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Autore: superstition    07/10/2013    1 recensioni
Quando non hai più una ragione di vita cosa puoi fare se non saltare?
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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26 Novembre 2012, Studio di Psicologia, ore 16,27.

- Hai preso le pastiglie?
Parole che scorrono come un fiume. Sempre le stesse frasi.
- Si, ho preso le pastiglie.
Il dottor Dumborg si sistema gli occhiali sul naso. 
Una mosca vola per la stanza, vicino alla lampada a neon. 
La lancetta dell’orologio fa tic tac, tic tac, tic t...
- Zayn? Ci sei?
Il dottore sta bussando sulla bolla che ho creato intorno a me. A volte è utile quella bolla, quando voglio isolarmi dal mondo. La bolla è appena esplosa.
Torno alla realtà.
- Si. Sono qui.
- Pensavi a lei?
Si, pensavo a lei - No.
Il vecchio sospira perchè io non sono capace di mentire e lui lo sa. 
Ormai quando penso a lei non ci faccio nemmeno caso. E’ come respirare, lo facciamo automaticamente e non ce ne accorgiamo neanche. 
La mosca ronza.
L’orologio fa tic tac.
Il dottor Dumborg si sistema sulla sedia, sporgendosi verso il lettino dove sono sdraiato.
Io fisso il soffitto.
- Zayn, devi andare avanti.
Devi andare avanti, devi dimenticarla, devi lasciarti tutto alle spalle, devi ascoltarci, devi fare questo, quest’altro, basta essere depresso/infelice/triste/nostalgico/arrabbiato, devi essere soddisfattodellatuavita/spensierato. 
Parole che non hanno nè capo nè coda.
- ..perchè sono passati anni ormai e tu non.. -
Sta ancora parlando? Incredibile.
- ..non ha senso questo tuo atteggiamento di rinunc.. - 
La mosca vola troppo vicino alla lampada a neon, si sente un bzz e muore.
Il dottor Dumborg sta ancora parlando (“dovresti ascoltare, parlare, comunicare”) quando lei entra nella stanza.
Jesy è bellissima, come sempre. E’ un piccolo angelo, avvolta nel vestito bianco che aveva indossato quella volta in cui l’avevo portata al mare.
Fluttua al centro della stanza, sorride e mi guarda. Le sorrido.
Jesy è la mia felicità.
Jesy è la mia ragazza.
Jesy è meravigliosa.
Jesy è dolce.
E’ simpatica.
E’ intelligente.
E’ perfetta.
Jesy è un fantasma, e io sono l’unico che può vederla.



26 Novembre 2012, Casa Malik, ore 18,14.
Lancio la pallina contro il muro.
Rimbalza e mi torna in mano.
Lancio la pallina contro il muro.
Rimbalza e mi torna in mano.
Lancio la pallina contro il muro.
Rimbalza e cade per terra.

Qualcuno bussa alla porta.
Mia mamma.
- Zayn va.. Va tutto bene?
No. - Certo.
Non la riesco a guardare, per cui fisso il muro come ho fatto negli ultimi due anni, da quando c’è stato l’Incidente.
Lei sa che non sto bene. Lei non sa cosa fare. Annuisce incerta ed esce dalla stanza. 
Non la biasimo, nemmeno io saprei cosa fare con me.
Lancio la pallina contro il muro.
Rimbalza e mi torna in mano.
Ricordo bene il giorno dell’Incidente. Quel giorno è morta lei e si è portata via il mio cuore.
La gente pensa che io sia pazzo perchè vedo i fantasmi. Ma io non vedo i fantasmi. Io vedo solo Jesy. E mi credono un matto per questo.



“Ti sposerò, Zayn”
“Chi ti dice che io lo voglia?” Sorrido. Jesy scoppia a ridere e mi tira un leggero pugno sul braccio. Io le scompiglio i capelli, perchè so che odia quando lo faccio. “Anche se non vorrai ti sposerò comunque” dice. So che lo farebbe davvero. “Non puoi farlo, ti denuncerò prima” “Mi manderesti in prigione?” Fa una faccia sconvolta. “Esattamente. Poi picchierei un poliziotto e finirei in cella con te” rispondo con tono indifferente. Le scocco un bacio sulla fronte. “Che cattivo ragazzo, Zayn Malik”


Mi ritrovo con le guance bagnate.
Avremmo dovuto sposarci.
Avremmo dovuto sposarci!
Qualcosa di vetro finisce contro il muro e va in mille pezzi. 
Un libro viene scaraventato per terra.
Dei fogli sono strappati.
Una scheggia si conficca nella mia mano destra.
Dei passi salgono le scale e mia madre bussa alla porta, che però è chiusa a chiave da quando se n’è andata, poco fa.
Mia madre cerca di aprire la porta. - Apri! Zayn, apri la porta!
Io distruggo tutto ciò che trovo.
Distruggo tutto quanto fino a quando sono completamente vuoto.


Jesy, noi dovevamo sposarci.
Una mano mi accarezza il collo e la testa di Jesy si appoggia sulla mia spalla.
Restiamo in silenzio a guardare la camera distrutta.
- Jesy..
- Zayn.
- Jesy.
Le dò un bacio in mezzo ai capelli. Ora la stanza profuma di zenzero.
Profuma di Lei.
- Mi manchi tanto..
Non mi accorgo di avere iniziato a piangere finchè la sua mano mi asciuga una lacrima. - Mi manchi tanto anche tu, amore mio - dice la sua voce perfetta.
- Perchè gli altri non possono vederti e io si?
- Te l’ho già detto, Zayn..
- Perchè?
- Gli altri vedono con gli occhi, non con il cuore - ...
Lei mi bacia sulla guancia e svanisce. 
L’odore di zenzero se ne va.




 
26 Novembre 2012, Undicesimo piano del Christies Building, ore 23,51.
La città è sveglia.
Di solito a quest’ora Jesy dormiva già. Se ero in giro con i ragazzi passavo davanti a casa sua e stavo lì davanti un’ora, ma la luce della sua camera restava spenta.
Mi appoggio alla ringhiera e guardo giù.
Auto, gente, luci, auto, gente, luci, auto che corrono, gente che scherza, luci che lampeggiano. 
Poi ci sono io.
Guardo Londra.
E’ una bella città.
Amo Londra aveva detto una volta. Quando ci sposeremo vivremo qua. Non mi contraddire, Zayn. Io sono la donna e io decido.
Mi prendo i capelli tra le mani e piango come un bambino.
Dicono che ognuno di noi è congiunto alla sua anima gemella da un filo rosso invisibile.
Se la mia anima gemella è in un altro mondo il mio filo dove va?
Può essersi spezzato. Potrebbe rimanere solo e spezzato per sempre, oppure ricrescere e cercare qualcun’altro.
Può essere scomparso e rimarrò solo per sempre.
Io però sento che il mio filo è ancora intero.
Scavalco la ringhiera e mi siedo sul bordo del palazzo. Guardo in basso, con i piedi a penzoloni nel vuoto.
Il mio filo è ancora intero e mi congiunge a lei.


“Dai Zayn, devi saltare!” urla Jesy ridendo. Sembra una bambina, con il vestito azzurro e la corda in mano. “Piccola, non puoi chiedermi di saltare la corda!” mi difendo io. “Ho la mia dignità!”
Jesy si avvicina a me correndo. “Per favore! Per favoooore” fa gli occhioni “Salta la corda per me!”. La guardo ridendo. “Mi rifiuto” ribatto incrociando le braccia ma lei continua a sbattere gli occhi. 
“Jesy, gli occhi no”
Sbatte gli occhi di nuovo.
“Dai amore, sai che non so resistere agli occhi dolci”
Sorride. “Ma io non sto facendo niente” dice insistendo con gli occhioni.
Scoppio a ridere. “Dammi la corda” dico rassegnato e lei mi bacia. 
“Salta, salta, salta!” inizia a canticchiare e io sono felice perchè lei è felice.


Salta, salta, salta.
Guardo in basso.
Mi chiamano “pazzo”, “maniaco”, “ossessionato”.
Mi chiamano “codardo” perchè pensano che io abbia paura di ricominciare a vivere senza di lei.
Qui sul tetto del palazzo però ci sono io, non loro.
E sono pronto. 
Sono pronto a saltare la corda e raggiungerla.
Muovo i piedi nel vuoto, ridendo. 
- Aspettami, amore mio!
E mi lascio andare, come un angelo caduto.
  
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