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Autore: _ems    08/10/2013    6 recensioni
[Accenno velato al suicidio (praticamente un accenno piccolissimo, molto tra le righe)]
L’uomo scuote la testa lentamente, quasi come se il gesto in sé gli facesse male. Più male di tutte quelle sigarette che si è fumato e si fumerà, più male del dolore stesso e più male, perfino, dell’idea che tutto sia andato perso, svanito, scomparso.
(...)
Inerme come lo è lui, immobile come può esserlo un fermo immagine messo per caso, sulla scena sbagliata, su un viso sbiadito con l’espressione più assurda.
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Di sigarette,
       mozziconi.

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L’uomo seduto alla scrivania si guarda le mani tremanti, in silenzio; se le passa tra i capelli riccioluti con stizza, socchiudendo le palpebre.
Pensa che non dovrebbe starsene lì, fermo, immobile, intrappolato sempre tra gli stessi pensieri, con le stesse emozioni.
Riapre gli occhi lentamente, facendo attenzione ad ogni movimento, misurando ogni respiro.  Le mani ancora gli tremano mentre, con la stessa cura ed esitazione di poco prima, si allungano verso il pacchetto di Marlboro rosso ancora pieno per metà, quello stesso pacchetto che solo un’ora prima aveva lanciato via, facendolo atterrare su quella scrivania che ormai da mesi aveva davanti.

« Come si sente, giovanotto? »
« Lei non capisce, signore ».
« Me lo spieghi ».

Me lo spieghi? Spiegare cosa? Spiegare come?
L’uomo scuote la testa lentamente, quasi come se il gesto in sé gli facesse male.
Più male di tutte quelle sigarette che si è fumato e si fumerà, più male del dolore stesso e più male, perfino, dell’idea che tutto sia andato perso, svanito, scomparso.

« Dici che è sparito, ragazzo, sparito come?»

La voce incalza, insiste, persiste.
Deve saperlo, vuole saperlo o non potrà agire.
Non potrà muoversi.
Com’è sparito? Come?
Ricorda.
È importante, dicono.
È importante.

« Splash  ».
« Splash? »
« In uno splash, è sparito in uno splash ».

L’uomo ha aperto il pacchetto di Marlboro, ha estratto una sigaretta lentamente, tentando di non spezzarla, con tutto quel tremare.
Se l’è portata alla bocca poco dopo, adagiandola tra il labbro superiore e quello inferiore. Ha infilato nuovamente le dita nel pacchetto, cercando di estrarre l’accendino, nonostante tutto, nonostante il tremolio.
Non ci è riuscito.
L’accendino è scivolato via dai suoi polpastrelli sudati, dalle sue mani tremanti.

« Cosa ha portato con sé? »

Silenzio.

« Cosa ha portato con sé? Tutto, signore, tutto ».

Gli occhi sono spalancati, timorosi, e fissano l’accendino che ormai si trova sul pavimento. Sembra beffarsi del suo stesso padrone, standosene inerme, immobile. Inerme come lo è lui, immobile come può esserlo un fermo immagine messo per caso, sulla scena sbagliata, su un viso sbiadito con l’espressione più assurda.

« Si è portato via tutto, signore, tutto ».

Lo ripete ancora, nella sua mente, per l’ennesima volta e poi ancora ancora e ancora.
Si è portato via tutto.
No, non è vero. Non tutto.
Vorrebbe dirglielo, vorrebbe dirlo al ragazzo eppure non ci riesce.
Silenzio.

« Si è portato via anche me ».
« No, tu sei qui ».
« Si è portato via anche me ».
« No, tu sei qui, io ti vedo ».

Silenzio.
L’uomo piange, con la testa tra le mani, dà sfogo a tutte le sue lacrime.
Piange disperato, come un bambino perso tra la folla che a gran voce chiama la madre. Piange.
«Non puoi salvarli tutti».
Gli sta dicendo la donna, la madre.
«Alcune… alcune persone non vogliono essere salvate, figlio».
Scuote la testa, l’uomo, disperato.
Non può salvarli tutti, non può… eppure vorrebbe.
Eppure ci prova e fallisce, fallisce così tante volte.
«Figliolo…»
Tu non capisci, madre.
E glielo vorrebbe dire, urlarglielo, così da liberarsi.
Tu non capisci, madre, cosa succede quando t’innamori di qualcuno che ama già un altro, un altro che non c’è più e mai farà ritorno. Tu non capisci cosa significa soffrire per qualcuno che non soffrirà mai per te.
Non capisci, madre, non capisci.
L’uomo si allunga in avanti, le spalle ancora scosse da singhiozzi e le mani tremanti, sudate. Si tende verso l’accendino, tenta di riafferrarlo ma fallisce, fallisce ancora ancora e ancora.  
«Non dovresti fumare così tanto».
La voce della donna è preoccupata, esita. Non sa cosa dire e quello che sa non sa come dirlo. Se ne sta in silenzio, gli occhi puntati su quel fermo immagine sbagliato.
Perché non lo sa, la donna, cosa succede quando ami.

C’è, all’angolo della scrivania, una ciminiera colma di mozziconi. Sono mozziconi diversi, non appartenenti a quelle Marlboro tanto amate dall’uomo. Se ne sta nell’angolo per ricordargli, ogni istante della sua vita, cosa gli è rimasto di quell’amore ormai perduto. Solo mozziconi di sigarette, di una marca sconosciuta e mai amata. Perché alla fine, quando ami l’impossibile, della vita quello ti resta: di sigarette, mozziconi. Stipati l’uno sull’altro, infilati negli angoli o adagiati sopra.

La voce della donna, della madre, riprende la propria solfa.
«Devi reagire» sta dicendo, e lo ripete ancora ancora e ancora, come un mantra.
Devi reagire.
Buttare i mozziconi.
Farli sparire, in uno splash, proprio come lui, proprio come loro.
«Non c’è più».
Questo è l’unica risposta che l’uomo le concede, che il figlio le dà.
Non c’è più.
«Ha… ha raggiunto l’uomo che ama».
E la voce della madre è un sussurro dispiaciuto, intriso di dolore.
Perché l’uomo che ama non sei tu, non sei mai stato tu.
Dov’è ora? Ora non c’è più.
«Ma io amavo lui e lui non c’è più».
Silenzio.

« E lui? Lui dov’è, signore? »
« E lui non c’è più ».
« E allora non ci sono ».
   
 
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