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Autore: SorrisoNascondiCicatrici    10/10/2013    0 recensioni
Jeremy è un ragazzo strano. La sua vita cambia quando due persone entrano nella sua vita; si prenderà una cotta per James e vivrà molte esperienze che lo faranno diventare, un giorno, l'uomo che è nel momento in cui scrive i vari capitoli
(dalla pagina facebook: Ciao, sapevate che il mio sorriso nasconde le cicatrici?)
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Jeremy. 




Era la solita fredda mattina di novembre. Precisamente la mia vita si è smontata di Sabato. Chi è lo sfigato che vi scrive? Jeremy, un ragazzo con il corpo di una checca, un milione di segreti, i capelli tinti di rosso e degli occhi azzurri; un ragazzo completamente inutile, senza futuro o presente. Sta mattina -la solita mattina fredda di novembre- mi sono svegliato presto e sono uscito di casa senza esattamente averne un motivo. L’aria fredda è più facile da respirare e poi penso che nelle strade della mia città meno gente c’è meglio è. Abito vicino alle montagne, avvolte mi sembra di non appartenere a posti come questo. Anzi, credo di non appartenere al mondo. Tornato dalla “passeggiata”, mi misi nascosto dentro una rientranza che c’era nel muro di fronte casa mia. Paride l’aveva scavata quando era ancora vivo. Paride era il mio unico amico, ma è già da un po’ che se n’è andato. Scavai nella mia tasca fino a trovare una sigaretta e un accendino. Ero fermo a pensare, in realtà avvolte mi dimentico di mettere in bocca la sigaretta e me ne accorgo solo dopo che tutta la cenere è caduta sulle mie scarpe. Fissai la casa di fronte a me e notai delle macchine, i nuovi vicini erano arrivati. Sono un bel po' poco socievole. Non solo perché odio il genere umano, ma anche perché non so come parlare alla gente. «Ehi ciao, come va?» «Bene», di solito questa è la conversazione che riesco a tenere. Odio come la gente mi guarda, sembra sempre che mi dicano «Ma lo avete visto questo?» e questo è fastidioso. Non avevo idea di quali personaggi stessero per entrare nella mia vita, forse quella felice coppietta di vecchietti con la BMW rossa, o la famiglia composta da sei persone più la nonna. Li avevo visti tutti venire a visitare la casa, ma pochi sembravano realmente interessata. Sembra che tutti siano ancora schifati dalla morte del mio amico. Questo è un motivo per il quale odio il genere umano, quado qualcuno muore noi non osiamo nemmeno indossare una sua maglia, perché boh, perché qualcuno ha detto che è così che si deve fare. «Cazzo» pensai «ho rovinato anche questo fottuto paio di sneakers». Qualcuno dentro la casa aprì uno stereo e da esso partirono delle note che conosco bene.
-Underneath the cold November sky
I’ll wait for You
As the pages of my life roll by I’ll wait for You
I’m so desperate just to see Your face
Meet me in this broken place-
Era La canzone di novembre. Era diventato un rito ascoltarla durante la perfetta giornata di novembre, ma quella non lo era, così quel giorno non era nei miei piani ascoltarla a palla. Per la prima volta in tutta la mia vita, ero curioso nei confronti di qualche essere umano. Mi girai per riprendermi dallo shock; «Se conosce gli Ashes Remain forse conosce anche altre band che ascolto e sarebbe perfetto». Non avevo mai incontrato nessuno con i miei stessi gusti musicali e in quel momento volevo urlare «EHI TU! DIMMI NOME E COGNOME!». Mi misi a ridere e quando mi girai mi trovai vicino ad una bella ragazza.
-Hello, io sono Rita, e tu?- Mio Dio se era bella. La pelle dorata mi faceva pensare al Sud, gli occhi marroni sembravano fatti di vetro e la bocca grande la faceva sorridere in un modo stupendo. I capelli le cadevano dolcemente sulle spalle.
-Un angelo-
-Scusa?- «Oh no, l'ho pensato ad alta voce, Cristo che imbarazzo».
-Volevo dire, Jeremy, abito qui vicino- Volevo fuggire, chiudermi in casa e non uscirne mai più, ma qualcosa mi diceva che valeva la pena restare vicino a quella ragazza.
-Mi, mi, mi puoi chiamare Jay se ti va-
-Sei agitato Jay? Cosa c'è, non hai parlato con qualcuno in vita tua?- Se quelle parole fossero uscite da un'altra persona mi sarei in sostanza messo a piangere, ma lei parlava con così tanta dolcezza.
-No è che, ehm, ero tu che ascoltavi gli Ashes Remains?-
-Chi scusa? No, quella musica straziante proviene dal mio amato fratellone, andreste d'amore d'accordo voi due-
«Yuppi»
-Fratello eh?- Cercai di immaginarlo. Pelle d'oro, occhi intensi, capelli marroni e sorriso illuminante.
-Più che fratello è un rompicogloni, ora te lo chiamo, ci porti a fare un giro vero? Ho sentito che c'è un parco carino e mi sembra che a te piaccia fare passeggiate-
«Oh certo Madame, le farò passare una bella giornata e le farò da cicerone per le vie di queste putrida città»
-Ehm, sì, beh insomma, certo-
-Allora lo chiamo. JAMES! VIENI QUA!-
La musica si chiuse e quasi riuscivo a sentire i passi di quel ragazzo venire verso di me.
-Rita, cara, devi rompere il cazzo anche quando sai che non ho dormito nell'arco di sette fottute ore?- La porta si aprì e io rimasi a bocca aperta. Pelle chiara, occhi azzurri, capelli neri (forse tinti, ma chi sono io per giudicare?), felpa degli Slipknot e una faccina da mangiare con latte e biscotti. Aveva un naso leggermente adunco, ma era più dritto, non so se capite, ciglia folte con una forma perfetta. Tutto nella sua faccia era proporzionato. Mi caddero le braccia, avevo un altro angelo di fronte a me. O forse avevo un Angelo e un Demone, forse le loro ali si sarebbero aperte da un momento all'altro.
-Wow wow wow, Rita, è un tuo amichetto questo?- James guardò verso di me ridendo.
-Zitto, è il vicino, e ci ha promesso di portarci a fare un giro dopo, giusto?- Rimasi fermo, ero troppo preso dall'immaginare quei due volare.
-Beh in tal caso, piacere sono James, tu sei?-
-James...- «Oh cazzo, l'ho fatto di nuovo»
-Che allegra coincidenza, dicevo io che tutti i James sono fighi-
-No, scusa! Io mi chiamo Jeremy, ma mi-mi-mi puoi chiamare Jay-
James sorrise di nuovo, e ci posso mettere la mano sul fuoco, il suo sorriso riscaldava. Ad un certo punto la mattina non era più fredda. Ah già, forse ho dimenticato di comunicarvi una piccola informazione, a quanto pare i ragazzi mi eccitano più delle ragazze., ma questo è un dettaglio.
-Bene Jay, sei delle medie o, che ne so, ehm…-
-Dovrei compiere sedici anni fra un po’-
-Oh, allegria, hai un anno meno di me e io ti ho appena scambiato per uno delle medie, scusa amico-
Non potevo credere che quel ragazzo avesse solo un anno più di me; era alto, molto più alto di me. Ero bloccato in una conversazione senza nessuna base. Non sapevo cosa dire, così –come faccio sempre- sono restato fermo ad aspettare che qualcuno dica qualcosa. Anche se davanti a me c’erano solo due persone, pensare alle loro facce dopo aver capito che voglio solo fuggire da lì, sarebbe micidiale. Sono debole lo so, ma per me è meglio essere preso a calci e a pugni piuttosto che subirmi sguardi, espressioni e cose così. Quando qualcuno mi picchia mi lascia un dolore che se ne va, ma se qualcuno mi dice che sono un fallimento guardandomi dall’alto al basso è un dolore che non riesco a togliermi. Lo sento ribollire in fondo allo stomaco e si trasforma in una pesante pietra che si deposita sopra i miei polmoni, ha anche la forma di delle dita ossute che abilmente mi annodano le corde vocali. Questo è ciò che provo, penso che quel che provo sia stupido e mi sento imbarazzato a mostrarlo in pubblico. In fondo però quei sentimenti sono come la mia pelle, posso fare di tutto, ma non se ne andranno mai via.
Ebbi la sensazione che James avesse capito la mia difficoltà, poiché disse:
-Allora, dopo io ho proprio voglia di fare una gita guidata, ma ora Rita, mi devi aiutare a mettere apposto la camera-
-Ma io voglio restare con Jay!-
E' una cosa brutta da dire, ma in quel momento volevo solo sparire, PUFF e addio conversazione.
-Rita, vuoi lasciarmi fare il letto da solo? Sai che potrei provocare un incendio se lo faccio da solo, dai, andiamo-
-Sei un fottuto stress James. Beh, a dopo Jay-
Ringraziai l'esistenza di James, non sarei riuscito a passare altri minuti con qualcuno. Forse però, se avessi saputo cosa mi aspettava a casa, avrei preferito restare bloccato con quei due.
Entrai in casa senza nemmeno accorgermi di aver lasciato la porta aperta in pieno inverno, ero troppo assorto nei miei pensieri. «Scometto che ho fatto la figura dello stupido, ora penseranno che sono strano, non vorranno mai più parlarmi» presi la bottiglia del latte e ne versai un goccio in una tazza e senza nemmeno scaldarlo, lo buttai giù tutto d'un colpo. Dopo essermi ripreso sentii dei singhiozzi provenire dalla sala, allungai lo sguardo e vidi mia madre seduta a piangere.
-Che succede?- voglio precisare che io con i miei non ho un buon rapporto, non ho nessun rapporto in realtà. Sono quei tipi «Casa, Chiesa, Perfezione e vonde*».
-Sei felice?- «Certo, sprizzo gioia da tutti i pori, non si vede? Stupida.»
-Ehug?-
-Perché ti vuoi uccidere figlio mio?-
Le dita scheletriche stavano formando nodi nella mia gola quasi inscioglibili.
-Ma, ehm, che cosa stai dicendo?- la mia voce era tremolante, e anche quella di mamma lo era.
-Ho trovato cosa nascondi dentro quella specie di scatola-
«Lame, fogli, cerotti, penne, bende, pastelli». Non riuscii a dire niente, era bloccato. Corsi fuori con lelacrime agli occhi e ripresi una sigaretta (vi ricordo che io mi dimentico di fumare, forse è solo l'odore che mi piace). Mi nascosi nella Tana. Dalla camera di James risuonava Backseat Serenade degli All Time Low. Speravo mettesse una canzone triste, non quelle che ascolto quando sono felice. Se sono triste non riesco a sentire musica felice, mi fa innervosire, per me è come se qualcuno mi stesso costringendo a sorridere.
-Cazzo, chiudi quella musica, per favore- dissi sotto voce.
Non sapevo proprio cosa fare, di tornare a casa non se ne parlava e di restare lì ad ascoltare musica felice tantomeno. Così mi asciugai le lacrime, cercai di rimettere apposto i capelli e buttai la sigaretta.
Suonai per la prima volta da otto anni il campanello di quella casa. La porta si aprì e davanti a me c'era una signora alta, con dei capelli castano miele e dei bellissimi occhi marroni; la pelle era un po' scura, ne ero certo, era la mamma di Rita.
-Ciao, in cosa posso aiutarti?-
-Erhm, io, io sono il vicino e...-
-Ah cerchi i miei due piccoli, per caso James ha già iniziato a dar fastidio?-
Sorrideva come sua figlia, in un modo perfetto.
-No, è, che, non so come, ehm...-
-Non preoccuparti, li chiamo subi... oh mio, ma tu hai pianto, cosa succede?-
-No, è per, per il freddo, mi lacrimano gli occhi-
A fare un cosa son bravo però, sono il numero uno nel mentire. La signora chiamò dalle scale James e Rita e io aspettai fuori, nemmeno fossi uno di quei ragazzi americani che si vedono negli show, che va a prendere la sua ragazza a casa per andare al ballo. La musica smise di risuonare nell'aria e dei passi confusi e disordinati si stavano avvicinando.
-Jay, che succede?-
-Avete chiesto voi per il giro, giusto?-
James sorrise -Ah beh, io volevo buttare giù la casa prima, ma se proprio insisti-
Sua madre gli diede un colpetto sulla testa.
-Basta fare lo spaccone tu!-
Tutti si misero a ridere e io sentii una strana sensazione. Quella era la famiglia, non quello che vivevo io.
 
Il parco vicino a casa mia è un luogo perduto. C'è un campo da calcio ormai consumato dai mille ragazzi che vengono a giocarci, due altalene e uno scivolo (c'è anche un leone a molla, ma qualcuno lo ha rotto e ora è ad aggiustare). Ogni tanto andavo lì da solo, per nascondermi sotto un albero e leggere qualcosa che mia madre riteneva «inutile», tipo i libri più stupendi mai stati scritti.
-Anche tu fai il pedagogico? Wow, allora saremo tutti e tre nello stesso edificio!- mi disse James, che sorrideva senza mai rilassare i muscoli.
-Oh che bello, anche se faccio lingue posso essere insieme a voi due, così non sarò sola-
Rita mi guardava negli occhi e sorrideva pure con quelli.
-Non dovete per forza dire che mi conoscete, non mi offendo-
James rilassò i muscoli facciali e mi guardò.
-Perché mai dovremmo fare una cosa così spregevole?-
«Non ci credo che non sei arrivato»
- «State insieme alla principessina?» o robe così, so che non è carino essere presi in giro-
Abbozzai un sorriso imbarazzato. Nessuno disse niente, così per la prima volta in tutta la mia vita dissi qualcosa prima di qualcuno.
-Mi odiano e odiano chi sta con me-
Rita si guardò in giro. -Beh, io non ci credo che ti odiano. Vado a chiedere qualcosa a quelli là-
Indicò un gruppo di ragazzi che stava riempiendo le borracce. Alcuni li conoscevo, altri no. Rita, nonostante fossi quasi in lacrime, corse da loro e sorrise anche a gli occhi di quei ragazzi che non si meritano di vedere tanta bellezza.
-Andiamo, le prenderà un po' di tempo-
James mi prese per un braccio e mi sorrise. -Quindi tu vieni qua con qualche tuo amico?-
-Certo, amici- beh, in fondo i libri sono gli unici amici che ho.
-Jay, perché piangevi? E non dirmi stronzate tipo «Mi è entrato un moscerino nell'occhio-
-Era per il freddo e...-
-Ho detto niente stronzate, dimmi perché piangevi-
James continuava a camminare e mi guardava negli occhi.
-Te l'ho detto, era per...-
-E' tanto difficile dirmi perché piangevi?-
Sentii una lacrima cadermi sulla guancia, era calda e si dissolse subito.
-Sì- soffocavo la mia voce perché non la capisse.
-Dillo più forte-
-Sì-
-Più forte ho detto! Urlalo!-
-Sì-
-Ancora di più!-
-Sì!-
Senza accorgermene stavo praticamente annegando nelle lacrime.
-Bravo, così si fa-
James mi si avvicinò, ma lo rifiutai, così rimase fermo immobile guardandomi piangere. Aveva sul viso un sorriso dolce, che profumava di casa. «No cazzo, mi odio, mi odio, mi odio...»
-Jay, va bene così-
Mi asciugai le lacrime e tornai a sorridere.
-Non sorridere se non ti senti di sorridere-
Non sapevo come quel ragazzo facesse a leggere i miei pensieri, ma giuro che lo stava facendo.
-Jeremy, il tuo piercing al labbro quando te lo sei fatto?-
-A quindici anni-
-Forte, come?-
Sapevo cosa faceva, mi poneva domande così da distrarmi e io lo adoravo all'infinito per quello. Il piercing al labbro l'ho fatto sulla strada, senza chiedere ai miei. Per ribellione forse, o anche perché mi ero stufato del mio viso con zigomi troppo dolci e nessun segno.
Tornai a casa con James che rimase in silenzio tutto il tempo. Rita ci aveva mollati per andare a bere qualcosa con quei tipi.
A casa non c'era nessuno.
A casa c'era solo la tristezza.
A casa non c'era nessuno. 



*vonde= "basta nella lingua friulana"









*spazio autrice*
Hello, sono Meg ^^ ("Ma chi è 'sta sfigata?")
Questa storia è quasi un anno che la tiro avanti e non tutte le versioni che ho fatto mi facevano schifo, questa è la migliore che mi è venuta (fiuu)
Comunque, tutto è nato in questa pagina: 
https://www.facebook.com/pages/Ciao-sapevate-che-il-mio-sorriso-nasconde-le-cicatrici/489725247717719
La storia è qui ^^: https://www.facebook.com/photo.php?fbid=626358980721011&set=a.626358914054351.1073741832.489725247717719&type=1&theater
Non è che l'ho scritta qui per avere più fan o roba del genere, ma solo per poter avere più giudizi. Quindi sentitivi liberi di dirmi ciò che pensate, su cosa dovrei migliorare e cosa è meglio che elimini. 
So di non scrivere bene, ma sto cercando di perfezionarmi lol
Al prossimo capitolo.
Meg.

 
  
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