Crossover
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Autore: Registe    09/10/2013    3 recensioni
Terza storia della serie "Il Ramingo e lo Stregone".
"L’esercito del Grande Satana colpì in modo violento l’Impero Galattico. Non vi furono preavvisi, minacce o dialoghi alla ricerca di una condizione di pace. I demoni riversarono i loro poteri in maniera indiscriminata, non facendo differenza tra soldati e civili, guidati solo da un ancestrale istinto di distruzione. Soltanto la previdente politica bellica dell’Imperatore Palpatine riuscì ad impedire un massacro in larga scala.
-“Cronistoria dell’Impero Galattico, dalla fondazione ai nostri giorni” di Tahiro Gantu, sesta edizione.-"
[dal primo capitolo].
E mentre nella Galassia divampa la guerra, qualcun altro dovra' fare i conti con il passato e affrontare i propri demoni interiori...
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anime/Manga, Film, Libri, Telefilm, Videogiochi
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Ramingo e lo Stregone'
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Capitolo 11 - Qualcosa da proteggere





Zam Wesell




Difendi quel che hai.
Se non lo ami, non lo capirai.
Proverbio clawdita.




Hadler levitò lentamente. Senza mai allontanare lo sguardo dagli occhi rossi della creatura, si sollevò sopra ciò che rimaneva dei palazzi. Sotto di lui Bartosh e Hyunkel stavano trattenendo i loro soldati, ed in quei pochi attimi il demone sentì il silenzio dell’intero esercito del Fushikidan che tratteneva il fiato. Si avvicinò, e quando le due strette pupille conversero sulla sua figura capì di aver ottenuto l’attenzione della donna.
L’enorme mole del drago svanì, ed al suo posto rimase solo la figura della donna che era stato mandato ad affrontare. Baran non ha esagerato, dunque. Alcuni demoni incantatori erano in grado di alterare parte delle loro fattezze, ma non con quella velocità e soprattutto non con quell’enorme differenza di taglia. Estese la magia intorno alla sottile figura dal vestito viola, ma intorno a lei non vi era alcuna traccia di incantesimi, nemmeno un sottile spiraglio, non un movimento nell’aria.
La donna lo guardò con attenzione, poi si sedette sulla sommità del palazzo che i suoi artigli di drago avevano quasi distrutto, con le gambe nel vuoto. Spostò gli occhi verso il campo di battaglia sotto di lei, la grande ondata non morta che si abbatteva sulle macchine imperiali, i due eserciti che al suo passaggio rimanevano immobili in attesa di un suo respiro. Per un attimo svanirono i rumori alle loro spalle, gli speeder, gli spari, gli allarmi della capitale, l’intero mondo di metallo sembrava ovattato e solo per quella piccola figura che nulla aveva di maestoso.
I suoi alleati la temevano molto più dei suoi nemici. “Non un gran che come spettacolo, vero?”
Al sentirsi rivolgere la parola –l’ultimo scenario che gli fosse venuto in mente- Hadler respirò a fondo, si fece coraggio e volò nella sua direzione. La sua magia percorse in un istante l’intero palazzo, scese fin dentro le fondamenta e tutto intorno, scivolò nuovamente intorno al corpo della donna e anche sopra le loro teste, ma non percepì nulla di sospetto.
“Stia tranquillo” disse lei, quando solo cinque braccia d’aria li separarono. “Non le sto tendendo una trappola. Ha la mia parola”.
“La parola di un umano non ha valore”.
“Sono pienamente d’accordo” rispose, quasi divertita da una frase simile. “Ma, per sua fortuna, io non lo sono”.
Da quella distanza riusciva a vederne persino gli occhi, di un colore chiaro tra l’azzurro ed il castano. Erano puntati nella sua direzione, ormai lontani da qualsiasi distrazione del campo di battaglia. Trovava difficile staccare lo sguardo da lei. “Credevo che il Grande Satana avrebbe mandato il Generale Baran ad affrontarmi e a scatenare la sua furia su tutta Coruscant. Sotto un certo punto di vista è un peccato, avrei davvero voluto combattere una seconda volta contro di lui …” disse con un lieve sorriso. “Ma se hanno mandato lei apposta per scontrarsi con me, ne deduco che non debba essere di potenza troppo inferiore a quella del Cavaliere del Drago”.
Che fa, sfotte?
No, non lo stava deridendo. L’espressione della mutaforma era neutra, imperscrutabile, ma non vi era nulla di divertito nei suoi lineamenti. Ma in lei c’era qualcosa di molto poco normale se desiderava combattere e perdere di nuovo contro Baran. Però evitò di farglielo notare. “Il Grande Satana ha fiducia nelle mie capacità. E qualunque cosa succeda nei prossimi istanti, nessun demone troverà gloria sul campo quanto me!”
“La gloria è qui davanti a lei, glielo assicuro” rispose la donna. Si mise in piedi, in perfetto equilibrio sopra il vuoto, ed i muscoli delle gambe e delle spalle si contrassero, pronti all’attacco. “Venga a prendersela!”.
L’attimo dopo superò con un unico balzo lo spazio aereo che li separava , due piccole lame in entrambe le mani. Hadler si spostò, ma non abbastanza in fretta. La donna atterrò contro di lui, e spinse il metallo delle lame nel suo torace. Il demone nemmeno sentì il dolore, lasciando che i processi riparativi del suo corpo biologico modificato dagli studi di Zaboera facesse il resto. Lanciò contro la mutaforma una rapida serie di raggi infuocati, ma quella si mosse su di lui con l’agilità di un ragno e le fiamme si persero contro un grattacielo. Si contorse in aria, volò a destra ed a sinistra, in alto ed in basso, cercando di levarsela di torno; quando sentì le mani della donna stringersi al suo mantello, incanalò la magia nella mano sinistra e diede fuoco a tutta la stoffa in un solo istante, ma non bastò. Le mani dell’avversaria si mossero prima lungo le braccia, poi sulle spalle, scivolando in aria prima di essere colpita dagli incantesimi per tornare l’attimo successivo in perfetto equilibrio. Ci fu un lampo di luce giallo-azzurra, ed una strana lama, lunga quanto il palmo della sua mano, gli saettò davanti agli occhi e gli atterrò proprio davanti alla gola. “Tecnicamente avrei vinto io …” sentì la voce di lei mormorargli proprio nell’orecchio. La mano che non impugnava la lama colorata era serrata contro la sua spalla sinistra con una forza impensabile per quelle dita sottili. “Peccato, mi sarei aspettata un duello più soddisfacente da un demone che ha sfidato Kaspar sul campo di battaglia”.
“Questo è ancora tutto da vedere”.
Il piacevole calore della magia esplose.
Il fuoco attraversò la sua pelle in un unico istante. Divampò lungo la sua pelle verde e scivolò attraverso i capelli; lo spinse lungo la tunica, i bracciali ed il mantello, e quando sentì le dita della mutaforma perdere la presa per la sorpresa saettò verso l’alto, liberandosi della sua presenza. Non si voltò nemmeno a vederla cadere, ma si librò sopra il primo palazzo ed approfittò dei pochissimi attimi di tregua per rigenerare in fretta. Il corpo biologico superstregonesco, uno dei principali vanti di Zaboera, rispose perfettamente alle aspettative.
Sebbene il vecchio arcivescovo stregone non fosse celebre per le sue magie, Hadler si era offerto volontario per sperimentare gli studi di Zaboera sulla manipolazione dei corpi demoniaci, e da oltre trent’anni passava buona parte del suo tempo libero nei laboratori del vecchio demone per fornirgli i dati di cui aveva bisogno. Non aveva idea del perché Zaboera si divertisse così tanto a prelevargli campione di sangue, ma ogni volta che si immergeva nelle sue vasche dai fluidi blu e verdastri ne usciva carico di nuova energia, tanto che dopo l’ultima seduta era riuscito persino a sollevare Crocodyne sulle spalle senza usare alcun incantesimo. Nessun altro demone aveva accettato di sottoporsi al trattamento –il Grande Satana stesso si era dimostrato più volte diffidente sulla moralità di quegli esperimenti- ma questo riempiva Hadler di sempre maggior orgoglio. D’altra parte nessun altro demone minore sarebbe riuscito a rigenerare tutta la sua pelle ed i capelli in meno di quattro secondi. Quattro secondi vitali, perché nell’istante successivo un gigantesco volatile azzurro atterrò proprio davanti a lui, rivelando di nuovo le forme della sua avversaria. “Niente male. Il Grande Satana sa scegliere bene i suoi Generali”.
“Non sarei il comandante dei corpi d’armata del Grande Satana se non sapessi nemmeno scrollarmi di dosso un avversario” rispose, alzando intorno a sé alcuni veli di magia difensiva.
Lei dovette trovare qualcosa di molto divertente in quella frase, perché gli sorrise in modo inquietante. “Non sono molte le persone che riescano a scrollarmi di dosso, glielo assicuro. E la maggior parte non sono sopravvissute al secondo attacco”.
Ecco, vorrei proprio evitare di fare la loro stessa fine …
La mutaforma lo osservò, apparentemente senza difese, in attesa di un suo attacco. Hadler chiuse gli occhi, estendendo i suoi poteri fino ai piani bassi, al terreno migliaia di piedi più sotto, alla ricerca dell’energia vitale dei suoi demoni minori e del Fushikidan. Il duello con la donna si prospettava interessante, ma non poteva e non doveva assorbirlo del tutto: tenere fuori quella furia scatenata della mutaforma era uno dei suoi obiettivi, ma la vittoria …
“Ebbene?”
Il tono della donna spezzò la sua concentrazione. Si era messa a braccia incrociate, incurante delle esplosioni alle sue spalle e delle urla che sembravano nascere dallo stesso terreno.
“Mi sembrava di averlo già detto anche al Generale Baran. Detesto essere ignorata”.
“Colpirmi durante un attimo di distrazione sarebbe il modo più rapido per vincere la battaglia e portare la mia testa al vostro Imperatore”.
“Mettiamola così: all’Imperatore interessa avere la sua testa. Ma il come averla lo lascia di solito scegliere a me. Però ho in mente un modo per farla interessare di più al nostro duello …” disse, avvicinandosi di almeno dieci passi. “Detti una condizione. Una qualsiasi, ed io la rispetterò. Se lei è davvero il comandante di tutti i corpi d’armata saprà come volgere questa situazione a suo vantaggio”.
Hadler rimase senza parole. Fece per aprire bocca e risponderle che non aveva alcun bisogno che un nemico gli regalasse la vittoria, ma il rumore di una violenta esplosione sotto di loro gli serrò le labbra e gli toccò i cuori. L’energia dei suoi demoni si stava lentamente trasformando in un guazzabuglio privo di armonia ed ordine, come se il delicato mosaico delle loro scie stesse venendo meno; da quell’altezza non riusciva a distinguere i gridi di guerra del Fushikidan dal rumore assordante delle strane armi degli umani, né riconoscere i grugniti di battaglia di Bartosh da quelle di centinaia di altri soldati che cadevano uno dopo l’altro per il fuoco delle macchine imperiali. Il fragore metallico poteva appartenere ai soldati-macchina, ai veicoli, al ferro della lama di Hyunkel contro i blaster avversari, alle lance dell’avanguardia non morta crollate a terra insieme ai loro padroni. E lui non poteva saperlo. O vederlo. Il violento pulsare della magia lungo il campo di battaglia parlava una lingua a lui sconosciuta, potente come un’ondata che si muoveva tra quei palazzi che arrivavano quasi fino al cielo; un’onda che avrebbe potuto domare ed usare per aiutare i suoi soldati. Parte di lui avrebbe voluto volare via da quel grattacielo, scendere a volo radente circondato da fiamme e dare ai suoi demoni tutto l’aiuto che poteva offrire. Dall’altra …
Scosse il capo.
Se avesse abbandonato quel duello non solo avrebbe gettato nelle fiamme il suo onore, ma si sarebbe fatto inseguire da quella donna. La differenza tra i loro poteri era abissale, e dopo averlo scoperto sulla sua pelle sapeva che non aveva possibilità di resistere ad uno scontro prolungato. Se non fosse riuscito a fermarla o almeno a trattenerla, e sapeva di non poterlo fare con le sue mere forze, lei sarebbe prima o poi planata sul Fushikidan, duello o meno. L’idea di porre delle condizioni al loro scontro lo deludeva, ma non poteva farsi sconfiggere quando migliaia di non vite cozzavano le spade, le lance, le asce e gli scudi nella speranza che la donna drago non posasse lo sguardo su di loro. Se si fosse lasciato uccidere solo per assecondare il suo orgoglio era certo che Bartosh avrebbe trovato un modo per riportarlo in vita solo per potergli sputare in un occhio, ammesso che vi fosse ancora saliva tra quelle ossa bruciacchiate.
“E va bene” rispose a malincuore. “Ma ti consiglio di non sottovalutarmi. La tua generosità potrebbe rivelartisi fatale”.
“Sono maggiorenne da più di trecento anni. So prendermi la responsabilità delle mie azioni” disse con un sorriso. “Allora, la sua condizione?”.
Per la terza volta da quando lo scontro era iniziato, scese il silenzio tra loro. Il demone si portò al centro della sommità del grattacielo e guardò la distesa di edifici che rivestiva quel pianeta come una foresta. Alberi di metallo e vetro, che nonostante l’uso dei Nuclei Neri si estendevano fitti fino all’orizzonte, e quelli più vicini rilucevano del fuoco della battaglia. Ostacoli insormontabili, che nascondevano la superficie del mondo come una rete acuminata, e che divoravano avidi tutta l’aria vitale dell’atmosfera. C’era un motivo per cui il Grande Satana non aveva mandato Baran ed i suoi draghi su quel pianeta.
“Combatteremo su questo tetto. Su questo, e nell’aria al di sopra” disse, sentendo i suoi cuori avvolti in una strana sensazione di calma. “Non un dito oltre. Accetti?”.
La cambiatrice di forma lo osservò con un leggero sorriso. “Interessante … direi che possiamo iniziare”.
Il suo corpo iniziò a cambiare.




“È arrivato, governatore Fett!”.
Boba chiuse l’immagine olografica del visore pineale, e con un sospiro voltò le spalle alla battaglia. Una volta ripresosi dalla caduta era stato portato in salvo dai cloni soldato, ed oltre a qualche ammaccatura sull’armatura ed allo zaino a razzo ormai andato se l’era cavata discretamente. Nel vortice del combattimento l’enorme scheletro guerriero e gli altri soldati del Grande Satana non lo avevano degnato di alcuna attenzione, e per sua fortuna Zam era apparsa nei cieli. Era sparita insieme al demone dal mantello nero, ma di certo non era lei la persona di cui doveva preoccuparsi.
Stavano perdendo lo scontro. Kaspar era stato gravemente ferito, e dei droidi medici lo avevano caricato su uno speeder per portarlo nelle retrovie: i non morti sembravano attirati dalla figura del mago, e si erano lanciati al suo inseguimento sfondando la barricata composta da velivoli abbattuti che i suoi uomini avevano eretto. Un Karjhad fu colpito da un incantesimo oltre le fila nemiche ed esplose contro la parete di un palazzo. Il comlink fu invaso di ordini di ogni genere, e dopo qualche attimo il colosso di transparacciaio franò sulle loro teste.
Quando si voltò, vide la persona che l’Imperatore gli aveva inviato.
L’agente 006 era in condizioni pietose, con un lungo squarcio non rimarginato all’altezza della guancia sinistra; camminava appoggiandosi ad un droide medico, ed a giudicare dai suoi capelli sporchi di materiale gelatinoso era stato appena estratto da una vasca di bacta: il ciuffo argentato era ridotto ad una massa informe che gli copriva la metà destra del viso. Il Membro dell’Organizzazione doveva essere stato insaccato a forza nel suo cappotto nero, perché il fermaglio centrale era slacciato ed il ragazzo sembrava ancora più giovane e sparuto di quanto fosse. Non che la cosa gli interessasse più di tanto, in realtà. “Forza, Membro dell’Organizzazione” ordinò, afferrandolo per una spalla e sospingendolo in avanti. “Fiuta”.
Il ragazzo sospirò, ma non rispose. Fissò il campo di battaglia, ed il cacciatore di taglie osservò la sua espressione. Da neutra e sofferente si trasformò in una maschera di disgusto; se era vero che poteva percepire le persone con il solo fiuto, beh … quella distesa di cadaveri su due gambe non doveva essere la più divertente delle percezioni.
“Che cosa volete sapere?” chiese il ragazzo.
Boba si trattenne dal dargli una sonora serie di cinquine. “Potrei chiederti la combinazione del caveau dell’Imperatore … o perché no, sarei interessato a sapere quante pulci c’erano nella barba del barbone a cui ho sparato stamattina … ma se fossi in te guarderei dritto davanti agli occhi ed userei un po’ di immaginazione!”
Il ragazzo lo osservò con il grande occhio chiaro non coperto dal ciuffo. Se aveva capito l’ironia, non lo diede a vedere. “Contro un’armata di non morti sarebbe più utile un esperto di magia bianca piuttosto che tanti droidi” mormorò.
Da quando in qua la magia ha dei colori? pensò Boba, imprecando mentalmente contro tutti gli incantatori di quella dimensione, della galassia e, per sicurezza, anche contro quelli dell’Universo Parallelo. “E Kaspar non va bene?”
“Governatore Fett, lei si farebbe curare da Kaspar?”
“Piuttosto bacerei Mistobaan in bocca. Con la lingua” rispose, suscitando una lieve risata nelle guardie lì vicino. Poi riprese quel poco di serietà che doveva sforzarsi di mostrare davanti ai soldati che ancora non lo vedevano come il loro capitano, ma solo come un cacciatore di taglie piovuto dal nulla. “Beh, se Kaspar non va bene, direi che non abbiamo questi maghi bianchi di cui parli, ragazzino. Nell’Amn abbiamo qualche Stregone Incappucciato, ma anche con il teletrasporto impiegheremmo almeno tre ore. Non ti viene in mente nulla di più immediato?”.
“Oltre al far venire qui la Signora? No, governatore Fett” sussurrò. Boba seguì lo sguardo del ragazzo, su verso la sommità del grattacielo dove Zam si era poggiata l’ultima volta che l’aveva vista. Dal basso non riusciva a vedere o sentire nulla, ma la cacciatrice di taglie aveva abbandonato la sua forma draconica, e di lei non si poteva osservare nemmeno il più remoto puntino viola sulla cima dell’edificio; anche il demone che era volato verso di lei sembrava sparito, ed i lampi azzurri che provenivano dal campo di battaglia dei due sfidanti di mescolavano alle raffiche laser che i Karjhad usavano per spazzare da lontano le linee degli scheletri. Non era abituato a non vederla.
“Sta bene” disse il ragazzo, come anticipando i suoi pensieri. L’unico occhio azzurro visibile si soffermò su di lui, poi tornò verso l’alto. “Sa com’è la Signora … quando si intestardisce su qualcosa non c’è verso di fermarla! Ha scelto uno dei suoi duelli d’onore, e non ne uscirà finché uno dei due non sarà morto. Ed il demone è dello stesso avviso”.
“Zam non morirà di certo per così poco”.
“Chi lo può dire?” rispose il ragazzo, con lo sguardo ancora più vacuo. “Un mio collega dell’Organizzazione diceva sempre che il destino è cinico e baro. Ma soprattutto baro”.
Se si fosse trattato di un qualsiasi altro agente dei servizi segreti lo avrebbe terminato sul posto per l’insolenza, ma l’Imperatore teneva in considerazione quel ragazzo ed i suoi poteri. Più di quanto non tenesse a lui, senza alcun dubbio. “Sarà …” rispose “… ma il tuo collega non aveva mai visto Zam”.
“Senza dubbio”. Il ragazzo dallo strano ciuffo si mise in piedi da solo, appoggiandosi a quello che restava di un velivolo d’assalto. Inspirò a fondo, proteso in avanti, quasi incurante delle raffiche al plasma che disegnavano migliaia di reti mortali nell’aria. “Se fossi in lei, governatore Fett, non mi preoccuperei troppo dei non morti. Sono molto più resistenti dei semplici assaltatori, e dominano incantesimi di necromanzia che nemmeno i vostri amati Stregoni Incappucciati potrebbero bloccare. Ho il sospetto che il modo migliore per fermare il Fushikidan sia … passatemi l’espressione … staccare loro la spina …”
Boba lo guardò con aria interrogativa, facendo capire al ragazzo che avrebbe gradito una spiegazione più esplicita. “I non morti del nostro pianeta non sono creature del tutto autosufficienti: è la magia a riunire le ossa dei caduti, ed è sempre la magia che li fa parlare, combattere e ragionare. Nel nostro mondo la magia è molto diffusa, soprattutto grazie alla presenza della famiglia demoniaca, che grazie al suo immenso potenziale imbriglia di incantamenti la terra ed il cielo; è anche il motivo per cui delle creature così testarde come i non morti hanno deciso di giurare fedeltà al Grande Satana, dopotutto”. Fece una pausa, come se stesse pensando a qualcosa di triste. Lo sguardo si fissò sull’immensa distesa di grattacieli alle loro spalle, quella parte di Coruscant che ancora non era stata devastata dai Nuclei Neri. “In questo mondo non c’è magia, governatore Fett. Nemmeno una goccia. Tecnicamente a Coruscant il Fushikidan non potrebbe resistere per più di qualche ora …”
Il cacciatore di taglie respirò a fondo, capendo dove il ragazzo stesse andando a parare. “I demoni …”
“Esatto. I demoni minori che vediamo in campo non sono qui per combattere, o almeno non è quello il loro scopo. Posso percepire chiaramente l’odore della magia che si sposta dai loro corpi a quelli dei non morti, è un’azione spontanea ma fondamentale per lo spostamento dell’esercito. Infatti tendono sempre a tenere i demoni nelle retrovie, o comunque lontano dalla nostra artiglieria”.
“Ho capito”.
Boba rimase per qualche istante solo con i suoi pensieri. Le parole del ragazzo avevano dato un altro aspetto alla dimensione della battaglia, un aspetto che non avrebbe mai preso in considerazione nemmeno dopo migliaia di anni. Lo avevo detto all’Imperatore che ero la persona sbagliata per questo compito. Eppure si trovava lì, con una scacchiera che non era nemmeno in grado di usare –detestava giocare a scacchi olografici, del resto- e con migliaia di pedine di cui non capiva nemmeno la funzione. Era Tarkin quello che vedeva sempre il quadro generale della situazione. Era lui a capire dove e quando colpire, ad avere sempre un piano di riserva, un asso nella manica che nessuno era in grado di prevedere. Lui era soltanto un cacciatore di taglie che era diventato un Signore Oscuro quasi più per spirito di amicizia verso Tarkin e Maul che non per desiderio di scalare la vetta del potere; se fosse dipeso da lui avrebbe spento quel dannato comlink, mandato a quel paese tutti i soldati e si sarebbe appartato su uno dei palazzi ancora in piedi, solo con i suoi blaster ed il fucile da precisione. Ma non poteva.
E non poteva nemmeno chiamare Tarkin. Il governatore aveva i suoi draghi da pelare, laggiù nel mondo del Grande Satana, e non lo avrebbe mai distratto per nulla al mondo. Aveva un’idea per uscire da quella situazione, una di quelle che Zam non avrebbe mai approvato.
“Ragazzino, ma soltanto i demoni sono fissati con queste idiozie dell’onore oppure lo sono anche questi scheletri schifosi?”.
“Combattono per il Grande Satana. Anche per loro l’onore è importante”.
Bene.
Forse c’è un modo per uscire da questo inferno.
Congedò il giovane agente e diede disposizioni a tutti i suoi uomini. Il piano aveva la sua bella dose di pericolo, ma più vi pensava e più si rendeva conto che era un rischio alla sua portata. A Zam non piacerà, ma ormai non credo che possa detestarmi più di così.
Cercò di scacciare il nervosismo che lo perseguitava tutte le volte che si ritrovava a pensare a lei. Ma stavolta era diverso, quasi come un presentimento scuro che gli lasciava un brivido spiacevole lungo la schiena. Ripensò alle parole del giovane Membro dell’Organizzazione, avvolto nella sua tunica nera come un uccello del malaugurio. “Il destino è cinico e baro, eh?”
Premette un pulsante, sapendo che entro qualche minuto una squadra di droidi IG-88 sarebbe arrivata. Zam era sempre uscita vittoriosa da qualsiasi duello, ma si sentiva in dovere di mandarle un piccolo aiuto.
Come avrebbe detto Tarkin … per sicurezza.




Quando la trasformazione terminò, davanti agli occhi di Hadler non vi era nessuna delle centinaia di creature che si era immaginato. Non vi era lo sguardo imperscrutabile di un Beholder, i tentacoli di un Illidith, la statura imponente di un Mangiatore di Rocce né l’ammasso di magia necromantica che accompagnava il passo dei temutissimi Lich. La nuova figura era tozza e massiccia, ma manteneva sembianze simili a quelle umane. La fissò a lungo, finché la figura non si mosse per cambiare posizione e allora scorse lo scintillio dei suoi occhi gialli.
Un momento più tardi, la creatura si staccò dal cumulo di detriti vicino al quale si era nascosta e avanzò verso di lui, illuminata dalla luce morente di un palazzo vicino. Era robusta ma leggiadra allo stesso tempo, con le spalle lievemente ricurve in avanti ed il petto più ampio della sua forma umana, e la pelle sembrava coperta da una leggera peluria nei punti in cui il vestito viola era stato assorbito dal resto del corpo. La testa era molto simile a quella precedente, solo che il viso era deformato in qualcosa di feroce. Il muso lungo e le orecchie appuntite erano quelle di un lupo, ma le mandibole erano grosse e larghe e quando le scostò si scorse una fila di denti lunghi e strettamente serrati tra loro. Sebbene la mole fosse ben maggiore della sua forma umana, la donna si mosse verso di lui con eleganza ed un’andatura misurata. Si fermò a dieci passi da lui, sollevò la testa e la bocca si arcuò in quello che poteva essere l’abbozzo di un sorriso, poi emise il più raccapricciante ringhio che Hadler avesse mai udito, una combinazione tra grido ed ululato che superò anche il fragore dei cannoni al plasma sotto di loro. Il battito dei suoi cuori accelerò, sospinto dal verso del licantropo che si stagliava davanti a lui, con le spalle protese in avanti e pronte ad attaccare.
Decise di non darle il vantaggio della prima mossa.
Aprì il palmo della mano sinistra verso di lei, e lasciò che l’energia di fuoco esplodesse dalla punta delle sue dita. Le Flare Finger Bombs si aprirono seguendo la sua mano, poi conversero sulla donna disegnando cinque traiettorie rosse nell’aria; prima ancora che la mutaforma potesse evitarle, Hadler creò una lunga lancia di ghiaccio e la scagliò proprio nel piccolo spazio che le Flare Finger Bombs avevano lasciato vulnerabile. La mutaforma era lì, proprio dove aveva immaginato, ma invece di evitare l’arma cristallina diretta verso il suo petto si acquattò, scattò di lato con gli arti inferiori ed addentò la lancia tra le sue mandibole. Le schegge di ghiaccio non avevano ancora raggiunto terra quando le Flare Finger Bombs tornarono indietro e avvolsero la sua nemica nell’oscurità e nella caligine. Hadler vide la sagoma del licantropo flettersi ed allontanarsi, e capì che le sfere di fiamme non avrebbero mai colpito il bersaglio.
“Un’ottima scelta” disse a voce alta. “Sai come rendere interessante un duello”.
Non aveva idea di come quella donna fosse venuta a conoscenza del ramo licantropo della famiglia demoniaca, una razza che ere addietro si era staccata dai demoni per mischiarsi con le bestie; lui stesso ne aveva visti pochi e soltanto tra fila dello Hyakujumadan, tanto silenziosi nei momenti di riposo quanto violenti e sanguinari sul campo di battaglia. Brutali, selvaggi, primitivi, con una cultura che ormai non aveva più nulla a che vedere con quella dei loro padri. Ma pur sempre demoni…
Non aveva ancora finito di formulare quel pensiero che dalle mani della sua avversaria partì una sgradevole sensazione di magia pura, priva di forma, che permeò l’aria. Due immense folate di vento lo colpirono in rapida successione: la prima lo colpì in pieno e lo sbilanciò, ma Hadler evocò un proprio incantesimo di vento, più forte e letale, che rivolse la corrente nemica contro il palazzo più vicino. Al rumore del transparacciaio in frantumi sentì i suoi cuori accelerare al ritmo della sfida, e dal pavimento richiamò una serie di cristalli di ghiaccio che si mossero verso il licantropo in rapida successione. “Schiva questi” gridò, liberando le stalagmiti. Le punte di ghiaccio sorsero, avide del sangue avversario ed attratte dal suo cuore pulsante. La inseguirono come onde gelide, una più grande dell’altra.
I movimenti della sua nemica erano rapidi e perfetti, prima in equilibrio sulle due gambe e poi sui quattro arti; la presenza delle stalagmiti inseguitrici la costringeva a stare sulla difensiva ed a muoversi, minando anche il più piccolo palmo di terreno. La mutaforma cercò di deviare il percorso e si diresse verso di lui, ma Hadler si sollevò di tre metri e come risposta fece cadere sul suo muso una Catena di Fulmini. Lei lo evitò, ma non abbastanza in fretta da schivare uno dei cristalli di ghiaccio che la ferì ad una gamba. A suo onore non pronunciò nemmeno un guaito, ma riprese ad allontanarsi mentre i poteri rigenerativi della sua razza iniziarono a fare effetto. Hadler la tempestò di colpi e si portò proprio sopra di lei. Tra le sue dita la magia prese una forma gialla, pericolosa, che avvolse quasi tutta la lunghezza del suo corpo; il generale lasciò che il potere arcano attingesse alle energie del corpo biologico e lanciò l’incantesimo di imprigionamento verso la bestia.
Non riuscì nemmeno a vederlo.
Quando il licantropo balzò verso di lui, quasi a quattro metri di distanza, fu preso alla sprovvista e perse il controllo dell’incantesimo, rovinando al suolo. Istintivamente avvolse di nuovo il suo corpo nelle fiamme, ma l'avversaria questa volta non perse la presa; le sua mani, ormai più simili a zampe dai lunghi artigli, si serrarono intorno al suo collo. Presero fuoco insieme, scalciando e cercando di colpirsi a vicenda, finché Hadler non sentì solo l'odore di pelle e pelo quasi carbonizzati. Devo ...
Nonostante l'evidente dolore, la nemica non lasciò presa; il demone sentì l'aria venirgli meno, ed ignorando il dolore che gli attraversava ormai tutto il corpo aumentò l'intensità della fiamma e la fece convergere tutta lungo il palmo della mano. Lanciò l'incantesimo Mera dritto verso l'ampio petto della bestia, e l'impatto della rete di fuoco costrinse l'avversaria ad abbandonare la morsa intorno al suo corpo con un intenso ululato di sofferenza.
I suoi cuori iniziarono a battere a ritmo forsennato, assaggiando la vittoria. La sua pelle era consumata, rossa e carbonizzata per lo sforzo, ma non si curò di rigenerare; anche l'avversaria possedeva quel potere, e non le avrebbe regalato secondi preziosi. Si lanciò all'attacco imbevendo le mani di energia arcana. "ASSAGGIA QUESTO!"
Ancora avvolta nelle fiamme, la donna evitò il primo assalto, ma Hadler vide i suoi movimenti e sventò a sua volta una controffensiva ed imprecò tra i denti. Pur essendo meno dotati di potenziale magico dei demoni, il ramo licantropo aveva resistenza ed una forza che nessun demone minore, per quanto esperto, poteva eguagliare. Le mascelle della nemica si chiusero con uno scatto a poche dita dal suo orecchio destro, e sentendo così vicina la sua mole il demone si avvolse in un turbine di vento.
Contro ogni previsione, la nemica non riuscì a tenersi salda a terra, e la figura volò in aria.
Non avrebbe avuto una seconda possibilità.
Saettò verso di lei e la intercettò in volo, nell'unico momento debole della bestia feroce. Con una seconda magia di aria e ghiaccio la sbalzò ancora più in alto, poi volò alle sue spalle e la strinse con tutte le forze. Prima che lei potesse ricorrere alla sua soverchiante forza fisica, fece appello a tutte le energie rimaste nel corpo biologico superstregonesco. Congelò le proprie braccia partendo dalle spalle, ed i cristalli affondarono dentro le carni della nemica, inondandola degli incantesimi di gelo. La stretta di Hadler si espanse, e le sue braccia diventarono un anello freddo che intrappolò la creatura; le punte acuminate penetrarono sempre più in profondità, ed iniziarono a tingersi del suo sangue.
Rimasero così, in aria, per diversi secondi. Il fragore della battaglia sotto di loro era assordante, ma l'unica cosa che Hadler sentiva era il brivido della vittoria, la magia che gli ronzava nella testa, i cuori che acceleravano all'idea di portare al Grande Satana la testa di colei che aveva osato sfidare persino il Cavaliere del Drago.
"La tua tracotanza ti ha sconfitto, mutaforma" disse, cercando di nascondere l'affanno. Le lame di ghiaccio si fecero strada nel robusto corpo di lei, e nonostante il corpo di licantropo fosse in grado di resistere agli incantesimi, lentamente le punte si insinuarono tra le sue costole. Riusciva quasi a sentirne il cuore. "Non avresti dovuto lasciarmi dettare le condizioni dello scontro. Non posso permettermi di perdere. A differenza tua, io combatto per proteggere qualcosa!"
"Ma guardi che cosa curiosa ..." mormorò lei. Dalle fauci uscì un fiotto di sangue scuro, e quando riprese a parlare le parole si accompagnarono ad un sinistro gorgoglio. "... anche io potrei dire lo stesso".
Lo disse con orgoglio, e per un attimo Hadler rimpianse di non poterla vedere in viso. Il corpo di lei fu scosso da uno spasmo, e quando un secondo rivolo di sangue le colò lungo il collo decise di non prolungare oltre la sua agonia. Lasciò che tutto il proprio flusso magico entrasse dentro di lei, attaccandola fin dentro le viscere con un'unica ondata. "E' stato un bel duello".
"Un bel duello davvero ..." rispose lei. Seguì una semplice, tenue risata. "Sa, generale Hadler, era la prima volta che testavo questa forma ... volevo davvero vedere se il ramo licantropo della famiglia demoniaca fosse resistente come si sospettava ..."
"Una scelta sbagliata. Nessun ibrido inferiore può competere con la pura razza demoniaca!".
"Davvero? Per quel che mi riguarda ha superato ogni mia aspettativa ..."mormorò, ma il filo di voce del licantropo morente si trasformò in qualcosa di orribile, basso, sibilante.
Ma che diamine ...
La testa della creatura ruotò in maniera innaturale, e un rumore di ossa scricchiolanti accompagnò il suo movimento fino a quando Hadler non la vide in volto. E si accorse che era troppo tardi.
Le orbite vuote di un Lich lo fissarono, e dentro di esse il buio assoluto del Vuoto. Il corpo straziato del licantropo si era lentamente deformato sotto la sua stretta, ed i cristalli di ghiaccio rilucevano di azzurro tra le costole vuote e gelide. La creatura non morta era stretta a lui, l'odore di putrefazione gli arrivò fin nello stomaco. "Credeva davvero che stessi incassando quei colpi solo per regalarle la vittoria?" fece lei, con una voce che sembrava giungere da pieghe lontane nel tempo, che forse echeggiava nella sua stessa mente. Hadler cercò di staccarsi da lei e rompere l'incantesimo, ma si rese conto di non esserne capace.
La magia è il nostro nutrimento, è tutto ciò che ci fa considerare ancora vivi ...
Le parole di Bartosh gli tornarono in mente in quell'attimo.
La magia dentro di lui perse il controllo; cercò di ritirarla, richiamarla a sé, ma tutta quella che aveva versato nel corpo della donna iniziò ad agitarsi, e vide attraverso le ossa annerite i cristalli di ghiaccio lungo le sue braccia tingersi d'oro. Provò a distruggerli, a scioglierli, ad infrangerli con qualsiasi incantesimo a sua disposizione, ma si accorse che ad ogni attimo che passava le energie gli venivano drenate dal corpo, attraversavano i cristalli come un turbine e conversero lungo la figura del Lich. Provò a frantumare le ossa con un calcio, ma le sue gambe avevano perso ogni sorta di vigore. Era stretto a lei, immobile in aria, a decine di metri dal grattacielo. Guardò in basso, ma il mondo mulinava in un caleidoscopio di luci rosse e verdi in un mare di tenebra. Il corpo del non morto iniziò a rilucere dei colori del sole, un’energia magica che bruciava proprio davanti a lui.
Si rese conto di non avere nemmeno più la forza di rimanerle aggrappato.
“Anche io ho qualcosa da proteggere, generale Hadler. Per questo non ho mai preso nemmeno in considerazione la possibilità di perdere”.
L’Esplosione Solare lo avvolse.
La poca magia che ancora albergava in lui lo avvolse, ma fu squarciata dalla violenza dell’incantesimo; sentì tutta la magia, la sua magia, ruggirgli contro, squarciandolo, ferendolo sotto la sferza della creatura infernale. La sua pelle già devastata arse, incalzata dalla luce infuocata. Quando cercò di volare via prese aria, ma le fiamme sembrarono entrargli perfino nei polmoni e si abbatté sulla sommità del grattacielo senza riuscire ad erigere nemmeno la più semplice barriera difensiva, impotente come una bambola. Rovinò tra i frammenti di metallo, cemento, ed altri materiali che non conosceva, e la spalla sinistra fu spinta con tanta violenza verso la testa che non trattenne un grido. Quando riaprì gli occhi si accorse di essere sul perimetro dell’edificio, il braccio ferito che pendeva oltre l’orlo del grattacielo; oltre il velo di sangue davanti ai suoi occhi vide in basso le schiere del Fushikidan e quelle dell’Impero immobili, come se la battaglia si fosse fermata per incanto. Quasi privo di conoscenza, sempre più debole, estese i propri sensi verso di loro, cercando di capire cosa stesse succedendo. Inutilmente. Si sentiva impotente.
Il corpo biologico superstregonesco iniziò a guarirlo, ma non sarebbe servito a nulla, specie quando vide la sagoma della mutaforma atterrare accanto a lui. Respirò a fondo e si preparò ad esalare il fiato. Non lo sopportava più. Non sopportava di aver fallito la sua missione. Di aver deluso il Grande Satana, Hyunkel e Bartosh. Doveva fare qualcosa, ma tutte le soluzioni possibili si sciolsero come neve al sole quando la donna si inchinò accanto a lui e la canna del suo blaster scintillò. Sentì la punta metallica poggiarsi tra i suoi occhi.
“Hai vinto …” mormorò, vergognandosi del suono debole della propria voce. “La gloria è tua …”
“La gloria si misura in base al valore dell’avversario, generale Hadler. E oggi lei me ne ha regalata più di quanto potessi immaginare” sussurrò lei. Il demone si rese conto di non conoscerne il nome.
Chiuse gli occhi, e lasciò che le poche energie rimaste volassero via, verso il terreno, dove i suoi guerrieri ne avevano davvero bisogno.
Almeno … è una sconfitta dignitosa …
“Senza rancore” furono le parole della donna.
Poi sparò.
  
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