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Autore: Shinkocchi_    09/10/2013    0 recensioni
[10/9] [accenni KyouTaku]
Non aveva bisogno di grandi folle, gente a frotte pronto ad ascoltarlo. A lui serviva solo il suo piano, null’altro. Era la certezza in cui aveva creduto sin da bambino, quella che lo spingeva avanti ogni qual volta toccava i tasti, fra sprazzi sfocati di ricordi troppo indietro nel tempo perché li potesse afferrare nitidamente.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Shindou Takuto, Tsurugi Kyousuke
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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# symphony in lonliness


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Musica, ossia l’arte di organizzare in maniera combinata i suoni nel tempo e nello spazio.
 
Poteva capitare a tutti di perdersi per strada durante il corso della propria vita, imboccare un percorso sbagliato, un vicolo cieco, buio e vuoto, dove l’unica cosa udibile era il rumore dei passi riecheggiare sulle mattonelle.
La musica non era stata una passione, non era stata un obbligo. Era stato un cammino scelto per lui, un cammino che aveva accettato e fatto suo, che aveva seguito a occhi chiusi incurante dei rovi e delle pietre a terra che avrebbero potuto ferirlo.
Così Shindou la musica l’aveva amata e fatta sua, l’aveva seguita fino in fondo, senza ripensamenti, e l’aveva infine trovata inaspettatamente in un campo di fiori cresciuto nel suo inconscio, dove aveva diretto la sinfonia come il vento che scuote le fronde e fischia fra gli alberi, che fa riecheggiare il canto sordo delle cicale in ogni scuro angolo di notte. Un campo dov’era solo, Takuto.
La musica non doveva essere un bene per pochi. L’aveva sempre pensato, e ne era sempre stato convinto fino all’inverosimile che fosse una cosa per tutti, un legame pronto a unire persone con visioni del mondo troppo diverse per poter combaciare.
La musica doveva scardinare gli animi, mettere i cuori delle persone tanto in subbuglio da lacerarli con il semplice e mero suono di una nota suonata. Ferirli o allietarli, nient’altro.
In fondo una singola nota non era nulla, era come una lettera gettata al vento ad occhi chiusi, eppure la sua sola presenza poteva stravolgere completamente ogni cosa, come il più importante fra i tasselli di una qualsiasi combinazione.
Era per questo, forse, che Shindou amava tanto la musica. Perchè la musica riusciva a dare un valore anche a ció che a prima vista sarebbe parso banale. Perchè la musica era un momento intimo, un attimo di pura sintonia fra il suonatore e le sue note.
La musica seguiva un armonia di cui lui si sentiva partecipe più che di qualsiasi altra cosa sulla faccia della terra. La musica, quella vera, non era quella che eseguiva in presenza di persone, su richiesta, quando era osservato e valutato. Takuto la sua musica la suonava quando era solo, e nessuno aveva orecchio o modo alcuno di giudicarlo, perchè la musica non doveva essere un modo per essere giudicati, semplicemente compresi.
 
L’eco umido delle onde che si infrangevano sugli scogli lo fece fremere nella luce triste dei lampioni sul molo. Strinse con forza la presa sulla ringhiera, annaspando a fondo l’aria salmastra fino a che non gli arrivò dritta ai polmoni, facendogli bruciare appena la gola.
Chiuse gli occhi e dischiuse le labbra, il respiro tremò.
«Perché te ne sei andato?»
Perché faceva male.
«…Avevo bisogno di una boccata d’aria.» prese fiato, il rumore di voci in lontananza che gli rimbombavano in testa «Non…non riuscivo più a rimanere chiuso lì dentro. Si soffocava.»
Kyousuke mosse un passo, le mani in tasca «Capisco…però sei stato bravo prima, durante il concerto, intendo.»
«Grazie.»
Rimasero entrambi in silenzio, il petto che sembrava voler esplodere da un momento all’altro sotto la spinta di troppe emozioni represse per poter essere ancora una volta sopportate e ingoiate come nulla fosse.
«…Io invece non ho sentito assolutamente nulla. Bizzarro, eh?»
Quand’era che quella sinfonia si era spezzata in maniera così brusca?
«Ma in fondo, basta apparire perfetto, no?» gli sfuggì una nervosa risata isterica e si portò una mano fra i capelli «Finchè suono come vogliono allora andrà bene così-»
«Come vogliono?»
«Come vogliono gli altri. Tutti
«…E com’è che vorresti suonare, invece, tu
Per quanto semplice, Shindou a quella domanda non seppe rispondere.
 
 
 
 
 
Musica, ossia arte che attraverso determinati effetti sonori esprime l’interiorità dell’individuo, linguaggio creativo, esperienza soggettiva che varia nel tempo e nello spazio.
 
Forse anche riflettendoci tutta la vita non sarebbe comunque giunto a un compromesso.
Non aveva bisogno di grandi folle, gente a frotte pronto ad ascoltarlo. A lui serviva solo il suo piano, null’altro. Era la certezza in cui aveva creduto sin da bambino, quella che lo spingeva avanti ogni qual volta toccava i tasti, fra sprazzi sfocati di ricordi troppo indietro nel tempo perché li potesse afferrare nitidamente.
Eppure se chiudeva gli occhi e prendeva fiato, abbandonandosi alla brezza che entrava mite dalla finestra dischiusa di camera sua e che smuoveva le tende candide, gli pareva ancora di vederlo, un bambino che dondolava i piedi seduto sullo sgabello, faticando leggermente ad arrivare alla tastiera a causa dell’altezza, e che soffiava per scostarsi dagli occhi la frangia un po’ troppo lunga, impacciato. Un bambino che si esercitava con le scale musicali e trovava qualcosa di entusiasmante il decifrare gli spartiti, perché pensava ingenuamente che quello fosse un linguaggio segreto solo suo e della musica.
Gli stessi suo capelli, lo stesso viso, lo stesso sguardo, però lui pareva felice.
 
«Non potete suonare così, signorino. Il programma del concerto è già stato scelto.»
Shindou arricciò il labbro e chinò il capo, poi annuì, quale buon bambino che era «Sensei…a me non piace però suonare così.»
«Così?»
Si voltò di scatto, sporgendosi in avanti «Non mi avete insegnato che la musica è libera espressione del sentimento? Che nasce dalle emozioni e da quello che prova il compositore? Perché allora non posso…non posso essere libero anche io di farlo-»
«…Non è così semplice. Ci vuole tempo, siete ancora un principiante. Quando avrete raggiunto la consapevolezza necessaria e vi sarete affermato, allora potrete certamente intraprendere una carriera da compositor-»
«Non è questo che-» si bloccò, accennando delle scuse per averlo interrotto in quel modo così brusco e poco maturo «…Quello che mi importa è suonare. Suonare sul serio, non per assecondare i gusti o il volere di qualcuno. Suonare per la musica.» prese fiato, strinse la stoffa dei pantaloni «Anche dovessi farlo per sempre da solo.»
«…Ma non è triste così, signorino Takuto? Chi è che ascolterà la musica se non ci sarà nessuno?»
«Ci sarò io. Questo basta e avanza, la musica sarà felice.» ribattè prontamente, lo vide sospirare mesto.
«Ma se ci sarete solo voi, allora a chi è che arriveranno i vostri sentimenti?»
 
 
 
 
 
Musica, per quanto si concentrasse, Takuto non riusciva a dare a questa parola una definizione che lo soddisfacesse davvero.
 
Non avrebbe voluto trattarlo così, non avrebbe voluto vomitargli contro tutto il suo astio in quel momento. Avrebbe voluto avere la lucidità che gli era consona e forzare uno di quei soliti sorrisi garbati che lo tiravano fuori d’impaccio nelle situazioni spiacevoli.
In fondo, Kyousuke non centrava nulla, anzi, era stato persino gentile a preoccuparsi per lui e andarlo a cercare, soprattutto con il vento settembrino che soffiava sulla costa e appariva spiacevolmente freddo a contatto con le vesti estive più leggere.
Shindou chiuse gli occhi nel silenzio della sala comune della Raimon, lasciando scorrere fra le dita alcuni inutili, noiosi moduli e documenti che il coach gli aveva dato da sistemare.
E che gli aveva fatto persino piacere, a dire il vero, pensare che il suo kouhai si fosse preoccupato per lui, e a rendersene conto il ragazzo sentiva le guance scaldarsi e imporporarsi di un puerile rossore. Che cosa stupida. E infantile. E insensata.
Sbatte il plico con cui armeggiava sul tavolo per darsi un contegno, le orecchie che fischiavano in maniera dannatamente fastidiosa.
«Non hai ancora finito, Shindou senpai?» si voltò, intravedendo il profilo di Kyousuke spuntare da dietro la porta, l’asciugamano ancora appeso al collo. Probabilmente doveva essere rimasto a fare qualche tiro in campo con Tenma e Shinsuke.
«C’era più lavoro del previsto, a quando pare.» ridacchiò, cominciava effettivamente a essere stancante, a lungo andare.
«Gli altri sono già andati a casa, ti converrebbe sbrigarti.» Takuto annuì, rimasero in silenzio «…Senti, riguardo l’altra sera…»
«Non c’è bisogno di dire niente, Tsurugi.» lo interruppe brusco e lo vide storcere le labbra impercettibilmente, poi acquietò il tono «Va bene così, grazie per quello che hai fatto, ma è stato solo un semplice momento di stanchezza, niente di più.»
Non era una bugia, non del tutto, perché Takuto era abbastanza forte da poter gestire la situazione da sé, e in caso contrario lo sarebbe dovuto essere per forza, perché creare altri problemi a chi gli stava attorno non rientrava nelle sue prerogative «Quindi, facciamo come non fosse mai successo, eh-»
«…È che a guardarti l’altra sera pareva quasi ti dispiacesse, suonare.» l’affermazione di Kyousuke lo fece sussultare e riportò alla realtà «…Insomma, da quanto mi era parso di capire…pensavo ti piacesse, ecco. Sai, con tutti quei concerti, quelle ore di pratica…quindi- è idiota fare una faccia del genere quando si fa qualcosa che si ama, no?» balbettò, cercando di non perdere il filo. Shindou si ritrovò inconsciamente a pensare che guardare Tsurugi Kyousuke fare un discorso del genere e con quell’espressione fosse qualcosa di estremamente gratificante «E poi-» sussultò quando il tono di Tsurugi divenne d’un tratto più acuto «Poi, riguardo a quello che hai detto, io non so che problemi tu abbia di preciso, ma- se pensi che le persone che tengono a te smetteranno di starti accanto solo per come deciderai di suonare, beh- allora sei davvero idiota. Con rispetto.» calò il silenzio, il senpai dischiuse la bocca, sorpreso, appena piccato forse «…Però hai ragione, non sono affari miei. Non me ne intendo io, di musica.» eppure gli fece davvero insensatamente piacere sentirsi dire qualcosa del genere e il petto gli si scaldò per un labile momento, alleggerendosi.
Takuto lo guardò, leggermente perso, poi ridacchiò come uno scemo portandosi la nocca dell’indice alle labbra e socchiudendo gli occhi, facendolo arrossire appena «Hai ragione, in effetti. Tu con la musica non ci sai proprio fare.»
L’unica cosa di cui aveva bisogno era il suo amato pianoforte, nient’altro.
«Uh…senti Shindou senpai, mi fai sentire come suoni?»
L’unica cosa che desiderava davvero era un orecchio pronto ad ascoltarlo.



 
«Eh, Shindou senpai, insegnami a suonare.»
Quello lo guardò sorpreso, interrompendosi e staccando le mani dai tasti «E se lo faccio poi te che fai?»
«Beh.» cominciò incerto passandosi la mano sul retro del collo «Suono con te e facciamo un duetto. Mi pare un buon motivo per imparare, no?»
«Scemo-» avvampò e gli picchiettò lo spartito in fronte.
 
 



 
Oh.
Loneliness sometimes can be less comfortable than a single sight.





















 
# 10/9's corner <3 (?)
Eeeee serah gente <3 come va? Per prima cosa, buon KyouTaku a tutti <3 *sparge lov e feels ovunque
Omg oggi è il giorno dell'otp sono così felice sidnfdsijgndmiu loro si amano aaahhh quanto si amano porcamiseriadannazioneAMATELITUTTI
Ma anche buon GoGa, DylanMark, BanGaze, GouFubu e tutto quello che shippate <3 Idk.
Comunque. Ebbi quest'idea quest'estate, mesi or sono, ormai, ma fra una cosa e l'altra la lascia da parte molto bellamente (?) e boh, ho voluto riprenderla in mano e finirla, perchè quasi nessuno scrive su Takuto e il suo rapporto con la musica, e trovo sia un peccato, perchè io li shippo no ok scherzo è un qualcosa che caratterizza fortemente il personaggio di Shindou per tutta la serie a mio parere. Insomma, questa non è propriamente una KyouTaku, o almeno, non lo è esplicitamente, ognuno può vederci quello che vuole, che sia amicizia o qualcosa di più.
Non si sa quasi nulla della famiglia di Shindou, ma io me lo sono sempre immaginato come uno che ha dovuto sempre dare il massimo in qualsiasi cosa. Dal mio punto di vista, all'inizio amava davvero suonare, ma con il tempo è diventato un peso, probabilmente a causa delle pressioni altrui e del dover essere relegato a suonare in un "certo modo" (?). Ora, io non suono, ma penso che per qualcuno che guardi alla musica come un modo di esprimersi, l'imitazione delle opere altrui diventi a un certo punto limitante e soffocante anche. Takuto per me cerca di essere una persona razionale, ma al tempo stesso avrebbe davvero bisogno di lasciare andare quel tumulto di emozioni che si relega dentro che sennò poi diventa una donnetta mestruata. Non so se mi sono spiegata...nel senso, è come se gli venissero tarpate le ali prima ancora che abbia la possibilità di volare.
Kyousuke è semplicemente (?) quello che rompe in qualche modo le pareti che lui si è creato attorno, che gli sbatte addosso la realtà, ma lo fa in un modo talmente sottile e marginale che Shindou non se ne rende conto fino a che non ci è dentro completamente (?).
Il pezzo il corsivo a metà è un flashback, insomma, una lezione fatta quando era bambino. Il fatto che il suo insegnante inizialmente gli dica che non può ancora suonare come vuole, e poi gli chiede chi ascolterà i suoi sentimenti, potrebbe essere una contraddizione in termini, i know, ma in realtà è una cosa voluta, insomma, non esiste una vera e propria risposta. 
La frase finale invece giuro che non lo so. Non so come sia stata partorita, nè quando o perchè, ma suonava bene, e riassume in maniera un po' contorta il tutto. Inoltre la narrazione è volutamente frammentata e un po' confusa -e spero non abbia creato problemi-, credo più che altro perchè ho cercato di immedesimarmi il più possibile dal punto di vista di Shindou, ecco, cercando di lasciarmi andare a un flusso di pensieri che si concatenano fra loro.
E boh, ho scritto un papiro di nota scusat-- comunque, spero vi sia piaciuta <3
Grazie a chiunque abbia letto o voglia recensire o idk qualsiasi cosa (?) 
La KyouTaku è una cosa bellissima addio

Fede
  
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