8)La mia fine con te.
E
così il gran
giorno è finalmente arrivato.
Gran giorno dà
persino troppa importanza all’evento – che
è solo una gran seccatura – e mi
mette di malumore.
Non voglio incontrarlo
o forse sì.
Non lo so.
In ogni caso mi
vesto normalmente, saluto i ragazzi ed esco. Ha iniziato a nevicare e
lui se ne
sta sotto un lampione guardando in alto, che scemo!
“Eccomi.”
“Eccoti.”
Ci incamminiamo
lungo il marciapiede, la neve attacca già da subito, domani
avremo un manto
bianco.
Entriamo in un
Mac Donald e ordiniamo da mangiare, non c’è molta
gente così troviamo subito un
tavolo. Mangiamo in silenzio, la bomba verrà sganciata dopo
il pasto, temo.
“E così eccoci
qui.”
“Sì, cosa devi dirmi?
Vuota il sacco.”
“Come sei
diventata fredda.”
Io scuoto le
spalle.
“Ava, io sono
innamorato.
Sono anni che
sono innamorato di te e ogni volta che tu mi parlavi di Landon con
quella
faccina persa e gli occhi a cuore, il mio di cuore si spezzava sempre
di più.
Non sapevo come
fare a farti capire che Landon, pur essendo il mio migliore, non era
certo la
persona che credevi tu.
Stavo dando di
matto, l’unica con cui parlavo di questo era Ginger e nemmeno
lei sapeva cosa
fare.
Quando hai
accettato l’invito di Landon credo di essere semplicemente
esploso, ho
detto troppo in un
modo sbagliato.”
Io annuisco
piano, ma non dico nulla.
“Il fatto che tu
ti fossi arrabbiata e che non mi rivolgessi più la parola mi
ha fatto
arrabbiare. Io ti stavo aprendo gli occhi e tu non mi ascoltavi e anzi
non
volevi nemmeno parlarmi.
Ero
arrabbiatissimo, così ho chiesto a Ginger di metterci
insieme.
Quando sei
ricomparsa quell’ultima notte dicendo che avevo ragione e che
ti eri accorta di
essere innamorata di me mi sono sentito usato e ho reagito
così.”
“Non hai mai
pensato che così mi stavi ferendo?”
Lui abbassa gli
occhi.
“No, non ci ho
pensato al momento, ma nei giorni seguenti quando non ti ho vista a
scuola e
Tom non voleva dirmi dov’eri sono stato sommerso dal senso di
colpa.
Forse avevo
sbagliato tutto, forse ti avevo fatto del male, volevo parlarti, ma tu
eri
sparita.
Ava mi
dispiace, non
possiamo ricominciare
tutto da capo.
Io… io ti amo.”
Io guardo il
bicchiere della coca cola, pervasa da un senso di irrealtà.
Jack non può amarmi
o non si sarebbe comportato così.
“Non puoi dire
sul serio, Jack.
È solo un modo
per farmi tornare a casa.”
“No, credimi, ti
sto dicendo la verità.”
“Comodo così! Dov’eri
quando per mio padre ero una puttana con cui non valeva nemmeno la pena
di
parlare? Hai perso
la tua occasione
quella notte.
Quella notte sono
venuta da te con il cuore in mano, in cerca di aiuto, visto che pensavo
fossi
l’unica persone in grado di darmi un po’ di
conforto, invece…
Invece te ne sei
fregato e non solo, mi hai cacciata come si fa con
un’estranea un po’
importuna!
Avresti dovuto
pensarci meglio, adesso è tardi.
Adesso la mia
vita è qui e non so se voglio che tu ne faccia ancora
parte.”
Mi alzo
sconvolta.
“Cia… Addio,
Jack!”
Scappo via dal
Mac Donald come se il diavolo mi inseguisse, in realtà
è solo Jack.
Faccio pochi
metri quando lui mi afferra per un polso e mi fa girare verso di lui,
io sono
nel panico, cosa vuole fare?
Mi bacia con
passione, io ricambio – malgrado tutte le volte che ho
desiderato prenderlo a
calci in questi mesi – presa totalmente in contropiede.
Tornata in me,
gli mollo una sberla e scappo.
Arrivo a casa
senza fiato e corro in camera, per buttarmi sul letto e scoppiare
istericamente
a piangere.
Poco dopo Ashley
bussa alla porta ed entra. Ha un passo un po’ strano vista la
pancia che porta
orgogliosamente, non l’avevo mai notato prima.
Si siede sul
letto e mi guarda.
“Cosa è successo,
Ava?
Sembri
sconvolta.”
Questa semplice
frase ha il potere di farmi aprire completamente, la mia diga personale
è
crollata e le racconto tutto quello che mi è successo.
Sa chi sono, sa
di Landon e di Jack e della mia fuga da casa, di come ho incontrato
Derek e
della nostra amicizia.
Adesso riesce a
capire meglio come mai ero così fuori di testa quando ho
visto Jack e le
racconto di stasera e del bacio.
Una volta finito
lei mi guarda triste e poi mi abbraccia.
“Andrà tutto
bene.”
“Come?”
“Se ami Jack così
tanto passa sopra ai suoi errori, tutti ne facciamo o
c’è qualcosa che non mi
hai detto?”
“Temo che Derek
sia cotto di me e un po’ mi piace, ma non voglio farlo
soffrire.”
“Il miglior modo
per non farlo soffrire è essere sincera con lui, ammettendo
che ti piace Jack,
altrimenti sarete infelici in tre. Tu perché non sei con
Jack, Derek perché sa
di essere un ripiego e questo Jack che crederà di averti
persa per sempre.”
Io sospiro.
“In un certo
senso mi ha persa, non sono più la Ava che lui
conosceva.”
“Ma a lui non
sembra interessare, gli piace anche la nuova Ava o altrimenti non ti
avrebbe
cercato con tanta ostinazione.”
“Non lo so, può
averlo fatto per tanti motivi, tra cui il senso di colpa e poi ha
già una
ragazza.”
“Sei sicura? Può
avere rotto con Ginger.
Gliel’hai
chiesto?”
Io scuoto la
testa.
“Il pensiero di
Ginger non mi ha nemmeno sfiorato.”
“Male, avresti
dovuto chiederglielo.”
Io sbuffo.
“E cosa sarebbe
cambiato?”
“Se ha mollato
quella ragazza per cercarti significa che è sincero, che ti
ama davvero.”
Io taccio.
Sì, forse avrei
potuto chiederglielo, ma cosa sarebbe cambiato?
Io non sono
sicura di volerlo di nuovo nella mia vita, non so se mi va di tornare
indietro.
Certo, la vita
che faccio adesso è dura se paragonata a quella di prima, ma
mi sento in un
certo senso realizzata. Quello che ho lo ottengo grazie a me e non a
mio padre
o alla sua fama.
“Pensaci, Ava.
Buonanotte.”
Ash esce e mi
lascia da sola con i pensieri.
Poco dopo sono
già addormentata.
La mattina dopo è
domenica e posso
dormire un po’ di più.
Solo alle dieci scendo
in cucina e trovo un biglietto verde vergato da una grafia familiare
attaccato
al frigo: Jack.
“Ciao, io parto
per san Diego con il volo di stasera alle sette.
Nel caso avessi
cambiato idea o volessi parlare con me, te l’ho scritto.
Ciao, Ava.
Jack.”
Io stacco il
biglietto e lo guardo meravigliata, se ne va dopo un solo tentativo?
Non so perché la
cosa mi fa stare male e mi butta in uno strano senso di stordimento.
Dovrei
essere felice – mi lascerà in pace –
invece sto male perché mi sento ancora una
volta ignorata.
“Ava, va tutto
bene?”
Mi chiede Ashley,
io le passo il biglietto.
Lei lo legge
perplessa, poi sorride.
“Secondo me
dovresti andarci.”
“Ha ceduto dopo
solo un tentativo, perché dovrei farlo?”
“Perché per una
volta, se vuoi che le cose vadano bene, devi metterti in gioco e
rischiare.”
Io non dico nulla
e mi butto sul divano stordita.
All’improvviso
scoppio a piangere e prendo a pugni un cuscino.
“Ava!”
Io scatto in
piedi e mi chiudo in camera mia, ho il cervello che mi sta scoppiando.
Da una parte
mi dice di correre da Jack, dall’altra di stare qui con Derek
e gli altri. Sono
entrambi impulsi fortissimi e mi dilaniano, mi spaccano a
metà e mi lasciano
assolutamente spossata.
Cosa devo fare?
Andare da Jack
significherebbe perdonarlo e non so se sono pronta, lasciarlo partire
invece
darebbe origine a una serie di rimpianti con cui fare i conti.
Sono sdraiata sul
letto e guardo il soffitto senza vederlo, nel mio cervello rivivo i bei
momenti
passati con lui e la mia famiglia e poi quelli con Derek e gli altri.
Sono alla
pari.
Entrambi mi hanno
salvata e aiutata in un certo senso,
come posso scegliere?
Le ore passano
lente ed inesorabili.
Alle sei ricevo
una scossa dal mio corpo, devo parlare con Jack.
DEVO.
Mi alzo in piedi
e mi metto un paio di anfibi e un cappotto, poi corro al piano di sotto.
“Qualcuno può
portarmi all’aeroporto?”
“Io, ma c’è solo
il motorino. Mickey è andato a fare la spesa con la
macchina.”
“Merda, va bene
il motorino. Grazie Derek, sei un tesoro.”
Lui sorride in
modo strano.
“Di niente,
piccola, adesso andiamo.”
Io annuisco, lui
prende le chiavi e ce ne andiamo.
Il suo motorino
non è il massimo come mezzo, ma è
l’unico che abbiamo e Derek lo lancia a
velocità folle in direzione aeroporto.
Zigzaghiamo come
matti tra le macchine in coda, facendo attenzione al ghiaccio e alla
neve, non
vogliamo finire all’ospedale.
Il percorso mi
sembra eterno, i minuti passano troppo veloci.
Non riuscirò a
parlargli, cazzo!
Finalmente
intravediamo la grande struttura dell’aeroporto di Montreal e
mi sento
sollevata, Derek entra come un razzo e si ferma davanti alle porte
scorrevoli.
Io scendo
immediatamente, senza neanche togliermi il casco.
“Grazie Derek!”
Urlo prima di
entrare di corsa e dirigermi verso il gate delle partenze
internazionali, ignoro
tutte le hostess che cercano di fermarmi. In questo momento sono un
folletto
capace di saltellare ovunque pur di parlare con Jack, ma tutti i miei
sforzi
sono vani: da una grande vetrata vedo il volo per San Diego decollare.
“Nooo!”
Urlo mettendomi
le mani sugli occhi, mentre le prime lacrime iniziano a scendere.
Ho perso la mia
occasione, sono una stupida.
Non so quanto
rimango così, so solo che a un certo punto sento una voce
familiare chiamarmi e
io ho quasi paura a voltarmi: è quella di Jack.
“Sei davvero tu?”
Gli chiedo, prima
di voltarmi.
“Sì, sono io. Non
potevo partire senza fare ancora un tentativo.”
Io mi volto e lo
abbraccio piangendo.
“Ava…”
“Mi sei mancato,
maledetto coglione.
Pensavo di
essermi costruita un equilibrio e poi arrivi tu e lo distruggi in un
secondo.
Dovrei odiarti, ma non ci riesco.”
“Significa che
ancora un pochino ti importa di me?”
Per tutta
risposta lo bacio con passione.
“Ti basta come
risposta?”
Lui mi accarezza
i capelli.
“Direi di sì. Ti
amo, Ava!”
“Ti amo anche io,
razza di coglione.
E ora cosa dirai
a Ginger?”
“Non sto più con
Ginger, da quando ho capito che eri sparita abbiamo deciso insieme di
lasciarci, lei sapeva che non l’avevo mai amata.”
Io lo guardo con
gli occhi spalancati.
“Questo significa
che sei libero?”
“Liberissimo e
con una gran voglia di averti come ragazza!”
Io seppellisco la
mia testa nel suo petto e piango senza dire niente.
“Andrà tutto
bene, Ava.”
“Lo spero, ho
così paura di stare facendo la cosa sbagliata.”
Lui non dice
nulla, mi prende per mano e mi trascina fuori dall’aeroporto,
mentre sta
arrivando Derek. Sorride quando ci vede.
“Ce l’avete
fatta, vedo!”
“Sì, ce l’abbiamo
fatta. Jack starà da noi questa notte.”
Lui annuisce.
“Beh, dovrete
cercarvi un altro mezzo per tornare a casa, sullo scooter non ci stiamo
tutti e
tre.”
“Prenderemo un
taxi.”
Risponde pratico
Jack, Derek annuisce e se ne torna verso il parcheggio, noi invece
fermiamo una
delle vetture gialle e dettiamo l’indirizzo al taxista.
È un viaggio
strano, Jack mi ha preso una mano tra le sue e la accarezza leggero, io
penso
che tutto quello che è successo sia del tutto folle e
incredibile.
Magari è un
sogno, senza farmi vedere da lui mi do un pizzicotto: fa male, quindi
è reale.
“Sei sempre la
solita tizia strana.”
Ridacchia Jack.
“Sai com’è,
abbiamo appena vissuto una scena da film, un pizzicotto mi sembra il
minimo.”
“Giusto, ma con
te le cose normali non funzionano, sei molto teatrale.”
Io sbuffo.
“Teatrale, ma
sentilo!”
Lui ride.
“Non negarlo, sei
teatrale!”
“Va bene, non
continuo questa discussione perché siamo quasi arrivati a
casa.”
Poco dopo il taxi
si ferma, lo paghiamo e io e Jack entriamo in casa. Mickey lo guarda
sospeso,
con in mano un pacco di biscotti e una scatola di cereali, sta mettendo
via la
spesa.
“Ciao, Ava, tizio
sconosciuto che importuna la gente.”
“Mi chiamo Jack.”
“Ciao, Jack!”
“Lui si ferma per
la notte, ci sono problemi?”
Lui scuote la
testa.
“No, no ci sono
problemi.”
Risponde Ashley.
“Loro sono Mickey
e Ashley.”
“Piacere, hai già
pensato a un nome per il bambino?”
“Sarà una bambina
e no, non ci abbiamo ancora pensato.”
Si accarezza
dolcemente il pancione.
“Capisco, beh,
buona fortuna.”
“Ne avremo
bisogno.”
Gli risponde
mesta lei.
“Beh, io vado a
cucinare.”
Mi avvio verso la
cucina, lasciando Mickey, Ashley e Jack a chiacchierare, poco dopo
sento la
porta della casa aprirsi e anche Derek si unisce alla conversazione. Mi
sento
in colpa verso di lui, lui di sicuro prova qualcosa per me e io per
mesi l’ho
illuso che fosse più o meno lo stesso, certo non siamo mai
stati insieme, ma
sembrava che lo fossimo.
Dopo gli parlo,
non si merita di essere trattato male.
Mangiamo e poi
Jack chiama qualcuno dal suo cellulare.
“Ciao, papà. Sono
a Montreal.”
“Sono qui con
Ava, esatto l’ho ritrovata. Appena sarà possibile
torneremo a san Diego.”
C’è un attimo di
silenzio.
“Ciao, Tom.”
Al nome
rabbrividisco.
“Sì, sono qui con
Ava, prenderemo il primo volo per la California.
Vuoi parlargli?”
Io scuoto
freneticamente la testa.
“No, per ora non
se la sente di parlarti, ma sono certo vi chiarirete una volta tornati
a casa.
Buonanotte.”
Chiude la
telefonata e poi mi guarda.
“Perché non hai
voluto parlare a tuo padre?”
“Perché non me la
sento.”
“Capisco, ma sai
che dovrai affrontarlo prima o poi.”
“Sì e penserò a
cosa dirgli per tutto il viaggio di ritorno.”
Lui annuisce.
“Ascolta, ho
bisogno di parlare con Derek, potresti far finta di guardare la tv o
qualcosa
del genere?”
Lui annuisce, io
vado in cucina, il mio amico sta bevendo una birra appoggiato al piano
di
lavoro.
“Ciao, Ava. Sono
tanto felice per te.”
Io sospiro.
“Non mi mentire,
per favore.”
“Ok, la verità è
che non sono affatto felice di vederti partire e sono geloso di Jack,
perché
lui è riuscito dove io ho fallito.”
“Tu hai una cotta
per me.”
Lui annuisce e
beve un altro po’ di birra.
“Mi dispiace,
vorrei tanto poter ricambiare, ma non posso. Sappi che ti voglio bene,
comunque
sei una delle persone più belle che io abbia incontrato.
Io non volevo
illuderti e se l’ho fatto in qualche modo mi dispiace molto,
avevo bisogno di
affetto e sono stata egoista: non ho pensato a come avresti reagito tu.
Mi dispiace.”
Dai miei occhi
sfugge qualche lacrima, lui si avvicina e me le asciuga.
“Ssh! Buona!
Non è colpa tua,
sapevo perfettamente che il tuo cuore apparteneva a quel ragazzino, ma
speravo
che ci mettesse di più a trovarti, così magari
tu ti saresti accorta di me come possibile ragazzo.
Abbiamo fatto un
buon lavoro, ma non abbastanza, lui ti ha trovata ed è
naturale che tu sia
tornata da lui.
In fondo ho
sempre saputo che sarebbe finita così, ma volevo illudermi
del contrario.
Va’ e sii felice,
e se quel cretino ti manca di rispetto o ti tratta male chiamami, ci
penso io a
insegnarli l’educazione.”
Io sorrido e lo
abbraccio con tutte le mie forze.
“Ti voglio bene,
Derek. Hai fatto tanto per me, vedrò di restituirti il
favore appena posso.”
Lui scuote la
testa.
“Non ti devi
preoccupare, va bene così.”
Io non dico
nulla, poco dopo entra Jack. È imbarazzato, ma cerca di non
darlo a vedere.
“Ehm, ragazzi. Ho
prenotato un volo per domani sera alle otto.”
“Ok, grazie mille
Jack.”
Lascio il mio
amico in cucina e seguo Jack, abbiamo entrambi una faccia stanca e
così filiamo
a dormire.
Il giorno dopo
facciamo le valige e io sono in preda alla malinconia, mi
mancherà questo
posto, più di quello che Jack possa immaginare. È
il primo posto dove
mi sono sentita a casa e
indipendente, non ero più la figlia di Tom DeLonge, ma una
persona qualunque.
Finite le valige
ci portano in aeroporto, io abbraccio con calore Ashley, Mickey e
Derek,
augurando loro buona fortuna con le lacrime agli occhi.
Addio parentesi,
si torna alla mia vecchia vita.
La mia fuga è
finita per lo stesso motivo per cui è iniziata.
Buffo.
Angolo di Layla.
E così siamo arrivati all'ultimo capitolo, lunedì prossimo metterò l'epilogo e poi daremo addio anche a queste storia.
Ringrazio staywith_me,
DeliciuosApplePie
e giulss182 per
le recensioni.