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Autore: Yu_Kanda    10/10/2013    1 recensioni
Lavi ha un dono: ciò che sogna si avvera. Solo che i sogni che fa sono molto particolari. Con il suo tutore, viaggia inseguendo la verità dietro quei sogni; finché non ne fa uno diverso dal solito che lo coinvolge personalmente, facendogli mentire al tutore ed infrangere tutte le regole che questi gli aveva imposto.
"Nessun sogno è mai solamente un sogno. Non i tuoi." gli aveva detto l'uomo tendendogli la mano. "Seguimi, ti insegnerò a dominarli."
[AU, YAOI, LaviYuu. Lievissimo accenno di Poker-pair]
[Fanfiction Classificata 1° al Contest "Tropes & Clichés" indetto da Sysia-chan sul Forum di EFP]
[Fanfiction Classificata 2° e Vincitrice del premio "Stile" al Contest "Era un Sogno" indetto da Fabi_Fabi sul Forum di EFP]
Genere: Romantico, Sovrannaturale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Rabi/Lavi, Yu Kanda | Coppie: Rabi/Kanda
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Frammenti di Visioni


Capitolo 3 : Senza via d'uscita



La decisione che aveva preso si rivelò da subito estremamente dolorosa per Lavi. Stare accanto a Yuu senza dirgli nulla dei suoi sentimenti era straziante ma necessario, quindi non intendeva tirarsi indietro. Studiava con lui ogni volta che poteva, tanto che erano diventati inseparabili.

Aveva avuto tuttavia cura di consolidare anche l'amicizia con Allen e Lenalee, di modo da formare quartetto fisso a scuola e non suscitare sospetti né dicerie. Lenalee era sempre stata molto intima di Kanda, quindi era considerato normale che si accompagnasse a lei, e per lei era normale tirar dentro Allen nelle loro uscite.

Lui era stato solo l'ultimo acquisto del gruppetto, sempre a opera di Lenalee; lo sapevano tutti e ciò lo metteva al sicuro, purché mantenesse con tutti il suo modo di fare appiccicoso e indisponente in pubblico. Cosa che lui faceva con perizia, e che per qualche strana ragione non disturbava Yuu più di tanto adesso, anzi quasi gli sembravano forzate le sue reazioni seccate.

Qualche volta si divertiva a punzecchiarlo mentre studiavano, per il gusto di vedere come si comportava, per cercare di capire se poteva in qualunque maniera avercela con lui per qualcosa. Quando Yuu lo fissava a quel modo così strano e poi sbuffava, aveva sempre paura di averlo offeso o irritato con una delle sue uscite.

Ora gli sedeva davanti, immerso nella lettura dell'argomento che dovevano preparare per la lezione del giorno seguente, talmente concentrato che nemmeno si accorgeva di essere oggetto di contemplazione. Lavi lo trovava così intrigante, a partire dall'aria costantemente fredda e controllata che ostentava; eppure, aveva occhi tanto profondi da potercisi perdere dentro.

A un certo punto Kanda alzò lo sguardo dal suo libro, incontrando quello del compagno di scuola che lo fissava. Sollevò un sopracciglio, confuso.

- Che c'è? - chiese sulla difensiva, temendo di aver assunto qualche espressione strana che potesse avere incuriosito l'altro giovane.

- Niente, ammiravo la tua concentrazione. - ammise candidamente Lavi, offrendo all'amico il suo miglior sorriso.

- Tch. Zitto e studia. - lo rimbrottò Kanda, riprendendo la lettura.

Il giovane ubbidì, continuando a sorridere e a guardarlo di sottecchi di tanto in tanto. Quando dopo un po' Kanda cambiò materia, prendendo il libro di letteratura e iniziando a scrivere su un quadernone, l'attenzione di Lavi si triplicò.

Moriva dalla curiosità di leggere ciò che Yuu stava componendo, di sapere su quale delle prose da svolgere, assegnate loro dalla professoressa d'inglese, fosse caduta la sua scelta.

Allora si era alzato, portandosi lentamente alle sue spalle di Yuu e chinandosi per sbirciare quel che stava scrivendo.

Kanda non percepì subito la presenza dietro di sé, preso com'era dal corso dei propri pensieri. Tuttavia il suo cervello registrò il profumo di Lavi e, nel momento in cui anche il resto di lui si rese conto di ciò che stava accadendo, si alzò di scatto dalla sedia.

- Che accidenti ci fai dietro di me! - esclamò visibilmente contrariato, cosa che fece sorridere Lavi, perché leggeva dietro quella reazione esagerata un crescente imbarazzo.

Così, ebbe la brillante idea di giocare alla lotta con Yuu, nel tentativo di prendergli il quaderno. L'agguantò per il polso con una mano e l'afferrò per la vita con l'altra, mentre lui si divincolava cercando di allontanarlo da sé con il braccio libero.

- Lavi! Che ti prende, piantala! - protestò Kanda, colto alla sprovvista, sentendo il contatto del corpo di lui contro il proprio.

- Andiamo Yuu, fammi leggere! - ghignò Lavi, iniziando a fargli il solletico con crudele precisione, indovinando esattamente quali zone fossero le più sensibili.

Era troppo sorpreso dall'improvviso volgere degli eventi per sentire il bisogno di ridere, nonostante l'ottimo lavoro svolto in tal senso dal suo torturatore; troppo preso a cercare di sottrarre dalla portata di questi ciò che stava scrivendo per poterne eludere il tocco. Kanda non sapeva cosa fare per far smettere quello stupido gioco.

- No! - intimò, ora in preda alla rabbia, dibattendosi ancora più vigorosamente, mentre Lavi continuava ad adoperarsi per fargli abbandonare il prezioso quaderno.

Finché la cosa non andò troppo oltre e i due sbatterono contro una delle sedie, perdendo l'equilibrio e finendo a terra con un gran tonfo. Kanda si ritrovò schiacciato sotto il peso dell'altro, ora disteso su di lui con il viso affondato tra i suoi capelli, e subito si bloccò, il cuore che gli batteva all'impazzata.

La reazione, o meglio l'assenza di essa, fece sì che colui che lo teneva a terra sollevasse la testa a guardarlo, per capire come mai avesse smesso di agitarsi. I loro volti si trovarono a un fiato l'uno dall'altro, le labbra così terribilmente vicine che Lavi a stento resistette alle tentazione di annullare quella breve distanza, gli occhi incatenati, come in trance. E poi la ragione ebbe la meglio sull'istinto e il giovane si tirò indietro di scatto, liberando l'amico.

- M-Mi dispiace, Yuu! - disse, rendendosi conto con orrore di essersi spinto troppo in là, le mani giunte davanti a sé in modo implorante. - I-Io non volevo farti cadere! Ti sei fatto male?

Ancora seduto in terra, frastornato, Kanda lo fissava ammutolito.

- No. - rispose, la voce appena un po' incerta, dopo un lungo momento di silenzio che terrorizzò Lavi oltre ogni dire.

Soprattutto perché si aspettava una sfuriata e invece Yuu si limitò a rivolgergli un'occhiataccia, mantenendo da quel momento in poi un'espressione oltraggiata. Il che, trattandosi di Yuu, significava pretendere che non esistesse. Per tutto il resto del pomeriggio non gli disse una sola parola, nemmeno quando giunse il momento per lui di tornare al dormitorio.

- Yuu, ti prego, non essere così arrabbiato con me, non l'ho fatto apposta. - si era scusato nuovamente e di nuovo aveva ottenuto in risposta nient'altro che uno sbuffo irritato. - D'accordo. Ci vediamo domani a scuola.

Lavi l'aveva salutato quindi con un sospiro, incamminandosi verso gli alloggi degli studenti dove viveva.

Davvero non capiva come mai Yuu se la fosse presa tanto per una sciocchezza simile; dopotutto era solo uno stupido scherzo e anche se sapeva quanto poco Yuu tollerasse esserne oggetto la sua reazione esagerata lo stupiva molto. Sperò che quel comportamento assurdo non durasse.



Kanda si dette mentalmente dello stupido. Sapeva fin dall'inizio che dare troppo spazio a Lavi gli avrebbe causato solo problemi, eppure si era intestardito a continuare con quell'amicizia che per lui non era più tale. Ora, mentre osservava di sottecchi il viso abbattuto del giovane, capiva che doveva troncare ogni rapporto con lui, subito.

Non aveva tempo da perdere dietro una cosa così stupida come una sbandata, lo distraeva dai suoi doveri. Si era concesso quella piccola follia solo perché mai prima d'allora aveva provato nulla di simile, ed era una bella sensazione. Adesso però era tornato in sé e capiva che fosse tempo di apporvi la parola fine, per quanto gli dispiacesse di doverlo fare.

Lavi non avrebbe capito il suo improvviso cambio d'atteggiamento, dandone certamente la colpa allo stupidissimo incidente appena accaduto, ma era meglio così. Se l'avesse odiato gli sarebbe rimasto lontano.

Non sapeva come dirglielo, trovare le parole per invitare qualcuno a evitare di cercarti ancora senza ferirlo era così difficile... e alla fine rimase in un silenzio colpevole tutto il pomeriggio. Fino a che Lavi si alzò dalla sedia annunciando che doveva tornare al dormitorio, e allora era troppo tardi per rimediare.

Rispose al saluto che gli fu rivolto con il suo solito sbuffo seccato, involontariamente, tanto era diventato un riflesso condizionato per lui, e Lavi se ne andò con aria triste.

Il danno era fatto, non gli restava che proseguire per la sua strada.



Dal giorno seguente Yuu si era fatto più schivo, quasi guardingo, come se temesse sempre qualche brutto scherzo e non si fidasse più di lui. Lavi si era scusato ancora, più di una volta, ma tutto ciò che aveva avuto in risposta era stato un grugnito, seguito da una scrollata di spalle.

Yuu pareva essersi rintanato di nuovo nel suo guscio, facendo marcia indietro sulla confidenza che gli aveva concesso fino al momento del loro piccolo 'incidente' di studio. Cercava di ridurre al minimo ogni interazione con lui, in special modo quelle verbali. Lavi era certo che fosse perché potevano condurre a esternazioni 'fisiche', trattandosi di un tipo espansivo come lui; quello che non capiva era il motivo per cui Yuu le temesse tanto.

Quella mattina ogni suo tentativo di riconciliazione era fallito, ma non intendeva affatto arrendersi, al contrario: avrebbe continuato a tampinare l'amico. Intendeva fargli capire in ogni modo possibile quanto fosse dispiaciuto, finché Yuu non avesse riconosciuto che era sincero. Che altro poteva fare?

L'indomani sopportò in silenzio l'indifferenza del giovane per l'intero arco delle lezioni, quindi, al suono della campanella che ne annunciava la fine, si avvicinò a lui. Gli posò una mano sulla spalla per farlo voltare e, prendendo il coraggio a quattro mani, tentò il tutto per tutto.

- Torniamo a casa insieme? - propose, offrendo un sorriso speranzoso. Kanda gli rivolse un'occhiata scettica, inarcando un sopracciglio.

- Tu non vai a 'casa', sei nel dormitorio della scuola. - gli fece notare con freddezza, mentre chiudeva la cartella, l'afferrava per la cinta e se la metteva a tracolla.

- Sì, ma pensavo di studiare con te questo pomeriggio. - insistette Lavi, allargando il sorriso e stringendo nervosamente il manico della propria borsa.

La proposta gli guadagnò uno sbuffo seccato e un'espressione sospettosa. Kanda distolse lo sguardo, pretendendo d'interessarsi ai bottoni della sua giacca e tradendo così la propria impazienza di troncare quella discussione tanto sgradita.

- Ho un impegno. - rispose, cercando di mantenere il tono della voce distaccato.

Lavi assunse un'aria supplice, le labbra leggermente imbronciate e l'unico occhio velato di tristezza. Prese il viso di Kanda fra le dita della mano libera per costringerlo a guardarlo mentre gli parlava, facendolo sobbalzare al contatto inaspettato dei suoi polpastrelli sulle guance.

- E se ti dico che non volevo farti arrabbiare, e prometto che non accadrà mai più? - continuò con caparbia determinazione, fissando l'amico dritto negli occhi scuri, ora appena dilatati per lo stupore.

Kanda scansò la mano che lo tratteneva e sollevò lo sguardo al cielo, ostentando irritazione.

- No. - ribadì, facendo per voltarsi e andarsene, ma Lavi l'afferrò per un braccio, forzandolo a girarsi di nuovo verso di lui.

- Andiamo Yuu, era solo per gioco. - esclamò, quasi sull'orlo della disperazione. - E se giuro che d'ora in poi non ti farò più scherzi, mi perdoni?

- Non so di che parli. Piantala. - affermò Kanda in tono gelido.

Adesso iniziava davvero a spazientirsi. Cercò di sottrarsi alla presa del giovane con uno strattone, ma questo per tutta risposta gli fece scivolare la mano lungo il braccio, afferrando la sua e lasciandosi trascinare in terra dal movimento brusco che lui aveva appena tentato.

Lavi abbandonò la cartella e portò la mano che la reggeva a coprire l'altra, ora disperatamente stretta a quella di Kanda.

- E se te lo chiedo in ginocchio? - mormorò. - Perdonami, Yuu.

Il viso di Kanda mostrò estremo stupore, quindi iniziò a prendere colore, allorché il suo proprietario realizzava quale spettacolo ridicolo stavano offrendo al resto della classe. Si affrettò a liberarsi, rimproverando aspramente il giovane inginocchiato sul pavimento.

- Idiota! - sibilò, sbirciando allarmato intorno a sé con la coda dell'occhio e udendo giungere le prime risatine. - Alzati, ci stanno guardando tutti! - aggiunse subito dopo, tirando Lavi in piedi a forza per i capelli.

Questi non si fece pregare, ignorando il dolore causato dallo strattone e mutando immediatamente il broncio in un'espressione di pura gioia. Una gioia così intensa che ebbe uno strano effetto su Kanda, il cui cuore accelerò i battiti per un lungo istante.

- Ci ho quasi rimesso lo scalpo, però alla fine sono riuscito a smuoverti! - esclamò Lavi, ridacchiando sommessamente nel raccogliere la borsa da terra e massaggiandosi con la mano libera la zona offesa.

Kanda lo fulminò con lo sguardo, ma ottenne unicamente che il sorriso dell'altro si allargasse a dismisura.

- Muoviti, o perderemo l'autobus. - borbottò con fare irritato. Lavi lo fissò a bocca aperta, incerto su come interpretare quell'invito a seguirlo. Kanda roteò gli occhi, esasperato. - Non volevi studiare con me? - domandò burbero.

Tornare sui propri passi era una cosa estremamente stupida, non ci voleva un genio per immaginare come sarebbe andata a finire: male. Malgrado ciò quel giovane così invadente, chiacchierone e un po' suonato riusciva sempre a farlo sentire in colpa se faceva il bastardo...

- Allora sono perdonato? - chiese Lavi, affrettandosi dietro di lui e ricevendo in risposta uno sguardo strano, a metà fra contrariato e compiaciuto, con le labbra appena incurvate verso l'alto che contribuivano a dare l'idea di conflittualità.

Era difficile interpretarne le emozioni; eppure, infine, a forza d'insistere Yuu quasi gli aveva sorriso a quel suo modo stiracchiato, dandogli un pugno 'affettuoso' sul braccio.

Per Lavi era il 'ti perdono' più contorto del mondo e anche la cosa che più lo rendeva felice, dopo l'imbarazzante 'incidente' di due sere prima che aveva rischiato di smascherarlo.

Poter tornare a studiare a casa di Yuu era troppo importante per lui; sia per i sentimenti che provava nei suoi confronti, sia perché tenerlo costantemente d'occhio, essergli sempre a fianco, non poteva che aumentare le possibilità d'impedirne la morte.



Quando rientrò al dormitorio quella sera, Lavi si sentiva al settimo cielo. Il pomeriggio era letteralmente volato, lui e Yuu non solo avevano fatto insieme tutti gli assegnamenti dovuti per le lezioni del giorno seguente, erano anche usciti un po' per poi cenare da qualche parte.

Si gettò sul letto, stanco morto ma felice, evitando tuttavia accuratamente di rivelarne la ragione al compagno di stanza, troppo ficcanaso per i suoi gusti.

Sospirò appena. Aveva davvero temuto di aver perso la fiducia di Yuu per lo stupido giochino del quaderno, invece per fortuna erano tornati più uniti di prima.

Un sorriso gli si disegnò sul viso a quel pensiero e il sonno lo colse così, ancora vestito sopra le coperte, ma con l'espressione più serena che gli era capitato di avere da molto, molto tempo.



I problemi di Lavi però non avevano la minima intenzione di finire. Il professor Mikk continuava a fargli avances su avances, in un modo tanto sfacciato quanto subdolo, ogni qual volta lo pescava da solo; e lui non poteva assolutamente sbilanciarsi con Yuu, confidandosi. Dopo la scoperta fatta riguardo le dicerie sul loro professore, aveva di nuovo paura che potesse essere proprio Mikk il collegamento fra lui e il sogno. La causa che avrebbe condotto alla morte di Yuu.

- Ehi, Lavi. Quando hai un po' di tempo, che ne dici di discutere del tuo prossimo progetto scientifico? - gli sussurrò una voce all'orecchio, facendolo sussultare, tanto che quasi sbatté il viso contro l'armadietto di metallo dove teneva le sue cose.

Il giovane si voltò di scatto, anche se sapeva bene a chi apparteneva quella voce: il professor Mikk.

Anche oggi.

- Sicuro prof, appena ho un ritaglio di tempo. - rispose accondiscendente, per liberarsi dell'uomo il più in fretta possibile.

Ovviamente non aveva alcuna intenzione di assecondarlo, i suoi progetti per ogni singolo istante di tempo libero che si ritagliava erano ben altri.

Ad esempio, ogni sera ispezionava la scuola dopo che le luci del dormitorio erano state spente, nella speranza di trovare qualche prova che potesse aiutarlo a capire.

Anche quella sera i suoi programmi includevano una visita completa della scuola, rigorosamente in notturna.



Altrove, qualcuno nutriva una egual dose di preoccupazione, sebbene con motivazioni differenti, e si accingeva a renderne partecipe qualcun altro.

“Allo?” rispose in francese una voce maschile dall'altro capo del telefono.

- Si sono incontrati. Devi portarlo via.

Disse una seconda voce maschile in tono grave, roca, vissuta. L'informazione così bruscamente riferita non parve meravigliare l'uomo cui era destinata.

“Amico mio, sapevi fin dall'inizio che sarebbe accaduto.” commentò questi, passando all'inglese, pur mantenendo un forte accento.

La risposta parve non soddisfare affatto il chiamante, il quale emise un brontolio di disapprovazione e si affrettò a obiettare.

- Interferisce con i suoi doveri, non intendo consentirlo.

Un profondo sospiro accolse questa sua dichiarazione, e l'altro uomo cercò di mediare.

“Non è così e lo sai anche tu. Possono collaborare. Smetti di osteggiarli.”

Ci fu una pausa, durante la quale entrambi potevano indovinare i rispettivi pensieri. Poi il primo uomo emise un'esclamazione soffocata.

- Tu te n'eri già accorto! Li hai visti e non ti sei degnato d'informarmi! - accusò in tono risentito. Subito dopo, un mugugno fece intendere che aveva realizzato qualcos'altro. - Dove sei? Li hai lasciati soli! È così, vero?

“Non te la prendere, vecchio mio, se la caveranno egregiamente, vedrai.”

Il tono bonario dell'uomo irritò ancora di più il suo interlocutore. Ci fu un'altra pausa, più lunga questa volta, durante la quale si poteva chiaramente udire lo sbuffare indispettito di uno dei due.

- Cosa conti di fare? - chiese quest'ultimo.

“Sorvegliarli. Ce la faranno, ma, sai, per sicurezza. Raggiungimi.”

E su quelle parole la comunicazione s'interruppe.



Lavi da qualche giorno si sentiva sottosopra; Bookman aveva rimandato ancora il suo arrivo e anche il padre di Yuu aveva fatto sapere che continuava il giro di conferenze per altre due settimane. Restare solo più a lungo con l'oggetto dei suoi desideri lo rendeva felice e gli faceva sperare di risolvere la situazione in tempo per salvarlo, ma portava con sé anche una cospicua dose di nervosismo.

Non riusciva più a nascondere ciò che provava, soprattutto quando era solo con Yuu a casa di lui. Ogni volta era tentato di confessargli tutto, sogni, pericoli, sentimenti. Chi era, cosa faceva, quanto l'amava, sebbene non riuscisse a comprendere come potesse essere accaduto.

Così, quella particolare sera rifiutò di cenare a casa di Yuu, dicendo che non si sentiva bene. Organizzò invece l'ennesima delle sue esplorazioni della scuola, infilandosi di soppiatto dentro l'edificio da una finestra a pianterreno che aveva lasciato previdentemente aperta. Appena si fu introdotto all'interno percepì subito un che di strano nell'aria; c'era qualcosa che provocava un riflusso, forse un'altra finestra aperta.

Accese la torcia elettrica che aveva portato con sé ed esplorò i corridoi adiacenti, finché non scoprì da dove veniva la corrente d'aria: la porta del cortile interno era socchiusa e sbatteva tormentata dal vento. L'aprì con cautela e si affacciò all'esterno, immediatamente investito da una folata di quel vento che la muoveva fino a un attimo prima. Era parecchio forte, tanto che dovette scansarsi i capelli dal viso, pentito di non aver indossato la sua immancabile bandana per trattenerli.

Guardò il cielo. Forse sarebbe venuto a piovere.

Un rumore lo distolse da quelle considerazioni, attirandolo dentro l'ala della scuola che si trovava oltre il cortile interno. Si trattava di un suono molto sospetto e preoccupante, un gemito disperato. Lavi si affrettò verso il luogo che riteneva essere l'origine del lamento, eppure non vide alcuna luce, né segni di presenze umane oltre lui. Puntò la torcia contro ciascuna parete, cercando di capire se qualche porta fosse stata aperta di recente, però non gli parve di vedere niente d'insolito.

Era così intento a scrutare muri e accessi alle aule che non scorse l'oggetto abbandonato in terra sul quale inciampò, cadendo rovinosamente contro un prezioso quadro, affisso accanto allo stemma della scuola. Raffigurava il Re, e... Lavi spalancò il suo unico occhio: il dipinto celava una porta! Una lama di luce fuoriusciva dall'interno, debole ma costante. Tuttavia, nessun rumore proveniva da lì.

Deglutendo a fatica, il giovane si rialzò, spense la torcia elettrica ed entrò nella supposta stanza segreta della Black Order Academy. Scendendo la rampa di scale presente immediatamente dietro il quadro, si accorse che in realtà il posto non era affatto un qualcosa di antico e dimenticato, al contrario. Si trattava di uno dei magazzini della scuola, a giudicare dalle cataste di banchi, sedie e altre forniture didattiche.

Deposito che pareva essere anche il luogo dove il presunto molestatore, di chiunque si fosse trattato, portava le sue vittime. C'era un materasso in terra al centro di una delle stanze sotterranee, e sopra... sopra c'era una forma che si muoveva appena, lamentandosi nel sonno. La vittima... dormiva lì?

Lavi restò sconvolto da quella scoperta, ma nella penombra non riusciva a capire se conoscesse o meno la persona che giaceva lì. Fece per avvicinarsi a lei quando, d'improvviso, la luce si spense di colpo e fu spinto bruscamente di lato, andando a sbattere contro il muro alle sue spalle.

D'istinto cercò la torcia con ambo le mani, temendo di essere aggredito di nuovo con maggiore violenza. Non appena riuscì ad accenderla, però, il materasso era vuoto e tutto ciò che poté vedere fu uno svolazzare bianco svanire oltre la porta segreta.

Gli corse dietro sperando di riuscire a raggiungere il fuggitivo, ma inutilmente; quando puntò la luce a destra e a sinistra nel corridoio questo era vuoto e silenzioso come l'aveva trovato al suo arrivo.

Di una cosa sola era certo: non poteva trattarsi di Yuu. Chiunque fosse quella persona, era troppo bassa e i suoi capelli troppo corti e chiari. Decise di fare un'occhiata più approfondita in quel magazzino e tornò sui propri passi, scendendo di nuovo per quelle scale ripide fino a che raggiunse il materasso. Era macchiato di sangue...

Si guardò attorno, trovando diverse sigarette spente e un pacchetto vuoto, la cui marca gli diceva che il proprietario aveva gli stessi gusti del professor Mikk... Coincidenza?

In ogni caso, avrebbe dovuto raddoppiare gli sforzi, perché il tempo che gli restava a disposizione stava finendo. Presto il sogno si sarebbe avverato, lo sentiva.

E Yuu sarebbe morto a causa sua.



Kanda era molto preoccupato. Il comportamento di Lavi si era fatto strano dall'ultima sera in cui erano usciti insieme, cosa che lo tormentava senza sosta. Non bastasse, il professor Mikk stava loro addosso come meglio poteva, tanto che aveva persino paura di essere anche solo sfiorato da Lavi mentre l'uomo li guardava.

E poi c'erano le scuse che l'inseparabile compagno di scuola da qualche giorno inventava per non andare più a casa sua, che davvero non stavano in piedi. Forse avrebbe dovuto parlargli, chiedergli se ce l'avesse con lui per qualche motivo... oppure iniziare a pedinarlo di nascosto.

La verità era che non credeva affatto di esserne la causa; si era convinto che Lavi fosse l'attuale vittima del loro amato docente di Scienze. Che l'uomo lo ricattasse per non farlo parlare, che Lavi si vergognasse di quello che gli stava succedendo e per ciò stesse cercando di allontanarlo: perché non lo scoprisse.

E lui non poteva dirgli nulla senza confessare a sua volta come mai gli interessava. Sovrappensiero, non si rese nemmeno conto di essere finito ad aspettare Lavi nell'atrio della scuola insieme a Lenalee e moyashi.

Era ormai un'abitudine consolidata ritrovarsi lì, se per l'ultima classe restavano separati. Ogni giorno a fine lezioni, quasi ci fosse un tacito accordo fra loro, uno dei due aspettava l'altro o viceversa, per fare un tratto di strada insieme finché Lavi non raggiungeva il dormitorio. Ma oggi il giovane tardava.

Quando infine arrivò aveva sul viso un'espressione stranissima, abbattuta e rassegnata. Kanda sentì una fitta al cuore nel vederlo così e i suoi sospetti si rafforzarono. Lavi si avvicinò loro offrendo un sorriso forzato; sembrava nervoso, come se avesse fretta di andare da qualche parte.

- Ragazzi, mi dispiace per il ritardo, andate pure avanti senza di me. - disse, appena li ebbe raggiunti. - Devo ancora sbrigare una cosa e mi ci vorrà del tempo. Ci vediamo domani, m'kay?

Faceva di tutto per nasconderlo, ma la voce gli tremava in modo impercettibile nel pronunciare quella menzogna.

Kanda annuì, fingendo di credere alle scuse dell'amico. Persino Lenalee appariva preoccupata, tuttavia non disse nulla. Si limitò a salutare Lavi con uno dei suoi sorrisi radiosi e prese per mano Allen, il quale emise una risatina imbarazzata rivolgendo a sua volta un cenno di saluto.

- A domani, Lavi. Cerca di non studiare troppo! - si raccomandò Lenalee incamminandosi, seguita dai due amici.

Kanda non si voltò indietro, però poteva sentire lo sguardo di Lavi fisso sulla propria schiena. Perché aveva mentito così? Perché sembrava disperato? Che era successo? Maledizione, doveva scoprirlo a ogni costo!

Percorse un pezzo del tragitto insieme a Lenalee e al suo pseudo-fidanzato finché le loro strade si separarono, quindi tornò indietro di corsa alla scuola. Gli altri studenti erano andati via quasi tutti, nell'atrio ne trovò giusto un paio, rimasti oltre l'orario insieme al professore di Chimica. Fece appello a tutto il suo sangue freddo e si avvicinò con studiata noncuranza, guardando l'orologio.

- Scusatemi, dovevo incontrarmi qui con Lavi Bookman, ma sono in ritardo, qualcuno di voi l'ha visto? - domandò, cercando di sembrare irritato per non averlo trovato ad aspettare.

- Oh, sì, mi pare di averlo intravisto andare verso i bagni. - rispose uno dei due giovani, indicando la direzione. Il professore di Chimica, Reever Wenham, confermò.

- Grazie. - Kanda salutò e si diresse di buon passo dove gli era stato suggerito.

Aveva un bruttissimo presentimento; se a Lavi era successo qualcosa... e stava male... Dio, avrebbe dovuto dirglielo!

Entrò nel bagno degli uomini col cuore in gola, ma non vide nessuno vicino ai lavandini; chiamò il nome di Lavi, senza ottenere risposta. Così raggiunse le cabine delle toilettes, bussando sulla prima, che si aprì sotto il peso del colpo rivelandosi vuota. Fu allora che notò la scia scura sul pavimento, proveniente da uno dei bagni in fondo alla stanza.

- Lavi! - gridò ancora, correndo verso la porta e trovandola chiusa, e... la scia scura era sangue, non c'erano dubbi in proposito. Doveva essere accaduto qualcosa di terribile dentro quel bagno e non c'era tempo per chiamare aiuto, per cui Kanda sbollò la serratura con un calcio, spalancando la porta. Trovò Lavi seduto sul water, il busto reclinato indietro contro la cassetta dello scarico e le braccia penzoloni sul pavimento. Aveva entrambi i polsi tagliati, il sangue proveniva da lì. - Che hai fatto, idiota! - urlò, cercando freneticamente di arrestare l'emorragia.

Sentendosi toccare, Lavi aprì lentamente gli occhi, riconoscendo il giovane chino su di lui; gli sorrise, cosa che sembrò farlo infuriare ancora di più di quello che pareva essere.

Era tutta colpa sua, pensò Lavi, come sempre aveva fatto arrabbiare Yuu; ma era l'ultima volta, giusto? Lui era morto e Yuu era salvo, quello era solo un altro dei suoi sogni.

“All around me are familiar faces
Worn out places
Worn out faces”

Yuu chino su di lui in quel posto squallido, davvero aveva avuto un pessimo gusto nello scegliere dove morire. Sembrava dispiaciuto, arrabbiato, sì, ma anche addolorato. Per lui? Le sue braccia lo stringevano, le dita sottili di Yuu gli fasciavano i polsi. Ma era tardi, si sentiva così stanco... stanco...

“Hide my head I want to drown my sorrow
No tomorrow
No tomorrow”

Avrebbe voluto affondare la testa contro il petto di Yuu, dimenticare per sempre il dolore che provava per non essere stato in grado di scoprire chi doveva ucciderlo; per non aver trovato un altro modo di salvarlo se non morire prima che gli eventi si compissero.

Sentiva la testa pesante, la coscienza lo abbandonava. Non c'era più un domani per lui. Aveva perduto Yuu.

“And I find it kind of funny
I find it kind of sad
he dreams in which I’m dying
Are the best I’ve ever had
I find it hard to tell you
I find it hard to take
When people run in circles
It’s a very, very
Mad world
Mad world”

Si sentì sollevare, era fra le braccia di Yuu? Trovava così ridicolo e al contempo triste che quel sogno in cui stava morendo fosse il più bello che avesse mai fatto. Yuu lo stava abbracciando, sentiva che gli intimava di restare sveglio, però lui non ci riusciva.

Come non era riuscito a dirgli la verità, ed era così difficile da accettare, essere stato tanto vigliacco da scegliere di morire piuttosto che affrontare il circolo vizioso della vita. Ma, dopotutto, quello non era solo un altro scherzo di un mondo folle?

Yuu continuava a sussurrargli qualcosa, che ormai lui non era più in grado di sentire.

   
 
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