Libri > Percy Jackson
Segui la storia  |       
Autore: Leyna_s_heart    07/10/2013    6 recensioni
Dodici ragazzi su un'isola deserta.
Un gioco.
Una sfida mortale.
---
Ispirato al libro "Anger" di Isabel Abedi.
---
Niente poteri, né semidei o simili. Solo semplici adolescenti.
Genere: Avventura, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Altro personaggio, Annabeth Chase, Percy Jackson, Quasi tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 3: il tempo sull’isola.

 

 

L’attesa mi stava uccidendo.

Era da un po’ che aspettavo davanti i monitor, ma il traghetto non era ancora arrivato.

Tutte le telecamere erano accese e controllare più volte dai ragazzi di Zeus: tutto funzionante.

L’aria doveva essere fresca e sul molo c’erano le luci accese, che creavano delle inquietanti ombre nella foresta lussureggiante.

Quando infine vide la barca diretta all’isola, sentì lo stomaco chiudersi.

Eccoli!

Il grande momento era arrivato!

La barca ormeggiò.

Per primo smontò Percy. Alto, fisico da nuotatore, capelli neri e occhi verdi era decisamente un bel ragazzo e dal modo in cui porgeva la mano ad Annabeth era chiaro che ci fosse qualcosa tra loro.

La ragazza accettò la mano e si sistemò la coda bionda.

Dopo aver rivolto un sorriso al ragazzo, spostò quei suoi occhi grigio tempesta per analizzare cosa cerca in giro.

Poi fu la volta di Jason che stava ridendo e scherzando con sua sorella Talia – non notavo molte somiglianze tra i due-, Piper, la nativa americana e Leo, il latinoamericano.

Rachel scese senza smettere di parlare, sembrava non avere un freno alla lingua. I suoi capelli fiammeggianti danzavano nel vento e spiccavano nella notte. Dietro di lei scese Hazel che ridacchiava, Frank che non distoglieva lo sguardo dalla ragazza e Nico che sembrava seriamente annoiato.

Per ultimi scesero Octavian, con la sua solita espressione stizzita e Reyna con quel passo sicuro.

Il pilota ripartì, tranquillamente. I ragazzi restarono a guardare la barca per qualche istante, poi il gruppetto si mosse.

Ispezionarono la caletta, la scogliera a picco sula mare e la spiaggia costeggiata dalla foresta. Ovviamente nessuno stava realmente osservando il luogo, ma cercavano le telecamere.

Il loro nervosismo era palpabile quasi. Chi più chi meno.

Ora era tutto vero: ora erano sull’isola.

 

 

 

Rachel

 

Il gruppo procedeva così lentamente che mi uscì dalle labbra uno sbuffo.

“Già stufa di stare qui?” mi chiese Octavian.
“No, sono solo stufa di te. Cammini come mia nonna. E lei ha 85 anni.”

Stava per aprire la bocca, quando Reyna si intromise e disse “Non è un po’ troppo bello per essere il posto in cui fanno il programma di recupero per detenuti?”
“Cosa?” dissi.

“Davvero?” Percy ci raggiunse.

Reyna annuì. “Ho letto che viene usata per questo motivo, ma che Mr Zeus l’ha riadattata per noi.”
“Chissà quanto avrà speso.”

“Un capitale, Percy.”

“Oddei” esordì Octavia superandoci “Siete davvero irritanti”

“Ci stiamo allenando per stare al tuo passo!” gli urlai dietro.

Mi faceva uscire dai gangheri.

“Ma che simpatico.”

“Si concordo Percy.”

“Dovevamo essere un gruppo di sconosciuti, è ovvio che non possiamo starci tutti simpatici.”

“Si, vero, Reyna. Ma speriamo di andare d’accordo. Infondo dobbiamo restare qui per tre settimane, tutti insieme.”

Reyna annuì, aumentò l’andatura e raggiunse il gruppo.

Sentivo Annabeth che spiegava cosa fosse un giaco – un frutto con la polpa che sa di banana, ma che è meglio che non ti cada in testa-.

Voltai lo sguardo verso Percy che stava osservando la bionda con un sorriso sulle labbra.

“Dunque..” cominciai “Tu e Annabeth eh..”

“Oh, ehm, siamo arrivati.” Cambiò discorso imbarazzato il ragazzo.

L’edificio era grande e formato da tre blocchi: uno centrale dove c’erano cucina, una stanzetta per le necessità e un salone. L’edificio a sinistra erano le nostre camere e quello a destra dei maschi.

Dopo aver deciso all’unanimità che nessuno voleva la cena, ci ritirammo nelle stanze.

La camera era esagonale e c’era un letto per angolo, con una cassapanca infondo e dal soffitto cadevano dei baldacchini semitrasparenti.

I letti avevano i nomi sopra e il mio era tra Annabeth e Hazel.

Alla sinistra di Annabeth c’erano Talia e Reyna, mentre dall’altro lato Hazel e Piper.

Per prima cosa aprì la cassapanca e notai con gioia che la costumista aveva azzeccato la mia idea di look ideale con maglie grandi e pantaloncini semplici, si sa mai che mi sporchi disegnando.

Aprì lo zaino e tirai fuori blocco e matita, mi sedetti sul letto – era morbido come piace a me- e iniziai a buttare giù degli schizzi.

C’è da dire che quando disegno mi estraneo completamente dal mondo. Ma mi piace essere così presa nel disegno, far parte delle linee. Sentire che è il foglio a suggerirti cosa disegnare e tu sei solo lo strumento.

Ma come stavo dicendo mi perdo, spesso e volentieri.

“Rachel.”

Annabeth era di fronte a me in pigiama con un asciugamano in mano.

“Il bagno è tutto tuo.”

“Oh” cercai di connettere col mondo reale “è già il mio turno.”

“In realtà abbiamo già fatto tutte la doccia” indicò Hazel, Piper e Reyna che avevano già le luci spente “e le altre sono già a dormire.”

“Ah. Si, ok.” Mi alzai meccanicamente.

Intanto Annabeth tenendo tra le mani un libro di.. architettura?, ok ognuno ha i suoi gusti, stava parlando sottovoce con Talia.

“E’ strano pensare che qualcuno sta ascoltando tutto ciò che diciamo e osserva ciò che facciamo.” Disse la bionda.

“Si, ma cosa vuoi, probabilmente questi spezzoni saranno tagliati. Insomma noi che parliamo di cose sciocche non andrà nel film.”

“Lo spero.” Ridacchiò la bionda.

Io salì la scala a chiocciola accanto la porta e mi trovai nel bagno.

Piuttosto minuscolo: un lavandino con un piccolo mobiletto, una doccia e un gabinetto. C’erano ad una parete dei gancetti con i nostri nomi e appeso un asciugamano a testa.

Il bagno era stato creato per non passarci troppo tempo.

Aprì l’acqua della doccia pregando gli dei che ne fosse rimasta di calda. Per fortuna si.

L’acqua era un piacere dopo tutte quelle ore di aereo e il caldo che impregnava l’aria.

Improvvisamente rabbrividì.

Non perché l’acqua era diventata fredda, no.

Avevo come avuto un presentimento, un’illuminazione.

C’era qualcosa di sbagliato.

Sarebbe successo qualcosa di brutto, di tanto brutto.

Mi inginocchiai a terra, perché sentivo la testa troppo leggera e iniziavo a vedere offuscato.

L’acqua mi sembrava rossa di sangue.

Dei capelli biondi era sporchi di sangue. Cos..?

Chi..?

“Rachel!!”

L’acqua smise di bagnarmi e sentì due mani aiutarmi a tirarmi su.

“Rachel! Mi senti? Stai bene?”
la figura, familiare per altro, mi coprì con un asciugamano.

“Tutto ok?”

Dovetti sforzarmi per mettere a fuoco. Era Annabeth.

“S..” mi schiarì la voce “Si sto bene.”

“Cosa ti è successo?”

“Io..” esitai. Parlare del fatto che a volte ho questi episodi psicotici non aiutava di certo. “..Mi.. Mi sono addormentata.”

“Oddei e se battevi la testa?” espirò di frustrazione.

“Sto bene, tranquilla.”

“Riesci a vestirti?”

Annuì con più vigore. Annabeth si girò di spalle - per il mio pudore perché sono convinta avrebbe voluto controllare non cascassi a terra- e aspettò alla porta.

Mi rivestì e intrecciai i capelli così da non doverli asciugare col phon.

Annabeth mi guardò attentamente e cercai di sorridere al meglio.

“Ora andiamo a dormire.”

Scese la scala facendo attenzione a me.

Era davvero gentile.

L’unica luce accesa era la sua e ci permise di non cadere e svegliare tutti.

Mi infilai in fretta sotto le coperte e la luce fu spenta.

Mi rilassai un attimo, avevo ancora le mani tremanti e le membra deboli.

“Annabeth?”

“Si?”

“Grazie. Davvero.”

“Prego.”

Immaginai che sorridesse da come lo disse.

Chiusi gli occhi e cercai di addormentarmi in fretta, finendo, però, in un sonno agitato.

 

 

Jason

 

 

La mattina era calda e gli uccellini della foresta avevano deciso di tenere un concerto live a volume al massimo proprio fuori la casa, così finì che dovetti alzarmi presto.

Arrivai in cucina dove c’era Leo intento a cucinare per un esercito.

“Oh, hei! Buongiorno Superman!”

Sorrisi. “Buongiorno a te Leo.”

Era particolarmente irritante, ma allo stesso tempo non potevi non trovarlo divertente.

“Cosa vuoi di colazione? Lo zio Leo cucina di tutto e di più.” Disse con un inchino.

“Riesci a prepararmi qualcosa che non contenga animali? Sono vegetariana e un tè.”

Mi voltai e vidi Piper che si avvicinava al tavolo di vetro.

“Come vuole lei, miss mondo!” (la chiamava così nel libro, giusto? NDA) disse Leo “E tu?”

“Un caffè e quello che prende lei.”

Mi rivolsi verso di lei.

“Ciao!”

“Ciao!” mi rispose.

Era davvero una bella ragazza, anche se sembrava non farci caso. Anzi che volesse nasconderlo.

“Dormito bene?”

“Si, anche se poi c’è stata un po’ di confusione, si è risolto tutto. Da voi?”

“Praticamente mi sono addormentato appena ho appoggiato la testa sul letto.”

Leo riapparì e ci piazzò sotto il naso dei waffle al mango e le bevande.

“E non dimenticate la mancia!” e ci fece l’occhiolino.

Ridacchiammo entrambi mentre lui si avvicinava a Reyna, Frank e Hazel che stavano arrivando.

“Allora..” inizia dopo che avevamo quasi finito di mangiare.

“Si..”

“Un coltellino ti sei portata dietro..”

“Già, non si sa mai.”

“Mi sa che sei stata la più saggia.”

“Ne sono certa. Tu una moneta invece? Come mai?”

Tirai fuori dalla tasca la moneta.

“E’ una moneta romana d’oro che trovai mentre giravo per l’Italia quando ero piccolo. Ci sono affezionato. E’ un portafortuna potente.”

“Sei stato in Italia? Deve essere molto bella!”

“Già, ha un fascino che non si trova ovunque.” Misi via la moneta. “Ma è stato tanto tempo fa.”

Mi alzai visto che avevamo finito entrambi. “Facciamo una passeggiata?”

Stavamo diventando troppi e io volevo restare un po’ solo con Piper.

Dietro la casa si diramavano due sentieri uno portava più in basso verso le spiagge e l’altro verso i promontori nascosti dalla vegetazione.

Visto che in spiaggia c’erano già Percy e Annabeth, feci cenno di andare verso la foresta per non disturbare ed essere disturbati.

Gli uccellini continuavano a cantare quel motivetto beng-ci-vì.. beng-ci-vì.. beng-ci-vì..

“Che uccello diceva Annabeth che era questo che fa ‘sto verso?”

“E’ un pitango solforato. In Brasile si dice che il suo verso sia onomatopeico: ti ho visto.”

“Molto appropriato direi.”

“Allora mi racconti qualcosa di te?”

“Non c’è molto da dire.”

“Va bene una cosa qualsiasi e io in cambio ne dirò una a te.”

“Ci sto!” sorrise felina.

“Allora?”

“Beh.. finora ho passato tutto il liceo in un riformatorio.”

“Cosa? Perché?”

Questa non se l’aspettava.

“Ah-ha! Ora è il mio turno. Cosa mi racconti.” Aprì la bocca ma ci mise un dito davanti. “Fa’ in modo che sia interessante però o non ti dirò nulla più.” Era così vicina che se avessi voluto avrei potuto baciarla solo allungando il collo.

“Anche io non sto passando il liceo come tutti i ragazzi normali, ma in una accademia militare.” Prima che lei potesse dire altro. “E tu? Come ci sei finita al riformatorio?”
“Ho preso in prestito un auto.”

“Preso in prestito?”

“Si, proprio così. No! non guardarmi così, non scherzo! L’ho chiesta e il tizio me l’ha data.”

Sollevai il sopracciglio con un ombra di sorriso sulle labbra.

“Davvero. Solo che poi ha denunciato che l’avevo rubata, solo perché all’epoca ero minorenne e mio padre mi ha mandato là per rieducarmi” disse rieducarmi con una smorfia “solo che ora so maneggiare un coltellino, barare in ogni gioco e fare tante altre cosine non proprio carine.”

“Wow. Non me l’aspettavo, ma è una sorpresa. Io sono stato mandato all’accademia militare perché non volevano diventassi come Talia.”

“Cos’ha tua sorella che non va?”

“Nulla, è questo il punto! Solo che per i miei genitori sta diventando poco di buono e volevano che non succedesse pure a me, quindi..”

“A volte, i genitori si comportano peggio dei bambini e non ci ascoltano neppure.”

Si sedette a terra, triste e io mi sedetti accanto a lei e la abbracciai.

I nostri visi si avvicinarono..

“Jason!”

Reyna stava venendo a passo rapido verso di loro. Aveva i vestiti bagnati in alcuni punti.

“Oh, ci sei anche tu Piper.”sembrava davvero sorpresa.

Piper le rivolse un sorriso velenoso e io mi sentii tra due fuochi.

“Jason, ti cercavo.” Disse Reyna

“Come mai?”

“C’è bisogno di te per una cosa giù alla casa.”

“E gli altri cinque prestanti ragazzi non possono risolverla?”

“No.” sentenziò lapidaria Reyna.

“Hai almeno provato a chiederlo loro?”

Ok, stava per scoppiare una guerra e io non ne stavo neppure capendo il motivo.

“Reina!”

Reyna sbuffò.

Leo stava arrivando di corsa.

“Oh hai trovato miss mondo e superman, brava.” Le sorrise. “Però mi dispiace superman ma non potrai mostrare al popolo femminile quanto sei bravo, perché il qui presente Leo, l’uomo più amato dalle donne, ha già risolto tutto.”

“Davvero?” Reyna era scettica.

“Ah-ha!” annuì con orgoglio. “io e la mia super cintura” diede un colpetto alla cintura per attrezzi “possiamo tutto! Mhm dovrei avere anche io un soprannome da eroe, ma quale?”

Reyna sbuffò spazientita.

Piper invece intervenne. “Si, Leo l’aggiusta tutto.” E gli sorrise.

“Ma noo!” disse con una faccia triste.

“Eeh tardi! Ormai è stato coniato!” ribatté con un sorriso Piper.

Il mio stomaco si strinse in una morsa di gelosia.

Non mi piaceva che Piper e Leo andassero così tanto d’accordo.

“Quindi Reina, vieni. Possiamo lasciare questi due qua e tu puoi venire a lavare i piatti come hai promesso.”

“Non chiamarmi Reina, sono Reyna.”

“Ma Reina è più bello. Vuol dire regina in spagnolo.”

Sbuffò e sollevò lo sguardo al cielo.

“Su su non ringraziare così spesso gli dei per avermi messo sulla tua strada o saranno gelosi del mio successo.” Le fece l’occhiolino e con delicatezza la spinse sul sentiero davanti a sé.

“Oh ti prego. E non ti prendere certe libertà!”

“Come vuole la mi reina.” Ridacchiò e la seguì.

Piper sembrò rilassarsi e si appoggiò a me, che la strinsi.

Non capivo le donne!

 

 

Nico

 

Mi alzai e non c’era ormai più nessuno nella stanza, vestito – di nero come mio solito-, andai in sala comune.

Lì trovai Hazel e Frank che stavano asciugando il pavimento e chiacchierando amorevolmente –rabbrividisco al solo pensiero-, Reyna stava immobile, assorta nei suoi pensieri, ad osservare fuori la finestra e Rachel non le staccava gli occhi di dosso mentre la sua mano correva come danzando sui fogli bianchi, probabilmente la stava ritraendo.

Mi sedetti al tavolo –che notai essere tondo, cosa piuttosto strana – quando Leo comparve al mio fianco.

“Buongiorno a te!”

“Si si ‘giorno.”

“Allora cosa prendi di colazione?”

“Un caffè.”

“Solo quello?”

“Si.”

“Sicuro?”

“Si.”

“Non sei di molte parole.”

“No.” cominciavo a spazientirmi.

“S..”

“Il caffè?”

“Arriva arriva, ragazzo dei silenzi!” sparì in cucina e tornò con una tazza.

Sperai che non mi parlasse ancora e gli dei risposero al mio appello perché entrò Octavian che assorbì l’attenzione di Leo che stava cercando di dargli da fare alcuni lavori.

Quatto quatto uscì dalla casa e mi diressi alla spiaggia.

Mi sedetti al margine tra la foresta e la spiaggia osservando Percy che insegnava ad Annabeth a surfare.

Mi sedetti e tirai fuori la foto che avevo portato dalla tasca.

Era l’unica foto che avevo con la mamma, Bianca e me.

Dei, quanto gli mancavano.

Era un peccato che fossero morte loro al posto di quell’uomo. Perché non lo chiamava padre o papà da tanti anni ormai.

“Sono la tua famiglia?”

Sobbalzai e nascosi la foto.

“Nico, giusto?”

“Talia, vero?”

“Azzeccato, ragazzino. Scusa se ti ho spaventato.”

Si sedette accanto a me, come nulla fosse.

“Chi erano?”

Non risposi. Non erano affari suoi, dannazione!

Però un parte di me, aveva bisogno di parlarne con qualcun altro.

“Loro.. loro sono mia mamma e mia sorella Bianca.” Sussurrai, porgendole la foto.

Conoscevo a memoria i loro volti.

I capelli neri e occhi scuri, la pelle olivastra che mostrava le origini italiane, erano gli stessi miei.

“Sembrate..” si fermò un attimo “..felici.”

“Lo eravamo.”

“Cos’è successo?”

“C’è stato un incidente d’auto e loro.. ma lui non.. lui non..”

Le parole mi morivano sulle labbra, ma Talia mi guardò come capisse con quegli occhi azzurri così tempestosi.

“Anche mia madre è morta qualche anno fa.”

“Mi dispiace.”

“A me no. Non sono sicura ci volesse bene. Poi ha spedito Jason a quella stupida accademia militare e io non ho potuto vederlo per anni.”

Nella sua voce c’era la stessa rabbia che provavo io.

Le presi la mano.

Capivo l’amore che provava per suo fratello, quell’amore che ti avrebbe fatto fare tutto.

Lo provavo pure io.

Restammo lì a guardare il mare, con Percy e Annabeth –che non si accorsero neppure di noi, per la cronaca-, finché Rachel non venne a chiamare tutti noi perché era ora di pranzo.

Talia partì spedita e ci unimmo alla pseudo coppietta felice che parlavano allegramente, io restavo un po’ indietro.

Talia però si fermò e si voltò lasciando spazio tra noi e Percy con Annabeth.

“Grazie.” Mi sorrise.

“No, grazie a te.” Ricambiai il sorriso.

Lei mi piaceva.

Appena fummo tutti seduti attorno al tavolo, prima che venisse servito il pranzo –pasta coi frutti di mare e “Si Piper per te l’ho fatta coi pomodorini”-, mi accorsi di una cosa.

“Vi siete accorti dell’occhio?”

“Quale occhio?” chiese Percy accanto a me.

“Questo.” Indicai il centro del tavolo.

“Ma cosa?” perfino Leo si era avvicinato.

Non so come nessuno l’avesse notato prima, perché era piuttosto evidente.

C’era una specie di forma a mandorla bianca con un cerchio azzurro chiarissimo e una pupulla nera piccolissima in mezzo.

Hazel si abbassò per guardare sotto il tavolo.

“Hei! C’è un cassetto qua sotto!”

“Dai aprilo.”

Lo aprì con qualche difficoltà, ma poi ne estrasse una busta di carta gialla di quelle grandi come un A4.

“Cos’è?” chiese Rachel.

“Lo scopriremo ora.” Disse Percy che si era fatto passare la busta e l’aprì.

Fuori gli uccellini cantavano senza sosta: beng-ci-vì..beng-ci-vì..beng-ci-vì..

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ottimo!

Ed eccomi qui con un nuovo capitolo, che sta per entrare nel vivo della storia.

So che è stato un capitolo palloso, ma volevo parlare un po’ dei personaggi e buttare qua e là degli accenni della loro vita.

Poi non posso sempre usare POV Annabeth, no?

Lo so, con gli altro Pov è ancora peggio perché diventa sempre più OOC, ma capitemi.

Voglio ringraziare tutti voi per aver letto, chi mi ha messa tra seguite, preferite e da ricordare e pure i commenti: GRAZIE!! <3

Siete la mia gioia!

Il prossimo capitolo tra due settimane.

Se ci sono errori/orrori avvisate che modifico.

Visto che non mi passava nulla a scuola oggi ho abbinato i personaggi ad attori che mi piacerebbe vedere come loro interpreti.

Cosa ne dite?

 

Ley.

 

 

 

Percy – Logan Lerman

 

Image and video hosting by TinyPic

 

Annabeth – Alexandra Daddario

 

Image and video hosting by TinyPic

 

Jason – Austin Butler

 

Image and video hosting by TinyPic

 

Piper – Victoria Justice

 

Image and video hosting by TinyPic

 

Leo – Tyler Garcia Posey

 

Image and video hosting by TinyPic

 

Reyna – Lucy Hale

 

Image and video hosting by TinyPic

 

Octavian – Jack Gleeson

 

Image and video hosting by TinyPic

 

Rachel – Bella Throne (immaginatela con gli occhi verdi)

 

Image and video hosting by TinyPic

 

Frank – Tim Jo

 

Image and video hosting by TinyPic

 

Hazel – Amandla Ludwig

 

Image and video hosting by TinyPic

 

Nico – Skander Keynes

 

Image and video hosting by TinyPic

 

Talia – Kaya Scodelario (immaginatela coi capelli corti)

 

Image and video hosting by TinyPic

 

  
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Percy Jackson / Vai alla pagina dell'autore: Leyna_s_heart