2 (prima parte)-La
casa, le lepri, la marmellata di ribes e la fucina
“Ancora questo e poi puoi levare le tende, Nano della
malora!” banfò Brid, gettando con malagrazia sul tappeto di foglie il grosso
ramo di faggio che si era trascinata dietro per un lungo tratto di bosco; Fíli
si ravviò i capelli biondi dietro le spalle, rivolgendole un’occhiata che
voleva sembrare ferita ma che invece parve soltanto scettica, e si terse il
sudore dalla fronte con il dorso di una mano.
“E ora che avrei fatto, per meritarmi un appellativo
simile?” domandò, divertito. Brid sbuffò.
“Mi perseguiti, ecco cosa!”.
“Ma se ti sto aiutando con i lavori pesanti?!”.
“Bella scusa! Chi te l’ha chiesto, poi?”. Con il piglio
infastidito di chi non riesce a levarsi di torno una mosca molesta, Brid gli
afferrò i lunghi baffi intrecciati e vi diede uno strattone, ignorando
platealmente l’ululato dolorante in cui il povero Nano proruppe.
“La verità è che sei soltanto un ficcanaso che non ha
niente di meglio da fare che importunare le povere fanciulle che vagano per i
boschi! Ti ritrovo tutti i giorni qui, o dovunque decida di spostarmi per cercare
della legna da ardere, e non serve a niente correre da una parte all’altra dei
Colli di Vesproscuro, perché tanto poi mi trovi lo stesso! Come un segugio!”.
“La vuoi smettere di procurarmi dolore fisico ogni volta
che ti arrabbi?” rantolò Fíli in tono offeso, massaggiandosi con delicatezza
l’attaccatura dei baffi. Per tutta risposta, Brid gli rivolse un’occhiata di
fuoco.
“Ah! Si lamenta,
lui!” sbottò teatralmente, strappandogli di mano i ciocchi già tagliati e
gettandoli in una gerla di vimini. “La prima volta che ci siamo visti mi hai
lanciato un uovo in faccia, e nonostante mi abbia fatto male non ho certo piagnucolato
come una donnicciola!”.
Fíli tacque di colpo, e inaspettatamente si adombrò: Brid
intuì che nonostante si fosse scusato più volte e lei avesse provveduto ognuna
di esse a zittirlo con un brusco ‘Non importa’, il ricordo dell’incidente
continuava a metterlo a disagio. Si sentì in colpa per averlo fatto sentire
inadeguato, e, maldestra almeno quanto lo era stato lui stesso nel lanciarle
malamente l’uovo, si affrettò a cercare di rimediare.
“Bah, sia come sia, la verità è che sei un ficcanaso
rompiscatole con il fiuto di un segugio e la faccia da schiaffi” mugugnò
impacciata, evitando accuratamente lo sguardo azzurro del Nano. “Un giorno o
l’altro mi toccherà addestrarti a trovare le trifole, così magari tiro su un
po’ di quattrini al mercato di Pietraforata…e se il tuo bel nasino dovesse
trovarne a sufficienza potrei addirittura spingermi fino a Brea!”.
“Se davvero fossi soltanto un ficcanaso non te ne
verrebbe nulla in tasca, non credi?” ridacchiò Fíli, riprendendo ad aiutarla
nell’ammucchiare i ciocchi nella gerla. “Me ne starei qui ad assillarti con
domande sul tuo passato e sulla tua famiglia, mentre tu passeresti il tuo tempo
a tagliare la legna e a progettare la mia morte in modo da farla sembrare un
tragico incidente…”. Brid smise improvvisamente di rampognare e si voltò quel
tanto che bastava per guardarlo in viso: al suo sguardo sconcertato, Fíli
rispose con un sorriso smagliante, candido e innocente come quello di un
bambino.
“Invece ti sto aiutando con il lavoro sporco, anche se tu
continui a prendermi in giro e a tirarmi i baffi. Non merito forse un premio?”.
“Mmmh”. Mentre terminava di sistemare la legna nella
gerla, Brid parve pensarci su per un momento: non era sicura che quel Nano
fosse davvero così candido e gentile come si mostrava, ma, in fin dei conti, se
le cose si fossero messe male avrebbe sempre potuto recuperare una roncola e
mozzargli una mano senza troppi complimenti. Che aveva da temere?
“Hai ragione, sei stato fin troppo gentile” concesse
quindi, in tono conciliante. “Perciò prendi una gerla e andiamo: se quella
sciagurata di Lila non è rimasta uccisa dal gatto sono abbastanza sicura che
sia sulla buona strada per mettere in tavola il pranzo”. Fíli trasecolò.
“Cosa? Mi…mi stai…voglio dire, vuoi che io mangi con
voi?” tartagliò attonito, in un’espressione di tale stupore che Brid temette di
doverlo aiutare a recuperare la propria mandibola, una volta che si fosse
accorto di averla lasciata cadere. Così scelse di fare finta di niente, e,
inarcato un sopracciglio e puntatesi le mani ai fianchi, lo guardò in tralice.
“Beh? Tra i Nani un invito a pranzo equivale forse ad una
minaccia di morte o ad un insulto?” domandò con un filo d’ironia e un
sorrisetto che costrinsero Fíli a recuperare un minimo di contegno.
“Diavolo, no! È solo che non me l’aspettavo!” sbuffò
facendo spallucce, e in un batter d’occhio si era caricato in spalla la gerla
colma di legna. “Avanti, donna-orso, fammi strada! Magari tua sorella sarà più
ben disposta nei confronti di colui che ha tagliato legna al posto suo per
tutta la mattina…”.
Il soprannome ‘donna-orso’ non piacque particolarmente a
quella strana fanciulla che aveva incontrato appena qualche giorno prima, ma inspiegabilmente
il sentirla protestare vivacemente minacciandolo di ritorsioni irripetibili lo
fece sorridere: Brid non la smetteva mai di mugugnare e aveva un carattere
tremendo, ma sotto sotto era contenta di averlo intorno. E questo Fíli lo
sapeva.
La porta si spalancò di colpo, girò sui cardini e andò a
sbattere rumorosamente contro la parete: Kíli entrò con fare baldanzoso nella
modesta casetta che l’aveva visto nascere, del tutto dimentico degli stivali
infangati che lasciarono una lunga scia di orme sudicie sul pavimento di legno;
i suoi passi pesanti riecheggiarono indisturbati tra le mura senza che alcun
rumore giungesse in risposta, così decise di concedersi una capatina in cucina,
alla ricerca di qualcosa da mettere sotto ai denti di nascosto: sgattaiolò
nemmeno troppo furtivamente lungo la stanza, gettò una rapida occhiata
tutt’intorno e puntò dritto alla credenza accanto al camino, quella in cui sua
madre era solita riporre le sparute leccornie che raramente si lasciava
convincere a comprare. Spalancò le piccole ante di legno intagliato e adocchiò
con un sorriso furbesco il barattolo di ceramica bianca e blu, del tutto simile
ad un bambino che si appropria di una sedia per mangiare la marmellata all’insaputa
degli adulti. In realtà Kíli non aveva bisogno di nessunissima sedia per
arraffare i biscotti, e aveva anche superato da un po’ l’età in cui un gesto
tanto sciocco gli sarebbe stato perdonato con una smorfia e qualche sbuffo
contrariato, ma questa consapevolezza non lo fermò: sporgendo un braccio
afferrò il coperchio e lo ripose sul fondo della credenza, cacciando
immediatamente una mano nella bocca scura del barattolo, alla spasmodica
ricerca di un biscotto…
“KÍLI!” tuonò improvvisamente una voce possente dal
timbro familiare, e il povero Kíli si ritrovò, proprio malgrado, a sobbalzare
come un ladro colto in flagrante. Da qualche parte dentro alla propria testa,
sentì una vocetta fastidiosa ricordagli che, in effetti, in quel momento non
doveva apparire troppo lontano dalla comune immagine del ladro colto sul fatto,
ma la ricacciò prepotentemente da dov’era venuta e quella si mise a tacere.
Suo zio Thorin, le maniche della camicia arrotolate
sbrigativamente sui gomiti e i lunghi capelli striati d’argento raccolti in una
coda, lo fissava dalla porta con evidente disappunto, con gli occhi chiari che
trasmettevano la stessa impetuosità del mare in tempesta; Kíli si sentì
inspiegabilmente piccolo e stupido, al suo cospetto, tremendamente in colpa per
una sciocchezza di poco conto come essere appena stato sorpreso a rubare
qualche biscotto.
“Tho…Thorin!” si costrinse a tartagliare, ritirando di
scatto la mano dalla credenza. “Come…come mai non sei alla fucina?”. Gli occhi
blu di Thorin dardeggiarono verso di lui, e la sua figura parve ingigantirsi.
“Ci sono stato fino ad ora. E comunque non vedo perché
dovrei rendere conto a te di cosa ci faccio qui, ragazzo”. Kíli si diede
mentalmente dell’idiota, e ripromettendosi di non fornirgli altri pretesti per
rimproverarlo fece per cambiare discorso.
“Sai dov’è la mamma? La…la stavo cercando, dovrei dirle
una co…”.
“Fíli non è con te?” lo interruppe Thorin, accigliandosi:
parve accorgersi dell’assenza dell’altro nipote soltanto in quel momento, e
come se la cosa lo stupisse dimenticò momentaneamente di aver pizzicato Kíli a
rovistare nella credenza, furtivo come un furetto e silenzioso come un
Olifante. Da parte sua, Kíli lo fissò di rimando, stranito.
“No…”.
“Perché dovrebbe, Thorin? Stamattina è uscito di corsa
dicendo che l’avresti battuto sull’incudine per essere arrivato in ritardo alla
fucina!”. Con gli occhi blu illuminati di una luce divertita e un cestino pieno
di mele e ciuffi di erbe aromatiche appeso al braccio, Dís fece capolino da
dietro la spalla del fratello, fissandolo di sotto in su con l’espressione
curiosa e al contempo sospettosa di chi si sente lasciato un passo indietro
rispetto agli altri.
“Infatti avrei dovuto” rispose il Nano, in tono burbero.
“Se non è qui sarà sicuramente da Dwalin a dare fastidio”.
Senza pensarci due volte, Kíli approfittò dell’arrivo di
Dís per cavarsi d’impiccio con lo zio.
“Madre!” trillò, facendosi incontro alla Nana come un
cucciolo festoso, “Stavo giusto per venire a cercarti! Non sono riuscito a
cacciare niente, questa mattina, e mi chiedevo se…”.
“Niente?” fece
Dís, fingendosi scandalizzata. “Ti sembra il caso di trotterellare in giro
tutto contento, anche se te ne sei tornato a casa a mani vuote? E pensare che Fíli
è stato così bravo, l’altro giorno, a prendere quattro lepri!”.
“Certo, le avrà rubate a qualcuno…” mugugnò
scontrosamente il giovane Nano, ignorando che il fratello se le fosse viste
lanciare addosso da una boscaiola in preda alla furia omicida.
“Come se tuo fratello fosse un inguaribile mascalzone
come te!” lo rimbeccò immediatamente la madre, mentre Thorin si concedeva di
sbuffare una risatina. “Quindi secondo te cosa dovrei mettere in tavola questa
sera? Sentiamo!”.
Forse fu l’occhiatina complice che sua madre lanciò a
Thorin, oppure il sorrisetto a stento trattenuto dallo zio, ma alla fine Kíli
non ci cascò: dopo un primo momento di sgomento volse verso sua madre uno
sguardo offeso, borbottando che non era il caso di prenderlo in giro.
“Questo lo decido io, Kíli figlio di Díli! Che cos’è
quell’orrore sul pavimento?” fece la Nana per tutta risposta, additando retorica
le scie di fango che riconducevano senza possibilità di scampo agli stivali del
figlio. Kíli deglutì.
“Ehm…strisce decorative?” azzardò con un sorrisino teso,
e la mano di Dís gli volò sulla nuca.
“Razza di incivile! Levati subito gli stivali e pulisci
questo pasticcio, che io ho da fare!”.
“Ho bisogno di lui alla fucina, Dís” intervenne Thorin,
guardando il volto del nipote illuminarsi della speranza di scampare alla
punizione. “Almeno finché quell’altro tuo figlio sciagurato non si degna di
tornare. Lascia tutto così, pulirà quando saremo di ritorno”. Dís rivolse
un’occhiata indecifrabile a Thorin e parve sul punto di obiettare, ma poi annuì
sbrigativamente.
“D’accordo, ma prima di cena passate al fiume: se già
adesso puzzi come un caprone non oso immaginare come sarai ridotto stasera,
fratello! E adesso fuori, che ho da rimediare una cena dal niente!”. Ignorando
platealmente l’occhiata scandalizzata del fratello (che fino alla fine dei suoi
giorni avrebbe ostinatamente negato di aver passato il resto della giornata a
controllare se il proprio odore fosse effettivamente tanto repellente), Dís li
spinse a viva forza fuori dalla porta di casa, tirandosela dietro senza troppe
cerimonie. Thorin rimase fermo per un momento a contemplare l’uscio sbarrato,
come a volersi capacitare del fatto che sua sorella l’avesse realmente messo alla porta. Fu la voce
di Kíli a riscuoterlo.
“Zio, ma veramente non sappiamo dove sia finito Fíli?”.
“Zitto tu, che non hai portato niente per cena!” sbottò
il Nano, assestandogli un’altra sberla sulla nuca. “E adesso cammina, abbiamo
del lavoro da fare!”.
“…mentre quella palla di lardo tigrato laggiù è
Ferumbras, il gatto più antipatico e rompiscatole del mondo!”. Lila terminò le
presentazioni gesticolando in direzione del grosso felino appollaiato
sull’ampio davanzale di una finestra tonda, intento a lappare del latte da una
ciotolina; come se avesse compreso le parole della fanciulla, il gattone levò
la grossa testa verso di loro e soffiò risentito, con i tondi occhi gialli che
sembravano mandare lampi d’odio. Fíli lo guardò sconcertato, chiedendosi per
quale ragione qualcuno dovesse tenersi in casa una bestia scorbutica come
quella; Lila sembrò intuire i suoi dubbi e si affrettò a rispondere.
“Mamma gli era affezionatissima: lo salvò dalla piena del
Lhûn quando aveva soltanto poche settimane e gli diede il nome dello Hobbit di
cui era innamorata da ragazzina” spiegò, mentre un lieve sorriso malinconico le
distendeva il volto. “È per questo che ce lo teniamo. Nostra madre gli voleva
bene come se fosse stato nostro fratello”.
“Hai detto…uno Hobbit?” domandò il giovane Nano, ansioso
di evitare l’argomento ‘perché parli di tua madre al passato’. Lila annuì.
“Anche mamma lo era. Eccola là, Camelia Boffin” disse, indicando
dei due grossi quadri dalla cornice ovale appesi accanto alla porta d’ingresso:
Camelia Boffin, una Hobbit dalle paffute guance rosee e i riccioli castani tra
cui si intravvedevano appena le singolari orecchie a punta, sorrideva
allegramente accanto al ritratto di un Uomo con i capelli scuri e gli stessi occhi
chiari di Lila, dall’espressione seria ma gentile.
“Ecco perché siete tanto basse!” esclamò stupito Fíli,
guardandola con tanto d’occhi: Lila ebbe la curiosa impressione di dialogare
con un bambino barbuto, ma la ricacciò subito indietro, combattuta tra il
mettersi a ridere o rabbrividire sconcertata.
“Sì, io e mia sorella siamo piccoline” concesse,
sorridendo deliziata nel sentire il giovane Nano borbottare goffamente qualche
scusa per il proprio comportamento sfacciato “E mangiamo di continuo. Insomma, io mangio di continuo, Brid un po’
meno…comunque tutto questo è per dire che siamo mezze Hobbit!”.
“Lila, ma ancora non l’hai fatto sedere?” vociò Brid
dalle scale, ricomparendo sulla porta della cucina con indosso una camicia
maschile decisamente grande e un paio di pantaloni troppo lunghi avvoltolati
alle caviglie, mentre si sistemava un cinturone di pelle in vita; Fíli pensò
che con ogni probabilità quegli abiti fossero un tempo appartenuti all’Uomo del
ritratto, e che non le rendessero un minimo di giustizia, ma vederla così
infagottata in troppa stoffa gli fece quasi tenerezza.
“E che ha le gambe di pasta frolla?” sbottò Lila, punta
sul vivo. “Gli stavo soltanto presentando mamma e papà!”.
“Ah, e li hai trovati simpatici?” scherzò la minore,
rivolta all’ospite.
“Molto!” rise lui, avvicinandosi alla tavola
apparecchiata che attendeva soltanto loro.
“Delizioso! E di Ferumbras non dici niente, Lila?”. Lila
la ignorò cordialmente e si mise a spignattare intorno al camino.
“A dire il vero mi ha presentato anche lui…ma non mene ha
parlato in modo troppo lusinghiero” confessò Fíli, scostando una sedia dal
tavolo e facendole cenno di prendere posto: Brid gli sorrise timidamente,
estranea a quel tipo di gentilezze, e si affrettò ad accettare l’invito.
“Grazie” sussurrò impacciata, e lui le sorrise di
rimando.
“AAAAAAH!” strillò Lila ricomparendo con un grosso paiolo
fumante e il canovaccio che utilizzava per proteggersi le mani dalla maniglia
incandescente che sembrava gemere e lamentarsi per il calore: Fíli si accorse
di lei all’ultimo, e incurante di Brid che la rimbrottava aspramente
definendola ‘esagerata’ e la conseguente risposta piccata di Lila, si scansò
come se si fosse trovato sulla strada di una mandria di cavalli imbizzarriti.
Poco ci mancò che inciampasse nella gamba di una sedia e ruzzolasse sul
pavimento, ma com’era accaduto la prima volta che aveva rischiato di inciampare
in Ferumbras, all’ultimo riuscì a salvarsi aggrappandosi al bordo del tavolo,
ritrovandosi miracolosamente ben saldo sulle gambe senza nemmeno essersi tirato
addosso tovaglia, piatti, posate e quant’altro.
“Per Mahal, che riflessi che ci vogliono, con voi!”
annaspò, lasciandosi cadere pesantemente sulla sedia che gli era quasi costata
la dignità; soltanto quando fu seduto e tranquillo si accorse che le due sorelle
stavano di nuovo battibeccando.
“Ma che fai, mi ammazzi il Nano? E poi la legna chi la
taglia?”.
“Giovane di belle speranze, guarda che il tuo Nano si
stava ammazzando bell’e che da solo! Io sono solo passata con la pentola…”.
“Come no! E guarda
caso tu e la tua leggiadria proprio dalla sua parte dovevate passare?! Per
l’amor di Eru, Lila, vuoi trattarlo come si deve, per favore? È un ospite!”.
“Sì, sì, e qui dentro c’è la gallina che l’altro giorno
non si muoveva!” ululò Lila battendo il mestolo contro il paiolo colmo di
stufato. “Ringrazia ‘me e la mia leggiadria’ se ora è commestibile, non il Nano
taglialegna!”.
“Tu e la tua leggiadria siete come la marmellata di
ribes: vi si apprezza soltanto se vi si conosce bene!”.
Inspiegabilmente, Fíli si ritrovò a sorridere e poi a
ridere prima ancora di accorgersene e la sua risata si fece così tonante che
riuscì a sovrastare il battibecco concitato delle due, costringendole ad
interrompersi almeno per chiedergli se si sentisse bene e se, rosso in viso
com’era, non volesse bere qualcosa.
Quella sera imbrunì presto, sui Monti Azzurri: appena
dopo il tramonto uno spesso strato di bruma risalì dalla terra per fermarsi ad
aleggiare a mezz’aria, e lo spettacolo delle lanterne e della luce delle
candele che filtrava dalle finestre delle case illuminando un poco del paesaggio
silvestre dei monti, infiammato dai colori autunnali, mentre gli esuli figli di
Durin ancora lavoravano, contribuì a rendere l’atmosfera quasi surreale,
facendo apparire la piccola valle come il paesaggio di un altro mondo.
“Posso sapere dove te ne vai di nascosto, quando dici a
tua madre di essere con me alla fucina mentre a me dici di essere nei prati con
Kíli?” fu il benvenuto di suo zio, quando si affacciò sulla fucina dalla porta:
senza nemmeno voltarsi, Thorin aveva percepito la sua presenza alle spalle. Non
era la prima volta che succedeva, e Fíli si sentì persino un po’ umiliato
dall’abilità che suo zio dimostrava nel prevedere ogni sua mossa, ma decise di
non darlo a vedere. E di non confessare.
“Da…nessuna parte” tentò di mantenere un tono convincente,
e probabilmente ci riuscì. Thorin Scudodiquercia, però, era sempre stato come
un padre per lui, e vedeva ben più lontano di quanto Fíli fosse disposto ad
ammettere.
“Vorresti prenderti gioco di me, ragazzo?” domandò
infatti, interrompendo per un attimo di temprare la lama a cui si era
alacremente dedicato per gran parte del pomeriggio per lanciargli un’occhiata
che sembrò un po’ offesa e un po’ divertita. “Una cosa come questa me la sarei
aspettata da quella peste di tuo fratello, non da te: non sei bravo a mentire.
E fino a qualche minuto fa non sei mai stato nemmeno incline a farlo”.
“Avanti, zio!” sbuffò infastidito il giovane Nano,
rifuggendo il suo sguardo “So badare a me stesso! Non c’è bisogno che tu e la
mamma mi controlliate ogni momento!”.
Thorin sospirò, stanco e nemmeno troppo ansioso di
imbarcarsi in una discussione da padre apprensivo con il più responsabile dei
propri nipoti; posò la lama e le tenaglie sul bordo del barile colmo d’acqua
fumante e tese le spalle, beandosi per qualche breve istante dell’appagante
sensazione di avere ancora tutti i muscoli della schiena perfettamente
funzionanti.
“Senti, Fíli…” cominciò poi, passandosi una mano sul
volto stanco, “Per quanto mi riguarda puoi andartene in giro quanto ti pare,
oramai sei adulto e non sarò certo io a dirti cosa devi fare quando sei libero dai tuoi impegni”. Fíli
si chiese perché Thorin avesse posto l’accento su quell’ultima condizione, ma
poi il presentimento che Kíli non si fosse presentato alla fucina per tutto il
giorno lo colse come un fulmine a ciel sereno, e immediatamente si sentì in
colpa.
“Thorin, io…ti chiedo scusa, se Kíli…”.
“Fammi finire” lo interruppe Thorin bruscamente, ma senza
un accenno di risentimento né di rimprovero. “Tua madre ha quasi scoperto che
stamattina le hai mentito per non farle sapere dove stavi andando. E tu lo sai cosa succede quando tua madre
perde di vista te o Kíli” aggiunse il Nano in tono lugubre, e suo malgrado
Fíli rabbrividì. Dís sarebbe stata capace di rivoltare la Terra di Mezzo come
un calzino, per ritrovare lui o suo fratello, e nemmeno Thorin in quel caso si
sarebbe salvato dalla furia tempestosa della sorella, che l’avrebbe senza
dubbio sospettato come loro complice. Non ci voleva un genio per capire che
quel giorno aveva sfiorato la catastrofe, e dato che non era uno stupido, Fíli
lo capì al volo.
“Zio, mi dispiace tanto!” fece, con gli occhi spalancati
per il terrore e il cuore che traboccava sincerità, e Thorin annuì.
“Lo apprezzo, Fíli figlio di Díli, nipote ingrato. Quindi
credimi se ti dico che non è per controllarti, ma la prossima volta almeno
cerca di avvisare quando vuoi che qualcuno ti copra in modo soddisfacente!”.
Fíli rimase interdetto, come intontito da quanto si era
appena sentito dire: Thorin lo stava davvero
aiutando a sfuggire alla dispotica Dís?
Cercò in fretta lo sguardo dello zio, e quando lo vide
sorridere guardandolo di sottecchi non seppe resistere alla tentazione di
scoppiare in una risata fragorosa, mentre gli si avvicinava e si offriva di
finire il lavoro al posto suo.
*NOTE*
Salve, popolo di EFP! :D Eccomi
di ritorno con il primo aggiornamento, un capitolo denso di novità! Incontriamo
Thorin, Dìs, Kìli e scopriamo qualcosa sui genitori di Lila e Brid, finalmente
spiegandoci che razza di creature siano :) ah, e naturalmente scopriamo anche
com'è andata afinire la storia delle lepri e qualcosa su Ferumbras XD GATTACCIO
FETENTE! Non vi anticipo nulla, ma vi assicuro che la metà dei risvolti
tragicomici di questa Fiction saranno dovuti a lui. Oh yes. In ogni caso, vi è
piaciuto Thorin nei panni dello zio burbero ma accondiscendente? E Fìli in
quelli del boscaiolo impacciato? Fosse per me li adotterei di corsa entrambi,
altrochè! E vi dirò di più aggiungerei alla lista pure Kìli e me li porterei
tutti e tre in Giamaica, giusto per gradire! Vabbè, torniamo seri.
Vi lascio immaginare la mia
gioia nel riscontrare, giorno dopo giorno, che il mio esordio non è stato
lasciato passare e salutato con la manina, come se nulla fosse successo :)
ringrazio infinitamente le anime pie che mi hanno scritto (che la MAJESTITUDINE
sia con voi, mie care!) e chiunque abbia inserito il primo capitolo tra le
preferite e le seguite! Naturalmente un 'GRAZIE' è d'obbligo anche per coloro
che si sono limitati a leggere silenziosamente...spero di non deludere nessuno
di voi, con i prossimi aggiornamenti! :D
Grazie ancora di tutto, e alla prossima!