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Autore: Francy_92    06/10/2013    2 recensioni
What-if di Gaia che non proverà a curare le sue pene d'amore a Firenze, ma altrove. Nuovi incontri, nuove rivelazioni, alla fine anche un pò inaspettate!
Se vi interessa, date pure un'occhiata! ;)
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
- Questa storia fa parte della serie ''A true love story never ends''
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Buonasera :)
Qualche settimana fa vi avevo promesso una sorpresina. A causa di qualche problema e della mancata ispirazione che non mi ha più permesso di scrivere, ho abbandonato un pò il progetto :/ Comunque, stasera mi sono messa d'impegno e credo di aver scritto qualcosa di buono.
Come avrete sicuramente letto dall'anteprima si tratta di un what-if di Gaia e in LBIOS si colloca nel momento in cui lei scappa a Firenze per allontanarsi dai problemi con Andrea. Solo che in questo what-if lei non andrà a Firenze.
;)
Per l'idea devo ringraziare una fan <3 fatinaviola91.
Grazie per avermi dato l'opportunità di scrivere di nuovo di Gaia e Andrea ai tempi di LBIOS. Nonostante tutto, mi mancano e mi manca scrivere di quella storia, quindi, grazie ancora <3 Spero ti piaccia.
Il titolo viene dalla canzone di Sheryl Crow. Ascoltatela, perchè è molto bella.
A presto.
Francy <3

«Quando torni? E soprattutto dove sei?!»
«Tra qualche giorno. Ho bisogno di starmene un po’ da sola, per il momento. Non posso dirti dove sono»
«Gaia, ti prego. Stai facendo preoccupare tutti. Sei sparita nel cuore della notte, dopo aver litigato con Andrea. Pensavamo ti fosse accaduto qualcosa»
«No, sto bene. Ho soltanto bisogno di…»
«Stare da sola, si! Ma ti prego, ovunque tu sia, cerca di non cacciarti nei guai e chiama tua madre!»
Annuisco come se Serena potesse vedermi e la saluto, riagganciando subito dopo.
Faccio un respiro profondo ed esco dal bed and breakfast nel quale sto alloggiando, immergendomi nella caotica città di Londra.
Tornare qui dopo quello che è successo non era di certo la cosa migliore da fare, ma non so come, questo posto non mi ricorda più quello che ho fatto con Andrea.
Mi ricorda che avrò una vita qui.
Sono passati due giorni da… quella sera, e soltanto ieri Andrea mi ha scaricata!
Esatto, scaricata! È il termine giusto da utilizzare, visto che mi sono sentita un oggetto mentre mi rivolgeva quelle cattiverie.
Per lui sono stata soltanto un ripiego… l’attrazione del mese!
Si è divertito e adesso che è ritornato alla sua vita, non ha più bisogno di me, visto che ci sono tante altre ragazze con cui divertirsi.
A cosa gli servo io?
E pensare che credevo che stesse cambiando. Credevo che sarebbe stato diverso con lui una volta tornati. Ci speravo!
Purtroppo niente è andato come avrei voluto che andasse; quindi, eccomi qui.
Sono a Londra, cercando di rimettere in sesto un cuore un po’ malconcio.
Cercando di fare chiarezza e tornare con la mente serena e con lo spirito giusto per lasciarmi Andrea alle spalle.
Mi guardo intorno e qui sto bene. Credo di riuscire a farcela, ma se per un attimo, anche solo una frazione di secondo, mi guardo dentro, vedo quanto male sono messa e quanto sarà dura incontrarlo ogni giorno a scuola o in giro per la città, facendo finta di non amarlo, di odiarlo e tentando di evitarlo.
No, non riuscirò a lasciarmelo alle spalle.
Il ronzio emesso dal mio cellulare mi distrae dai miei pensieri e dalla vita frenetica di Londra.
Lo estraggo dalla tasca dei jeans e guardo il numero sullo schermo.
Mio padre.
Adesso riconosco il numero.
Faccio un respiro profondo e striscio il pollice sulla base dello schermo per rispondere.
«Gaia?» sento subito dire. È sorpreso. Non si aspettava che rispondessi?! Beh, nemmeno io.
«Si, sono io»
«Sei qui a Londra?»
Faccio un respiro profondo per calmarmi. Ci mancava soltanto lui adesso.
Non ho già abbastanza cose a cui pensare?
«Si. Ti ha chiamato mia madre?»
«Non sa dove sei andata. Sei scappata di casa senza nemmeno dire dove saresti andata»
«Magari perché non volevo essere raggiunta, telefonicamente e non, da nessuno. Voglio stare da sola»
«Ma cos’è successo?!» chiede preoccupato.
Di certo non andrò a parlargli dei miei problemi sentimentali.
«Problemi. Adesso devo andare»
«No, aspetta! Ti va di parlare un po’?»
«No. Ciao»
«Gaia, aspetta»
«Senti, io non voglio avere niente a che fare con te. Perché non mi lasci in pace e ritorniamo tutti quanti alle nostre vite?!»
«Perché sei da sola in una città molto grande. Potresti perderti o potrebbe accaderti qualcosa di grave»
«So badare a me stessa, ma grazie per l’interessamento. Lo consiglierò alla prossima figlia che metterai al mondo e che abbandonerai»
«Gaia, non fare così, per favore»
«Perché no?! In fondo non ti sei mai pentito di quello che hai fatto. Ne ho tutto il diritto. E adesso, scusami, ma devo andare!»
Non aspetto la sua risposta e riaggancio!
Maledizione!
Adesso mi manca soltanto una chiamata da parte di Andrea e poi posso dire addio alla mia settimana di finto relax.
Provo a calmarmi e svolto l’angolo di fronte a me, ritrovandomi in un’altra via molto affollata.
Decido di sedermi in un bar, ma la scelta è fra Costa, Starbucks e una caffetteria anonima.
Bene, optiamo per la terza! Meglio evitare i posti “contaminati”.
Mi siedo ad un tavolo all’esterno e mi porto le mani ai capelli, districandoli un po’ con le dita. Mi strofino gli occhi con le mani e faccio un respiro profondo. Mi sento distrutta fisicamente e psicologicamente.
Mi manca Andrea. Mi manca davvero tanto e mi odio per questo. Non voglio provare questo; voglio soltanto odiarlo o smettere di pensare a lui, perché fa male!
Fa dannatamente male.
Vorrei essere qui con lui. Farmi tenere ancora per mano da lui, essere coccolata fra le sue braccia o respirare semplicemente il suo profumo.
Dio, quanto mi manca.
«Cosa ti porto?» chiede qualcuno in inglese facendomi spaventare. «Scusa. Ti ho spaventata?» chiede ancora sorridendomi.
È un ragazzo. Alto, moro e con gli occhi verdi. E immediatamente mi viene in mente Andrea!
Sento le lacrime inondarmi gli occhi, ma resisto.
«No. Un caffè, per favore»
«Arriva subito» dice lui appuntando l’ordine sul suo blocco e andando via.
Mi porto le mani davanti gli occhi, lasciandomi sfuggire un singhiozzo.
Mi manchi, Andrea! Mi manchi da impazzire e ti amo. Ti amo troppo e non posso smettere, neanche dopo quello che mi hai fatto
Mi lascio sfuggire un altro singhiozzo e alcune lacrime mi scivolano lungo le guance.
«Tutto ok?» chiede il ragazzo di prima.
Annuisco e asciugo velocemente le lacrime. «Grazie» mormoro quando mi porge la tazza con il caffè.
«Posso farti compagnia?» mi chiede.
Lo guardo e poi guardo il locale. «Non dovresti lavorare?»
«Si, ma potrei anche dire al mio capo che ho finito il mio turno»
Gli sorrido e annuisco. Parlare con uno sconosciuto potrebbe farmi bene.
Non lo rivedrò mai più e lui si dimenticherà dei miei problemi.
«Bene. Torno tra poco»
«Ok» rispondo sorridendogli e bevendo un sorso di caffè.
Dio mio, è orribile!
Non credo che mi abituerò mai a questo sapore orrendo di acqua sporca!
«Eccomi qui! Adesso possiamo andare. Ti offro un caffè come si deve. Questo è proprio schifoso» dice porgendomi la mano e incrociando il mio braccio al suo.
«In effetti…» mormoro alzandomi e lasciando una banconota da cinque sterline sul tavolo.
«No, ho già fatto io»
«Ma non dovevi»
 «Si, invece! Oggi mi prenderò cura di te»
«L’ultima volta che qualcuno me lo ha detto, mi ha spezzato il cuore»
«Mi dispiace»
Alzo le spalle e sorrido. «Sono Brian, comunque» dice guardandomi.
«Gaia» rispondo.
«Sei italiana, quindi… mia sorella è nata in Italia»
«Si»
«E cosa ci fai qui?»
«Scappo» mi limito a mormorare sorridendo amaramente, ma quando intuisco dove sta andando lo fermo. «Non posso entrare in quel posto»
«Perché no?! Hai rubato lì dentro?!»
«No, ma fa parte di quella storia del cuore spezzato»
«Oh… beh, allora andiamo di qua» dice indicando lo Starbucks.
«No, nemmeno lì»
«Si può sapere che cosa ti è successo?!»
«Ci sono stata con il mio… ex e neanche tanto tempo fa»
«Per questo sei così distrutta»
Molte grazie.
«Si, mi ha lasciata ieri»
«Accidenti. Non pensavo da così poco»
Annuisco e schiarisco la voce, provando a far andare via il groppo alla gola. È dolorante. Mi fa male e sento il bisogno impellente di piangere!
«Allora, facciamo una passeggiata e prendiamo un caffè in un altro posto?»
Accetto e cammino al suo fianco, dimenticando che sono in compagnia di un perfetto sconosciuto!
Potrebbe essere anche un depravato e io ci sto uscendo in giro per Londra.
Devo dire che, ultimamente, i guai me li vado a cercare da sola!
«Allora… Ti va di raccontarmi quello che è successo?» chiede dopo qualche minuto di silenzio.
Lo guardo, guardo davanti a me e faccio un respiro profondo «Non sei costretta, ma se parlarne con uno sconosciuto potrebbe aiutarti, perché non approfittarne?»
«Si, ma ricordare tutti i momenti felici… non so se reggerei»
«Allora non parlarne. Non voglio farti stare male»
«Mi ha lasciata dopo avermi usata come giochino durante la nostra permanenza qui in Inghilterra» dico, buttandomi.
«Ah…»
«Il tutto è durato tre settimane, più  o meno. Sono state le tre settimane più belle della mia vita, nonostante gli alti e i bassi, ma mi sono innamorata e adesso sono in un guaio serio, molto serio»
«Non riesci più a dimenticarlo, vero?»
«Mi sembra impossibile farlo»
«Ci riuscirai. Serve soltanto tempo. Il tempo guarisce tutto»
«Tu dici?»
«Si, ma ti direi anche di non ascoltarmi, perché anche io soffro per amore e questa cosa dura da un anno e mezzo ormai»
«E non l’hai mai dimenticata?»
«No, infatti»
«Non ho speranze, allora…»
«L’unica cosa che può renderti felice è incontrare un’altra persona che ti apprezzi come lui non ha saputo fare»
«Non credo di sentirmi pronta per un’altra relazione»
«Anche io ho detto la stessa cosa, ma da qualche settimana mi vedo con una ragazza e posso dirti che sto meglio. Il vuoto che senti scompare, il cuore non ti batte all’impazzata perché lo stai pensando e non ti salgono le lacrime agli occhi ogni volta che vedi o pensi a qualcosa che lo riguarda»
«Vorrei che fosse così semplice»
«Lo è, Gaia… dipende tutto da te. Pensa a tutto il male che ti ha fatto e buttati in un’altra storia. Devi andare avanti»
«Lui lo sta già facendo, forse dovrei concentrarmi su questo»
«Non deve essere un modo per punire lui… deve essere la tua via di guarigione e se questa strada comprende anche un altro ragazzo, meglio per te»
«E se facessi entrambe le cose? Se lo punissi e io guarissi?»
«Sarebbe perfetto, ma per prima cosa devi pensare a te. Devi disintossicarti da lui, perché a quanto pare sei molto presa, ancora.. nonostante tutto»
«Già, ancora…»
Mi guardo intorno e mi rendo conto che forse incontrare un altro non sarebbe poi una cattiva idea.
Anche se non mi sento ancora pronta devo farlo per me stessa, perché l’idea di uscire a divertirmi, di fare tante cose per togliermi Andrea dalla mente, non sembra così terapeutica come frequentare un’altra persona e concentrarsi totalmente su di essa.
Forse può funzionare. Forse no…
All’improvviso, Brian estrae il suo cellulare e comincia a parlare con qualcuno.
«Tutto ok?» gli chiedo dopo che ha riattaccato.
«Devo raggiungere una persona. Ti va di accompagnarmi?»
«Forse è meglio che io ti liberi dalla mia deprimente presenza. Grazie per il tuo supporto»
«Ma stai scherzando? Mi fa piacere avere la tua deprimente presenza. Puoi venire con me. Ti devo ancora un caffè»
Sorrido e annuisco «Ok, andiamo»
Durante il tragitto per non so dove parliamo un po’ delle nostre vite. Di quello che facciamo e di quello che vorremmo fare da grandi.
Mi rendo conto di avere molto in comune con questo ragazzo e mi piacerebbe continuare a sentirlo anche dopo questa folle fuga dalla mia vita.
«Siamo arrivati» mi informa dopo un po’.
«Chi dobbiamo incontrare?»
«Mio padre. Deve consegnarmi le chiavi di casa prima che parta»
«Dove va?»
«Parigi. Con mia madre. È il loro anniversario questa settimana»
«Che carini…» mormoro evitando di pensare ad Andrea.
«Brian!» qualcuno lo chiama da lontano «Ciao figliolo» dice di nuovo e, quando mi volto, resto di sasso. «Ciao Gaia»
Non può essere.
«Vi conoscete?» chiede Brian guardando me e suo padre.
«Lei è tua sorella»
«No…» mormoro con le lacrime agli occhi. Sono sconvolta… ho raccontato tutta la mia vita al figlio di mio padre; quel padre che mi ha abbandonata a sette anni.
«E’ bello vedervi insieme» dice lui sorridendo imbarazzato.
«Non dirlo!» mormoro a denti stretti. Sono arrabbiata. Anzi, no. Furiosa! Con tutte le persone che ci sono a Londra proprio lui dovevo incontrare?! Proprio l’altro figlio di mio padre?!
«Grazie per la passeggiata» mormoro a Brian, poi mi volto a mio padre. «Addio»
«Gaia!» urla mentre corro via da qualsiasi parte, purché sia lontano da lui.
Purtroppo Brian riesce a fermarmi chiedendomi di restare «No, mi dispiace. Non è semplice per me parlare in questo momento con te, sapendo chi sei»
«Mi dispiace tanto… non ti avrei portata qui se avessi saputo»
Gli sorrido cercando di rassicurarlo «Lo so» mormoro e mi volto sperando che non mi fermi di nuovo.
Non ho nulla contro Brian, ma non potevo restare ancora con lui sapendo chi è suo padre.
Chissà perché avevo sperato che questo soggiorno a Londra mi avrebbe aiutata a rilassarmi! Che illusa che sono!
 
Sono qui da tre giorni e, per fortuna, non sono stata contattata da nessuno, specialmente da mio padre.
In questi giorni ho passeggiato molto per Londra, cercando di non perdermi e cercando anche di ritrovare la serenità che avevo prima di… lui! Andrea…
Con tutto quello che mi è successo il primo giorno, non ho avuto modo di pensare a lui. Per fortuna, direi…
Solo che adesso che le acque con mio padre si sono calmate, sono ritornata al punto di partenza.
Mi manca Andrea e non c’è niente che io possa fare.
All’improvviso qualcuno bussa alla porta della mia camera «Servizio in camera» urla qualcuno dall’altro lato.
Mi alzo dal letto e vado ad aprire; ma non è chi mi aspettavo di trovare ad attendere che io aprissi la porta.
«Che cosa ci fai qui?»
«Volevo parlarti» risponde lui mentre io mi guardo intorno, sperando di non trovare anche mio padre. «Tranquilla, sono venuto da solo»
«Come mi hai trovata?» chiedo entrando in camera e lasciando la porta aperta per far entrare anche Brian.
«Ho fatto qualche ricerca e ispezione sul luogo. Non ti ho trovato in nessun’altro bed and breakfast della zona. Questo era l’ultimo della lista»
Ecco perché quei due giorni di tregua.
«Pensavo fosse la cameriera»
«Si, in effetti, ha bussato lei, ma le ho detto che avresti mangiato fuori»
«Capisco…»
«Senti… So che tu ce l’hai con nostro padre. So che ha fatto molto male sia a te che a tua madre, mi dispiace davvero tanto, però tutti noi vorremmo che tu entrassi a far parte della nostra famiglia, con tua madre, ovviamente»
«Brian, io non posso pensare anche a questo, per il momento. Ho già troppo casino nella mia testa per pensare anche a questo problema»
«Ti riferisci alla tua storia con quel ragazzo?»
«Si! Mi riferisco proprio a lui»
«E’ un idiota. Io non farei mai scappare una ragazza come te»
«Lo è… ma sono più idiota io ad essermi innamorata di lui e adesso non riesco a togliermelo dalla testa»
«Lo so… ne abbiamo parlato quel giorno e a proposito di questo… mi dispiace se abbiamo insistito nel farti restare l’altro giorno. Capisco che ancora non sei pronta per affrontare papà»
«No, infatti»
«Va bene. Ma almeno noi possiamo sentirci?»
Gli sorrido e mi avvicino; mi alzo sulle punte dei piedi e lo abbraccio «Mi farebbe piacere»
«Bene» risponde lui sorridendomi. «Quindi siamo fratelli»
«Così sembra…» mormoro sospirando e sedendomi a gambe incrociate sul letto.
«E io che pensavo di aver incontrato una qualsiasi sconosciuta»
«Strano. Io pensavo lo stesso» rispondo facendo ridere entrambi.
«Siamo soltanto io e te?» chiedo dopo un po’. Il mio è un vago tentativo di sapere se ci sono altri fratelli.
«Vuoi sapere se sono figlio unico oltre te?»
«Credo di si»
«Si chiama Charlotte»
«Oh…» ha avuto un’altra femmina. «Quanti anni ha?»
«Ne compie dodici a gennaio»
«Capisco. Tu, invece?»
«Io ne ho ventuno»
«Avevi tre anni, quando se ne è andato»
«Si. Non ricordo molto di quel periodo»
«Nemmeno io. Anzi, credo di aver voluto rimuovere volontariamente quei ricordi. A volte penso a cosa sarebbe successo se mi madre non fosse rimasta incinta. Di sicuro, io adesso non soffrirei come un cane per un deficiente»
«Ma io non avrei trovato una sorellina della mia stessa età, quasi…»
Gli sorrido e tiro le maniche della maglia per proteggermi dall’improvviso gelo che sento da dentro «Non avrei trovato un fratello maggiore e sarebbe stato un peccato» rispondo guardandolo.
«Se vuoi lo pesto quel tizio»
«Se mi serve aiuto ti chiamo, grazie» dico sorridendo.
«Mi hai detto che il prossimo anno verrai a studiare qui»
«Si, infatti. Non vedo l’ora»
«Passeremo molto più tempo insieme, se ti va»
«Certo che mi va. Anzi, sarebbe fantastico»
«Bene. Così posso presentarti qualcuno»
«Quando parti?» mi chiede guardando la valigia accanto al letto.
«Tra due giorni»
«Magari tra qualche settimana vengo a trovarti»
«Ma non devi lavorare?»
«Si, ma posso prendermi qualche giorno. Non preoccuparti»
Annuisco e, visto che i nostri argomenti, fino ad ora non sono stati molto felici, parliamo dei nostri amici. Peccato che Serena sia impegnata, altrimenti sarebbe stata una compagna perfetta per Brian.
 
Sono a casa da qualche giorno ormai.
Mia madre sembra aver ritrovato la tranquillità. Beh, in effetti, le ho fatto prendere un colpo non facendomi sentire per una settimana.
In questi giorni trascorsi a scuola, dopo il mio rientro, per fortuna non ho incontrato Andrea, ma in compenso ho incrociato più e più volte Giorgio. Ogni tanto l’ho sorpreso a osservarmi e molte volte ho avuto l’impulso di dirgliene quattro, ma mi sono trattenuta.
Per fortuna ho il supporto, seppur da lontano, di Brian. In questi giorni si sta comportando come un vero e proprio fratello maggiore e ne sono più che felice.
Sono contenta di averlo conosciuto e di aver instaurato questo rapporto.
Purtroppo, la mia fuga a Londra non mi è servita a tenermi lontani i guai, ovvero tutto quello che potrebbe essere collegato ad Andrea, perché sono appena stata convocata in aula magna dalla mia professoressa di inglese e suppongo ci siano anche tutti gli altri, visto che quasi sicuramente riguarderà qualcosa che abbia a che fare con il nostro soggiorno in Inghilterra.
Per mia sfortuna non ho potuto evitare l’inevitabile e quindi sono costretta ad andare.
Entro in aula magna, mi guardo intorno e mi appoggio alla parete evitando certi sguardi, perché so che qualcuno mi sta fissando proprio adesso.
Mi sto ancora guardando intorno, cercando di capire per quale motivo siamo stati tutti convocati, quando vengo attratta da un paio di occhi verdi.
I nostri sguardi si incrociano, ma sono io ad abbassare subito lo sguardo. Mi fa male guardarlo così perché vorrei soltanto saltargli addosso e abbracciarlo.
Abbracciarlo e baciarlo e dirgli che mi manca da morire e che lo amo.
Meglio reprimere certi desideri.
Faccio un respiro profondo e mi siedo. Magari i ragazzi che sono seduti tra me e lui mi impediranno di guardare verso la sua direzione.
«Ferrari…» sento dire alla Vietti.
Non mi sono resa conto di essermi persa metà del discorso della mia professoressa.
«Congratulazioni. Hai superato l’esame con il massimo» continua a dire mentre lui si alza e raggiungere la professoressa che gli porge l’attestato.
Ah ok… stanno consegnando i diplomi.
«Grazie» risponde lui e, voltandosi per ritornare al suo posto, ci guardiamo di nuovo.
Stavolta gli sorrido, congratulandomi silenziosamente con lui per il risultato eccellente che ha ottenuto.
Evito di soffermarmi alla sera in cui abbiamo studiato insieme, altrimenti comincerei a piangere e sarebbe un disastro.
Nel frattempo la Vietti ha consegnato altri due diplomi e poi ha chiamato me.
«Brava Gaia. Ti hanno mandato anche questo» mi dice mentre io mi alzo e, sistemandomi la maglia, la raggiungo.
Mi porge il mio diploma, insieme ad una busta più grande, ma sono l’unica, almeno tra quelli a cui è stato consegnato il diploma, ad aver ricevuto questa busta.
La apro quel tanto che basta a guardare dentro e scorgo una busta da lettera.
«Una lettera?» chiedo sorpresa.
«Hanno detto che è per l’alunna più meritevole» spiega la Vietti.
«Grazie» rispondo in imbarazzo. Chiedo se posso andare via e, al consenso della mia insegnante, scappo fuori dall’aula. 
Da quello che ho capito si tratta di una lettera da parte di mio padre, insieme a qualche altra cosa mandata dal college e, anche se una parte di me vorrebbe leggerla, l’altra vorrebbe gettarla via nella spazzatura.
«Gaia!!»
Sento qualcuno urlare il mio nome, ma so di chi si tratta. Faccio finta di non averlo sentito e continuo a camminare.
Purtroppo per me, riesce a prendermi per un braccio.
«Per favore, lasciami andare» mormoro cercando di non fargli capire quanto mi sta uccidendo averlo così vicino dopo quello che è successo.
Questa è la prima volta che ci vediamo da quando mi ha lasciata e fa male…
Non pensavo potesse essere così doloroso.
«Mi dai la possibilità di scusarmi?» chiede con mia grande sorpresa.
«Per cosa? Non ha più importanza ormai. Mettiti l’anima in pace. È finita»
Mettitela anche tu l’anima in pace, Gaia” dico a me stessa.
«No, non dire così»
«E’ la verità. Perché non dovrei dire così?» gli chiedo guardandomi qualche secondo intorno, cercando la forza necessaria che mi serve per allontanarmi da lui. Ma per un breve istante, come poco prima in aula magna, i nostri occhi si trovano e mi fa stare male il pensiero di non poterli più guardare.
Mi lascio andare una risata triste e, passandomi una mano fra i capelli, come a voler scacciare questi pensieri, mormoro «Devo tornare in classe»
«Grazie per il tuo aiuto» dice.
Ci guardiamo ancora per qualche secondo. Forse le nostre menti sono andate a quella sera di due mesi fa; a quella stanza. A quella notte.
Ferita, ancora, mi libero dalla sua mano e me ne vado.
Questo non ci voleva, accidenti!
Ho già troppe cose a cui pensare. Andrea dovrebbe restare chiuso in un angolino e non tormentarmi.
Me ne ritorno in classe con un peso sul cuore e sulle spalle. Mi sembra di avere il peso del mondo addosso.
La lettera di mio padre, la scelta del mio futuro e, per di più, l’intera situazione con Andrea.
Decido, almeno per il momento, di non pensare a quello che tengo tra le mani.
Ci penserò una volta tornata a casa.
 
«Com’è andata in aula magna?» chiede Serena mentre siamo sedute sul muretto durante la pausa.
«Direi bene. Hanno consegnato gli attestati»
«Sei tornata un po’ scossa. Sicura di stare bene?» mi chiede ancora la mia amica, guardandomi attentamente.
«Certo. Stai tranquilla» la rassicuro sorridendole. Non ho ancora detto a nessuno della lettera. Devo prima vedere di cosa si tratta. E non le dirò nemmeno dell’incontro con Andrea perché sono stufa di sentirmi dire sempre le stesse cose. Ovvero che le dispiace e che ha fatto un grosso errore e che prima o poi se ne pentirà e ritornerà da me e che io non devo perdere le speranza.
Ipocrisia, penso che sia, ma se la fa stare meglio dirmelo, allora va bene. So che starò bene un giorno di questi; magari mi sveglierò una mattina e tutta la faccenda con Andrea sarà soltanto il passato e magari non mi verrà più il groppo in gola.
Mentre penso a quello che è successo durante quei minuti con Andrea Serena comincia a parlare di non so che cosa ma sono troppo concentrata a fissare l’oggetto del mio dispiacere per capire le sue parole.
«Chi l’avrebbe mai detto che un giorno mi sarei trovato di nuovo in un liceo pieno di ragazzini e soprattutto a sorvegliare la mia sorellina»
Mi volto di scatto e, con mia grande sorpresa, vedo Brian con i suoi amici.
«Oh mio dio!» urlo balzando in piedi e correndo verso di lui.
«Ma chi sono?» sento chiedere ad una delle mie compagne, ma sono troppo felice di vedere mio fratello per passare alle presentazioni.
«Che cosa ci fai qui?» gli chiedo abbracciandolo forte.
«Non sei contenta di vedermi?»
«Ma certo che lo sono» gli dico mentre lui mi rimette giù. «Ma pensavo venissi la settimana prossima.
«Volevo farti una sorpresa e poi mancavi ai miei amici» spiega lui, mentre ad uno ad uno saluto i suoi amici. Lucas, Antony, Sean e Christopher.
«E’ bello vedervi, ragazzi!»
«Anche per noi» dice Antony.
«Allora… come stai?» mi chiede Brian.
«Diciamo bene. Oggi ho ricevuto della posta»
«Per caso è una lettera da parte di nostro padre?»
«Si, esatto, ma non l’ho ancora letta»
«Non so di cosa parla. Non posso aiutarti»
«Lo farò più tardi. Adesso devo stare con il mio fratellone» gli dico ritrovando il sorriso e abbracciandolo di nuovo.
«Ehm, Gaia?» mi chiama qualcuno e mi volto di scatto.
«Oh, scusa!» esclamo ridendo. «Brian, ragazzi… questa è la mia migliore amica Serena» dico in inglese. «Serena» aggiungo, invece, in italiano «Ti presento Brian, mio fratello e i suoi amici»
Tutti si presentano e, mentre i ragazzi fanno amicizia con le mie compagne io mi allontano con mio fratello.
«Come stai? A parte la lettera di papà»
Sorrido tristemente e lo guardo «Non tanto bene a dire il vero»
«Sempre per quell’idiota?»
«Si» mormoro passeggiando accanto a lui.
«Mi dici chi è? È qui?»
«E’ seduto sul cofano di quella macchina nera»
«E’ il tipo biondo con l’aria da bulletto?»
«Si, esatto. Lui» mormoro in un sospiro.
«Ti ha proprio fatto soffrire, eh?»
«Già… Non vedo l’ora di diplomarmi per andare via da qui»
«Vuoi che gli dia una lezione?» chiede guardando verso Andrea.
Anche io guardo nella stessa direzione, per rendermi conto, tardi, che lui ci sta già fissando.
«No. Non ne vale la pena. Non servirebbe a nulla» mormoro guardandolo ancora.
«Potremmo fare una cosa, però»
«Ovvero?»
«Mai sentito parlare di gelosia?»
Scoppio a ridere, mentre lui mi circonda le spalle con un braccio, attirandomi a se e baciandomi la fronte.
«Non ti merita. Troverai sicuramente di meglio»
«Ne sono sicura, solo che adesso è un po’ difficile da credere»
«Lo so, ti capisco. Andrà sempre meglio, non temere»
Annuisco e lo abbraccio, infischiandomene degli sguardi di tutti i ragazzi.
Sto abbracciando mio fratello.
 
«Ehi!»
Continuo a camminare per la mia strada, sistemando la borsa sulla spalla.
«Gaia! Dobbiamo parlare»
«Ah si? E di cosa?» chiedo voltandomi di scatto e fermandomi davanti ad Andrea.
«Chi è quel tipo?»
«Non sono affari tuoi, quindi, non hai il diritto di chiedere»
«Si invece»
Faccio fatica a trattenere le risate, ma tra poco gli rido in faccia «Hai una bella faccia tosta a dirmi che questi sono affari tuoi»
«Stai uscendo con quel tizio?»
«Te lo ripeto. Non. Sono. Affari. Tuoi»
«Dai, Gaia. Ti prego»
«Cosa Andrea? Non stiamo insieme e non chiedermi niente! Ritorna dai tuoi amici. Io ritorno dai miei» gli dico guardandolo di traverso e allontanandomi. Raggiungo Brian e gli altri che mi aspettano al tavolo che Serena ha prenotato per questo sabato sera.
«Finalmente! Dov’eri?»
«Scusate. Mi ha fermata Andrea» spiego alzando gli occhi al cielo.
Stranamente, da quando mio fratello è qui passo molto meno tempo ad essere triste per Andrea e sono felice di questo, anche se ho paura che, una volta tornato a Londra, io ritornerò ad essere la ragazza triste e depressa di prima.
«Non pensarci. Adesso ci divertiamo!» esclama Brian alzandosi per attirare l’attenzione della cameriera.
Bene, stasera si beve e la cosa mi piace!
«Abbiamo scatenato la sua gelosia, vero?» chiede Brian mentre gli altri sono al centro della pista per ballare.
«Direi proprio di si»
«Scommetto che voleva sapere chi fossi e se stai uscendo con me»
«Indovinato» dico bevendo il mio cocktail.
«Scommetto anche che tra qualche minuto viene qui a spaccarmi la faccia»
«Perché?!» chiedo.
«Perché ci sta fissando. Anzi, sta fissando te, ma sta trucidando me con lo sguardo»
«Ignoralo. Non merita le nostre attenzioni. Almeno per questa sera non ci voglio pensare»
«Ben detto, sorella! Adesso concedi al tuo fratello un ballo»
«Andata!» esclamo e alzandomi per raggiungere Serena e gli altri in pista.
In mezzo a tutti gli amici di Brian mi sto divertendo da matti. Sono felice di averli conosciuti e sono felice di aver instaurato questo rapporto con mio fratello.
«Ti voglio bene» sussurra al mio orecchio mentre balliamo abbracciati, nonostante la musica non lo preveda.
«Te ne voglio anche io» sussurro asciugando una lacrima.
«Ehi… perché stai piangendo?» chiede accarezzandomi una guancia.
«Non voglio che tu vada via. Voglio che tu rimanga qui o che mi porti con te»
«Nemmeno io voglio lasciarti a tutto quello che sopporti ogni giorno, ma devi resistere ancora qualche mese e poi verrai a Londra. Sono sicuro che starai meglio»
«Mi mancherai tanto fratellone» mormoro abbracciandolo di nuovo e lasciandomi andare alle lacrime.
«Giù le mani dalla mia ragazza!» esclama qualcuno tirandomi via da Brian.
«Che diavolo di problemi hai, si può sapere?!» chiede Brian in italiano.
«Andrea! Vattene!»
«No! Chi è?! Non puoi stare con lui!» urla indicandolo con un dito.
«No! Chi sei tu per dirmi che non posso stare con lui?! Sei stato tu a mollarmi. Posso stare con chi voglio io» grido a mia volta fingendo che Brian non sia mio fratello.
«Devi lasciarla in pace!» gli suggerisce Brian prendendomi per mano e portandomi via mentre i nostri amici ci seguono.
«Accidenti, no!» urla ancora Andrea afferrando Brian e colpendolo in faccia con un pugno.
«Andrea! Smettila!!» Cerco di fermarlo, ma non ci riesco.
«Devi. Stare. Lontano. Da. Lei!» gli urla ad ogni pugno.
«Andrea! Fermati immediatamente. È mio fratello!!» urlo rivelandogli la vera identità di Brian.
Ottengo l’effetto sperato. Andrea si ferma ansante e con la mano gonfia, mentre Brian sembra non essersi fatto granché.
«Stai bene?» gli chiedo aiutandolo ad alzarsi.
«Si, non preoccuparti» risponde guardando di traverso Andrea. «Soltanto adesso la definisci la tua ragazza?» gli chiede ricordando il modo in cui mi aveva chiamata prima Andrea.
«Non sono affari tuoi»
«Si, invece. Lei è mia sorella e tu le stai facendo del male, quindi sarei dovuto essere io a prenderti a pugni, ma lei ti ama quindi se mi dice che per il momento non occorre picchiarti non lo farò. Adesso vado a sciacquarmi il viso e voi due parlate!»
Guardo sconvolta Brian per quello che ha appena detto davanti ad Andrea e a quasi tutto il locale.
Quando mi riprendo, noto lo sguardo dispiaciuto di Andrea, ma non ho voglia di starlo a sentire al momento.
Afferro il cappotto e la borsa ed esco fuori, mentre, con uno scatto, anche lui mi raggiunge. «Gaia…»
«No, lasciami in pace»
«Ti prego…»
«No! Ti prego io, Andrea! Lasciami. In. Pace!»
«Dobbiamo parlare…»
«Non abbiamo niente da dirci. Adesso sai chi è Brian. Puoi stare tranquillo. Non c’è ancora nessuno che è riuscito a farmi dimenticare di te»
«Vuoi dire che potrebbe esserci?»
«Ti importa qualcosa? Devo farlo, Andrea! Devo dimenticarti e se stare con un altro riuscirà a farlo, allora si, potrebbe esserci»
«E se volessi essere io quel qualcun altro?»
«Non mi pare che tu abbia cambiato idea rispetto a qualche settimana fa» gli faccio notare.
«Ti ho mentito…»
«Appunto» mormoro voltandomi per ritornare dentro il locale.
«Non mi riferisco a quello che ti ho appena detto»
«E a cosa allora?» chiedo restando di spalle.
«Ti mentivo quando dicevo che…» lo sento respirare profondamente e schiarirsi la voce «Che ti volevo bene»
Mi volto di scatto e per poco non scoppio a piangere «C’è mai stata una cosa vera in tutto quello che mi hai detto in quelle settimane?! Una soltanto!» dico con rabbia.
«Aspetta… Fammi finire. Già per me è difficile dirti quello che sto per dirti. Non rendermi le cose più complicate»
«Non voglio più ascoltarti. Finiresti per ferirmi di più»
Mi volto di nuovo per andarmene ma le sue parole fanno fermare il mio cuore «Ti amo» gli sento dire.
Adesso il mio povero cuore batte più veloce che mai. Mi volto e, piano, mi avvicino a lui. «Non ti volevo semplicemente bene; ti amavo. Ero troppo stupido e anche troppo codardo per ammetterlo a me stesso e a te»
«Non è vero… stai mentendo» mormoro. Non penso veramente che lui stia mentendo, ma ho paura che lo stia facendo soltanto per riavermi con sé e avere di nuovo la possibilità di ferirmi.
«No, sai che non è così. In fondo al tuo cuore, sai che ti sto dicendo la verità» Si avvicina, accarezzandomi entrambe le guance.
A quel tocco chiudo gli occhi e mi lascio andare alle lacrime. Ho desiderato tanto sentire queste parole o sentirlo semplicemente così vicino che adesso mi sembra quasi un sogno.
«E’ che ho paura che tu mi stia mentendo» confesso continuando a tenere gli occhi chiusi.
«Ho mentito quando ti ho detto che quelle settimane erano un gioco. Ma non ti sto mentendo su questo. Te lo giuro. Ti amo, ti amo da impazzire. Credimi. Credimi, ti prego»
Lascio andare i singhiozzi e lo abbraccio, mentre lui mi stringe forte al suo corpo.
«Mi sei mancata tantissimo»
Annuisco e lo stringo ancora più forte. «Mi sei mancato anche tu»
«Mi dispiace averti causato tutto questo dolore, ma mi hai fatto arrabbiare tantissimo quella sera»
«Basta! Non voglio più ricordare quello che è successo. Voglio stare con te, adesso!»
«Anche io. Non importa quello che diranno gli altri»
«Ti amo Andrea» mormoro.
«Ti amo anche io, Gaia» sorrido con le lacrime agli occhi e, nello stesso istante, ci avviciniamo per baciarci.
Mi ama e intendo crederci.

 
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Eccoci qui :)
Spero davvero tanto che queste pagine (14 su word o.O) vi siano piaciute.
Mi sono resa conto che, qualsiasi cosa io scriva su Andrea e Gaia (non proprio qualsiasi cosa, ma la maggior parte) il loro destino è quello di stare insieme, perchè alla fine di tutto tornano sempre insieme, quindi, credo che il titolo del sequel, "There'll be a place for us", è azzeccato, no? xD
Comunque, per chi volesse leggere o rileggere "Let's blame it on September" (la prima parte della storia di Gaia e Andrea) può farlo
QUI.
Per il sequel, invece, "There'll be a place for us", potete andare
QUI.
Spero davvero continuerete a seguirmi :) Anche sul mio gruppo facebook
FrancyEFP.

Buonanotte :)
Francy <3

PS: il capitolo 34 di "There'll be a place for us" non lo pubblicherò più giovedì 17, ma venerdì 11 ;)

 
   
 
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