Per questo capitolo mi piacerebbe che ascoltaste questa traccia audio, all'asterisco * :)
http://www.youtube.com/watch?v=UZjca8jZkZ8
Fey era partita il giorno
prima del concerto, aveva prenotato assieme alla madre una stanza in un
hotel
vicino all’arena nella quale si sarebbe svolto il
concerto.
Era più che sicura,
però, che avrebbe passato la notte accampata per cercare di
essere il più
vicina possibile al palco.
Il treno ci mise un’ora,
partirono alle otto di quella mattina, nonostante la madre di Fey non
capisse
perché la figlia volesse andare così presto.
-Devo vedere se ci sono già
ragazze in fila! Così posso mettermi assieme a loro!
-Avanti Fey, non starai
esagerando? Hai il biglietto, che differenza fa se li vedi dagli spalti?
-Ho la possibilità di vederli
a pochi metri da me, perché dovrei perdere
quest’occasione?
La madre scosse la testa,
prese le chiavi della macchina e uscì di casa, diretta alla
stazione.
Arrivate ad Amburgo si
avvicinarono all’arena e stranamente, pensò Fey,
non c’era ancora nessuno.
Probabilmente le ragazze sarebbero arrivate nel pomeriggio, e lei
doveva essere
lì.
Poggiarono la valigia che
avevano in comune in hotel, era modesto e confortevole e la camera da
letto
dava su un parchetto con panchine ed altalene, ricoperto da un manto
bianco
lucente.
I sei Tourbus dei ragazzi
arrivarono quella stessa mattina. Decisero di andare in albergo, la
stanchezza
del tour si faceva sentire e avevano decisamente bisogno di una dormita.
-Io voglio andare a fare
shopping.
La voce di Bill ruppe il
silenzio, Tom uscì dal bagno e lo guardò stranito.
-Adesso?
Bill fece spallucce – Perché
no? La città sembra abbastanza tranquilla, non ho visto
nessun gruppo di fan
urlanti dal bus, quindi potremmo tentare!
-Sei consapevole che se ci
vedessero dovremmo scappare?
Bill annuì – Quindi è un sì?
Tom roteò gli occhi e annuì a
sua volta.
I gemelli uscirono
imbacuccati, molto più del dovuto, fuori nevicava, quindi
nessuno ci avrebbe
fatto particolarmente caso.
Entrambi tennero gli occhiali
da sole anche dentro i negozi e nessuno sembrava accorgersi di chi loro
realmente fossero.
*Fey stava girando nella
Spitalerstrasse, dove su ambo i lati si poteva trovare ogni genere di
negozio.
Mentre sua madre entrò in un negozietto di antiquariato, Fey
si precipitò da
H&M, un negozio che nessun ragazzo o ragazza poteva evitare.
-Bill qui è pieno di ragazze,
ti rendi conto che se ci scoprissero non riusciremmo ad uscire da
questo
stupido negozio?
-Tom. Qui da H&M le
ragazze sono più impegnate a cercare di non farsi fregare la
propria taglia da
un’altra! Non staranno di certo pensando a noi due…
Tom sbuffò e si mise a dare
un’occhiata ai cardigan riposti nelle grucce.
Girò lo sguardo verso
sinistra, per vedere se più in là ci fosse
qualcosa che potesse interessargli,
e mentre pensava che avrebbe di gran lunga preferito trovarsi in un
fast food,
vide una figura snella che si muoveva tra i vestiti.
La ragazza si spostò un po’
più in là e Tom cercò di seguirla con
lo sguardo, prima di abbandonare Bill tra
i sue mille vestiti e seguire quella figura così familiare.
Lei continuava a stare di
spalle, ma ogni suo minimo gesto o movimento faceva scattare in Tom un
campanello d’allarme.
Chi era questa ragazza dai
capelli lunghi castani che lasciava dietro di sé una scia di
profumo che gli
ricordava tanto quello che ogni tanto sentiva nella sua stanza e nel
parco
vicino a casa sua?
-Quello non ti sembra
Tom
Kaulitz dei Tokio Hotel?
La sua attenzione venne
attirata da una ragazza che si trovava davanti a lei, affiancata
dall’amica.
Entrambe parlavano tra loro e guardavano in una direzione indefinita
dietro le
sue spalle.
-Ma sì, c’è anche Bill!
Questa volta il nome del
Kaulitz venne urlato più forte e tutte le ragazze che si
trovavano nelle
vicinanze si girarono e iniziarono a portarsi le mani alla bocca.
Fey si girò immediatamente e
vide le figure dei gemelli che si dirigevano verso l’uscita.
Un’orda di ragazzine iniziò a
seguirli, e così fece Fey. Era più indietro
rispetto alle altre, teneva tra le
mani i capi che doveva comprare e cercava di farsi spazio tra i corpi
delle
ragazzine in delirio.
Voleva solo vederlo, solo
guardarlo negli occhi.
Tom si girò, cercava la
ragazza, che però non riusciva a vedere perché
sovrastata da tutte le altre
cento. Riusciva a scorgere soltanto i suoi capelli, le mani che
tenevano i capi
e il massimo che riuscì a vedere del suo viso fu una
guancia, perché in una
frazione di secondo Fey venne spinta da un’altra e Tom venne
preso per il
braccio da Bill.
Due commesse fecero passare
velocemente i gemelli da una porta di emergenza che li portò
ai magazzini del
negozio.
-Cazzo!
Bill riprese a sospirare
normalmente e guardò il gemello.
-Mi dispiace Tom, non pensavo
ci potessero riconoscere…
Tom scosse la testa – No, non
è per questo, è che…
Bill aspettò che il gemello
continuasse la frase, ma Tom sembrava come in trance.
-Mi sembrava di aver visto una
persona…
-Chi?
Tom guardò Bill dritto negli
occhi – Non lo so.
Nel bel mezzo di quel
putiferio, tra tutte le ragazze urlanti, senza contare quelle che
avevano
letteralmente buttato i vestiti all’aria ed erano uscite dal
negozio per
cercare i gemelli, c’era Fey.
Era rimasta immobile, con i
suoi tre capi in mano, che non si capacitava ancora di ciò
che era appena
successo.
Tom la stava cercando. In
mezzo a tutta quella folla, stava cercando proprio lei.
Si avvicinò alla cassa per
pagare mentre affianco a lei decine di ragazze in lacrime non
smettevano di
ripetere “Ho visto i gemelli Kaulitz, non ci posso
credere!”
Fey non aveva visto niente,
non aveva visto i loro visi, eppure c’era tanto
vicina…
Tom, invece, era sdraiato
supino sul letto e ripensava a quella ragazza e all’effetto
che le aveva fatto
una sconosciuta. Eppure era certo di conoscerla, di averla vista da
qualche
parte.
Era in una situazione
impossibile da credere, ma quella figura che neanche aveva visto
interamente
l’aveva fatto sentire a casa. Si chiedeva quale fosse il suo
nome, di dove
fosse, quanti anni avesse. Se era solita frequentare quel negozio,
oppure era
stato solo un caso.
Voleva vederla.
Si chiedeva come fosse il suo
viso, di che colore fossero i suoi occhi, come fosse il suo sorriso.
Era una fan, lo era
sicuramente, perché aveva visto come cercava di farsi spazio
tra le tante
persone che spingevano.
Chissà com’era la sua voce,
com’era la sua risata. Chissà se anche lei stava
pensando a quello che era
successo.
Scosse la testa, si alzò e
andò a farsi una doccia calda. Sperava che
quell’acqua che scivolava sulla sua
pelle facesse scivolare anche quei pensieri e li facesse scendere
dritti nello
scarico.
Un forte mal di testa
rimbombava nelle sue tempie, l’indomani avrebbe avuto un
concerto, doveva
riposare.
E se lei fosse stata lì?
Sperava di rivederla. Era un ragionamento veramente da idioti, ma aveva
trovato un appiglio, un misero appiglio a cui aggrapparsi, un'ultima
àncora di salvezza.