I don't speak American.
Capitolo 2 ~ Il Fuoco Brucia
Che nervi!
Le lezioni sono snervanti! E’ una noia mortale! Oggi non mi è ancora andato nulla per il verso giusto… prima quell’idiota di Jin non viene a prendermi, poi quell’oca di Sayuri con i suoi trucchi del cavolo e infine quello stramaledetto americano… lo odio! Lo odio!
«Signorina Kazawa, sarebbe così gentile da distogliere lo sguardo dal vuoto e fissarlo sulla lavagna?» Eccola la prof., ci mancava pure lei. E’ risaputo in tutta la classe che la Kazawa non sopporta le equazioni e diciamo più in generale, la matematica.
Insomma, la matematica serve solo a mandarti in fumo il cervello! E pensare che mia mamma insegna matematica al liceo… ho preso tutto da mio padre.
Distolgo lo sguardo dal mio amato vuoto e tento di dare un’occhiata alla lavagna. Ok, missione impossibile! Che cosa cavolo sono quei simboli?! Mi gira la testa come quando mi hanno alzata e portata in giro per la palestra dopo aver segnato il canestro finale alla partita!
Decido di puntare il mio quaderno, bianco ovviamente, quando, all’improvviso, sento la porta dell’aula aprirsi e un sonoro: «Buongiorno.»
La voce, ne sono sicura, è quella della preside, ma quando alzo gli occhi rimango sbigottita.
Lui?
Ditemi che è uno scherzo, sto per lasciarmi tentare da uno dei miei istinti omicidi… mmm… sto già pensando al modo migliore per ucciderlo… veleno? No, troppo diretto. L’ho appena conosciuto, devo elaborare il piano più crudele possibile per la mia vendetta.
Il mio metodo preferito in assoluto è sempre stato il “picchiare”, ma poi mi si vedrebbero i segni sulle mani e qualcuno lo noterebbe subito… essere un’“assassina mentale” è più dura di ciò che sembra…
«Lui è Ryan Thompson, il nuovo studente trasferitosi qui dall’America. Per ora non abbiamo ancora stabilito in che classe sarà per alcuni disguidi, quindi potete sempre sperare di averlo in classe!» Dice la preside, prima di una sonora risata.
Sperare?! Questi volevano proprio che io lo ammazzassi!
Intenta a progettare la sua “morte immaginaria”, (aggiungo purtroppo, solo immaginaria), non mi accorgo che mi sta fissando.
Quando lo noto non posso fare a meno di rimanere paralizzata. Mi fissa insistentemente, come se mi stesse puntando.
Io, da parte mia, gli lancio il mio famoso “sguardo omicida”, così soprannominato dai miei cari e gentili compagni… chissà come mai questi due aggettivi mi sono così difficili da pronunciare…
La mia espressione è di pietra, intenta a combattere il suo sguardo. Io non sono una bambinetta, non mi arrendo mai, e non avrei distolto lo sguardo prima di lui.
La gente ha paura dei miei occhi verdi. Li definiscono di “ghiaccio smeraldo” e io non so se prenderlo per un complimento o no. Diciamo che, più in generale, molti hanno paura di me.
Continua a fissarmi.
Ma che vuole questo?
«Aya?!» Mi chiama Eri.
Io mi giro di scatto verso di lei, forse mi sbaglio, ma credo di averla vista saltare sulla sedia dallo spavento.
«Ehm… ehm… non starai puntando il nuovo ragazzo con il tuo sguardo omicida?» Mi grida addosso.
Io la guardo in silenzio.
«Ma che ti ha fatto, poveretto?» Mi chiede sospirando.
Che mi ha fatto?! Se ne viene qui, in questa scuola e pretende che tutti scattino ad un suo schiocco di dita. Io la gente così non la sopporto! E’ il classico snob! Ma chi si crede, un dio?!
Le parole, fortunatamente, (non volevo beccarmi una nota proprio dalla preside), sono rimaste chiuse nella mia mente e adesso scalciano e si dibattono per uscire, con la conclusione che ho un gran mal di testa!
Che nervi!
Mi giro verso l’americano, (del nome me ne frego altamente) e solo adesso mi rendo conto che girandomi verso Eri, ho distolto lo sguardo dall’americano.
Non so cosa mi trattenga dallo sbattere la testa contro il banco.
Un: «A presto.» e un: «Arrivederci.» mi risvegliano. L’americano se ne sta andando con la preside. Chissà, ora gli farà il tour promozionale della scuola e ovviamente, perché lui è un principe, durante il tragitto sorseggeranno una tazza fumante di tè con tre cucchiaini di zucchero e i biscotti e la marmellata e ci manca solo lo champagne e la poltrona con elettromassag-.
«Aya! Aya! Aya! Calma, respiro profondo, inspira, espira…» Ecco, questo è Jin, lui sa sempre quando ho una crisi di nervi e interviene sempre per cercare di calmarmi. Io gli ho detto che in quei momenti non rispondo delle mie azioni e che quindi se dovesse succedergli qualcosa è tutto a suo rischio e pericolo.
Ora che ci penso, Jin è proprio un amico fantastico.
«Dai, racconta! Hai usato la nitroglicerina, come l’ultima volta, o hai preferito andare per il sottile con lui?» Mi chiede Jin, non mi sorprende che abbia già capito il mio obbiettivo.
«Ah! Una maestra del male come me non usa mai la stessa tecnica di fila!» Gli dico, offesa. «Questa volta voglio proprio divertirmi! Infondo era da tanto tempo che non uccidevo qualcuno… stavolta ci divertiremo!» Jin può confermarvi che ho gli occhi infuocati.
«Quanto amo il mio genio maligno! Muahahahahah!» E qui parto con la mia risata folle.
«Già, sei la Regina del Male!» Mi dice Jin ridendo.
«Adula la tua padrona, schiavo!» Grido e rido ancora più forte. Ecco, ho ufficialmente oltrepassato il limite nuovamente. Ricordatevi di non adularmi troppo, diciamo che… ho molti effetti collaterali.
Con la coda dell’occhio, scorgo la ragazza del banco dietro di me che mi fissa, pallida. Mi volto verso di lei e… cavolo, non ho mai visto un bianco così intenso!
«Aya, sveglia! Sei ancora in questo mondo, il Diavolo non è ancora venuto a chiederti consiglio!» Mi richiama al mondo terreno Jin.
L’aura oscura intorno a me svanisce in un istante.
«Ah, davvero?» Gli chiedo sbalordita, che peccato! «Grazie Jin.» Finalmente mi risiedo al mio posto.
Ok, ora sarete allibiti, per non dire sconvolti! Sì, lo ammetto, la presentazione di prima non bastava a descrivermi… ora starete pensando che sono una povera pazza da ricoverare al manicomio, ma invece eccomi qui a scuola, a vivere una normale vita sociale (normale, se così si può definire…), e oggi ho trovato il mio prossimo obbiettivo! Muahahahahahah!
Fisso dritto davanti a me, verso la porta da cui è uscito l’americano e le parole mi escono dalle labbra come non mai.
«Aspetta, americano… la vendetta della grande Ayame Kazawa si abbatterà su di te! Muahahahahah!»
E così riuscì a battere il mio record, facendo sbiancare l’intera classe con una sola frase, a parte ovviamente Jin, che rideva come un matto.
Non potevo sapere che fuori dall’aula, quell’odioso americano sorrideva.
«Che tipo… quella ragazza. È davvero diversa dalle altre.» Poi tornò ad ascoltare le chiacchiere della preside, che non aveva seguito perché impegnato a pensare ad una certa ragazza dagli occhi di ghiaccio smeraldo.