_Primo Capitolo_
Regulus Arcturus Black.
Questo è il mio nome, a dire il vero, era il mio nome quando
ero in vita.
Essere un Black per la mia
famiglia significava tanto, “Toujour Pur” era il motto di casa; la razza pura
dei maghi il potere intero, la grandezza e la
perfezione. Mia madre ripeteva sempre queste parole e io stupido le ascoltavo
con enfasi, pendevo dalle parole di mio padre “Noi Black non dobbiamo
temere niente! Siamo i migliori, nelle materie, nel lavoro e nella posizione
sociale. Questo è importante, ricordatelo sempre
Regulus”. Quante parole sprecate, e quanto ero sprecato
io.
Ma ero anch’io di quella
convinzione, battevo in faccia ad ogni nato babbano e mezzo-sangue quanto fosse importante la mia purezza; non a caso ero sempre solo
senza un amico. No ne avevo, ma si potevano
considerare amici tipi in cui il passare il tempo era schifare metà della
scuola e parlare di ricchezze. Ma una cosa mi
affascinava…lui…il più potente di tutti! Lui per me era unico, forte e
brillante. Voldemort. Così brutale, così sicuro del suo immenso potere; i miei
genitori si riempivano la bocca nel pronunciarlo nel parlarne.
Già la mia famiglia. Due genitori debiti alla purezza della razza e al titolo che
portavano. Mia madre aveva fatto ergere anche un arazzo grande quanto
una stanza in cui era disegnato l’Albero Genealogico di noi. Ognuno aveva il
suo viso con il suo nome sotto, quelli sposati con maghi puri di sangue erano
legati ad un filo doppio d’oro, i rinnegati venivano
tutti bruciati, e al loro posto un buco. Io e mio fratello maggiore eravamo gli
ultimi Black, mia madre aveva un sogno: quello dei suoi figli sposati con
figlie di persone importanti a cui avrebbe relegato un compito; quello di dare alla luce altri Black. E io stupido
ci credevo ci speravo. Volevo, bramavo una strega pura
come mia madre o come le mie cugine.
Io sono Regulus, fratello
minore di Sirius. Odiavo mio fratello. A scuola era un mito, non per la sua
intelligenza o buona condotta di voti, no, lui era un mito per i tiri mancini
che faceva a chi gli stava antipatico a pelle, insieme ai suoi amici. Lui e quel James Potter. Erano i sogni proibiti di mille ragazze,
un esempio da seguire dai ragazzi. Avevano tutto: bellezza, furbizia, simpatia,
erano giocatori di Quidditch. James era riuscito pure ad accalappiarsi la più
bella di Hogwarts, Lily Evans.
E poi con loro c’era quello strano ragazzo, sempre
attaccato ai libri, con l’aria stanca, Remus Lupin. Non lo sopportavo, troppo
calmo, troppo pacato. Ma poi
c’era quell’inetto di Peter Minus, che li seguiva come un cagnolino. Ah
quest’ultimo mi faceva solo pena e ribrezzo.
Ma da un lato invidiavo mio fratello Sirius, lui voleva
essere libero, faceva tutto quello che gli passava per la testa, anche quello
di non ascoltare nostra madre o di fargli il verso per far ridere i suoi
ridicoli amici. Lui era un Grifondoro. Tutti dicevano che quella era la casa
migliore, ma per i nostri genitori fu un duro colpo da digerire. Noi eravamo
Serpeverde da generazioni. Ma dall’altro lato odiavo
mio fratello. Doveva essere diverso in tutto, non capiva
di essere un Black? Di sapere cosa significava esserlo? No, lui era solo uno
stolto. Non avrei mai voluto un fratello. Non avrei mai voluto Sirius.
Io invece? Io ero un Black. O
cercavo di esserlo per quelli che chiamavo madre e padre.
Ero entrato in Serpeverde, ero portato per lo studio ed ero entrato a far parte
dal secondo anno nella squadra di Quidditch della mia casa. Ero cercatore, il
migliore come dicevano i miei compagni di squadra. Amici? Ne avevo
pochi, ma non li consideravo tali, stavano con me per passare il tempo e io lo
stesso. Ma io bramavo altro. Non avere un G.U.F.O o un M.A.G.O. no, il mio sogno era entrare a far
parte di Lui. L’unico che forse mi avrebbe accettato come suo
seguace, che mi avrebbe valorizzato. Insegnato la vera magia, quella da
usare su quei sporchi mezzi-sangue su quegli inutili
nati babbani che erano la feccia della nostra gente.
E infatti
un giorno accadde. Ero insieme ad uno dei miei amici,
Parkison. Era l’unico che infondo mi importava della
sua esistenza, era abile nella magia. Ero con lui e suo padre ci portò ad una
“loro” riunione. E Lui era li. Seduto su una semplice
sedia, ma era come se fosse su un trono. Il suo viso bianco i
suoi occhi rossi sangue. Quanto lo ammiravo, ero attratto dalla sua voce simile
a quella di un serpente ma che per me era profonda e forte. Ci guardò ad un
tratto e mi fece cenno di avvicinarmi, io eseguii l’ordine. Mi guardò, mi
osservò mi spogliò coi suoi occhi taglienti…
- Dimmi
ragazzo, qual è il tuo nome?-
- Regulus Arcturus Black,
Signore!-
- Oh, un Black. Titolo molto
puro a mio parere. Quanti anni hai?-
- Sedici-
- E dimmi, ti piacerebbe far
parte dei Mangiamorte?-
- Lei vorrebbe? Potrei?-
- Se,
sei un Black sarai all’altezza del tuo titolo. Dimostrami cosa sai fare…Andros,
porta qui il prigioniero, penso che sia arrivato il suo momento-
Un mangiamorte molto più basso di me sparì al suo ordine. E dopo pochi minuti apparì con un uomo anziano. Tremava
dalla testa in giù, si guardava ovunque ansante, spaventato a morte, mentre
tutti lo deridevano. Poi Voldemort mi fece un cenno…
-
Guardalo Regulus!
Questo mio prigioniero è un nato babbano, lavora al
Ministero sai? Ma ha fatto un po’ troppe mosse
sbagliate. Ha passato delle informazioni su di me e su diciamo, dei compiti
portati a termine…-
L’anziano a quelle parole
guardò Voldemort e urlò…
- TU SEI UN ASSASSINO! GLI
HAI UCCISI TU QUEGLI AUROR! VIGLIACCO!-
- Ahahaahah, ma sentitelo!
Quanto siamo coraggiosi Carter! Un uomo degno di
fiducia per il Ministro. Bene, ora assaporerai quello che si sono
meritati quegli Auror che mi cercavano e pensavano addirittura di sconfiggermi.
Regulus…-
- Si
Signore?-
- Figliolo, poni fine alle
sofferenze di questo omuncolo. Forza sai quello che devi fare…dammi prova che puoi diventare un
mio seguace!-
Tutti schernirono l’anziano
che mi guardava con espressione impaurita ma
speranzosa…Voldemort mi guardava sorridendo tranquillo, quasi affettuoso nel
suo modo…Si! Io ero un Black e volevo essere qualcuno, essere un suo servo.
Avrei fatto felice la mia famiglia e dimostrato a mio fratello quanto valevo. Guardai quell’uomo, estrassi la mia bacchetta dalla
tasca e la puntai contro di lui…
- AVADA KEDAVRA!-
Una luce verde uscì dalla
punta della bacchetta e lo colpì in pieno petto. Si accasciò morto con gli
occhi aperti. L’avevo fatto. Avevo adempiuto ad un ordine di chi ammiravo di
più al mondo. Ma allora perché mi sentivo male dentro?
Perché sentivo paura e rimorso. Ma questi miei
sentimenti vennero cancellati dalla risata di Voldemort…
- Ahahahaahahahaah!!! Niente male ragazzo!Aahahahah bella mossa, mi piaci. Mi
piace la tua freddezza nel compiere un uccisione. Ho
deciso! Farai parte del mio regno. Sei un Mangiamorte ora!-
Mi sentivo orgoglioso. Ero
suo. Solo suo. Uno di loro mi prese a forza il braccio destro e puntò la sua
bacchetta sulla pelle. Dalla punta uscì una cosa nera, che entrò nella mia
pelle. Sentii come un taglio, poi uno strappo e guardai il punto dolorante.
C’era un marchio: un teschio con un serpente che usciva dalla sua bocca…
- Quello
ragazzo, è il Marchio Nero. Il tuo marchio di appartenenza
a me! Ogni volta che io voglio qualcosa, il marchio pulserà e in cielo ci sarà
il segnale. Lo capirai da te!-
Da quella sera, la mia vita
era cambiata. I miei genitori alla notizia erano orgogliosi. Ma
mio fratello, mi prese a cazzotti e mi urlò “Sono schifato da te! Sei un essere
che per me non esiste più!”. Sinceramente la cosa non mi faceva ne caldo ne freddo. Ora ero qualcuno.
Lasciai la scuola a sedici
anni. Eseguivo ogni ordine che Voldemort mi impartiva,
erano solo piccole cose, come: catturare chi voleva, far saltare case cose del
genere. Ma io mi sentivo importante per lui.
Ma poi di li
a poco tempo sarebbe successo qualcosa, che mi avrebbe cambiato di colpo.
Mi avrebbe scombussolato,
rivoltato internamente.
Avrei incontrato LEI.
Fine 1° Capitolo