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Autore: unbound    06/10/2013    0 recensioni
Agosto 1991. Blaine Anderson è una matricola al liceo McKinley, e non ha alte aspettative sul suo primo giorno di scuola. Non è un ragazzo diverso dagli altri, ma ha una grande passione: la musica, e proprio in quel periodo, durante il quale il Rock Alternativo si fa spazio tra gli altri generi musicali, Blaine è a dir poco entusiasta di poter arricchire la sua collezione di audiocassette. E, grazie alla musica, non sarà l'unica cosa che arricchirà.
Teacher!Kurt/Student!Blaine - E sì, mi sono molto ispirata a "The Perks Of Being A Wallflower" per la trama e ambientazione.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Sarò molto franco: la scuola non mi entusiasma e non l’ha mai fatto. Non ho mai ottenuto risultati degni di nota, anzi, ho raggiunto la sufficienza per alcune materie soltanto per paura di perdere un anno o due, e partecipare a classi con ragazzi più giovani avrebbe soltanto messo a dura prova i miei nervi. I miei genitori erano senza dubbio più emozionati di me: le nostre ultime cene avevano avuto come argomento principale il mio passaggio al liceo, e avrei quasi preferito che fossero loro a viverlo al posto mio, sicuramente si sarebbero divertiti di più.
La prima lezione era già arrivata a termine e, per la prossima, avrei dovuto aspettare una buona ventina di minuti –forse l’unico lato positivo di essere una matricola al suo primo giorno era avere un paio di pause per riprendere fiato- perciò decisi di fare due passi per il cortile della scuola. Mi piaceva, quel cortile, mi ero già immaginato lì, a perdere pomeriggi interi, aspettando i corsi pomeridiani di recupero – di cui avrei sicuramente avuto bisogno-, anche se non avevo valutato il fatto che la mattina sarebbe stato pieno di gente, tra cui quei gradassi dell’ultimo anno e le loro ragazze, ovviamente cheerleaders. Il cielo era cupo e il sole quasi non si vedeva, non mi sarei meravigliato se avesse preso vita uno di quei temporali che ti fanno venir voglia soltanto di stare sotto dolci e calde coperte, con un walkman tra le mani. Le lenzuola profumate di mia madre mi mancavano, in quel momento, ma la musica no: la voce di David Bowie, infatti, risuonava dolcemente come sottofondo alla mia piccola passeggiata. Non riuscii a trattenermi dal canticchiare un paio di frasi tra un passo e l’altro.
Non mi sarebbe dispiaciuto essere un eroe, in quel momento; non avevo mai avuto doti soprannaturali né qualcosa per cui valesse la pena distinguermi dagli altri ragazzi, inclusa la voglia di essere diverso, ritrovandomi a essere completamente irrilevante. Mi sarebbe piaciuto anche essere un po’ come lo stesso Bowie, e non intendo soltanto biondo e attraente, ma anche genio della musica e grandissimo artista, che poi era il mio concetto di eroe, più o meno. Purtroppo la mia piccola pausa passò con la stessa velocità di una Harley Davidson sulla Route 66, quindi dovetti precipitarmi all’ aula successiva quasi inciampando tra i miei stessi piedi –non ero molto agile-, nonostante avessi già la certezza di aver battuto il mio record di ritardi. La puntualità non era mai stata il mio forte e i professori della mia ex scuola lo sapevano bene, infatti non facevano quasi più caso a quando raggiungessi le classi, e quasi tutte le volte la causa era proprio la musica. Ma cosa potevo farci? Era un mondo nel quale dovevo necessariamente perdermi più volte al giorno e non potevo davvero farne a meno. Tra una lezione e l’altra dovevo farci un salto per scaricare le tensioni accumulate fino ad allora, e non intendevo perdere quell’abitudine... anzi, non potevo.

Il professore era già lì, in piedi, e stava scrivendo lentamente e con estrema cura il suo nome sulla lavagna, quindi sgattaiolai velocemente all’ultimo banco della fila centrale, sperando ed essendo quasi sicuro di non essere stato visto. “Mr Hummel”, così si chiamava, rimase a fissare ciò che aveva appena scritto per un paio di minuti, per poi girarsi verso la classe, bussando sulla cattedra per stroncare il fastidioso brusìo di due ragazzette alla mia sinistra, che probabilmente stavano già facendo apprezzamenti su di lui. Infatti, mi sembrò subito uno di quei docenti che amavano segretamente fare colpo sulle liceali: i capelli quasi cotonati e la sciarpa scura stretta al collo quasi mi urlavano di avere dannatamente ragione. Afferrai la cartella che avevo elegantemente gettato per terra poco prima e riposi il mio walkman in una delle tasche laterali; David Bowie avrebbe capito, ed io mi sarei fatto perdonare.
Sono Kurt Hummel, per voi Mr Hummel, e questa è la classe di Astronomia annunciò, rompendo il silenzio, con tono serio e diplomatico. Un ragazzo, confuso, balzò in piedi e fuggì via in fretta, cercando probabilmente di non disturbare la lezione senza successo, e il professore lo seguì con lo sguardo, aggiungendo subito dopo e spero che la prossima volta sappiate che questa è la classe di Astronomia. Le ragazze di prima iniziarono a ridacchiare di gusto, ed io dovetti trattenermi duramente dall’interromperle con una delle migliori frasi sarcastiche del mio repertorio, ricordando di aver promesso ai miei genitori di stringere più in fretta possibile. Dopo il trasferimento di mio padre, avevo stroncato completamente i contatti con i miei ex compagni di scuola, compreso il mio migliore amico che, perdendo la testa per una ragazza incontrata in campeggio, si era completamente dimenticato di me. All’inizio è stato deprimente, ma poi ci si abitua, alla solitudine. O almeno, io mi ero adeguato a quel cambiamento, ma i miei genitori no, soprattutto mia madre che, sentendosi sempre in colpa, faceva di tutto per farmi uscire insieme ai figli delle sue colleghe, nonostante fossero degli idioti quasi imbarazzanti.
Allora, a chi piacciono le stelle? domandò Mr Hummel, iniziando a passeggiare tra i banchi.
Una decina di persone quasi si uccisero per alzare le mani, entusiasti, e lui li guardò con fare superiore. Scusate, devo correggermi aggiunse, alzando l’indice e fermandosi per ridacchiare a chi piacciono le stelle vere? Niente stelline sciatte a cinque punte, intendo... sapete, fusioni nucleari, sferoidi luminosi, chimica. In quel momento più della metà delle braccia si lasciarono cadere sui banchi, tra me e me non riuscii a non sorridere davanti a quella reazione. Era veramente ridicolo come gli adolescenti fossero convinti di conoscere a fondo i concetti, mentre non facevano altro che ignorarli. Mr Hummel mi ricordava in una maniera esagerata uno di quegli attori di Broadway per cui andava matta la fidanzata di mio fratello; aveva un comportamento così spettacolare che mi faceva davvero sentire uno spettatore a teatro.

Nome?
Si trovò in un battito di ciglia di fronte a me, puntandomi, ed io non mi ero neanche accorto che si fosse mosso. I suoi occhi chiari erano completamente incollati ai miei e mi sentivo quasi a disagio; i contatti visivi non erano il mio forte, la maggior parte delle volte che iniziavo una conversazione con una persona evitavo categoricamente di incontrare il suo sguardo. Era una cosa davvero stupida.
Blaine. Blaine Anderson risposi, deglutendo.
Tranquillo, Anderson. Era solo per smettere di affibbiarti il nomignolo “la-prima-matricola-arrivata-in-ritardo-il-primo-giorno-nei-cinque-anni-di-carriera- del- sottoscritto” con cui ti identificavo nella mia mente. Affermò, sorridente. Okay quindi, si era accorto del mio ritardo e questo mi avrebbe sicuramente penalizzato per tutti e quattro gli anni che avrei dovuto passare in quella gabbia di matti, dato che sembrava tutto tranne che un professore comprensivo e disponibile. Perfetto. Non potevo davvero inziare meglio.
Subito dopo la risposta, riprese a ignorarmi senza problemi e aprì un lungo discorso sulla formazione delle stelle. La lezione, inaspettatamente, riuscì a coinvolgermi a un livello tale che sentii quasi il bisogno di prendere appunti; la voce di Mr Hummel era snervante, sì, ma anche piacevole, e molto, quasi mi rimandò a quella traccia che mi affollava i pensieri prima che iniziasse la lezione. In effetti, aveva qualcosa che mi ricordava Bowie, forse l’abbigliamento eccentrico caratterizzato dalla completa essenza dell’eleganza di chi ama il proprio riflesso allo specchio, o forse i capelli, il portamento e l’assenza quasi totale di virilità. Evidentemente alle ragazze presenti non importava la sua scarsa mascolinità, perché ero disturbato di continuo dai loro commenti su quanto fossero attillati i suoi pantaloni e su quanto fosse musicale il suo tono di voce.
Dopo aver riportato una mappa concettuale sulla fusione nucleare, il docente posò il gesso e ci fece un cenno con la mano, come per invitarci a copiarlo sui nostri taccuini, per poi prendere posto sulla cattedra. Afferrò i suoi grandi occhiali da vista e li scivolò sulla punta del suo naso all’insù, riportando velocemente e accuratamente qualcosa sulla sua agenda di cuoio, dall’acceso segnalibro rosso di velluto. Appena finii di tracciare l’intero schema sulla mia, alzai lo sguardo e mi accorsi che lui aveva fatto lo stesso, quasi simultaneamente, sorridendomi un’altra volta; non riuscii a trattenermi e ricambiai velocemente il sorriso, per poi appoggiare il mento sul mio pugno e studiare il resto dei miei compagni. Li analizzai a uno ad uno e riconobbi un paio di potenziali giocatori di football, una cheerleader, una dozzina di assonnate masse informi e una ragazza, seduta quasi a fianco a me, che mi guardò e subito dopo, con fare vivace, mi sussurrò il suo nome: Rachel Berry. Alzò la mano come per salutarmi ed io ricambiai il gesto e le dissi il mio nome, sorridendole. Non ero così male ad avere interazioni con il genere umano come diceva mio fratello maggiore, Cooper, avevo rivolto la parola a ben due persone ed una di loro era una matricola come me. Non vedevo l’ora di farglielo presente.  Cooper era il punto di legame della famiglia: studente modello di medicina, bell’aspetto e virilità da vendere, niente a che vedere con la mia personalità. Era altissimo, o almeno, lo era per me, dato che mi vantavo di appena 170 cm di altezza, ed era letteralmente un animale da festa.
La campana di fine lezione squillò quasi assordante; presi la cartella la indossai su una spalla, dando un’occhiata alla ragazza di prima, che mi raggiunse e mi strinse energicamente la mano ho notato che non solo sei nuovo, ma hai anche la faccia da nuovo, e non ho potuto resistere a presentarmi. Neanche lei era molto alta e questo mi consolò: era piuttosto gracile, indossava un orribile maglione con due renne sopra, probabilmente fatto a maglia da una delle sue nonne premurose, e una gonna medio-lunga, che le copriva le gambe magre. Aveva degli occhi davvero belli però, nascosti da una lunga frangetta.
Le sorrisi e le risposi quasi subito oh tranquilla, faccio questo effetto a tutti e lei ricambiò il sorriso. Stavo per uscire dalla classe insieme a lei, dato che aveva autonomamente iniziato un monologo su quanto fosse stato traumatico il suo primo giorno di scuola nonostante fossero passate solo due ore- dimostrandomi di essere molto logorroica-, ma il professore mi chiamò e mi fece cenno di avvicinarmi alla cattedra. Le chiesi di incontrarci a pranzo e, dopo averla guardata mentre si allontanava saltellando, mi diressi verso di lui, quasi impaurito.
Allora, Blaine disse, sfilandosi gli occhiali e chiudendo l’agenda mi sembravi molto interessato alla lezione, mi hai quasi fatto dimenticare il tuo ritardo
Mi scusi, Mr Hummell, sono sicuro che non si ripeterà risposi, abbassando lo sguardo imbarazzato. Vai così Anderson, prima ammonizione al primo giorno.
Sono sicuro che si ripeterà. Volevo darti questo afferrò un libro piccolo, dalla copertina ingiallita e me lo porse, quasi entusiasta. Nei suoi occhi leggevo una nuova sensazione, come se ci tenesse davvero tanto che lo leggessi per condividerne disperatamente il contenuto con me. è il “De Stella Nova” di T. Brahe. Secondo me, le stelle possono davvero piacerti. Vai a vederle con la tua ragazza qualche volta, e pensa alla loro composizione chimica per me.
Oh sorrisi e ringraziai con un cenno del capo. La chimica era una delle materie di cui non avevo mai seguito i corsi di recupero e credevo fermamente che potesse diventare il mio punto forte; il professor Hummel mi era sembrato uno stronzo per la maggior parte della lezione, ma in quel momento mi si presentò sotto una luce diversa. Non giudicare mai un libro per la copertina, Anderson. Buona giornataaggiunse. Per un momento fui quasi sicuro che avesse letto il mio pensiero, ma forse si riferiva al libro e sembrava una persona abbastanza normale, tanto da essere privo di poteri soprannaturali come la telepatia. Esci dal mio cervello pensai, così... per sicurezza, dopo di che abbassai il capo e uscii dalla classe velocemente, e, per un paio di metri, sentii i suoi occhi incollati su di me. 
   
 
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