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Autore: Mirella__    09/10/2013    3 recensioni
Storia ispirata al famoso Canto di Natale di Charles Dickens.
Tre spettri faranno visita al giovane e cinico Light Yagami incitandolo a cambiare condotta, un triste destino si abbatterà sul diciassettenne in caso non accetti; in base al suo comportamento il ragazzo riceverà una dannazione eterna, oppure un qualcosa di molto più terreno che starà a lui decidere se considerarlo più come una maledizione che altro…
Genere: Commedia, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: L, Light/Raito, Un po' tutti | Coppie: L/Light
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Angolo dell’autrice

Febbre, letto, pioggia, non si va a scuola, quindi quale momento migliore per scrivere?

Siamo giunti alla fine di questa storia, in basso posterò la foto dalla quale e per la quale è stata scritta, vi consiglio di leggere prima di vederla, ma ad essere sincera, se fossi una lettrice, io non lo farei e andrei dritta in fondo al capitolo : )

Ringrazio di cuore Synapsis e Scintilla 19, ogni recensione è stata stupenda e mi ha lasciata senza parole, entrambe mi avete dato preziosissimi consigli che di certo continuerò a seguire anche nei miei prossimi scritti.

Spero che questo capitolo sia una degna conclusione.

Buona Lettura!

 

A very Christmas Carol

 

 

Di tessere scomparse, di mori sorprendenti e di luoghi mai visitati

 

La segretaria sorrise quando vide l’uomo entrare con passo frettoloso e avvicinarsi a lei con non poca inquietudine.

“Com’è?” Chiese agitato, guardandosi attorno e tenendo stretti a se dei documenti che, da come se ne prendeva cura, sembravano importanti quanto la sua stessa vita.

Naomi Misora non riuscì a trattenere un risolino e scribacchiò velocemente qualcosa su un foglio. “Per ora è tranquillo, mi ha persino chiesto d’organizzare la cena con la sua famiglia venerdì prossimo. Ti consiglio d’approfittarne”. Detto questo, gli fece l’occhiolino e indicò con un cenno del capo la porta socchiusa alla sua destra. “Fa’ in fretta, oggi torna a casa in anticipo”.

Matsuda restò in punta di piedi sulla soglia ancora un po’, fino a quando non ebbe il coraggio di metter piede nell'ufficio del capo: da quando era stato licenziato e poi riassunto, ragionava due volte prima di fare una qualsiasi mossa e in quel momento, col suo fascicolo tra le mani, aspettava che l'imperatore gli concedesse la possibilità di prender parola.

Infatti, con la fine delle sue tre notti di terrore, Light pareva aver acquisito un nuovo vigore.

Tutti i suoi stanchi subordinati avevano notato quel cambiamento, ma se fosse in bene o in male, nessuno lo sapeva, o meglio, nessuno osava farne commento.

Il signorino governava col pugno di ferro il suo vasto impero, con una grinta e una volontà che persino il diligente Aizawa non riusciva più a giustificarne le assurdità: erano aumentate le ore nelle quali svolgere il proprio dovere, dimezzate le vacanze e diminuito al minimo indispensabile dei dipendenti il salario.

A Light ancora rodevano le critiche dei tre diavoli, anche se, solo di tanto in tanto però, lanciava uno sguardo furtivo alla finestra e la sua mente iniziava a vagare mesta.

Chissà, e  se fossero stati proprio quei pensieri ad averlo persuaso ad assumere, nuovamente, quell’idiota di Matsuda?

Tutte sciocchezze.

Erano passati i minuti dall’ultima apparizione, erano passavate le ore, erano passati i giorni! Nessuna traccia di pericolo vigeva nei dintorni!

Che gli spettri gli avessero mentito?

E se invece fosse stato tutto frutto del suo inconscio stressato?

Doveva considerarsi matto?

Che avesse bisogno di un dottore?

Lesto si riscosse da quelle elucubrazioni e - come faceva da un paio di giorni a quella parte - aprì il cassetto della propria scrivania, poi fece un guizzo con lo sguardo verso il proprio dipendente e con un cenno del capo lo invitò ad avvicinarsi.

"Mi ritrovo, contro la mia volontà, a doverti fare i miei complimenti per i documenti riguardanti la nostra diretta concorrente, la Lawliet Corporation".  Light si alzò e prese il proprio cappotto. "E mi saresti d'enorme aiuto se fino alle sette potessi stare qui e controllare che i lavoratori rispettino i loro turni".

A nulla valsero i tentavi d'opporsi del giovane uomo;  tantomeno giovarono frasi come "ma sono qui dalle sei del mattino", oppure "devo tornare a casa in anticipo".

La richiesta del signorino era un ordine e, di certo, quest'ultimo non si premurò d'ascoltare i suoi lamenti.

"Un’ultima cosa, signor Tota," disse con non-chalance, portando la mano al pomello della porta, "in quel cassetto ci dovrebbe essere una tessera di un puzzle," indicò la propria scrivania e aggiunse un'espressione lievemente più dolce, "ve ne prego, me la potreste porgere?"

Matsuda osservò un momento il giovane, come se non avesse ben compreso le sue parole, poi si lanciò alla ricerca dell'oggetto con foga - per non far irritare il capo più di quanto già non fosse naturalmente predisposto - trovò quanto richiesto e glielo porse.

Il ragazzo gli sorrise cordiale: visto che Matsuda era in grado di vedere quell'oggetto, significava che pazzo ancora non era, ma quando allungò la mano per riprendere l’oggetto si scostò, come scottato.

Il poveretto lo osservò confuso, non senza essersi spaventato un po’ a sua volta, ma Light scosse la testa.

“Ecco, credo che lo dobbiate gettar via”. Disse con tono monocorde, ripercorrendo, nella propria mente, il dialogo con Nate.

L’albino sistemava pezzi su pezzi, man mano che la discussione proseguiva, lui completava il suo puzzle.

Che toccasse a lui metter fine a quel quadro?

Storse le labbra: se il fantasma ci teneva tanto, non lo avrebbe accontentato.

Salutò e si chiuse la porta alle spalle, lasciando il moro, perplesso alquanto, a grattarsi la nuca mentre fissava la scrivania.

Il ragazzo mancò di poco colui che avrebbe -  invero - dovuto metter fine a quel giochetto, ma dobbiamo andare avanti per vedere come si sarebbe evoluto quel momento.

 

 

Era il momento in cui il sole mostrava se stesso solo per due quarti, donando al cielo rossastro la luminosità che di solito possedeva solo al primo mattino.

Mentre tornava a casa, il ragazzo decise d’approfittare di quel momento di pace e si rilassò lievemente.

La venuta dei fantasmi poteva considerarsi inutile, però…

Il ragazzo sospirò e scosse la testa.

Nuovamente il lavoro a quell’emerito idiota aveva concesso, giacché quel suo figlioletto era riuscito a fargli pena, ma c’era da dire che Matsuda aveva dimostrato d’essere una persona capace, se sotto pressione: tanto valeva approfittare della situazione; quest’ultima era una rivelazione che lo aveva stupito, ma da questo punto si tornava di nuovo a capo e il ragazzo si sentiva come costretto a ripensare ai tre spettri.

Possibile che non fosse in grado, al contrario di come aveva sempre sostenuto, di prevedere sempre tutto?

Un brivido gli percorse la colonna vertebrale e fu costretto a stringersi nelle braccia e ad accelerare il passo.

 

 

 

Non era molto tardi, ma il ragazzo teneva a svegliarsi riposato il giorno seguente, dunque, quando fece ritorno alla sua abitazione, si recò nelle sue stanze e si spogliò degli abituali indumenti, eccezion fatta per calze, boxer, maglia e camicia; nessuno lo aveva mai visto in quelle condizioni e l'idea che almeno quella parte di sé sarebbe rimasta segreta lo rilassava.

Approfittando della casa vuota - come sempre d'altronde -  si recò in cucina, si sporse di poco per aprire l'anta di un ripiano e prese, non senza un certo fare vittorioso, il suo pacco di patatine "Più Gusto".

Giusto mentre le sue papille gustative stavano per incontrare il salato sapore di quell'ambrosia, un rumore violento ed improvviso giunse dalle sue stanze.

A mostri, fantasmi, fate e folletti pensò il ragazzino - visti gli avvenimenti dei giorni precedenti - ma si riscosse, dandosi dello stupido per avervi pensato anche solo per un istante.

Dunque prese un pesante soprammobile: l'avrebbe usato come arma, in caso qualche ladro avesse deciso di venire a concedergli una visita.

Fece scivolare la mano sul liscio pomello della porta e con uno scatto repentino la aprì, pronto a colpire il suo aggressore, ma restò di stucco quando vide il bianco della sua camera soffocato dal nero della fuliggine, mentre un'oscura presenza tentava di prender aria a pieni polmoni.

Il giovane Yagami realizzò solo in un secondo momento che la figura ansimante in un angolo della stanza era umana e, quando capì di chi si trattasse, trattenne il suo, di respiro.

Non per l'emozione, certo che no! Ma per la rabbia!

Quel Lawliet!

L'aveva avvertito, questo è vero, ma  nel biglietto aveva specificato che la sua presenza davanti la soglia della sua porta avrebbe mostrato! Non di certo nelle sue stanze! Nossignore!

Dalle mani fece cader via l'oggetto: non voleva rischiare decisioni prese così, di getto.

"Cosa. Ci. Fai. In. Casa. Mia?!" Scandì per bene ogni parola, ogni sillaba, sperando che la sua ira non agisse per prima.

Lawliet si avvicinò al ragazzo, portò un dito alle labbra e il grosso sacco natalizio dietro le spalle spostò; soltanto allora, con quel semplice gesto, Light realizzò come fosse vestito quell'essere grottesco.

Il cappello rosso era spostato di lato e il ponpon bianco penzolava alla destra del suo viso.

La giacca dello stesso accostamento di colori era composta, così come i pantaloni.

L’andatura dell'uomo era dai grandi scarponi neri ingombrata, pareva che fosse spinto a tollerarli da una forza di volontà ben celata.

"Te lo avevo detto, Light-Kun, che sarei venuto a farti visita e noto - con estremo piacere, credimi - che mi stavi aspettando". Le parole vennero accompagnate da un lungo sguardo lascivo, che percorse il corpo del diciassettenne dalle punte dei piedi a quelle dei capelli, apprezzando, in particolar modo, quella maglia e quella camicia abbinate a null'altro se non a quei boxer e a quelle calze.

Light fremette e si sentì riscuotere, nessuno osava mai riservargli simili attenzioni e non voleva che quell'uomo ne fosse il fautore.

Accennò verso di lui un passo, quel Babbo Natale improvvisato, marcato da un portamento incurvato.

Il ragazzo lo imitò, facendo l'esatto opposto: indietreggiò, giusto un pizzico, ma finì seduto sul suo comodo divano.

Light elargì al mobile uno sguardo carico di rimprovero, come se non si fosse  dovuto trovare lì ad ostacolargli il passo e a rovinare quel suo piano di fuga tanto geniale quanto essenziale.

Lawliet, invece, deliziato dalla seducente posa del ragazzo, si leccò le labbra, venerando con lo sguardo la bella e ambrata pelle.

Fu un attimo, e il moro lasciò cadere da parte il sacco, si avvicinò al soggetto che da mesi la sua mente definiva come bersaglio, costringendo il fanciullo ad un precario equilibrio sul bracciolo del sofà.

Quindi, anche Lawliet sedette tra i morbidi cuscini, posizionandosi tra le gambe aperte del minore.

Dalla tasca della propria giacca estrasse un pacchetto rosso a dir poco delizioso! Fece scorrere la scatolina lungo la gamba della propria preda e la infilò nella sua calza.

Da quella distanza così ridotta, Ryuzaki poteva sentire il dolce respiro affannato del castano.

"Mi dai del tu? Cos'è questa confidenza?" Chiese Light, disturbato dai fianchi che le sue gambe erano costrette a cingere.

"Direi che, vista la situazione, un grazie potrebbe anche bastare, o forse no?"

Il castano cercò di replicare, ma la situazione era spiazzante e il corpo del ragazzo sopra il suo lo infastidiva, dunque, fece una smorfia contrita.

"E per cosa esattamente? Per avermi liberato da un fardello indesiderato?" Ribatté Light velocemente.

Le labbra dell’altro si stirarono in un sorriso birichino. "Mmm... dovresti specificare il fardello in questione," decretò infine, accarezzandogli  i fianchi e utilizzando la scusa per trarlo più vicino a sé.  "Potrei liberarti da mille seccature," sussurrò a poco meno da un soffio dalle sue labbra, rubandogli il fiato di un respiro, "potrei farti urlare segreti fin ora rimasti taciti nei meandri del tuo cuore e potrei farti rivivere ancora e ancora questa sensazione".

La mano pallida del moro risalì nuovamente lungo la gamba del giovane, poi percorse la coscia, ma non si fermò,  sfiorò l'inguine e continuò il suo percorso sotto le vesti;  fermò la corsa delle dita, che carezzavano il corpo tremante di Light, solo quando giunse al petto, dove il battito cardiaco accelerato, si udiva tumultuoso.

Rise il minore e bloccò la mano dell’altro.

“Può darsi che sia solo per il regalo,” dunque allontanò Ryuzaki e, con un sorriso a fior di labbra, prese il regalo sgargiante e lo scartò.

Restò di stucco quando il suo occhio fu attratto dallo scintillio dell’anello, poi sgranò gli occhi e osservò le occhiaie marcate del suo rivale,  ne constatò il comportamento tempestoso e sussultò, riconoscendo in quell'uomo gli avvertimenti dei tre spettri.

“Dovrei metterlo all’anulare?” La sua melodiosa voce non toccò punte stridule o acute, eppure a Lawliet parve di sentirle e, trattenendo le risate, fece spallucce.

“Questo è quanto la tradizione detta, ma essendo noi una coppia non propriamente canonica, penso che tu possa metterlo dove più ti aggrada”.

Lo sguardo che gli elargì Light fu di fuoco, ma L lo ignorò e prese la mano sinistra del giovane tra le sue, “quindi accetti?”

“Solo se mi illumini su un preciso punto: da quando io e te formeremmo una coppia?”

Il moro ci pensò un po’ su, poi carezzò di sfuggita le labbra del giovane.

“Oserei vedere nella conferenza, tenutasi nella domenica di due settimane orsono, l’inizio della nostra relazione”.

Light inarcò un sopracciglio, decisamente scettico all’idea, “un bacio rubato non ha significato”.

“Però, da come mi stringevi, a te sembrava importare, o sbaglio?” Gli sussurrò all’orecchio il moro, carezzando la giugulare del ragazzo con il dorso della mano.

Quel ruvido tocco sembrava bruciare e marchiare la pelle, donandogli le sensazioni che Misa sempre aveva cercato di procurargli, ma che non era mai riuscita anche solo ad imitare.

“Ero fidanzato, ti stavo spintonando via”. Sibilò in un soffio, mordendo con decisione la pelle eburnea del moro, lasciando sulla gola un marchio rossastro.

“Un problema fin troppo facile da risolvere”. Rispose l’altro, trattenendo il respiro, per poi catturare le labbra del castano e possederle ancora, come da giorni si era ritrovato a desiderare.

“Un ultimo dono,” sussurrò L sulle sue labbra, mostrando la tessera di un puzzle che stringeva tra le mani, “Matsuda non è buono nemmeno a gettar via della robaccia”.

Il più piccolo sorrise lievemente ed annuì, aprì la finestra e gettò via quel pezzo.

Aveva trovato già cosa gli serviva per completare se stesso.

Vennero con forza bruta tolti i vestiti e il castano assecondò i movimenti che il corpo dell’altro gli impose: sussultò ad ogni tocco e carezza, si inarcò contro di lui, cercando baci più profondi.

Lawliet fece accomodare sotto di sé il rivale e continuò a tormentare l'epidermide delicata della spalla prima con i denti, leccando poi le ferite che lasciava, quasi a scusarsi per il suo irrequieto temperamento.

Light chiuse gli occhi e affondò una mano tra i capelli spettinati del maggiore; ne tirò qualche ciocca, un po' per piacere, un po' per rimproverarlo dei segni che osava lasciare.

Fremette d'aspettativa quando le mani di L iniziarono a massaggiare lentamente le cosce, si morse le labbra dal dolore e non si lasciò sfuggir lamenti, quando sentì l'uomo violare il suo corpo.

"La prossima volta n... non ti lascerò carta bianca, s... sappilo".

Ryuzaki ghignò e lo zittì con un bacio.  "Quindi ci sarà una prossima volta". Disse affannato.

Il giovane alzò gli occhi al cielo, ma annuì, punendo la sfacciataggine dell’amante con un morso al labbro inferiore; ma si zittirono, una volta che la ricerca del piacere ottenebrò le loro geniali menti.

Entrambi respirarono in sincronia, cercando continuamente lo sguardo dell’altro: ogni carezza era importante ed ogni bacio vitale.

 Sia L che Light trovarono pace in quei prolungati e ripetuti contatti che a lungo avevano cercato.

La tessera tornò al suo posto grazie ad uno shinigami – o spettro? - di nostra conoscenza, che fuori dalla finestra ridacchiava, volando verso un luogo che, questa volta, non avrebbe accolto i protagonisti della nostra storia.

 

Fine

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