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Autore: S t r a n g e G i r l    11/10/2013    2 recensioni
Tutti i bambini hanno paura di qualcosa, che solitamente poi si nasconde sotto il letto.
L'uomo nero, mostri, rapinatori...
Quel che spaventava me, ad esempio, era verde e aveva i tentacoli.
Ma quello da cui Isaac era terrorizzato, da cui si nascondeva e fuggiva non era nulla di simile; il suo, di mostro, aveva le fattezze di suo padre.
Quando me lo aveva raccontato, io avevo riso come se fosse stata una barzelletta e lui non mi aveva rivolto parola per mesi, fino a quando non ero andata a casa sua con un dolce fatto da mia madre per farmi perdonare e, dalla finestra, l'avevo intravisto anche io, il suo incubo.
E da allora in me era nato l'istinto di proteggerlo.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Isaac Lahey, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Pioggia Di Vetro

8. Pioggia di paura.

- Did I do something wrong? -
- I dont' have anyone -


Solo quando l'eco del mio grido si spegne, riesco ad identificare cosa l'ha fatto scaturire.
La più primordiale delle emozioni, quella che piove a gocce grosse attorno a me come un temporale invernale che ti coglie senza ombrello in una strada priva di ripari.
La paura.
La sento vibrare nei polsi, nella gola stretta da dita artigliate, nelle caviglie che hanno perso il contatto col suolo e nelle palpebre che non riescono a chiudersi per nascondermi la vista della creatura animalesca che fino ad un attimo prima era Erica.
Come è possibile? Cosa l'ha trasformata?
Da quando i mostri hanno abbandonato i film horror e se ne vanno in giro indisturbati, indossando la pelle umana come un vestito?
Guardo in basso, verso Mery che è inchiodata al suolo, livida, ed anche sul suo viso riconosco la paura.
La stessa mia, derivata dalla percezione di un pericolo che è tutt'altro che irreale.
Tutto questo non ha il sapore di un incubo e nè io nè la mia amica ci sveglieremo nei nostri letti, urlando e cercando conforto in braccia calde.
Chissà se mai avremo ancora l'occasione di destarci da un qualsiavoglia tipo di sonno...
Scalcio con forza, cerco di allentare la presa di quelle dita conficcate nella mia carne come uncini e Mery singhiozza per le lacrime e la mancanza d'aria.
Le mie mani scivolano sul mio stesso sangue, che cola dai punti in cui la pelle tesa si è lacerata, e tossisco, reclinando la testa per tentare di respirare un po'.
Vorrei piangere anche io, ma gli occhi restano asciutti.
La paura beve le mie lacrime e si ciba dell'unica cosa che mi spinge a lottare ancora: iridi, il cui chiarore è pari a quello del cielo e la cui profondità batte quella dell'oceano.
Un nome, il suo, che non voglio far uscire dalle labbra perchè il ringhio animalesco del mostro lo coprirebbe.
Lo tengo in bocca, stretto fra i denti, e lo mastico insieme al dolore. E' speranza, è voglia di vivere, lui.
Allungo le dita e cerco di arrivare al viso deformato di Erica, che se non fosse per i capelli biondi e gli abiti non riconoscerei: occhi di lucente oro liquido, denti lunghi ed acuminati come zanne, espressione grottesca e orecchie appuntite che spuntano dalla chioma.
Ho già visto un essere simile, ne sono certa.
Non era proprio identico, ma aveva gli stessi tratti. E mi aveva salvata.
I mostri avevano forse crisi di identità e non ricordavano più che nelle storie di paura non erano loro gli eroi?
« Erica, lasciala andare. »
Una voce, la sua.
Mi corre il cuore nel petto.
Vorrei potermi girare per vederlo, chiedergli se quando Erica l'ha spinto lontano si è ferito e rassicurarlo sulle mie condizioni.
So che è preoccupato, come lo sono io per lui. Non stiamo più insieme, è vero, ma quel filo spesso che ci univa non s'è mai spezzato del tutto.
Lo sento io, lo sente lui.
Isaac ha il tono di voce basso, minaccioso.
Ripete ad Erica di togliermi le mani di dosso e lei si gira verso di lui, le gengive scoperte a mettere in evidenza i canini.
Ringhia e a quel suono se ne sovrappone un altro identico.
Infine, di fronte a me, due bestie speculari.
Frammenti sbeccati di uno specchio con la medesima immagine riflessa.
E poi ci sono solo versi inquietanti, scricchiolii di ossa che si crepano con la facilità della porcellana, polvere che s'addensa intorno a me e Mery.
Sono a terra, inginocchiata accanto alla mia amica e la stringo fra le braccia che tremano, mentre più in là qualcuno cerca d' ucciderci e qualcun altro di salvarci.
Eppure nessuno dei due è umano. Non più.
Il sangue delle nostre ferite ci inzuppa le maglie e le lacrime lavano via il rosso come pioggia.
Isaac, la sera in cui mi baciò la prima volta, mi disse esattamente quello.
Ma Isaac non c'è più.
Non ci sono i suoi baci, le sue mani, i suoi occhi di nuvola.
Isaac adesso è incarnazione stessa di ciò che lo ha terrorizzato una vita intera e che non avrebbe mai voluto diventare: un mostro, come suo padre.
Nel corpo e forse anche nello spirito.
Quando non avverto più i rumori di lotta, poco distante da noi, alzo il viso e lo vedo venirmi incontro.
Sembra lo stesso ragazzo impaurito e ferito che trovavo ogni sera sotto il grande albero del parco; sembra quello di cui mi sono innamorata, con un'unica differenza: ciò che lo spaventa, ora, sono io.
Ed è assurdo, perchè io non ho artigli e non mi trasformo in una creatura che potrebbe affettare una persona con una carezza, eppure lui esita.
Erica, alle sue spalle, si rialza massaggiandosi un spalla e scuotendo la testa per far cadere i calcinacci impigliatisi fra le ciocche nella rissa.
E' tornata normale anche lei ed io allora cerco di convincermi di aver avuto un'allucinazione, dovuta magari al trauma cranico dopo l'aggressione, ma ho sangue fra le dita e un grido di paura ghiacciato nei polmoni.
Abbasso lo sguardo per non vederlo -Dio, mi sei mancato-, aiuto Mery ad alzarsi -Non posso proteggerti da un mostro che adesso è parte di te- e la sostengo, conducendola fuori -Stai lontano... ma non troppo -.
Lei piange, balbetta e si tiene la gola, dove lividi violacei compaiono lentamente.
Parla a fatica e mi chiede spiegazioni che non ho.
Cosa è successo davvero dentro quella stazione abbandonata?
Quanto, di ciò che è avvenuto, è reale? E "realtà", ora, che significato ha?
« Pulcino... » la sua pelle a contatto con la mia è un assaggio di temporale nel petto.
Sobbalzo, mi scosto e la mia amica si ripara dietro la mia schiena, singhiozzando forte; così forte che mi vien voglia di imitarla.
« Cosa sei, tu? » sputo velenosa, proteggendo Mery in un abbraccio rassicurante.
Isaac arretra come se l'avessi colpito, le iridi di piombo impenetrabile e l'aria disperata di un bambino che non sa come aggiustare quel che ha rotto.
« Non mi crederesti mai... » scuote il capo con rassegnazione ed un piccolo sorriso amaro gli increspa le labbra.
Fatti baciare. Fammi illudere che con quel gesto io possa ridarti quel che hai perso: l'umanità.
Ma qui non siamo in una favola, vero? Non c'è nessun "E vissero felici e contenti" che ci attende alla fine del libro.
« Dillo e basta. »
« Un licantropo, Violet. Sono un licantropo. » afferma e mi pare che stia per piangere.
« Non esistono cose del genere, non prendermi in giro! Dammi una spiegazione razionale per quello che è successo qui, per quello che ho visto! » grido e mi brucia la trachea.
Ed il fuoco proviene dal basso, giù, dai carboni bollenti, che ancora sprizzano scintille, del mio cuore. E' tutto quel che ne resta.
« Te l'avevo detto che non mi avresti accettato. Avrei voluto proteggerti. Avrei dovuto. » sussurra più a sè che a me.
Tende una mano che non arriva a sfiorarmi. Fisso le sue dita pallide e rovinate da una pioggia di vetro, che aveva smesso di cadere solo con la morte di suo padre, e vorrei accarezzarle una ad una.
Poi mi ricordo che quelle stesse dita mutano in quelle di un essere mostruoso ed allora arretro.
Trascino via Mery con me ed Isaac sembra intenzionato a rincorrermi, sebbene i suoi piedi restino inchiodati nello stesso punto.
Vorrei non mi permettesse di andare via ed allo stesso tempo non vorrei che correre lontano.
« Tu hai paura di me. » constata tetro e si passa una mano sul viso stanco, sospirando.
« Avevi ragione tu. » mormoro piangendo, prima di uscire definitivamente da quello scenario di orrore « L'Isaac che conoscevo io è morto insieme a suo padre. »
E lo sente lui come lo sento io: lo strappo.
Di quel filo che ci aveva unito un tempo non restano che due pezzi slabbrati; uno in mano mia, uno in mano sua.



Gesù, quant'è passato? Un secolo e mezzo?
Lo so, avete messo su le ragnatele aspettandomi, però l'importante è che sia ancora qui, no?
Sono ben decisa a concludere questa storia e non vi mollerò così facilmente. Sono più testarda di un mulo, se mi ci metto.
E poi ho bisogno anche io di una dose di Isaac, ogni tanto, visto che siamo in pausa col telefilm fino a Gennaio.

Perciò ecco a voi i risvolti che tanto aspettavate (fatemici almeno credere) della storia. Sorprese?
Credevate che Violet avrebbe accettato il licantropo senza remori? Mi spiace deludervi.
E' scioccata e Mery non vorrà sentir parlare di lui per un bel pezzo, ma cercherò comunque di rincollare i pezzi, vedrete ^^ Abbiate fiducia in me.
Vi chiedo scusa per l'attesa, ma ho passato un periodo un po' conflittuale con la scrittura e poi, inzialmente, avevo pensato ad un modo totalmente diverso di impostare il capitolo, perciò ci ho impiegato più del previsto per schiarirmi le idee e decidere cosa raccontarvi e come.
Ad ogni modo l'escamotage che ho accantonato qui, credo lo userò prossimamente.
Sono curiosa: cosa vi aspettate succeda?
Beh, direi che chiudo qui le comunicazioni post-capitulum(?) che sennò diventano più lunghe del brano stesso.
Mi auguro di sentirvi tutte e non perdermi nessuna per strada. Siete sempre dolcissime e calorose.
Mi sento fortunata ad avervi <3
Vi bacio ed abbraccio. Oh, come mi siete mancate.

Strange.
 
   
 
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