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Autore: alwayswithgreenday    09/10/2013    5 recensioni
Quando dici di essere pronto al peggio, non sei mai pronto veramente.
E questo Frank lo capì quando la sua monotona vita fu bellamente mandata a puttane dall’imminente trasferimento a Belleville, citta del suo tanto odiato cugino, e all’incontro di tre ragazzi del posto. In particolare di uno di essi; Gerard. Che oltre a fargli scoprire nuove verità su se stesso, lo porta a vivere per la prima volta la sua vita sul filo del rasoio.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way | Coppie: Frank/Gerard
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Il suo sguardo seducente piantato su di me. Le gambe improvvisamente molli, incapaci di sorreggere il solo peso del mio corpo. La malizia celata nel suo sorriso. E poi quello scatto in avanti che lo portò in quella posizione  dannatamente sexy. Le sue mani saldamente ancorate al pavimento. I muscoli appena accennati delle sue braccia leggermente in tensione per lo sforzo. E infine avanzò verso di me.
Rabbrividii al pensiero della scena maledettamente eccitante a cui avevo avuto l’onore di assistere nel locale.
Mi sedetti sul bordo del marciapiede, accorgendomi di aver nuovamente perso di vista Ray e di essere rimasto solo. Dovevo in qualche modo tentare di sbollire la situazione ai piani bassi, perciò optai per rilassarmi accendendomi una sigaretta.
Mi tastai le tasche della felpa e dei jeans prima di trovare il pacchetto malridotto in quest’ultimi. Lo sfilai dalla tasca ed estrassi una marlboro e il mio fedele accendino.
Pansy. Così l’avevo chiamato. Si, affibbiavo sempre un soprannome agli accendini.  Pansy era, ormai, il mio storico compagno di disgrazie e visto che scaricavo spesso ogni mia frustrazione o con la musica o col fumo, avevo deciso di dargli lo stesso nome della mia amata chitarra.
Tirai il fumo lasciando che mi riempisse la bocca, pizzicandomi piacevolmente la lingua.  Espirai, osservando scorrere davanti agli occhi la nuvoletta densa al profumo di tabacco.
Mi strinsi nella felpa. Il freddo mi stava facendo venire la pelle d’oca, forse sarei dovuto rientrare, ma non mi sentivo ancora psicologicamente preparato a subire quell’ondata di emozioni così nuove..
Mi spaventavano. Mi apparivano tutte così sbagliate e irrazionali. Dimezzai la sigaretta in pochi, ma lunghi tiri. Mi guardai in torno osservando quelle poche persone uscite fuori dal locale per appartarsi con qualche bella ragazza o a farsi una birra e quattro chiacchere lontano dal volume troppo alto della musica. Più guardavo quelle persone, più mi sentivo diverso. Loro erano così disinvolti nei loro comuni modi di fare.. attaccavano bottone con quelle ragazze come se non facessero altro da una vita. Io non ci avevo neanche mai provato, sinceramente … non credo mi interessino più di tanto. Le donne per me sono troppo belle anche solo per essere sfiorate. Le vedo come un qualcosa di mistico e irraggiungibile. Un qualcosa per cui non provo desiderio o attrazione, ma solo ammirazione. Perciò non mi spingerei mai oltre ad un sorriso di cortesia o magari, perché no, stringerci amicizia.
Lo sguardo mi cadde su due ragazze nascoste dalla penombra del muro esterno del locale. Si stavano abbracciando e quella più minuta, una tipa mingherlina dai capelli biondi e liscissimi, fisso il suo sguardo in quello della più slanciata dai capelli mori. Si guardarono in un modo che mi parve famigliare. Nel vederle capii che qualcosa ci accomunava, ma per il momento non capii bene cosa. La biondina si avvicinò all’altra premendola contro il muro, incatenandola dolcemente ad esso con le sue esili braccia. Sul volto della ragazza più alta si dipinse un magnifico sorriso che scomparve tra le labbra della sua piccola fidanzata in un tenero bacio. Sorrisi.
Quell’amore clandestino era il più puro che avessi mai visto fino ad ora. Nessuno di quei ragazzi intenti ad abbordare quelle tipe fuori al pub sembrava conoscere l’esistenza di quel sentimento.  Tornai a guardarle e notai che si stavano sorridendo di nuovo. Abbassai lo sguardo sui lacci delle scarpe come sentendomi improvvisamente in imbarazzo nel osservare quell’amore con tanta invidia.
I miei pensieri tornarono al cantante che si stava ora esibendo sul palco del Blues.
 Se avessi dovuto scegliere una qualsiasi persona a cui dedicare un sorriso simile a quello che si erano scambiate quelle due ragazze poco prima, avrei scelto di sicuro Gerard.
Lui, perché era diverso da chiunque altro. Perché quel alone di mistero che l’avvolgeva non mi portava solo al desiderarlo, ma anche a volerlo scoprire.. comprenderlo..  immergermi nel mondo che celava dietro i suoi occhi color del prato. Perché sentivo che nessuno si era mai spinto oltre quella corazza che sembrava essersi costruito col tempo.
La mia sigaretta era ormai finita, la cenere svolazzava sull’asfalto nero come neve e le mie gambe erano intorpidite dal vento gelido che aveva iniziato a soffiare. Gettai il filtro a terra e mi tirai in piedi pulendomi il dietro dei pantaloni che si erano impolverati all’altezza delle cosce.
Mi sembrò di essermi ripreso, perciò decisi di rientrare nel pub a cercare Ray e magari a consumare qualche altra birra per schiarirmi le idee su alcune domande che da poco avevo cominciato a pormi seriamente.
Entrai nel locale mentre i componenti della band stavano facendo una pausa. L’aria era sempre più asfissiante in quel posto e l’odore nauseabondo di alcol non accennava a diminuire.
Un suono stridulo proveniente dal microfono fece intuire al pubblico che il concerto stava per riprendere. Le note di una canzone, a me conosciuta, dal ritmo struggente, avvolsero la sala, facendo calare un silenzio innaturale su di essa.
Non riuscii ad impedirmi di voltarmi verso il palco catturando anche con la vista quello spettacolo malinconico che stava inebriando le mie orecchie.
It takes the pain away, But could not make you stay.
Sentii il cuore sprofondare in un profondo abisso di sofferenza, trasportato da quelle cupe parole.
La voce di Gerard era graffiante, roca, aspra, affascinante, tormentata.
Da  brividi. Uno spettacolo ultraterreno.
it's way too broke to fix 
no glue, no bag of tricks 

stessa intonazione, stesso dolore. Puntai lo sguardo sulla figura del cantante semi accasciato al suolo, aggrappato all’asta del microfono. Sembrava stesse per crollare a pezzi, tanto fossero sentite le parole che uscivano dalla sua bocca. L’immagine nitida del Gerard sicuro ed accattivante che poco prima dominava con sicurezza i metri del palco, si stava sciogliendo come una maschera di cera sotto il sole cocente del deserto.
Lay me down, the lie will unfurl 
lay me down to crawl. 

Cadde sulle ginocchia portando con se il microfono e scandendo in tono agonizzante l’ultima frase.
Il peso e la consapevolezza del suo dolore, mi stava lacerando le interiora. Ero sicuro che se avesse continuato a cantare in quel modo, non sarei riuscito ad uscirne vivo da quel posto.
Un angelo dannato. Ecco cos’era. Costretto al dolore. Un dolore, una solitudine, una depressione e uno sconforto solo a lui conosciuto. Le emozioni contrastanti che mi stava facendo provare, mi stavano realmente confondendo. Oscillavano dalla più totale ammirazione verso quel ragazzo capace di nascondere al mondo interno il suo vero raccapricciante stato emotivo. Alla tristezza più sentita, pensando a quanto poco meritasse tutto quel male.
Your smile would make me sneeze 
when we were Siamese 
Amazing grace in here 
I'd pay to have you near.

Lo vidi sollevarsi di nuovo, per poi vagare con lo sguardo tra la folla fino a puntarlo su di me. Parve riacquistare un po’ della sicurezza che aveva lasciato affondare come una barca in tempesta, come a voler apparire meno fragile ai miei occhi. Lo vidi sorridere amaramente.
Sembrava volesse rendermi partecipe del suo messaggio. Lo guardai incantato fino alla fine del pezzo. Così com’era iniziata, all’improvviso, la canzone terminò. Lasciando il pubblico sbigottito e in balia dei propri sentimenti. La vista si appannò, e sentii gli occhi pungermi e arrossarsi fino a lasciar scendere una calda lacrima sulla guancia.
La scaletta andò avanti. E riuscii a ricompormi quel poco che bastava per farmi continuare la ricerca del mio amico tra la folla.
Distolsi lo sguardo dal palco e intravidi la capigliatura afro del mio amico  a circa mezzo metro da me, seduto al bancone mentre sorseggiava da solo la sua birra.
Mi sedetti e feci anche io la mia ordinazione. – Si può sapere dove diavolo eri finito? Ti avevo detto che sarei rientrato, pensavo mi avessi seguito, invece..- mi disse sovrastando a malapena il volume degli amplificatori e delle casse. –Mi stavo fumando una sigaretta.-Risposi sbrigativo, fissando lo sguardo nella bibita chiara che mi avevano appena servito. -Cosa c’è amico, non ti piace il gruppo? - Mi guardò con aria interrogativa il riccio, sistemandosi con la mano una ciocca ribelle di capelli cadutagli sulla fronte.
-C..cosa? il gruppo? No no, sono davvero bravissimi! Solo non mi sento molto bene… sarà perché qui fa un caldo micidiale..- Buttai li la prima scusa che mi venne in mente, imponendomi mentalmente di non voltarmi verso il palco. Non avrei retto ancora per molto a tutte quelle emozioni, perciò decisi di evitare categoricamente di farmi trasportare nuovamente dalla voce di Gerard. –Tranquillo Frankie. Questa che stanno suonando è l’ultima canzone, poi saluto Mike e ti riaccompagno a casa.  Il bar gli ha concesso di suonarne solo cinque per stasera per via dei vicini e del troppo chiasso, ma con la promessa di farli tornare di nuovo, con una scaletta più lunga.- mi sorrise Ray. Si girò con lo sgabello e cominciò a godersi il concerto del suo amico.
-Magari torniamo a sentirli se ti va.- buttò li Ray. –Magari.- Asserii io. La sua voce sinuosa aveva ricominciato a farsi strada nelle mie orecchie, sfondando a colpi di cannone la barriera insonorizzata creata da me per non cadere vittima di qualche crisi ormonale o esistenziale.
-Vi ringrazio ragazzi per averci supportato e.. sopportato.- La voce di Way e la sua risata mi arrivarono chiaramente alle orecchie come una carezza rovente in una giornata ottobrina, che mi provocò una serie di brividi che mi percossero la schiena. Si era rimesso la maschera. Mi girai e il mio sguardo si infranse nuovamente su quel demone in jeans scuri che passeggiava con nonchalance e sicurezza sul palco. Paragonandolo al Gerard di The Crawl, quasi stentavo a credere che fossero la stessa persona. Rimasi a contemplare Gerard e quel suo sorriso perfetto ed egocentrico che mostrava al pubblico entusiasta.
Lo vidi voltarsi nella mia direzione e subito mi irrigidii sullo sgabello conficcando le unghie nella morbida pelle che li rivestiva.
Quelle domande scomode che tentavo disperatamente di non pormi, si presentarono nella mia testa, impedendomi di accantonarle nuovamente.
Cosa provi per Gerard?
Non lo so.
Risposta sbagliata, Frank.Ti piace?
Cosa!? Ma siamo pazzi? Lui e’… un ragazzo.
Un ragazzo. E ti piace.
NO! Cioè ... no … vero?  
-Dai Frank muoviti! Andiamo da Mikey prima che la gente si accalchi troppo davanti ai camerini!-
Disse Ray, afferrandomi per un braccio, riportandomi alla realtà e salvandomi momentaneamente dall’interrogatorio dettato dal mio insistente grillo parlante.
Salimmo sul palco, non curanti dei divieti sull’oltrepassare le quinte se non autorizzati, e ci infilammo in una serie di corridoi fino ad arrivare ad una porticina nera e rossa, rovinata dal tempo.
Bussò e attendemmo una risposta che non tardò ad arrivare. Un ragazzo dai capelli rossi, il chitarrista se non ricordo male, privo di maglietta venne ad aprirci.
-Ray!- esclamò il tizio in topless per poi fiondarsi su di lui stringendolo in un abbraccio e obbligandolo così a lasciare la salda presa sul mio polso, per ricambiare. Guardai alle spalle del ragazzo. Quello doveva essere il loro camerino. Riuscivo ad intravedere qualcuno che se ne stava sdraiato a petto nudo sul divano dallo specchio. E quello che prima avevo identificato come Mikey,  oscurare il viso dell’altro stravaccato tra i cuscini. – Siete stati fantastici! Oh, ma che dico… SPETTACOLARI!- si complimentò l’afro entusiasta stringendo il ragazzo dai capelli rossi. –Ma su, entrate pure!- Disse, scostandosi dalla porta e facendoci strada fin dentro al camerino.
Rischiai un infarto nel vedere Gerard tirarsi su a sedere dalla posizione in cui stava prima della mia entrata. Aveva ciocche di capelli corvini madide di sudore sparse per la fronte. Le labbra umide e leggermente dischiuse per favorire la respirazione ancora affannosa del post concerto. Le sue guance erano arrossate e imperlate di qualche gocciolina scesa dai capelli umidi e il suo petto chiarissimo si alzava e si abbassava velocemente. I suoi occhi, velati dalla stanchezza, ma resi vividi dalla soddisfazione del successo della serata, incontrarono i miei. Spalancati.
Ero rimasto di stucco nel vederlo così all’improvviso. L’emozione era stata forte quasi quanto il vederlo sbucare a sorpresa da quel palco, rendendomi succube di ogni sua variazione canora.
Lo fissai ancora a bocca aperta senza riuscire ad emettere alcun suono.
Okay, ora mi calmo. Gli faccio i complimenti e me ne vado a casa. E finisce qui. Sconosciuti come prima.
Una semplice frase come ‘bellissimo spettacolo, complimenti!’ basterà.
-Sei bellissimo.- asserii non distogliendo minimamente lo sguardo dalla pelle diafana di quel ragazzo, che sembrava ipnotizzarmi.  Tutti gli occhi nella stanza erano puntati su di me. E me ne accorsi anche non guardandoli direttamente. – Cosa?- lo sentii rispondere. Già… COSA!? Che diamine mi era saltato in mente? No, non potevo averlo detto sul serio.
Stupido. Idiota. Patetico. Ridicolo.
 rimedia, cazzo. Rimedia Frank!
–Cosa, COSA!? Emh, Volevo dire.. bellissimo spettacolo ragazzi, fenomenali!- Arrossii violentemente incrinando la voce fino all’inverosimile. Cosa diavolo mi stava succedendo?
Vidi gli altri fare un cenno di assenso con la testa, senza dare realmente peso a quanto poco credibile risultasse il mio tono.
-Ti ringrazio.- Sussurrò con voce roca il moro alzandosi. Mi sorrise. Di nuovo quel sorriso pieno di malizia. I suoi occhi si illuminarono come se tutti i tasselli di un suo puzzle immaginario si fossero finalmente riuniti, facendo affiorare l’immagine celata, in modo chiaro e tondo. Lui sapeva.
Aveva capito i miei veri sentimenti ancora prima di me stesso. Ed aveva saputo trovare ogni risposta ad ogni mia singola domanda.
*Spazio autrice*
Si, merito di essere picchiata.
Ma non ho intenzione di mentirvi.
Avevo un bocco, non sapevo come continuare. Ho scritto
e riscritto centinaia di volte questo capitolo, giungendo alla conclusione che,
se non volevo perdere ogni persona interessata a questa storia.
Con l'inizio della scuola,
gente che toglieva dai preferiti o dalle seguite la ff,
vacanza in irlanda, mancanza di internet e 
blocco psicologico, questo è il meglio che ho saputo tirar fuori, anche se un po' breve.
La canzone di Gee è una canzone che mi fa emozionare molto, spero che in quella parte
io sia riuscita a comunicarvi come apparisse la scena agli occhi di Frank.
Vi ringrazio se continuerete a seguire gli aggionamenti e a recensire.
Un mega bacio, aggiornerò presto. Ho un sacco di idee.
-Gee. x 
  
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