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Autore: Nothingness    10/10/2013    4 recensioni
Qualcosa è successo a Rukia, in un passato troppo vicino, troppo doloroso perché possa dimenticarsene. Una persona a lei cara, probabilmente la persona più importante di tutta la sua intera esistenza, non c'è più. Lui, che sembrava invincibile, lui, che tanto la scherniva, lui, che la faceva infuriare, proprio lui, per il quale lei viveva, si era sacrificato per lei. E nell'estremo sacrificio, l'aveva lasciata sola. Forse.
Perché non sempre le cose vanno come previsto e, delle rare volte, la vita ci offre una seconda possibilità.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kuchiki Rukia, Kurosaki Ichigo, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cap III Bleach




CAPITOLO III




[...] e assaporare, flebile e inattesa, la speranza di riaverti.
E.P.M.





Quella notte, di dormire Rukia non voleva proprio saperne. Un pensiero fisso tormentava la sua mente al punto da farle sembrare di impazzire. Si tirò su dal letto, indossò i suoi abiti e impaziente aprì la porta per uscire. Non poteva più attendere, doveva raggiungere il mondo degli umani. Furtiva arrivò al portale e, assicuratasi di non essere vista o seguita, si affrettò ad oltrepassarlo. Questo ebbe in lei uno strano effetto, era qualcosa di troppo complesso per poterlo spiegare, ma abbastanza intenso da farle salire il cuore in gola. Tralasciando i suoi incubi, raramente aveva più messo piede nella città di Karakura. La città, sotto la placida luna della sera, riposava tranquilla. Leggiadra ed invisibile ad occhio umano, Rukia si spostò da un edificio all’altro con il cuore in subbuglio. Si fermò solo quando arrivò in prossimità di una casa. Era modesta, praticamente identica a quelle di tutto il vicinato, su due elevazioni, oscurata dalle tenebre della notte, ma illuminata dal significato che aveva per lei: quella era la casa di Ichigo. Non seppe nemmeno quantificare il tempo che trascorse ad osservare quell’edificio in silenzio, immobile, praticamente come se stesse aspettando qualcosa e d’un tratto provò proprio ad essere franca con sé stessa: cosa stava aspettando in realtà? Quale segno o quale indizio pensava di trovare? Era davvero Ichigo quello visto all’Accademia? Era assurdo… e in un attimo di lucidità si rese conto di come fosse disperata se un semplice scherzo della mente era bastato per condurla fin lì. Si coprì il volto con le mani e in breve fu scossa dal pianto.
“E’ bello rivederti, Kuchiki-kun”
Pensando d’essere sola, Rukia trasalì nell’udire quella voce. Il cappello a strisce di Urahara nascondeva come sempre parte del suo viso, ma un sorriso di conforto fu ben in vista a Rukia che con l’orlo della manica cercava di asciugarsi le lacrime. Non disse niente e tornò a guardare l’abitazione.
“Non riuscivo a credere che quello che stavo percependo fosse proprio il tuo reiatsu, Kuchiki-kun” continuò avvicinandosi a Rukia e unendosi a lei in quella sorta di veglia, avvolti da quella calma surreale che solo la notte sa dare.
“Stanno bene?”
Urahara portò le mani dietro la schiena “Sono sicuro di sì, la Soul Society ha disposto per loro una sorveglianza costante, ma non so dirti altro. Hanno lasciato la città almeno un decennio fa.”
Urahara non disse altro, ma Rukia sentiva come quella frase sarebbe dovuta continuare “…ormai non avevano alcun motivo per restare”. I volti di Karin e di Yuzu apparvero nitidi nella sua mente, così come nitido era il ricordo sia della disperazione del pianto di Yuzu che della rabbia straziante di Karin che inveiva contro l’intero seireitei per aver coinvolto Ichigo fino a quel punto. Rukia fu avvolta da un senso di amarezza e il tormento si riaccese vivo in lei al pensiero d’aver rovinato la vita a quelle due ragazze che prive anche del fratello non avevano più una famiglia.
Spostò gli occhi sulla sinistra della casa, esattamente verso la finestra del primo piano e dovette ricacciare indietro le lacrime che tornavano a riempirle gli occhi “Ieri…” tentennò “mi è sembrato di vederlo” confessò.
Urarhara abbassò il capo: “Capisco cosa vuoi dire” disse ma percependo già il suo scetticismo Rukia non lo lasciò continuare.
“Potrei giurare d’averlo visto” ribattè con voce ferma.
Se Urahara non avesse indossato il suo cappello, Rukia avrebbe potuto notare come lo sguardo di lui fosse cambiato “Kuchiki-kun, a volte desiderare qualcosa può …” ma anche qui dovette fermarsi preso com’era a non poter ignorare il modo in cui Rukia adesso lo guardava.
“Pensi che stia impazzendo, è così?” chiese lei e voltandosi tornò a guardare la casa che era appartenuta a Kurosaki Ichigo “anche io mi sono già data della pazza” ammise con un sorriso amaro.
Com’era stata stupida.
Urahara portò una mano al cappello e con gesti abitudinari se lo sistemò meglio sul capo biondo “Non è detto.”
Rukia si voltò di scatto. Conosceva Urahara, conosceva quel tono di voce e soprattutto conosceva l’intensità di quello sguardo “Cosa stai cercando di dirmi?” chiese all’istante e con gli occhi lucidi.
Mantenendo quello sguardo e la serietà infrangibile sul suo voltò, Urahara rispose “Kuchiki-kun, conosci il legame che esiste tra la Soul Society e il mondo degli umani, non è così? Le anime degli umani provengono dalla soul society e quando un umano muore la sua anima ritorna a far parte della soul society. Come puoi vedere i due mondi si trovano in perfetto equilibrio, un equilibrio che deve essere preservato. È per questo che esistono gli shinigami. Quando un’anima si trasforma in hollow a causa del suo attaccamento alla vita terrena, gli shinigami devono purificarla così che l’anima possa fare ritorno alla soul society”.
Rukia, nell’udire quella spiegazione, continuò a guardarlo fisso iniziando a capire dove egli volesse arrivare “Vuoi dire che… “
“Quello che sto cercando di dirti è che dopo la sua morte, l’anima di Kurosaki Ichigo deve essere tornata alla soul society come qualsiasi altra anima di un essere umano e, tenendo conto dell’intensità del suo spirito, non escluderei che abbia mantenuto esattamente le sue sembianze”

Per la prima volta, dopo quasi vent’anni, il sorgere del sole portò qualcosa di diverso in Kuchiki Rukia. Glielo si leggeva negli occhi e benché ella stessa sapesse come tutto potesse andare in fumo perché solo un’ipotesi, Rukia non se la sentiva di lasciar andare quella speranza che finalmente le dava una ragione per andare avanti. Si affrettò così ad uscire di casa, impaziente di trovare le risposte che cercava e sarebbe andata via all’istante se una sagoma, minuta e discreta, non fosse entrata con discrezione nel suo campo visivo. Si fermò. Misaki la guardava con quell’aria di sincera preoccupazione con cui, per quanto Rukia ricordasse, l’aveva sempre guardata. Misaki non disse nulla, come se fosse vittima dell’indecisione, e solo dopo alcuni secondi trovò il coraggio di parlare “Rukia-san” disse facendo qualche passo avanti “non dirò niente a vostro fratello, ma… qualunque cosa vi abbia spinto fin lì, se riesce a farvi star meglio, allora fatelo ma vi prego di fare attenzione” e senza dar a Rukia modo di ribattere, si piegò leggermente in avanti come segno di rispetto e si congedò.
Rukia avrebbe voluto fermarla, ma il pensiero costante di Ichigo la spinse al di là dell’antico portone dell’ingresso principale senza voltarsi indietro. Qualcosa delle parole di Misaki però la fece riflettere. Si, c’era qualcosa che la faceva star meglio, ma non si trovava nel mondo degli umani come Misaki credeva, era lì nella soul society, c’era da tempo, accanto a lei e lei stava correndo verso di lui perché ingiustamente e per troppo tempo erano stati separati.
Quando raggiunse il padiglione della tredicesima divisione, Rukia aveva il fiato corto. Per un attimo i suoi occhi blu scuro si soffermarono sull’insegna su cui spiccava il bucaneve, scelto come stemma delle tredicesima brigata e simbolo di speranza. Che ironia, pensò. Di speranza ne aveva proprio bisogno e il destino aveva voluto che lei ricominciasse proprio dalla brigata che anni prima aveva dovuto lasciare. Sorrise ed entrò alla ricerca di Renji. Lo trovò quasi subito e Renji, esattamente come la maggior parte degli ex compagni di brigata di Rukia, non nascose un certo stupore nel vederla da quelle parti. Adesso era Renji il tenente della tredicesima brigata, lo era diventato per esaudire una richiesta di Byakuya che, dopo quello accaduto a Ichigo e lo stato in cui Rukia era caduta, preferiva averla sotto la sua stretta e personale sorveglianza non solo nel seireitei ma anche nel gotei 13.
Confuso, Renji vide Rukia avvicinarsi con decisione verso di lui.
“Renji, sebbene tu non me ne abbia parlato nè tantomeno chiesto…” iniziò lei.
Renji però la interruppe e assumendo un’aria mortificata iniziò a scusarsi “è vero, hai ragione! Prima avrei dovuto chiederti se volevi affiancarmi nel mio progetto per l’accademia e invece ti ci ho trascinato senza sapere il tuo parere” ma questa volta fu Rukia a non lasciarlo continuare.
“Non mi hai lascito finire. In realtà sono contenta che tu l’abbia fatto e sono venuta a dirti che hai la mia completa disponibilità”
E, avrebbe voluto aggiungere, la mia assoluta riconoscenza.

  
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