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Autore: Marti Lestrange    10/10/2013    7 recensioni
[STORIA SOSPESA]
Killian|Ariel
Dal prologo:
{Lanciò un ultimo sguardo al promontorio in lontananza, appoggiata al suo scoglio preferito in mezzo al mare, e poi si rituffò nelle profondità marine, mentre l’oceano si richiudeva sopra di lei.}
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ariel, Killian Jones/Capitan Uncino
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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A Drop In the Ocean
Capitolo 1
~ Echoes And Shadows ~
 
 
 
 
“Pareva [il mare] che ancora bisbigliasse
di galee normanne che fendevano le acque del mondo
sotto bandiere che rappresentavano corvi,
di bravacci inglesi,
grigi baluardi di civiltà che solcavano
una nebbia di luglio
nel mare del nord.”
 
 
 
 
 
~Atlantica, Mare di Giada
 
- Oh, eccoti qui!
Una voce acuta distolse Ariel dai suoi pensieri, popolati di navi, vascelli e pirati. Non i temibili bucanieri che infestavano i Cinque Mari, ma uomini coraggiosi e senza paura, gentiluomini dal cuore nero e l’animo ardito, proprio come sua sorella Attina era solita raccontarle. Ariel era da sempre affascinata dalle Antiche Storie.
Sua sorella Alana le sorrideva, nuotando verso di lei, un paio di libri stretti al petto. I suoi bellissimi occhi azzurri - proprio come il mare baciato dal sole - si illuminarono. Avevano sempre avuto un legame speciale, lei e Alana. Erano solite estraniarsi dal mondo, avventurandosi in meandri misteriosi e ancora inesplorati di Atlantica, il loro regno. Erano capaci di chiacchierare per ore, scambiandosi impressioni e sogni e speranze. Alana desiderava studiare a fondo le Antiche Storie, per conoscere il mondo e tutti gli altri esseri viventi. Ariel invece non sapeva cosa desiderare. Non sapeva nemmeno chi era, non per davvero. Ariel, figlia del Re del Mare, non le bastava più. Era troppo limitato per descrivere la sua anima, un caos primordiale di opposti e desideri pericolosi e voglia di avventura.
- Scusa, sono sparita come sempre - rispose lei scuotendo la testa.
- Ti aspettavamo a lezione di musica. Attina era parecchio dispiaciuta per la tua assenza e Arista ha starnazzato come al solito, dicendo che non vieni mai seriamente punita e bla bla bla.
Alana alzò gli occhi al cielo e agitò una mano. Ariel rise. - Arista passa il suo tempo a lamentarsi di me, e perché, poi?
- E che ne so, lasciala perdere.
- Nostro padre ha saputo della mia assenza?
- No, ma Arista sicuramente lo informerà, ci scommetto.
Ariel sbuffò e un ciuffo di capelli rossi e lucenti le ricadde sulla fronte.
- Senti, Alana - continuò - ora devo andare…
- Andare? Di nuovo? E dove?
- Devo andare, tu non farmi domande.
- Ariel…
Alana era visibilmente contrariata. Incrociò le braccia al petto e ad Ariel ricordò pericolosamente loro sorella Acquata, quando riprendeva tutte loro a lezione di Storia dei Regni Abissali, lezione durante la quale Ariel puntualmente si addormentava, suscitando le risate di Alana e gli sbuffi di Arista.
- Tu non mi hai vista, okay? Ti prego, Alana, per favore…
Ariel giunse le mani in preghiera e si avvicinò alla sorella, guardandola dolcemente.  - Sei la mia sorella preferita, lo sai…
Alana roteò gli occhi e scosse la testa. - Sai sempre come comprarmi, dannata te!
- Papà non vuole che imprechi, lo sai.
- Uffa, smettila, pure tu. E fila via, prima che cambi idea. O lo dico ad Arista.
- Per Calipso, no! - esclamò Ariel nuotando via e dirigendosi verso lo scalone in corallo del loro palazzo, il Cuore dell’Oceano, centro di Atlantica e dimora del Re del Mare loro padre.
- Chi è che impreca, adesso? - le gridò dietro sua sorella.
Ariel sorrise tra sé e sé, stringendo la borsa che portava a tracolla, che conteneva uno dei tanti tesori che era solita cercare nelle profondità marine, e che poi raccoglieva e conservava con amore. Erano l’unico contatto con il mondo reale che una sirena potesse avere, l’unico appiglio che la teneva ancorata al suo sogno.
Ariel varcò le porte del palazzo, guardandosi intorno con circospezione. Il Cuore dell’Oceano pullulava di spie, pronte a riferire al Re qualsiasi movimento sospetto, perfino quelli delle sue stesse figlie. Ariel aggirò il palazzo, nuotando all’ombra delle sue alte torri di madreperla. Superò alcuni banchi di alghe e uno strapiombo, fino ad un promontorio roccioso sottomarino, all’interno del quale si aprivano alcune cavità naturali, grotte e pertugi. La ragazza entrò nel primo varco a destra, percorse un corto passaggio buio e sbucò in una specie di grande sala conica di pietra, le cui pareti di roccia salivano fino al cielo. La luce del sole rischiarava le acque più alte, più vicine alla superficie.
La grotta era piena di strani oggetti umani, relitti, quadri, statue, soprammobili, armi, e altri preziosi tesori che Ariel conservava gelosamente. Non conosceva l’esatto funzionamento della maggior parte di essi, ma non le importava: un giorno lo avrebbe scoperto; un giorno avrebbe fatto parte del mondo dal quale quegli oggetti provenivano; un giorno avrebbe coronato il suo sogno.
- Ariel?
Ariel per poco non svenne: suo padre, il temibile e severo Re del Mare, il signore di Atlantica, stava di fronte a lei, il viso sconvolto e ombroso, la bocca aperta per lo stupore.
- Papà! - esclamò lei, le mani sulla bocca, gli occhi sbarrati.
L’aveva scoperta. Aveva scoperto i suoi tesori. Aveva scoperto il suo segreto. L’ira del Re del Mare non sarebbe stata mite e contenuta. Avrebbe spazzato via tutto e tutti, ne era sicura.
- Mi sono sempre reputato un tritone ragionevole - cominciò, avvicinandosi, il suo tridente dorato stretto tra le mani forti e nodose. - Ho stabilito certe regole e pretendo che quelle regole vengano rispettate da tutti*.
- Papà, io…
- Ariel, ho accettato le tue stranezze e le tue intemperanze perché ti voglio bene, sei mia figlia, e perché sei uguale identica a tua madre, e solo Calipso sa quanto l’ho amata. E quanto mi manca. Sei bella, intelligente e piena di risorse, ma quello che fai… il tuo amore per gli umani… le tue uscite in superficie… e questo… questo… covo di paccottiglie e pericoli… Sono molto deluso, Ariel, molto deluso.
Il Re del Mare scosse la testa, passandosi una mano tra la barbetta grigia e ispida, osservando la figlia con sguardo spento.
- Papà, lasciami spiegare - Ariel prese coraggiosamente la parola. - Io voglio conoscerli. Voglio studiarli. Voglio sapere tutto ciò che c’è da sapere sul loro mondo…
- Conoscerli… studiarli… gli umani? - esclamò il Re. - Ariel! Non c’è bisogno di conoscerli! Sono tutti uguali! Smidollati, selvaggi, sempre armati di fiocina, incapaci di qualsiasi sentimento*!
Ariel strinse i pugni, le braccia abbandonate lungo i fianchi, lo sguardo acceso: non era mai stata più combattiva come in quel momento. Suo padre non le avrebbe strappato via il suo sogno con parole cariche di veleno e pregiudizi. Non l’avrebbe distolta dai suoi progetti di avventura mettendole paura e insinuandole dubbi. Aveva visto gli umani - coloro che il Re definiva “mostri”. Li aveva visti con i suoi occhi, avvicinandosi con circospezione ad un vascello addobbato e illuminato a festa, ormeggiato al largo, proprio al centro dello Stretto dei Sussurri. Si festeggiava un compleanno, il compleanno di un giovane molto bello, alto, dai capelli neri e un portamento regale. Erano tutti felici e allegri. Non c’era niente di selvaggio o pericoloso. C’era solo amore, affetto e infinita gioia. Ariel avrebbe dato tutto ciò che aveva per potersi unire ai festeggiamenti, anche solo per una notte. Invece aveva osservato da lontano, appollaiata alla nave, nell’ombra, a vivere attraverso le vite degli altri.
- Non ti credo - sussurrò lei piano, sentendo le lacrime premerle agli angoli degli occhi. Lacrime di rabbia. - Non ti credo. Lo dici solo per tenermi bloccata qui, con te, in quello stupido palazzo, come se fossimo tante bamboline sotto il tuo controllo. Io non sono come le mie sorelle. Non lo sarò mai.
- Tua madre è morta per colpa loro, lo vuoi capire o no? - gridò il Re, fuori di sé dalla rabbia. - È morta, arpionata come un pesce come tanti, trascinata su una nave pirata e venduta a chissà chi, come un trofeo di guerra. È morta per colpa del suo amore per gli umani. È morta per colpa della sua curiosità, e ingenuità, e infinito candore. Non posso permettere che accada di nuovo. Sei una sirena, Ariel. Per loro, sarai sempre e soltanto un’aberrazione, un mostro da catturare e studiare. Finirai per perderti.
- Non mi importa* - rispose lei tenacemente. Conosceva la storia e il triste destino di sua madre, morta per mano degli umani, ma lei era diversa. La sua storia era diversa.
- Non mi importa - ripeté, sotto lo sguardo attonito del padre. - Io non sono lei, va bene? Non sono lei.
Il Re rimase in silenzio, troppo incredulo per replicare. Ariel poteva sentire il ritmo del suo respiro, il sangue nelle sue vene che pulsava veloce, i suoi pensieri vorticosi. Poteva leggere i suoi occhi, delusi e tristi e infinitamente feriti, ma non le importava. Voleva solo scappare via, da palazzo, da Atlantica, dal Mare di Giada. Scappare lontano ed essere finalmente libera.
- Allora mi dispiace Ariel, ma dovrò prendere dei seri provvedimenti*! - esclamò il Re, rabbuiandosi e riacquistando il suo solito, serio cipiglio insondabile. - E se questo è l’unico modo, ebbene sia*!
Il Re alzò in alto il suo tridente, puntandolo verso un cumulo di oggetti poco lontano. Ariel capì quello che stava per accadere e, prontamente, deviò il tridente verso l’alto, e il suo potente fascio di luce uscì dall’apertura in cima, perdendosi così nell’oceano.
- Ariel, sei impazzita? - gridò il Re.
- Vuoi distruggere tutto? - esclamò lei. - Pensi che così potrai sistemare ogni cosa, eh? Bene, fallo. Distruggi tutto, non me ne importa. Io continuerò a sognare di andarmene, un giorno, e non potrai portarmi via i sogni. Nessuno potrà.
Suo padre la osservò, meditando, deluso. Ariel raccolse una vecchia spada raccattata chissà dove, ora tutta incrostata di coralli e conchiglie, e cominciò così a distruggere i suoi tesori, i magici oggetti che aveva così pazientemente collezionato, tutto quanto. Il rumore di oggetti infranti e cocci rotti le rimbombava nelle orecchie e le lacrime le rigavano le guance, calde e salate. Infine, non rimase più nulla da distruggere. Tutto ciò che la grotta aveva contenuto giaceva devastato intorno a lei.
Ariel lasciò cadere la spada, che era diventata all’improvviso troppo pesante per lei, e guardò in volto il Re del Mare.
- Contento? - disse tra i singhiozzi. La sirena nuotò via, uscendo dalla grotta.
Il Re rimase fermo in mezzo al disastro ancora a lungo, una mano sul viso, le spalle afflitte e stanche, come se avesse preso all’improvviso parecchi anni.
Ariel nuotò senza meta per parecchi metri, le lacrime pungenti che le appannavano la vista, il cuore che batteva tumultuoso e la testa che era un caos. Che cosa aveva combinato? Aveva davvero distrutto tutto quanto?
Si fermò solo quando rimase incidentalmente imprigionata in un banco di alghe nere e viscide, dal quale scivolò fuori a fatica, finendo catapultata sull’orlo di una depressione marina buia e fredda, depressione che costituiva la base della temibile Baia del Morso, evitata da tutte le rotte marine e sottomarine.
Finì a terra, nella sabbia, la borsa ancora a tracolla che le batteva contro il fianco. Le lanciò un’occhiata e si ricordò del tesoro che aveva trovato quel mattino. Era adagiato sul fondo del mare, abbandonato chissà da chi, oppure semplicemente perduto. Non doveva essere caduto in acqua da molto, perché era ancora piuttosto liscio al tocco. Il mare non lo aveva ancora trasformato. Lo aveva trovato al largo di Città dei Corsari e le piaceva pensare fosse appartenuto ad un pirata.
Lo tirò fuori dalla borsa. Sapeva a cosa serviva, lo aveva visto molte volte tra le mani dei marinai che era solita spiare all’ombra delle loro stesse navi. Era di pesante acciaio scuro bordato d’oro. Un oggetto pregiato e ricercato, lo poteva capire solo toccandolo.
Ariel sorrise tra sé e sé, asciugandosi le ultime lacrime. Tutto quello che le rimaneva era un cannocchiale. Un cannocchiale che le avrebbe costantemente ricordato i suoi propositi e il suo sogno d’avventura.
- È bello vederti sorridere di nuovo, bambina.
Una voce limpida e potente risuonò tutto intorno a lei. Oppure era nella sua testa? Stava forse sognando? Non vedeva nessuno, lì accanto.
Ariel rimise il cannocchiale al sicuro nella borsa, che strinse a sé con fare protettivo, osservando l’oceano intorno a lei con circospezione.
- Non devi avere paura. Ariel.
- Chi sei? - esclamò lei. - Fatti vedere. Come sai il mio nome?
- Sei conosciuta in tutti i Cinque Mari. Sei una delle figlie del Re del Mare, ricordi? Anche se non vuoi riconoscerlo nemmeno con te stessa.
- Non so chi tu sia, fatti vedere - continuò lei, spaventata ma decisa a non farsi sopraffare.
- Ho molti volti, bambina, e non è ancora arrivato il momento di mostrarti il vero me. Non oggi. Non ancora. Per adesso, ti basta sapere che sono nella schiuma marina, e nelle correnti, e nelle buie profondità abissali… E sono qui per proporti un patto, Ariel.
- Non sarai… - cominciò lei, deglutendo a fatica. La voce le morì in gola.
- Sono conosciuto con molti nomi, sirena.
- Davy Jones - sussurrò Ariel prima che l’oscurità la inghiottisse.
 
 
* * *
 
 
 
~Jolly Roger, Golfo dei Sospiri
 
- Per tutti gli dèi, si può sapere dove è finito il mio cannocchiale?
Killian Jones camminava su e giù sul ponte principale della Jolly Roger da mezzora buona. Cercava il suo prezioso cannocchiale, di acciaio scuro bordato d’oro. Era un ricordo di suo padre, l’unico ricordo rimastogli, l’unico ricordo salvatosi dal Grande Incendio di Tortuga, che aveva devastato il porto e buona parte della città. Doveva ritrovarlo. Non poteva averlo perso. Proprio non poteva.
- Killian – si sentì chiamare, ma decise di ignorare deliberatamente quella voce e di continuare a cercare il suo cannocchiale. Diavolo, non era nemmeno in quel mucchio di cime umide abbandonato accanto alle scale della timoneria.
- Killian… - di nuovo quella voce. La ignorò nuovamente. Doveva concentrarsi per continuare la sua ricerca.
- Killian Jones!
Un paio di gabbiani appollaiati sul sartiame volarono via, gridando contrariati. Killian si voltò. Il giovane Gabriel lo osservava con cipiglio severo, le mani sui fianchi.
- Non avrei dovuto alzare la voce, lo so – cominciò il ragazzo alzando le mani.
Killian aveva sempre considerato Gabriel come uno a posto. E gli stava anche simpatico. Forse per via dei suoi capelli rossi. O delle lentiggini. O di entrambe le cose.
- È che non ascolti – continuò. – Ti ho chiamato per… be’… un sacco di volte. Cosa stai cercando, a proposito?
Killian sbuffò, contrariato, le mani sui fianchi. Sentiva la leggera camicia bianca che gli aderiva alla schiena, là dove aveva sudato di più. Faceva caldo, nonostante fossero alla fonda in mare aperto. La Jolly Roger galleggiava placida sulle onde tranquille del Golfo dei Sospiri. Il sole faceva luccicare il legno chiaro e le assi del ponte ammiccavano lucenti dopo una bella dose di cera e olio di gomito - ovviamente per mano di William Smee, il fedele mozzo di bordo.
- Sto cercando il mio cannocchiale, Gabriel, ecco cosa sto cercando. Temo di averlo perduto, per Calipso!
- Attento a citare il nome di Calipso invano – gli rammentò Gabriel alzando un dito e agitandoglielo sotto il naso. Killian gli assestò una sberla e l’altro scoppiò a ridere.
- Dovrei punirti per la tua insubordinazione e spavalderia, e spedirti a lavare le latrine – borbottò Killian.
Gabriel lo guardò in silenzio, le mani dietro la schiena.
- Per oggi te la sei scampata – concluse, e Gabriel rilassò le spalle. – Cosa volevi, comunque?
Killian era ascoltato da tutti, a bordo. E rispettato. Soprattutto da pirati giovani e inesperti come Gabriel. D’altronde, era il braccio destro del capitano, il temibile Barbanera, terrore degli oceani. Pochi al mondo conoscevano il suo vero nome – Edward Teach – e Killian era uno di questi. Non c’era decisione per la quale il capitano non lo consultasse. Era un rito. Killian era per lui la voce dell’equipaggio, colui che conosceva quegli uomini meglio di chiunque altro, colui che ascoltava le lamentele e gli improperi per poi acquietare gli animi e risolvere i problemi.
Suo padre, William Jones, era stato sempre al fianco di Barbanera, tutta la vita da quando era poco più che un ragazzo, prima di morire nell’incendio di Tortuga. Il figlio era rimasto così a bordo della Jolly Roger, guadagnandosi la stima e il rispetto del capitano – e di tutta la ciurma. Aveva lavorato sodo, spezzandosi la schiena, adempiendo ai compiti più umili. Aveva fatto sacrifici, compiuto scelte difficili e messo fine a molte vite, anche innocenti. Non si reputava un uomo d’onore, almeno non dell’onore comune a tutti gli uomini perbene. Per lui esisteva solo la legge dei pirati. E il loro Codice.
- Il capitano ti aspetta nella sua cabina. Gran consiglio in vista - spiegò Gabriel, serio.
- Uhm - meditò Killian grattandosi la corta barba scura. - Facciamo che delego a te il compito di cercare il mio cannocchiale. Non mi deludere, Gabriel.
Quest’ultimo cercò invano di replicare, ma l’altro non gli diede il tempo di aprire bocca perché se n’era già andato, dirigendosi in fretta al castello di prora e alla cabina di Barbanera.
Il capitano aveva senz’altro indetto un consiglio con i suoi primi ufficiali per discutere dell’incontro con Sao Feng o, per meglio dire, con i suoi rappresentanti. Anche questa volta, il pirata dell’Estremo Oriente non si era presentato personalmente a Città dei Corsari, terreno neutrale di incontro tra ciurme e flotte nemiche. Era da anni che non faceva vedere il suo sporco muso nelle Terre Occidentali, in effetti. Killian pensò che, forse, era stato meglio così. Barbanera non sarebbe riuscito a mantenere tanto a lungo il controllo, di fronte al suo più acerrimo nemico.
Jeremy stava in piedi di fronte alla porta della cabina del capitano, la mano sull’elsa della spada. Killian si chiese perché Barbanera avesse messo una guardia lì fuori. Non si fidava del suo stesso equipaggio, forse?
- Jeremy - salutò Killian.
- Signore - scattò sull’attenti l’altro, drizzando la schiena e assumendo un cipiglio serio.
- Sono atteso dal capitano - continuò Killian. - E non chiamarmi “signore”, non sono tuo padre, quante volte te lo devo ripetere?
- Ancora parecchie, temo.
Jeremy era giovane, ma era diverso dagli altri suoi coetanei. Era serio e solenne in tutte le sue manifestazioni di subordinazione nei confronti del capitano o di un alto ufficiale come Killian.
La cabina era immersa nei fumi dei forti sigari importati - o per meglio dire rubati - dall’Isola delle Pietre Verdi, una delle tre Isole dell’Estate, note ai più come Arcipelago delle Tre Sorelle. Edward Teach sedeva su un’alta poltrona foderata di velluto bordeaux al capo di un lungo tavolo di mogano e fumava in silenzio, mentre Gordon, un uomo anziano sulla cinquantina, stava illustrandogli su una mappa alcuni particolari della conformazione fisica della Baia dei Granchi. Intorno al tavolo, altri uomini e membri dell’equipaggio vicini al Capitano sedevano silenziosi, chi in pose scomposte, chi intento a mangiucchiare e spiluccare dell’uva, chi ancora parecchio distratto e per nulla predisposto all’ascolto.
Barbanera, capelli scuri e barba - ovviamente nera - incolti e tempestati di perline ricordo dei paesi e dei mari visitati, si voltò verso Killian, non appena questi fece il suo ingresso nella cabina. Non aveva intenzione di farsi notare da subito, ma l’uomo sembrava captare la sua presenza anche da lontano. Forse si trattava di strascichi dello stesso magnetismo che aveva collegato Teach a suo padre, fino alla fine.
- Killian! - esclamò Barbanera con la sua alta voce tonante, interrompendo il monologo di Gordon, che si rabbuiò, irritato. - Vieni avanti, ragazzo mio! Siedi qui accanto a me. Tu - aggiunse rivolto a Johnatan, uno dei membri più anziani e influenti del Consiglio, seduto alla sua destra - alzati e lascia il tuo posto a Killian. Forza!
Il suo fu quasi un latrato e Johnatan si alzò in fretta e furia, catapultandosi a sedere poco distante. Killian fece qualche passo avanti, andandosi poi ad accomodare accanto al Capitano.
- Dov’eri finito, aye? - sussurrò Teach mentre Gordon riprendeva la sua litania da dove era stato interrotto.
- Stavo cercando… una cosa - rispose Killian, preferendo tacere la scomparsa del cannocchiale.
- Be’, ora che sei qui, direi che possiamo porre fine a questa lagna da signorine e cominciare con i discorsi veri - abbaiò ancora sottovoce, facendogli l’occhiolino.
Si alzò in piedi e Gordon si zittì all’improvviso, spaventato.
- Grazie mille, Gordon, direi che per oggi basta così. Siediti pure - abbaiò.
L’uomo raccolse le sue mappe e si andò a sedere in un angolino lontano, buio e discreto.
- Ora che Killian è dei nostri, possiamo affrontare la vera questione di questa riunione - cominciò Teach. - Cioè, l’assenza di Sao Feng. Che novità, vero?
- Io non ne sono rimasto stupito, Capitano - intervenne Johnatan. - È da anni che non si fa vedere, d’altronde.
- Qui si parla del dominio del Golfo dei Sospiri e di Città del Gabbiano, questioni di primaria importanza sul fronte occidentale, Sao Feng si sarebbe dovuto presentare, su questo siamo tutti d’accordo - intervenne Killian.
Barbanera annuì, meditabondo. - Sta’ di fatto che non è venuto e spero che Davy Jones se lo prenda, quel maiale con gli occhi a mandorla!
- Aye! - abbaiarono tutti i presenti.
Killian non si unì ai cori esagitati degli ufficiali. Non era bene invocare quel demone alla leggera e si stupì dell’imprudenza del Capitano, proprio lui che credeva alle Antiche Storie.
- Ha mandato un nuovo delegato, però - aggiunse un certo John Smith, un avventuriero proveniente dall’estremo nord delle Terre Occidentali, quasi al confine con le Terre dell’Inverno Perenne. Si era imbarcato sulla Jolly Roger mentre questa faceva una delle sue abituali tappe sull’isola di Tortuga. Si diceva fosse il figlio illegittimo di un qualche re, o un contrabbandiere avido e senza scrupoli, o semplicemente un povero in canna partito dal Nord per fare fortuna. Killian ci parlava spesso, ma nemmeno lui conosceva la sua vera storia.
- Una donna, puah! - borbottò il vecchio Gordon dal suo angolo, sputando per terra.
- Non una donna… sua figlia - lo corresse Smith, solenne.
Gordon imprecò ancora sottovoce, ma non aggiunse altro.
- Non se la cava niente male, la ragazza - disse Killian. - È senz’altro da tenere d’occhio.
- Secondo me è tale e quale al padre - esclamò Barbanera. - Tanto fumo e niente arrosto, aye!
Tutti risero, e qualcuno aggiunse, per altro con poco gusto: - Sì, quella ne fa di fumo, secondo me!
Doppie risate da parte di tutti. Solo Killian non ci trovava nulla di divertente, così come John Smith, che gli rivolse un’occhiata esplicita dall’altra parte del tavolo. Solo un’altra persona presente non si unì come loro alla cagnara di risate e schiamazzi da locanda. Se ne stava seduto nella semioscurità della cabina fumosa, la schiena ritta, le gambe incrociate e la spada posata di piatto sopra di esse. Aveva il volto in ombra, ma Killian avrebbe potuto indovinarne l’esatta espressione: fastidio, irritazione, indifferenza.
- Qui c’è qualcuno che forse la conosce meglio di chiunque altro, vero Li-Shang? - domandò Johnatan.
Killian continuò ad osservare la figura silenziosa, che dopo qualche istante uscì dall’ombra e si sporse in avanti, studiando con attenzione tutti i presenti. Abbassò lo sguardo, meditando, e poi lo rivolse a Killian.
- La conoscevo - rispose finalmente, con voce bassa e limpida. I suoi occhi - due pozze scure e senza fondo - avevano un taglio asiatico e i capelli neri erano tagliati corti. Portava ancora la mezza cappa di pelle marrone che usava di solito in battaglia e un paio di pantaloni di cotone color canapa. - La conoscevo, un tempo. Ora non più.
- Ma saprai dirci qualcosa di lei, almeno - esclamò ancora Johnatan, al quale non era mai piaciuta la presenza di Shang a bordo.
Il Capitano ascoltava in silenzio, masticando il suo ennesimo sigaro.
Shang puntò i suoi magnetici occhi scuri sul vecchio pirata. - Ha la guerra nel sangue, come tutti i suoi antenati. È molto abile a maneggiare qualsiasi tipo di arma ed è coraggiosa e intrepida. Non ha paura di niente. Nemmeno degli Spiriti. È tutto ciò che so.
Shang tornò nell’ombra, silenzioso come un gatto. Killian gli rivolse un’ultima occhiata e poi si rivolse a Barbanera.
- Capitano - cominciò, e Teach si voltò per ascoltarlo - il punto è: a Sao Feng serve una dimostrazione forte e impellente del nostro potere. Del tuo potere. Devi dimostrargli di non avere paura delle sue minacce. Devi dimostrargli di avere ancora il controllo dello Stretto dei Sussurri e del Mare di Giada. Devi dimostrargli che la guerra non è ancora finita.
Edward Teach osservò Killian con attenzione, buttando fuori una vaporosa nube di fumo puzzolente. Poi, dopo aver scorso per bene la sala e tutti i presenti, tornò a guardarlo.
- Ben detto, ragazzo mio! - esclamò assestandogli una poderosa pacca sulla spalla, che Killian sopportò con orgoglio. - Sei proprio il figlio di tuo padre - aggiunse solo per lui.
- Amici… - continuò rivolgendosi ai presenti. - Fratelli… Pirati… - e tutti ghignarono. - Siamo pronti per dimostrare a quel porcospino il nostro valore. Puntiamo la prora verso nord. Tra qualche giorno, all’alba, attaccheremo Port Royal. E che Calipso ci accompagni!
 
 


 NOTE 
 
  • La citazione iniziale arriva direttamente da quel capolavoro che è “Di Qua Dal Paradiso”, del mio adorato Francis Scott Fitzgerald. [pagina 271]
  • Alana, Attina, Arista, Acquata: quattro delle sei sorelle di Ariel. Mancano all’appello Andrina e Adella. Ho fatto riferimento alla versione Disney, che prevede sei sorelle, mentre l’originale versione fiabesca di Andersen soltanto cinque.
  • Cuore dell’Oceano è un tributo a quel grandioso – e tristissimo – film che è “Titanic”.
  • Gli asterischi in corrispondenza di alcuni dialoghi fanno riferimento alle esatte parole pronunciate da Re Tritone e Ariel nel cartone Disney, che io ho semplicemente riportato qui.
  • William Jones: non so quale sia l’originale ed effettivo nome del padre di Killian/Capitan Uncino. Non so nemmeno se sia mai stato detto. Quindi ecco qui, un piccolo tributo a William “Will” Turner de “I Pirati dei Caraibi” e anche al nome fittizio utilizzato da Killian nella mia long CaptainSwan “Haunted”, AU ambientata a New York.
  • Calipso: a questo link (http://it.wikipedia.org/wiki/Calipso) troverete tutte le informazioni su di lei. Altro piccolo riferimento a “I Pirati dei Caraibi”.
  • Il Codice si riferisce sempre al film “I Pirati dei Caraibi”. Viene citato nel primo film. Ho fatto ricerche ma non ho trovato reali riferimenti ad un ipotetico Codice, ma solo ad alcune regole in vigore sui vascelli pirata.
  • Stretto dei Sussurri, Baia del Morso, Baia dei Granchi, Città del Gabbiano, Arcipelago delle Tre Sorelle: da “Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco” di GRR Martin.
  • Isola delle Pietre Verdi: reinterpretazione de “Il Castello delle Pietre Verdi”, da “Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco” di GRR Martin.
  • Golfo dei Sospiri: reinterpretazione de “Il Mare dei Sospiri”, da “Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco” di GRR Martin.
  • John Smith: sì, avete capito bene, è proprio quel John Smith.
  • Port Royal: sempre da “I Pirati dei Caraibi”.
 
NB per questioni di praticità, i nomi di luoghi già citati in queste note non saranno ulteriormente citati nelle note ai successivi capitoli.
 
 
Eccomi qui finalmente con il primo capitolo di questa long. Vi ho fatto attendere, lo so, ma ormai sapete che i miei tempi sono lunghi. Spero che l’attesa sia valsa a qualcosa e spero che questo capitolo vi sia piaciuto.
Ebbene, conosciamo un po’ meglio la nostra ARIEL, che è una vera ribelle, che ne dite? Il suo paragrafo si conclude con un colpo di scena: l’incontro con il demone acquatico Davy Jones. Che cosa avrà in serbo per la nostra eroina? Non avete che da attendere il prossimo capitolo. In ogni caso, vi tranquillizzo sulla sua incolumità.
Secondo paragrafo, l’entrata in scena del nostro pirata preferito, ossia KILLIAN JONES. Come avrete senz’altro capito, le vicende sono antecedenti a Milah, alla perdita della mano e all’incontro con Tremotino, quindi ritroverete un Killian leggermente diverso, ma sempre irriverente e ironico, anche se forse non si è ancora capito molto di lui, che rimarrà sempre piuttosto misterioso, proprio come piace a me.
Infine, vi lascio con qualcosa sul quale riflettere, anche se penso che ci siate arrivate. Cioè, la figlia di Sao Feng. Chi sarà? È facile, so che lo sapete u.u A proposito, che ne pensate di Li Shang?

Un grazie sempre a tutti coloro che hanno letto/recensito/seguito questa mia nuova avventura, vi adoro <3
Un grazie particolare a chi mi supporta/sopporta quotidianamente su FB :3
Qui trovate il link al mio gruppo, se vi va di sapere qualcosa in più sui prestavolto e leggere spoiler e aggiornamenti: 
https://www.facebook.com/groups/159506810913907/
 
Piccolo angolo dei consigli. Vi propongo altre due long sulla coppia Ariel/Hook, se vi va di approfondire il pairing.
"The Little Mermaid" di lilyhachi: 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1734703&i=1
"The Pirate And The Mermaid" di Pikky: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1871790&i=1
 
 
Vi lascio. Ci leggiamo presto.
 
Vostra, Marti
 
 
 
   
 
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