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Autore: Cassandra Turner    09/10/2013    2 recensioni
[Prima classificata al Flashcontest 'Incubi Notturni' indetto da ContessaDeWinter]
Bastava una lettre de cache, un semplice biglietto inviato dal Re, per seppellire un cittadino in prigione, a tempo indeterminato e senza processo. La storia si svolge nella prima metà del Settecento, in Francia, la protagonista, una ventenne dal nome Seraphine Dumas è stata accusata di aver cospirato contro il re e perciò condannata per lesa maestà.
Genere: Dark, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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•    Nickname sul Forum: Cassandra A. Turner
•    Nickname su EFP: Cassandra Turner
•    Genere: Dark; Drammatico; Introspettivo; Sottogenere: Storico
•    Titolo: De Maiestate
•    Tipo di storia: One Shot 
•    Rating:
Arancione
•    Luogo: Sotterraneo
•    Note dell’Autore: Bastava una lettre de cache, un semplice biglietto inviato dal Re, per seppellire un cittadino in prigione, a tempo indeterminato e senza processo. La storia si svolge nella prima metà del Settecento, in Francia, la protagonista, una ventenne dal nome Seraphine Dumas è stata accusata di aver cospirato contro il re e perciò condannata per lesa maestà. 


 

De Maiestate

A te
Gli incubi peggiori sono quelli che si fanno da svegli. 
Giovanni Soriano





 
 
 
Il canto gregoriano si levò improvvisamente e centinaia di voci baritonali rimbombarono all'unisono nell’angusto passaggio sotterraneo, scavato anni prima nella pietra dell’abbazia di Saint Michel de Cuxa.
Un intenso e sgradevole odore di muffa e polvere si diffuse piano. Sentii scorrere un rivolo di sudore sul mio petto: l’umida, quasi palpabile, consistenza dell'aria assomigliava alla languida carezza di una sciabola che taglia la pelle fino ai merletti della sottoveste bianca, descrivendo una silenziosa scia di sangue a partire dalle labbra scarlatte fino ad arrivare all'incavo tra i due seni.
Un tremore irrefrenabile mi pervase il corpo:il gelo era così tagliente da ricordare l'affusolato becco di un rapace che squarta e sconquassa le tenere carni di una carcassa.
Mi strinsi tra le braccia, fasciate da ampie maniche a sbuffo del lungo abito nero, come per poter intrappolare ancora per un istante quell’agognato calore che andava dissolvendosi nell’aria come gocce di rugiada richiamate da un raggio di sole.
Un freddo innaturale stava cristallizzando le mie ossa, paralizzando gli arti e rendendo un’agonia anche solo respirare: se avessi dischiuso le mie labbra, mille lamine di ghiaccio mi avrebbero perforato le viscere.
 Il buio nel quale ero immersa sembrava una lunga distesa di piombo fuso a cui, altri prima di me, si erano arresi riconoscendo la sua incontrastata e incontrastabile supremazia. Il canto cessò all'improvviso, riempiendo il cubicolo di un silenzio simile ad un aedo senza voce né cetra. L'angoscia divenne insopportabile. Vidi aleggiare tra le pareti in pietra i ricordi, le speranze e i rimpianti di chi ,come me, era ancorato così disperatamente al passato da non avere riguardi per il futuro.
Era questa morte gelida il prezzo da pagare per il tradimento? La rabbia esplose come un colpo di pistola al centro del petto mentre qualcosa di viscido e morbido come la seta lambiva i miei piedi stanchi. Provai a muovere una gamba, ma questa era talmente pesante che ebbi l’impressione che vi fosse avviluppata una catena attorno. Cercai di spostare il peso sull'altra, ma ancora una volta il mare di piombo, in cui stavo strisciando come un verme, mi impedì di avanzare. Il panico mi serrò la gola come una trappola che toglie la libertà ad un animale selvatico. Buttai la testa indietro e spalancai la bocca in cerca d'aria, facendo ricadere i mie ricci ribelli sulla schiena colore del latte. Le parole di Charles Picard continuavano ad urlare nella mia testa:" la natura selvaggia appartiene a coloro i quali abbandonano i sani principi per dedicare la propria vita alla lussuria e alla perdizione dei sensi". Monsieur Picard era certo che solo le Fiamme dell'Inferno avrebbero potuto domare il mio spirito ammaliatore e ribelle. Tanti piccoli aghi conficcati nelle braccia e nelle gambe cominciarono ad affondare così violentemente nella carne che mi abbandonai ad un urlo di terrore. Nessun suono rimbombò sulle pareti mentre davo libero sfogo alle violente emozioni che opprimevano il mio animo. Persino ai miei pensieri era stata preclusa la possibilità di aver voce,sostituiti dalla lugubre nenia che culla gli animi dei perduti, quando gli angeli vendicatori vengono a estirpare loro le ultime,vacue,speranze. Feci leva su entrambe le braccia per cercare di rimanere in piedi e, per lo sforzo alcuni riccioli, neri come il carbone, mi ricaddero sugli occhi. Sempre più pallida, invece,diveniva la mia pelle, candida e liscia al tatto come porcellana.  Nelle tenebre, che mi avvolgevano come le spire di un serpente risoluto a sferrare il colpo di grazia, percepivo lo sguardo di pietra dei gargoyle intagliati nella parete, rischiarati dal bagliore della luna che, rossa nel cielo, appariva a tratti dalle feritoie dell’antico muro del sotterraneo. Da qualche parte nel buio qualcosa di simile ad uno stillare d'acqua, mi riportò bruscamente alla realtà. La fronte iniziò a inumidirsi di una sostanza calda e vischiosa e il mio merletto, una volta immacolato come la luna, se ne impregnò. Sentii il mio stomaco contorcersi per il disgusto, come se una mano apparsa dal nulla l’avesse ridotto in poltiglia con una morsa micidiale. La rabbia che avevo provato fino a quel momento cedette il posto al sentimento più selvaggio e primitivo che l’uomo conoscesse:il terrore. Mi dimenavo come una mosca che, intrappolata in una  ragnatela, tenta invano di sottrarsi al predatore. Un sapore metallico e aspro scivolò sulla punta della lingua e raggiunse il palato. Puntini di mille colori rischiararono le tenebre dietro i miei occhi, resi succubi dalla mancanza di luce e calore, dando inizio ad una macabra danza. Le pareti del sotterraneo iniziarono a contrarsi alle mie spalle. Le pietre brulicavano come se al posto del granito vi fossero impenetrabili catene di rettili che ondeggiavano in sincrono perdendosi nei movimenti aggraziati e soavi di una ballerina di cristallo
Correvo, cercando di fuggire da ciò che era stato a lungo il mio tormento, chiedendomi se l'oscurità che mi avvolgeva fosse davvero senza fine. C'era un tempo in cui la mia fiducia nella mente umana e nella capacità di raziocinio, che essa racchiude, era stata incrollabile. Mi resi conto di essermi sbagliata e il buio mi soffocò. Mi vidi su un selciato coperto di sangue e orrore, mentre guardavo con occhi assenti la mia Morte e il tempo che, granello dopo granello, avanzava inesorabile, come nella clessidra impreziosita da diamanti di mia sorella Charlotte. Ero in trappola: una rosa condannata ad appassire in  una campana di vetro, prigioniera di un mostro spietato e di pensieri parassiti che pian piano succhiavano via i ricordi.
Piansi in silenzio nella mia buia prigione, mentre la bestia dagli occhi scarlatti avanzava strisciando alle mie spalle, con la sua  lunga scia di orrore e omicidi. Dopo la voce, dunque, mi abbandonarono anche i  pensieri, sempre più sbiaditi, sfocati come le immagini rese indistinte dalle lacrime.
La fiera parve accendersi nelle tenebre, richiamando a sé la luce, fioca e debole come i sussurri che fuoriuscivano dalla mia gola. Improvvisamente ebbi la sensazione che qualcosa mi stesse carezzando le gote e la nuca, blandendo e vezzeggiando la pelle. Un sibilo accanto al mio orecchio mi fece raggelare il sangue nelle vene: ero paralizzata, in balia delle ombre della notte e del terrore che mi artigliava il cuore. Portai una mano alla mia capigliatura, non feci in tempo ad accostarla alla fronte che sentii due piccole lamine perforarmi la pelle tra il pollice e l’indice tremante per lo spavento. Urlai a squarciagola mentre piccoli serpentelli di fuoco si contorcevano e volteggiavano attorno al mio viso. Il mio urlo muto fu la risposta alle lingue di fuoco che avevano preso a piroettare attorno al mio viso.
L'ultimo ricordo che ebbi, fu la piccola casa di Charlotte che andava a fuoco nel cuore della foresta. Il crepitio delle foglie, incenerite dalle fiamme, e dei rami spezzati mi perforarono le orecchie e l’odore acre del fumo invase le narici. Vidi me stessa riflessa nelle fiamme mentre tutti gli averi della mia povera sorella andavano incenerendosi. Il mostro era sempre più vicino, i suoi occhi erano il rifratto di un orrore senza fine, la sua voce,invece, l’insieme dei gemiti e dei lamenti delle anime condannate al fuoco dell’Ade. Sollevò una mano per accarezzarmi, tracciando i contorni del mio viso. Il suo tocco viscido e artefatto mi diede il voltastomaco.
"Questo è il prezzo che i traditori pagano", fiatò a pochi centimetri da me, e seppi di aver rigettato il contenuto del mio stomaco quando dalle mie labbra, qualcosa andò a macchiare il tessuto morbido del mio abito da sera. Calai le palpebre sugli occhi pieni di terrore, le ciglia mi sfiorarono gli zigomi mentre mi abbandonavo all'oblio. Una forza mi strattonò verso il basso, mentre il mostro calava su di me una scure affilata come il suo sguardo.




 




 
1723, Francia; Abbazia di Saint Michel de Cuxa
 
Séraphine Dumas si svegliò di soprassalto, la fronte imperlata dal sudore freddo e il cuore che batteva impazzito nella cassa toracica. L’incubo l'aveva lasciata spossata e piena di terrore. Si passò, tremante, la mano sul volto e strinse gli occhi per abituarsi alla luce che le stava perforando la vista. Vide il volto di un uomo in divisa chinarsi su di lei: la fiamma della torcia ne illuminava i contorni e proiettava ombre spaventose alle sue spalle. Séraphine si guardò intorno nel cubicolo: le pietre si sovrapponevano per file e file, creando una muraglia insormontabile. Il terrore devastò ancora una volta i suoi lineamenti mentre il soldato mormorava: ‘Questo è il prezzo da pagare per coloro che tradiscono Sua Maestà, il Re di Francia.’




 
1774, ,Francia, Codalet
Una storia vecchia di mezzo secolo, narrava di urla e lamenti che infestavano il sotterraneo dell’abbazia di Saint Michel. Al suono della campana dei vespri, si diceva che gli uccelli si alzassero in volo, atterriti da un suono stridulo e agghiacciante. Era lo spauracchio per bambini preferito dagli abitanti della cittadina fortificata di Codalet,che tenevano buoni i più piccoli al calare della sera, per potersi concedere un po' di meritato riposo e un bicchierino di brandy.
Una voce nell’oscurità domandò timidamente: ‘Cosa è successo alla ragazza, nonna?’; il bambino dalle guance paffute e dai capelli color del grano sussurrò piano perché solo lei potesse sentire.
Charlotte accarezzò con il dorso della mano il capo del nipote e rispose, sussurrando a sua volta: ‘Nessuno può affermarlo con certezza, ma di una cosa sono sicura: il suo spirito aleggia tutt’oggi nell’abazia di Saint Michel, in attesa di vendetta.’
Tanto bastò per zittire il piccolo Charles, mentre lentamente cominciava a cedere al richiamo di Morfeo.
Un’ombra sembrò materializzarsi ai piedi dell’enorme letto a baldacchino, ma Charlotte non vi badò, mentre il piccolo, preso coraggio, tornò a chiedere: "Vendetta?Non è forse stata lei ad aver ucciso Sua Maestà?’ con l'ultimo barlume di lucidità che precede il sonno.
Anziché rispondergli, sua nonna, attese che si addormentasse, mentre osservava l'ombra incollerita e straziata danzare alla luce delle fiamme del camino.
 ‘Mia sorella ha avuto ciò che meritava: il suo spirito non troverà mai pace’ pensò Charlotte Dumas. ‘Gli incubi continueranno a tenerla sveglia anche dopo la sua morte’;
L’odio per quella creatura aberrante che era stata sua sorella accompagnò le delicate carezze sul capo del bambino profondamente assopito al suo fianco. Ricordava perfettamente, a distanza di tempo, sua sorella Seraphine che appiccava il fuoco sulla sua dimora dal vulnerabile tetto di paglia, e ricordava fin troppo bene di come lei l’avesse ripagata, costringendola all’esilio e al tormento dell’oscurità.  La donna dai capelli ramati abbandonò la testa sul cuscino e chiuse gli occhi. Dietro le palpebre subito la accolse l'immagine della  casetta in fiamme, della schiena ricurva di Charles sulla scrivania di legno di quercia, prima che lui le chiedesse di divenire sua moglie più per ripiego che per un amore sincero. Scriveva celermente, le parole scorrevano fluide sulla carta e la vista di lei fu rapita dall’eleganza e dall’estrema precisione delle lettere scarlatte impresse sulla pergamena ingiallita. Aveva riprodotto con maestria la firma del sovrano affinché la Seraphine, tanto odiata da una e troppo a lungo agognata, invano, dall’altro fosse tormentata dai suoi stessi incubi fino al momento in cui sarebbe passata a miglior vita. Nel camino una lingua di fuoco si flesse fino a sfiorare le travi di legno del pavimento.
                                                         






Fine.
 
  Storia di Cassandra A. Turner, “De Maiestate” 64.5/68
Grammatica, stile e lessico: 14.5/15
Originalità: 15/15
Caratterizzazione dei personaggi: 20/20
Apprezzamento personale: 10/10
Luogo scelto più eventuale uso del pacchetto (5+3): 5/8
Totale: 64.5/68
Giudizio complessivo: Questa è, in assoluto, la storia con il punteggio più alto che, sino ad ora, ho assegnato. Se dal punto di vista grammaticale e lessicale non ho nulla da dire né tantomeno riguardo allo stile (che risulta essere davvero scorrevole ed immediato, fluido, elegante e ben contornato da una teminologia assai adatta al periodo storico in cui la vicenda si svolge), ci tengo ad evidenziare alcune imprecisioni di punteggiatura. […] “Movimenti aggraziati e soavi di una ballerina di cristallo” Dopo ‘cristallo’ è necessario usare il punto fermo. "Questo è il prezzo che i traditori pagano", Solitamente nei romanzi, come nelle fanfiction, è solito inserire la virgola prima dei caporali di chiusura: benchè ogni casa editrice abbia le proprie regole in merito, questa ‘consuetudine’ è la più accreditata come corretta. Inoltre, ho notato che i caporali di apertura e chiusura, all’interno della tua storia, tendono a cambiare: se ti prefiggi di iniziare con virgolette alte semplici (‘ ’) devi concludere il brano con esse e non cambiarle in corso d’opera con virgolette alte doppie (“ ”): sono certa che, in qualche maniera, sia un errore di battutura perciò non mi preoccupo di ciò. Se posso darti un consiglio, a prescindere dalla valutazione, abituati ad usare le virgolette basse (« »): sono più professionali e, di gran lunga, sfruttate nel mondo dell’editoria. Per il resto non ho realmente nulla da dire: la tua storia risulta avvincente ed intrigante al punto giusto, affatto banale. L’ambientazione è usata benissimo e posso sinceramente dire che la citazione iniziale, ovvero quella del pacchetto, risulta essere azzeccata sia sul piano concettuale sia sul piano formale. I personaggi (soprattutto la protagonista, dall’infausto destino) sembrano avere tutti una loro energia, che li spinge fuori da quello che è il contesto storico/ culturale/ interrelazionale: sono vivi, escono fuori dalla carta con i loro tormenti, l’odio e la paura di cui si fanno carico. Davvero scritta molto bene, splendida nella sua linearità. Complimenti!
  
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