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Autore: l0velyunicorn    09/10/2013    2 recensioni
5 gennaio 1998
Quando ti ho incontrato i fiori hanno iniziato a crescere nella parte più oscura della mia mente.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Justin Bieber, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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PSYCHO

(negli abissi della psiche)



ALLIE.
“Mark?”
“Allie?”
Mamma era uscita a prendere una boccata d’aria prima che arrivasse.
Non potevo credere ai miei occhi, c’era stato il funerale di Mark nel dicembre del 1997 ero quasi morta dentro e ora avevo scoperto che era tutta una finta ed io non riuscivo a capire. Perché?
Ero innamorata di quel ragazzo a tal punto da morire per lui. Dopo la morte di mio padre e la sua scoprii di essere morta io dentro.
“T-tu sei v-vivo.” Balbettavo, non riuscivo a spiccare parola, non riuscivo a dire qualcosa di sensato.
“E’ una lunga storia.” Mi aveva sorriso.
“Lunga storia? Togliti quel sorriso dalla bocca che potrei strappartelo in ogni momento.” Ero arrabbiata a tal punto di rifiutarlo.
“E’ ovvio che sei finita- si era guardato attorno con uno sguardo schifato- in questo sudicio posto”
“Sudicio assomiglia a suicidio.” Avevo sorriso come solo una malata poteva fare, come se godevo solo al pensiero di quella parola.
“Stai diventando tutta matta.”
“E se fosse realmente così?” avevo sorriso di nuovo in quel modo, quella sensazione mi aveva percorso tutta la colonna vertebrale.
“Comunque volevo dirti una cosa, in questi ultimi mesi non ti ho dimenticata, ti ho pensata ogni santo giorn..”
“Non mentirmi.” Gli urlavo contro.
“Lo giuro Allie.”
Tre secondi di pausa e tutto mi sembrò meno chiaro. Non riconoscevo più la persona che avevo davanti, ma non perché era cambiata, ma perché in quei tre secondi io non sapevo più chi fosse.
“Chi sei tu?”
“Sono Mark, Allie.”
Ma subito dopo quei tre secondi tutto mi ritornò sembrare più chiaro del solito. Io non lo amavo più, l’unica persona che amavo in quel momento era Justin e Mark era l’ultima persona della Terra che mi potesse importare.
“Ho altre cose da fare.” Dicevo nervosa e istericamente, guardandomi attorno, credevo di essere impazzita.
Respiravo a fatica, il cuore mi batteva così forte e mi dimenticavo le cose. Come l’ultima volta dopo la mia assenza di undici fottutissimi giorni.
Ero presente, ma la mia testa era altrove, era tutto basato su un sogno. La mia vita era basata su un sogno. Niente era reale.
“Ma Allie…” mi implorava, ma io lo rifiutavo il più possibile. Come poteva avermi mentito per ben due mesi intanto che morivo dentro.
“Devi andartene.”
“Non è finita qua. Tornerò.” Cosa significava quel “tornerò”? Lui non doveva tornare proprio, doveva sparire dalla faccia dalla Terra, come mi aveva fatto credere almeno poco tempo fa.
Mark tornava, Justin spariva. Tutto stava tornando come due mesi prima.
Beh a dire il vero, mi faceva piacere che lui si fosse preoccupato di me e che fosse venuto a trovarmi all’ospedale. Del resto, nessuno l’aveva fatto, nessuno dei miei amici si era scomodato a venirmi a trovare. Semplicemente si erano allontanati da me. Non li biasimavo infondo.
Dopo che se ne era andato via, mi ero messa la mia vestaglia grigia come me, mi ero infilata le ciabatte alla mia destra come al solito e mi ero andata a fare un giro.
Arrivata a metà del corridoio, una ragazza sulla ventina di anni, aveva quattro anni in più di me si era avvicinata a me urlando parole insensate. Riuscivo a capire solo: “La fine è vicina.” L’aveva ripetuto almeno una cinquina di volte.
“Moriremo tutti.” Riuscivo a capire anche questo dopo un po’ che parlava.
“Levati di mezzo.” Le avevo detto sgarbatamente, le persone così se non le trattavi in quel modo non capivano.
Non si toglieva da davanti, era ferma immobile, impassibile, senza nessuna espressione sul viso, poi aveva incominciato a ridere, ridere e ridere istericamente. Era caduta a terra.
“Perché..non sei già morta tu? Intendo dentro.” E rideva ancora di più, rideva di gusto.
“Ho detto levati di mezzo.” Le avevo tirato un calcio dritto sul fianco.
“Mi hai fatta male, troia!” urlava come una matta sapeva fare.
“Ti ho detto di levarti di mezzo.” Urlavo a mia volta.
Me ne ero andata per la mia strada, girandomi qualche volta indietro per vedere che cosa accadeva. Degli infermieri l’aiutarono ad alzarsi e dalla mia bocca era uscito un ghigno. Godevo a vedere le persone stare male per me, per causa mia. Mi faceva sentire così bene.
In quel momento l’unica cosa di cui mi importava è di incastrare Justin ma liberarlo.
Ero confusa su cosa dovevo fare, volevo che imparasse la lezione ma allo stesso tempo di fargli capire che io c’ero sempre per lui, anche se mi aveva fatto del male.
Dovevo inventarmi un piano, dovevo parlare con la polizia.
Tutto ad un tratto le porte principali si spalancarono; Justin con le manette e due poliziotti, uno alla sua destra e uno alla sua sinistra che lo tenevano dalle braccia.
Tutti erano rimasti in silenzio, lo guardavano mentre i poliziotti lo portavano nella sua stanza.
Vedevo la sofferenza nei suoi occhi, quando era passato davanti a me sembrava una scena a rallentatore. Lui che mi guardava e piano piano, mi sussurava uno “scusa” imperdonabile, o quasi.
“Mi racconterai.” Gli avevo sussurrato io.
Con la testa aveva fatto cenno di sì.
Cercava di liberarsi, ma non riusciva, riusciva a malapena a camminare, non stava in equilibrio. In realtà non era in equilibrio con se stesso.
Quando la salita diventava più dura non bisognava mollare, bisognava cercare un modo per semplificarla.
Ed io, dopo averci pensato per un po’, volevo aspettare la sua versione dei fatti prima di decidere ogni cosa.
Decidere se incastrarlo oppure renderlo libero. Forse potevo fare entrambe le cose o forse solo una. Non lo so, dovevo pensarci per bene e pianificare ogni cosa ma più di tutte: parlare con Justin. Ma in che modo potevo parlargli? In che modo quei poliziotti mi avrebbero fatto avvicinare a Justin Drew Bieber? Era così urgente.
Sicuramente per tutta la notte avrebbero fatto la guardia davanti alla porta di lui e questo mi bloccava per arrivare a lui. Ma se solo avessi chiesto se potevo paragli?Non era più semplice? Quella era la mia prima opzione.
Passata un’oretta mi ritrovai davanti a quelle due uomini, uno alto e uno basso. Indossavano una divisa blu, sicuramente erano le guardie del carcere. Uno era sulla trentina di anni ed era quello più alto e l’altro sulla cinquantina ed era quello più basso.
“Scusate, potrei parlare con il signorino Bieber?” si guardarono a vicenda, uno aveva fatto cenno di no e l’altro di sì. Era una tale confusione che non si capiva più niente.
“Come ti chiami?” volevano sapere se fossi io Allie Jones, beh in teoria lo ero in pratica ero Brenda Brown.
“Brenda Brown.”
Si erano guardati ancora e tutte e due avevano fatto cenno di sì.
“Avanti signorina Brown.”
Dopo essere entrata avevo chiuso la porta cosicché nessuno potesse sentire. Lui mi aveva guardato con una tale sofferenza, con un senso di pentimento così profondo che non potevo resistere. Lo si vedeva dai suoi occhi, era come se fosse stato imprigionato dalla tristezza e dalle lacrime.
“Allie.” Mi aveva sussurrato.
Avevo battuto le mani a Justin e gli avevo detto“Ma bravo.” Avevo detto normalmente senza nessun sentimento. C’era stato qualche minuto di pausa fra me e lui, senza parole, senza niente di niente. Tutto era così folle, ero andata lì per chiarire le cose non per fare scena muta.
Mi guardava negli occhi, i suoi erano color nocciola e mi facevano sciogliere ogni santa volta che li guardavano, si mordicchiava il labbro inferiore; era nervoso. Si accarezzava lentamente la nuca; era imbarazzato.
Io ero impassibile, senza nessuna espressione in faccia, ferma immobile. Come quella pazza che mi aveva attaccato poco tempo prima.
“Perché?” avevo spiccato parola per prima.
“Volevo renderti felice.”
“Felice? Volevi la mia felicità? Sei tu la mia felicità Justin, nient’altro. Io voglio vivere grazie a te, voglio sentirmi libera grazie a te, non voglio essere più imprigionata in questa malattia chiamata depressione psicotica, voglio uscire di qua insieme a te e viverci una vita. Questo amore è insano ma a me piace così com’è.”
“Scusa.”
“Non mi servono le tue scuse-facendo una faccia schifata-mi vendicherò.”
“Ti vendicherai?!”



Allie mi aveva appena detto che si sarebbe vendicata ma un secondo prima aveva detto che voleva essere libera con me. Era confusa e lo leggevo nei suoi occhi. Era persa senza di me. Credo non abbia mai amato nessuno al di fuori di me. Si vedeva che non sapeva come amarmi, perché ero complicato come un puzzle a duemila pezzi. Ma ciò non era così complicato ed impossibile, perché tutto era possibile.
“Sì, non te la farò passare liscia.” Il mio cuore batteva a mille, avevo paura, già, avevo paura per quello che potesse fare. Non potevo reggerlo.
“E cosa vorresti fare sentiamo?”
Le due guardie ci avevano interrotto, maledette loro e chi le aveva create.
“Brenda Brown deve uscire.”
“Aspettate, chi è Brenda Brown? Lei si chiama Allie Jones.”
Mi aveva pestato il piede cosicché facessi un grido strozzato. Ma non avevo capito.
“Signor Bieber lei deve rimanere almeno 20 metri lontano dalla signorina Jones.”
“Non potete farlo.”
“Invece sì.”
Volevano allontanarmi dalla mia medicina e non li biasimavo. Lei era la mia medicina e l’avevo provata ad uccidere. Maledette voci! Maledetto me!
“Bravo Bieber, queste sono le conseguenze a quello che hai fatto.”
Stringevo i pugni così forte da far vedere tutte le vene delle mie mani. Mi ero infognato da solo a dire quella cosa, perché lei teoricamente era Brenda Brown in quella situazione, praticamente era Allie Jones, quasi uccisa da me.
In quel momento volevo solo la felicità per lei e non ne ero più sicuro che fossi io. Prima ne ero talmente certo che avrei fatto di tutto pur di vederla sorridere.
Uscita da quella stanza era arrivato da mangiare e ci mancava poco che non vomitassi.
Il cibo di quell’ospedale era viscido, la pasta era colla e il sugo era aspro. L’insalata non era insalata. Il pesce aveva l’odore e il sapore della carne. Chissà come cucinavano quel cibo così schifoso. Sorridevo.
Quel giorno c’era pasta alle zucchine, zucchine che sembravano merda di cavallo e pollo bollito, non avevo fame, rigiravo il cibo con la forchetta e intanto ripensavo ad Allie e a quei venti metri di distanza da lei.
Mi dava amore anche se le avevo fatto del male, lo leggevo nei suoi occhi tiepidi, si stavano sciogliendo del tutto. Ghiaccio su ghiaccio. Due iceberg.
Avevo solo bisogno di abbracciarla e dirle che andava tutto bene accarezzandole la nuca.
“Cosa ne rimarrà di noi?” sussurravo piano piano.
“Tutto quanto.” La sua voce mi era rimbombata nella in testa, me la grattai confuso. Le voci erano diverse, piacevoli. Forse perché si trattava di Allie.
Avevo bisogno di una luce che mi avrebbe portato a casa, volevo uscire da quel posto, ma dopo quello che era accaduto, ne dubitavo. Non sarei mai uscito da quel posto. Invece lei sì, lei sarebbe stata libera come un uccello in volo. Avrebbe spiccato anche lei il volo.
Mi era ritornata in mente la sua chemio, i suoi capelli color pece, il suo sorriso isterico e i suoi occhi tristi. La voce l’aveva ripresa, ma la sua dignità no. L’avrebbero fatta uscire in quei giorni di straordinaria follia. E questo mi rendeva triste ma felice allo stesso tempo. Lei era libera. Senza di me.
Avevo buttato il cibo nella spazzatura, lì a marcire, lì avevo buttato anche tutti i miei ricordi più tristi. Li avevo gettati via come se li avessi gettati al vento. Avevo conservato quelli più belli, quelli che si trattavo di Allie. Avevo buttato al vento i ricordi di mia madre, di mio padre. Avevo conservato quelli di mia sorella. Avevo conservato i ricordi della rosa più bella che avevo visto sbocciare nella mia vita, lei, Jude.
Era un sorella magnifica, più piccola di me, innamorata di suo fratello più grande, allontanata da me. Lei aveva uno di quei sorrisi speciali che non si tolgono facilmente, lei aveva degli occhi profondi, assomigliavano ai miei, color miele.
Mia madre invece mi aveva rinchiuso in quell’ospedale per pazzi.
Mio padre beh..lui non mi era mai venuto a trovare. Ma questa è tutta un’altra storia.
Ero solo, ma quella volta non lo ero più. Con me c’era lei, Allie Jones, la ragione per cui vivevo ancora, la ragione per cui andavo avanti col sorriso, lei era il mio ovunque e dovunque.
“ Non siamo fatti per stare da soli ma nemmeno per stare con chiunque. Ma quando si è così, gli altri non sanno cosa vuol dire sentirsi soli dentro.” Mi aveva detto un giorno lei, oppure di quella volta che mi aveva detto: “Non so se sono felice.” Ed io le avevo chiesto il perché non sapeva se era felice e allora lei mi aveva risposto: “Perché non so più che significa.”
A parte che le persone che soffrono non le riconosci, perché loro ridono a voce alta, aiutano sempre ogni persona ma non sanno nemmeno salvare se stessi. Non piangono le persone che soffrono piuttosto ti ridono in faccia per non farti capire quanto soffrono.
Sono persone fragili, come me e te, forse un po’ di più, che non hanno paura di rimanere sveglie a guardare il soffitto tutta la notte, che non hanno paura di strappare un foglio pieno di appunti, che non hanno paura a sorridere a te, ma che hanno paura di sorridere a sé stesse.
Me la stavo immaginando senza capelli, col sorriso spento e gli occhi sciolti in due pozze d’acqua. Era bellissima comunque, l’amavo allo stesso modo di prima. Ero enormemente innamorato di quella ragazza. Che mi faceva stare bene, che mi faceva amare, che mi faceva provare un senso di pienezza infinito.
Lei aveva fatto sparire i mostri che c’erano in me e questo non lo potevo dimenticare.
Come aveva detto lei, aveva fatto crescere i fiori nella parte più oscura della mia mente.
Avevo deciso di andare a fare un giro, avevo messo le ciabatte alla mia sinistra avevo fatto il giro del letto e ero uscito dalla porta. Tra me e la stanza di Allie c’erano almeno 50 metri di distanza se non di più ed io mi sarei avvicinato il più possibile a lei.
Ma quando ero arrivato alla sua stanza avevo notato una cosa, stava litigano con qualcuno, ma quel qualcuno..non esisteva.

Era invisibile, era inesistente ai miei occhi. Erano due le cose: o ero io che ero diventato pazzo oppure lo era lei. Optavo più sulla seconda. Ma infondo..chi non era pazzo in quell’ospedale? Chi più e chi meno, ma a fin fine tutti lo eravamo, nessuno escluso.
Lei lo chiamava Mark, sentivo le loro conversazioni, ma sentivo solo lei parlare. Parlava di quanto fosse doloroso, di quanto la ferisse vederlo ancora lì.
Chi era Mark? E perché la perseguitava? Infinite domande senza risposta.
Lei si vedeva che era convinta, era convinta che quel ragazzo o uomo esistesse. Era così confusa di vederlo che quasi le veniva da svenire. La vedevo sbiancare, sentivo attraverso le mie mani, le sue che sudavano e il suo cuore battere così forte, così potente che quasi mi faceva sobbalzare anche a me. Sentivo le goccioline di sudore cadere dalla sua fronte. Era agitatissima, lo si vedeva dalle sue espressioni. Si strofinava continuamente le mani attraverso le cosce dove c’erano i suoi pantaloni giallognoli del pigiama.
Non lo voleva lì, parlava di una morte improvvisa, di una sparizione e di una ricomparsa. Non capivo niente, a volte il suono della voce si faceva più basso e a volte più alto quindi mi perdevo dei pezzi della discussione.
“Devi andartene.” Silenzio.
“No, non mi hai capito bene, te ne devi andare Mark. Per il mio bene, devi promettermi che non tornerai.” Silenzio.
Lei non sapeva che sarebbe tornato sempre, sempre nella sua testa, sempre nella mente. Tutte le volte che avrebbe pensato a lui, Mark sarebbe tornato. Era una ruota che girava sempre e comunque.
Avevamo bisogno di curarci a vicenda, era un amore malsano. Mi piaceva. Mi intrigava. Mi aiutava.
“Allie, con chi stai parlando?”




 
author's note
vi devo chiedere umilmente scusa per aver aggiornato così tardi,
tipo un mese?!
ma non avevo internet dal computer ma ora ho rimesso il wifi quindi yuppiyey
sta di fatto che comunque questo capitolo ce l'ho pronto da un mese ma questo l'ho riletto e tutto
un mese di tempo insomma...è tanto.
magari far un po' schifo però non importa.
spero vi piaccia e spero recensiate...fatelo per me.
ATTENZIONE:
Leggevo delle ff, nella recensione potreste mettere il link della vostra ff
così le leggo e le recensisco!
@skinsrauhl su twitter

 
  
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