile: - Ragazzino, non hai ancora imparato a distinguere una Furia da un’Arpia?
Arpie. Che idiota, come avevo potuto confonderle con le Furie?
Le Furie non hanno il corpo da uccello, sembrano più enormi pipistrelli deformi. E sono solo tre.
- Che dici, sbraniamo prima lui?- propose l’arpia bionda. Celeno fece per rispondere, quando un tremendo ululato costrinse le due megere a voltarsi allarmate.
Oh, giusto. Helen.
Osservai ad occhi spalancati la lupa dal pelo bronzeo, che mi fissava a sua volta con uno sguardo furente e predatore: aveva individuato un possibile pasto. Indietreggiai di un passo. Cosa che scatenò la reazione incontrollata della belva, che balzò ringhiando nella mia direzione.
Maggie fece per gettarsi al suo inseguimento, ma due arpie la bloccarono, sbattendole sul muso le loro enormi ali piumate.
Fortunatamente ebbi il buon senso – non so come – di non farmi bloccare dalla paura, mi voltai ed iniziai a correre alla cieca verso la pianura. Alle mie spalle udivo stridii e ringhi raccapriccianti, ma non osai voltarmi, nemmeno per controllare il vantaggio che avevo sui miei inseguitori- perché, di sicuro, anche le tre arpie rimaste mi stavano alle calcagna.
La mia corsa durò poco: riuscii per miracolo a non inciampare ma, non appena ritrovai l’equilibrio, Helen mi balzò addosso, facendomi finire lungo disteso a terra. Ansimai, con la faccia premuta contro il suolo roccioso e le zampe del lupo piantate sulla schiena. Il suo fiato caldo mi sfiorò la nuca.
- He…Helen…
La lupa spalancò le fauci, pronta a serrarle attorno al mio collo in una morsa mortale. Chiusi gli occhi e attesi. Che altro potevo fare se non aspettare di morire, sperando di non subire una lunga agonia?
Un guaito rabbioso mi costrinse ad aprire gli occhi e, improvvisamente, il peso delle zampe del lupo che mi teneva ancorato a terra sparì, dandomi modo di voltarmi e mettermi seduto.
Celeno e le sue due sorelle stavano attuando la stessa strategia di attacco che le altre avevano messo in pratica con Maggie: avevano circondato la lupa furente e stavano cercando di disorientarla con le loro ali scure.
- Ocipete, occupati della bestia- gracchiò la leader, rivolta a una delle due – Io e Aello penseremo al ragazzino!
Una morsa di terrore mi serrò lo stomaco, mentre indietreggiavo scompostamente, facendo leva su mani e gambe.
Celeno planò su di me, gli artigli protesi. Riuscii appena in tempo ad alzare il braccio e abbassarmi che le unghie ricurve della creatura lacerarono la manica della mia giacca, fortunatamente senza intaccare la pelle.
Rimpiansi amaramente di aver lasciato la mia spada in albergo.
L'arpia si alzò in volo, per venire, però, sostituita immediatamente dall’altra. Afferrai un bastone che si trovava là a terra per caso e, con tutta la forza che avevo, colpii la creatura ad una zampa.
Aello si sbilanciò, atterrandomi addosso. Ruzzolammo per qualche metro in un turbinio di artigli e piume, fino a quando, con un calcio, me la scrollai di dosso.
Terminai la caduta contro un masso, steso di fianco, con la spalla che mi faceva male da impazzire. Ero anche pieno di lividi ed i miei vestiti erano graffiati in più punti.
Ansimai e tossii, sputando piume d’uccello, e, a fatica, aprii gli occhi, mettendo a fuoco ciò che mi circondava.
Non vedevo le arpie, anche se le sentivo gracchiare. In compenso, un paio di occhi infuocati poco distanti da me mi fecero gelare il sangue nelle vene.
Mi sedetti, appoggiando la schiena al masso, e, tremando come una foglia, osservai terrorizzato la lupa che si avvicinava.
- Helen… ti prego…
La creatura ringhiò e, con un balzo, mi atterrò proprio di fronte.
- NO!- gridai, alzando il braccio per difendermi – HELEN, NON FARLO!
Con mia somma sorpresa, la lupa interruppe di scatto la carica. Si fermò giusto a mezzo metro da me, le zampe davanti appena divaricate e le orecchie tese. I suoi profondi occhi nocciola mi scrutarono in un misto di sorpresa e diffidenza.
Mostrai i palmi in segno di resa, balbettando impercettibilmente: - Helen?
Strano ma vero, lo sguardo della creatura cambiò completamente: non era più feroce e assetato di sangue, quanto più confuso. Pareva non rendersi bene conto di quello che stava succedendo.
Ne approfittai della sua indecisione per sgattaiolare via, quando uno stridio inquietante alle mie spalle mi provocò un attacco di panico: - NO!
Inciampai, avvertendo una fitta tremenda al polso, e mi voltai, giusto in tempo per vedere Aello planare verso di me con gli artigli tesi.
Gridai, ormai certo di non avere scampo, quando qualcosa colpì l'arpia alle spalle, scagliandola lontano da me.
Cercai di mettermi in piedi, ma le gambe cedettero e mi ritrovai di nuovo a terra, puntellato sui gomiti. Voltai la testa lentamente, osservando ad occhi spalancati la lupa dal pelo bronzeo e l’arpia bionda affrontarsi in un acceso duello mortale.
Urlai disperato non appena gli artigli della megera ferirono il fianco della mia amica, strappandole un tremendo guaito.
- HELEN!
Avanzai strisciando verso di loro, sentendomi più inutile che mai. Aello riuscì a colpire nuovamente l’avversaria, che però, in un impeto disperato, riuscì a balzare al collo dell’arpia, affondandole le zanne nella gola.
Un tuono squarciò il cielo e, improvvisamente, una fitta pioggia cominciò a cadere.
Udii lo stridio di Celeno sopra la mia testa, ma non fermai la mia avanzata. Anche perché, senza un apparente motivo, fu il capo delle arpie a fermarsi a mezz’aria, prima ancora di essere riuscita a sfiorarmi.
Un vento gelido si alzò, mentre le ombre notturne diventarono all’improvviso più scure. Una voce tagliente e lontana sibilò alcune parole in greco antico, ma era così terribile che non riuscii ad afferrare il senso del suo discorso. Una brutta sensazione di gelo e terrore iniziò ad impadronirsi di me.
Celeno sbatté le ali stupita, poi, quando la voce si zittì, lanciò un grido agghiacciante.
Aello, malconcia e ferita, si scrollò di dosso Helen, mandandola a sbattere contro il suolo roccioso, e, rispondendo al grido, si levò in volo, diretta verso il proprio capo.
Provai ad alzarmi di nuovo, ignorando i giramenti di testa e, aguzzando la vista, vidi il resto dello stormo volare in direzione della scritta “Hollywood” per poi sparire all’improvviso.
Restai fermo e ansimante per qualche secondo, cercando di capirci qualcosa, ma inutilmente.
Maggie comparve a qualche metro da me, in forma umana. Aveva il fiato corto ed un brutto taglio sulla fronte. Fu quando la vidi che un tremendo pensiero mi attraversò la testa: - HELEN!
Mi voltai, crollando sulle ginocchia, e avanzai carponi verso il corpo inerme della lupa stesa a terra.
La pioggia mi faceva appiccicare i capelli davanti agli occhi.
Raggiunsi la mia amica con un groppo alla gola, osservando ad occhi sbarrati il sangue che sgorgava dalle ferite, macchiando il pelo color bronzo e miscelandosi alla pioggia.
- Helen…
La mia voce suonò più come uno squittio, ma la lupa parve udirla lo stesso, infatti aprì gli occhi ed emise un debole guaito. I suoi occhi nocciola si fissarono su di me, con uno sguardo sorprendentemente famigliare e umano.
Singhiozzando, allungai la mano tremante verso di lei, appoggiandola sulla sua grande testa pelosa.
- Mi hai salvato…- sussurrai, sporgendomi verso il suo orecchio. In tutta risposta, Helen passò la lingua sulla mia guancia.
Maggie ci raggiunse di corsa, inginocchiandosi di fronte alla sorella ferita. Il suo volto era ridotto ad una maschera di ansia, mentre osservava i tagli lasciati dagli artigli dell’arpia, anche se sembrò stupirsi dell’atteggiamento mansueto della giovane lupa: - Ti… riconosce?
Tirai su col naso, incapace di parlare, incapace di lasciare la zampa della mia amica che tenevo stretta tra le mani.
Il corpo di Helen tremò, scosso da tremendi spasmi, poi, il pelo cominciò a ritirarsi, il muso si appiattì e l’intera figura si trasformò, fino a quando non mi ritrovai a stringere spasmodicamente una mano umana.
Alzai lo sguardo verso Maggie, certo che avesse fatto qualcosa per riportare Helen alla forma originaria, ma dalla sua espressione sorpresa intuii che la ragazzina aveva fatto tutto da sola. E doveva esserle costato uno sforzo immane.
Il suo volto, graffiato in più punti, pareva aver perso il consueto colore olivastro e appariva pallido e smorto. I suoi occhi, sofferenti ma pur sempre stupendi, si posarono su di me. Le sue labbra accennarono un sorriso: - Nico…
Le lacrime scesero copiose lungo le mie guance, mentre tutto ciò che riuscii a rispondere fu solo: - Andrà tutto bene…
Maggie prese in braccio la sorella senza alcun apparente sforzo e, sforzandosi di mantenere una voce ferma, disse semplicemente: - Serve un riparo… devo trovare il modo di curarla…
Mi alzai in piedi a fatica, osservandola incamminarsi verso la grotta più vicina. Non riuscivo più a capire se cioè che bagnava le mie guance erano sempre lacrime oppure fredde gocce di pioggia, che cadevano dal cielo senza pietà.
 
***
Angolo dell’Autrice: Ok, faccio schifo per i miei ritardi e questo lo so.
Comunque, spero che il capitolo non vi abbia annoiati. Per farmi “perdonare” metto quest’immagine che ho realizzato di Nico ed Helen (come li immagino io ^_^).
Comunque, le cose si stanno complicando anche per i due ragazzini: che cosa farà Maggie per curare la sorella? E Nico si permetterà un ulteriore ritardo nella propria missione? Una cosa è certa: i sentimenti della piccola Helen sono così forti da superare perfino la ferocia del proprio alter ego canino che prima non era mai riuscita a controllare.
Grazie per aver letto e, soprattutto, grazie per la pazienza.
Al prossimo capitolo con Luke e Leila!
Tinkerbell92

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