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Autore: nottebianca    11/10/2013    6 recensioni
[anime&manga]
[Altro - anime/manga shoujo]La storia prende avvio dalla notte in cui Andrè viene ferito all'occhio, durante il tentativo di cattura del Cavaliere Nero, episodio che io ho sempre considerato come l'inizio della confusione di Oscar nei riguardi del rapporto con Andrè. Confusione che la farà agire in maniera completamente diversa, la farà ascoltare e prendere consapevolezza di se stessa e delle sue sensazioni.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Non mi è mai capitato di non portare a termine un compito, sia che esso sia un ordine impartito da altri oppure da me stessa, ma stavolta non posso dare ascolto al mio senso del dovere,  c’è qualcosa di più importante in ballo: il mio amico d’infanzia,  l’amico di avventure di una vita è stato ferito ed io non posso lasciarlo lì per inseguire e catturare il Cavaliere Nero. Lo vedo a terra, sanguinante, sofferente  e mi fiondo da cavallo, in preda allo sgomento e gli stringo la mano, mi sembra la cosa più naturale da fare,  anche una reazione così impulsiva che tradisse le mie emozioni non è da me,  io il comandante algido,  educato a non cedere alle emozioni, a non lasciar trasparire la minima sensazione, in un attimo sciolgo la mia corazza. E’ tutta colpa mia se Andrè è rimasto ferito, del mio ideale di giustizia e del mio orgoglio che mi hanno  spinto in una missione che tutto sommato non è neanche mio compito; ha ragione André,  lui ha sempre ragione, è colpa del mio egoismo se non gli ho impedito di prendere il mio posto perché mi piaceva l’idea  che lui mi fosse accanto anche in questa impresa, come sempre.
Questi  sono  i pensieri che affollano la mia mente, nel silenzio della stanza di Andrè,  che finalmente si è acquietato dopo un riposo agitato e delirante, durante il quale Andrè ha proferito  frasi senza senso le cui uniche parole comprensive sono il mio nome, che lui sembra invocare come una preghiera. Non ho voluto lasciare la stanza di Andrè, dove non mi sono più intrattenuta di notte da quando eravamo bambini, ma questa notte ho voluto vegliarlo per l’intera notte.
Il sole è sorto, i primi raggi cominciano ad entrare dal chiarore delle tende  tirate alla finestra,  apro l’occhio lasciato libero dalla fasciatura e vedo Oscar addormentata su una poltrona accanto al mio letto, il capo reclinato all’indietro sostenuto dal bordo della poltrona, un braccio cadente di lato al bracciolo, l’altro braccio sul letto con la mano che stringe la mia.  Solo allora mi rendo conto che la mano di lei è  gelida, così comincio, con l’altra, a sfiorarle la mano con una serie di lievi carezze nel tentativo di scardarla, ma evidentemente il sonno di Oscar è ancora più leggero di quei tocchi, tanto che si ridesta.
“ Buongiorno Oscar”
“Buongiorno Andrè… come stai?”
“ Intontito. Ho un gran mal di testa. Tu, invece, devi  essere stanca ed infreddolita  visto il gelo delle  tue mani ” e riprendo ad accarezzarla. Inizialmente vinta dalla nuova e piacevole sensazione che quel contatto mi suscita, lo lascio fare, stupita  dalla premura,  che anche  nell’occasione in cui fosse lui quello ad essere messo male, riserva per me, poi quando la razionalità prende il sopravvento, mi libero dalla sua presa  dicendo : “ Non ti preoccupare, un buon bagno caldo è quello di cui ho bisogno per cominciare la giornata”.
La porta della stanza si apre e fa la sua comparsa Nanny con il vassoio per la colazione tra le mani annunciando : “per oggi colazione a letto” poi rivolgendo il suo sguardo ad entrambi “ Ragazzi siete già svegli ”, infine diretta a me:  “Madamigella come è passata la nottata?”
“ Tutto sommato Andrè è riuscito anche a riposare”
“ A quanto pare non sono stato l’unico “ ribatto con la mia solita voglia di stuzzicare l’amica.
La nonna arrabbiata comincia a rimproverarmi: “ smettila Andrè, non ti è bastato quello che hai combinato, costringere poi una povera ragazza a passare una notte intera su una poltrona”
“ Nanny, non prendertela con lui, stavolta, davvero non è colpa sua e poi non mi ha costretta nessuno a restare qui, l’ho fatto di mia volontà “
Facciamo colazione insieme ed entrambi cominciamo la nostra giornata, oggi , ognuno per conto proprio e non insieme come è sempre stato.
I giorni si susseguono uguali fra loro: io mi dirigo a Versailles, appena finisco le mie mansioni rientro il più presto possibile, passo a trovare Andrè e la sera dopo cena mi intrattengo con lui, una sera sorseggiando del buon vino, una sera solo chiacchierando, una sera leggendogli un libro,  mentre Andrè resta a palazzo per la convalescenza.
Durante la mia convalescenza sono stato esonerato da tutte le mie mansioni  e, avendo praticamente tutto il giorno libero, trascorro la maggior parte della giornata nella mia stanza, dove finisco nel perdermi tra i miei pensieri.
Ho paura che le cose non possano tornare più come prima, ho paura di perdere  l’occhio e allora diventerei un peso per la mia Oscar, non potrei più godere  della visione della donna che amo più di me stesso , visione che nutre in silenzio il mio amore, non potrei più starle vicino per proteggerla, cosa che ormai è diventata la motivazione della mia vita.
Non sono pronto a tutto questo ed il solo pensiero mi dà il tormento. Poi i miei pensieri ricadono su Oscar. Da quando sono  rimasto ferito lei è  cambiata ed io mi  sforzo di comprenderne  il motivo.
Da un lato la trovo piacevolmente diversa  con tutte quelle attenzioni , che a modo suo, mi sta dedicando negli ultimi tempi, ho rivisto in lei la spontaneità che le era propria dell’infanzia e motivo questo cambiamento con la compassione e col fatto che lei si senta in colpa per  quello che sia accaduto, dall’altro lato, però, ho notato nel profondo dei suoi limpidi occhi azzurri, come il cielo di primavera, una luce nuova, ma contemporaneamente  un tormento,  e a questo proprio non riesco a dare un senso.
Assorto nei miei pensieri non mi sono reso conto che il cielo è imbrunito da un bel po’ e la mia Oscar non è ancora passata a farmi  visita, comincio a chiedermi il perché di tale ritardo.
Ho lasciato Versailles alla stessa ora di sempre, ma non sono subito tornata a casa, mi sono  intrattenuta in una lunga cavalcata perché ho sentito il bisogno di star sola, cerco risposte alle mie domande, vorrei  capire che cosa mi sta succedendo, quale nome dare a sensazioni  che sono nate nel  mio cuore: sento la mancanza di Andrè quando non è con me, un’ inquietudine che si calma  solo quando noi due ritorniamo complici, sento correre i battiti del mio cuore nel petto non appena i miei occhi incontrano quelli di lui;  lui è il mio primo pensiero al mattino e l’ultimo alla sera.
 La risposta è molto semplice, come la più ovvia delle ovvietà, ma io non riesco a vederla: la mia natura di donna sta inesorabilmente imponendosi.
E’ davvero tardi così decido di rientrare.
Come ormai di abitudine, appena a palazzo passo a salutare Andrè, salgo le scale, raggiungo la sua stanza, busso alla porta “ avanti” arriva di risposta, apro la porta, entro e la richiudo dietro di me. “ Ah Oscar sei tu? Stavo cominciando a preoccuparmi per il tuo ritardo… sai oggi mi sei mancata.”
“ Sì, scusami  ho avuto del lavoro imprevisto con i nuovi soldati. Sono passata per darti questo” e intanto tendo il braccio verso Andrè porgendo  un fazzoletto tra le mani, un fazzoletto bianco ripiegato in modo tale che in un angolo fosse bene evidente  il ricamo di alcune iniziali: O F J.  “ Oscar , ma questo fazzoletto è tuo!  Cosa significa, perché vuoi che tenga un tuo fazzoletto?  Vuoi che io ti asciughi tutte le lacrime che verserai per i sensi di colpa?”
“No Andrè, voglio che tu abbia sempre con te qualcosa che mi appartiene, così anche durante la mia assenza  è come se fossi  sempre con te ” alle parole seguono  alcuni istanti di silenzio durante i quali i nostri sguardi si sono incatenati.
A quelle parole avrei voluto lanciarle addosso tutta la verità, confessarle tutto il mio amore, che tengo  ormai segregato in me da troppo tempo, tanto da consumarmi;  avrei voluto tranquillizzarla che lei è sempre con me in ogni ora del giorno e della notte perché lei possiede il mio cuore ed abita i miei pensieri, anche quelli più sacrileghi ed inconfessabili , ma mi rendo  bene conto che non posso, non ho il diritto di stravolgere le cose  e mentre mi sforzo  di tenere a bada i miei pensieri  affinché non prendano forma,  le lacrime cominciano a rigare il volto di Oscar. A questo punto non riesco a trattenermi dall’avvicinarmi a lei, con il fazzoletto che mi ha donato comincio ad asciugarle le lacrime, poi l’attiro a me e la abbraccio con dolcezza, abbraccio nel quale lei si abbandona sul mio petto, vinta da una sensazione di pace, come se tra le mie braccia forti sia l’unico posto dove può  sentirsi  al sicuro.
Il rumore della porta che viene aperta ci coglie di sorpresa e fa sciogliere il nostro abbraccio, la voce di Nanny ci risuona in lontananza, ancora ubriacati da quel vortice di piacevoli sensazioni, “Madamigella siete qui, vi ho cercato nella vostra stanza… c’è il conte di Fersen, dice di aver saputo dell’incidente di Andrè e ne ha approfittato per farvi visita. Vi aspetta nel salotto”, con un tono secco rispondo “ lo riceveremo qui in camera di Andrè”  “ ma Oscar…” Andrè non riesce a completare la frase che subito lo incalzo “se ho detto così, vuol dire che lo ritengo opportuno, in fondo è venuto anche per te”. Oscar, non capisco cosa ti passi nella mente, un attimo prima tra le mie braccia mi è sembrato di aver intravisto uno spiraglio per me, ho sperato che stessi incominciando a considerarmi in maniera diversa, ma adesso perché non vuoi  affrontare da sola Fersen:  lo ami ancora, soffri ancora per lui, per il suo rifiuto, per la cocente delusione che ha mortificato il tuo cuore di donna.
Nanny esegue le disposizioni lasciatele ed il conte ci raggiunge nella stanza di Andrè:  “ madamigella è da molto che non ci vediamo, ma vi trovo bene” “ già e ditemi Fersen, voi come state?”  “Oh Oscar, il solito”
“ tutto sommato trovo bene anche te Andrè, ma dimmi come è successo?”, rispondo un po’ infastidito per la domanda, che trovo, scontata “si direbbe che io abbia avuto la peggio in questa lotta” il conte non esita nella sua risposta “ Andrè l’ho sempre pensato che non ti impegni abbastanza negli allenamenti, dal momento che hai un ottimo insegnante, però credo di capirti, la sua bellezza è tale che è impossibile non essere distratto”, roso dalla gelosia, comincio a maledire quella visita e mi trattengo dalla risposta, in quel momento ho solo cattivi pensieri, pensieri che suggeriscono la fine di tutte le illusioni, la fine della speranza, la mia fine: che i sentimenti del conte nei confronti di Oscar si siano modificati, che sia venuto a farle visita per dichiararle il suo amore… il flusso dei miei pensieri è interrotto dalla voce stessa del conte “ vista l’ora, direi che devo proprio andare… statemi bene madamigella, e tu Andrè”.
Ritenendo opportuno che sia arrivato per tutti il momento di affrontare la verità, indipendentemente da quelle che sarebbero potute essere le conseguenze, invito Oscar ad accompagnare il conte, la quale mi lancia uno sguardo gelido prima di lasciare la stanza. Rimasto solo, stringendo ancora tra le mani il fazzoletto che ha raccolto le lacrime della mia amata, lo porto alla guancia in una carezza e penso che adesso ho  davvero qualcosa che le appartiene:  le sue lacrime.
Attraversiamo il corridoio, scendiamo le scale senza proferire parola giungendo fino all’entrata del palazzo dove il conte rompe il silenzio “ Oscar io ho pensato che quella contessa al ballo che vi somigliava moltissimo non potevate che essere voi” mentre mi afferra un polso continua “ se proprio volete saperlo è stato il vostro comportamento a tradirvi. Se avessi saputo che donna siete dal primo momento che vi ho visto il mio cuore sarebbe stato immediatamente rapito dalla vostra bellezza, sono stato uno stupido a non essermene reso conto prima, ma adesso datemi la possibilità di ricambiare i vostri sentimenti”. Inizialmente sono sorpresa e, poi, infastidita da quelle parole e da quel contatto , dal quale mi libero, e sicura del ricordo delle sensazioni appena nate in me, stavolta decido di non fuggire “ Fersen, è vero,  una volta ho creduto di essere innamorata di voi, ma mi sbagliavo. Il vero amore è un altro. Il vero amore dà condivisione, premura, protezione, dolcezza, calore. E poi Fersen, permettetemi di aggiungere, voi non mi amate e finirei soltanto per diventare un vostro capriccio” “ Capisco. Oscar avete ragione voi. Voi sapete sempre essere così decisa e, proprio perché vi stimo molto,  credo che sia giusto non usarvi per ingannare il mio cuore, sono stato un illuso a pensare ad una cosa del genere. E scusatemi se io non sono come Andrè, se non sono riuscito a scorgere il vostro essere donna anche quando indossate l’uniforme. Perdonatemi Oscar! Spero che almeno a voi l’amore possa dare la felicità completa.  Addio Oscar ” “Addio Fersen”.
Le parole del conte mi insinuano un dubbio: cosa ha voluto dire Fersen, che per Andrè sono una donna, che da sempre mi considera una donna, ma avrebbe potuto amarmi, amare una donna particolare come lo sono io.
Questa sera c’è una strana atmosfera, ceniamo in silenzio, silenzio rotto solo da qualche frase di circostanza, entrambi ci scrutiamo, ci studiamo, i nostri sguardi si cercano.
Oscar è pensierosa, irrequieta, non è felice, non ha per niente l’aria della donna innamorata che ha visto contraccambiato il suo amore quindi le cose, evidentemente, non son andate come invece mi aspettavo. Adesso libero dalla gelosia ricomincio a valutare la situazione con lucidità: come può il conte ricambiare Oscar se il suo cuore appartiene già ad un’altra donna? Poi mi ritorna in mente l’abbraccio che c’era stato tra noi poco prima e allora ricomincio a sperare che non tutto sia ancora perduto, che anche lei possa amarmi.
Sono in lotta con me stessa: desidero parlare ad Andrè, sapere quello che io rappresento per lui, vorrei  raccontargli quello che sto provando ma cerco di desistere, ripetendomi che è sbagliato provare per lui sentimenti che vadano  oltre l’amicizia e che, forse, sia meglio lasciar perdere. Per evitare di cedere alla tentazione preferisco allontanarmi da lui, così subito dopo cena mi ritiro nella mia stanza confidando nel sonno, che arrivi a portarmi pace ed a liberarmi la mente da quei pensieri.
Tentativo inutile, non mi è servito rintanarmi nella mia stanza, non riesco ad addormentarmi, mi giro e rigiro nel letto, non riesco ad allontanare i pensieri ma soprattutto non riesco ad ignorare ciò che mi lega a te,  Andrè, che è più forte di quello che io potessi immaginare. Mi sollevo e mi siedo sul bordo del letto, immobile con lo sguardo fisso sul pavimento, poi non so bene spinta da cosa, ma lascio la mia stanza per una destinazione ancora indefinita. Sto percorrendo il lungo corridoio al buio, rischiarato solo dai riflessi della luna che penetrano dalla finestra, quando ad un tratto mi sento bloccare alle spalle da due braccia forti, di sicuro è la presa di un uomo. Inizialmente spaventata, ho pensato che fosse il Cavalier Nero che è venuto a far visita al nostro palazzo, ma quando ho avvertito il corpo dell’uomo avvicinarsi al mio, nel tentativo di intensificare la presa, mi è sembrato familiare, ho provato la sensazione di riconoscere il tuo profumo ed è allora che è uscito dalla mie labbra, come un sussurro piuttosto che un urlo: “ Andrè” .
Sì, Oscar allora sei proprio tu. Non mi sbaglio di stringere il tuo corpo femminile, di affondare il mio viso nei tuoi morbidi capelli dorati, di sfiorare la rotondità dei tuoi seni, di accogliere nel mio petto la delicatezza della tua schiena, in un attimo il desiderio sta impossessandosi di tutto il mio essere, vorrei materializzare tutte le fantasie che abitano i miei pensieri, i miei sogni, così prima di perdere  completamente il controllo, ti lascio libera.
“ Oscar scusami , al buio e con un occhio solo non ti ho riconosciuta. Ma cosa ci fai in giro per il palazzo a quest’ora della notte?”
Mi metto subito sulla difensiva, con l’espressione di chi è stata scoperta in flagrante: “ potrei chiedere la stessa cosa a te? Comunque ho sentito un rumore e sono scesa a controllare. Credevo che fosse arrivato il Cavaliere Nero”.
 Oscar conosco quello sguardo, stai mentendo, non sei mai stata brava a dire le bugie, ma non ho intenzione di insistere, almeno per ora e ti assecondo : “sembra che abbiamo avuto la stessa idea. Dato lo spavento, se torni adesso in camera è probabile che tu non riesca a riprendere subito sonno. Vuoi venire in cucina a bere qualcosa? “ Ripensando al tormento che di nuovo si ripresenterebbe una volta in camera, accetto “ va bene” , credendo che sia quello di cui ho bisogno.
Arrivati in cucina prendo due bicchieri li poggio sul tavolo e mentre cerco una bottiglia dico ad alta voce: “ vista l’ora, meglio del buon vino! Che ne dici Oscar” rispondo distrattamente: “ come vuoi”.  Non l’ho mai trovata così arrendevole. Stappo la bottiglia e comincio a versarne il contenuto riempiendo i bicchieri.
 Butto giù il primo bicchiere, quasi senza avvertirne il sapore alla ricerca di un rapido oblio. Ne riempio subito un secondo e svuoto anche questo tutto d’un fiato
“ Oscar bevi proprio come un uomo!”
“ Perché cosa sono? Sono stata educata da uomo, vivo come un uomo e di conseguenza sono un uomo”
Stufo di questa farsa che lei ormai convintamente porta avanti,  in tono secco le dico: “Oscar, una rosa è una rosa, anche se essa sia bianca o rossa, una rosa non potrà mai essere un lillà!”
“ Andrè vuoi dire che una donna resta sempre una donna, in ogni caso! Tu mi consideri una donna? Lo voglio sapere è importante per me!” 
Di fronte ad una richiesta così diretta non ho avuto più il coraggio di mentire, non ho più intenzione di assecondarla in questa finzione, avverto di non avere più la forza di nascondere il mio amore: “ Oscar, tu sei   una donna, tu per me sei sempre stata donna e sei una bella donna, io me ne accorgo sempre, anche quando indossi l’uniforme. Sei la donna che un uomo vorrebbe amare e desiderare. Io per venti anni ho vissuto con te, ho provato dell’affetto solo per te io ti amo Oscar, credo di averti sempre amato.
Non riesco a credere alle sue parole: il mio Andrè mi ama, o forse è solo l’effetto del vino. Non riesco a trattenere il pianto, un pianto di gioia. Le sue lacrime mi stringono il cuore, avrei voluto avvicinarmi a lei, stringerla a me, ma non oso ancora tanto e aspetto la sua reazione guardandola negli occhi. Il suo sguardo trasmette tenerezza e passione, con voce dolce ed interrotta dai singhiozzi “ Andrè anch’io ti amo, ti amo dal profondo del cuore  ma non riuscivo a dare un nome ai sentimenti che provavo per te. Perdonami se in tutti questi anni non mi sono resa conto del tuo amore, ma io credevo che tu non potessi amarmi perché anche tu mi considerassi un uomo. Andrè voglio essere la tua compagna perché quando sono insieme a te sento di vivere” .
Ora posso avvicinarmi a lei, le sue parole sono una richiesta esplicita, i nostri corpi sono l’uno contro l’altra, con l’indice ed il pollice le sfioro delicatamente il mento per sollevarle il viso, i nostri volti sono ora vicinissimi, gli occhi negli occhi, le nostre labbra sono le une sulle altre nel nostro primo timido bacio, cominciano a conoscersi, ad assaporarsi ma rapiti dalla passione tutto questo comincia a non bastare così i baci si fanno sempre più profondi. Cominciamo così, con i cuori colmi di gioia, la notte più bella della nostra vita.
 
  
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