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Autore: Alex Wolf    11/10/2013    6 recensioni
Dal primo capitolo:
« Eleonora » mormorò una voce fievole. Un fremito scosse il mio corpo e io mi voltai. Legolas mi fissò con i suoi occhi azzurri e le labbra socchiuse. Era bellissimo, ed era li in piedi di fronte a me… ma doveva essere tutto un sogno. Perché lui mi odiava, io l’avevo tradito e lui me l’aveva ricordato, gridandomi contro. « Legolas » mi uscì dalla bocca. « C’è n’hai messo di tempo a trovarmi. »
Consigliato per chi ha letto "When you let her go".
Storia ispirata al film: "Il signore degli anelli: le due torri".
Genere: Avventura, Fantasy, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Legolas, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Just can’t let her go.   
 
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Morirò. Tutto questo, tutto quello che ho passato, per poi morire. Pensai, mentre il mio stomaco si chiudeva in una morsa di ferro e ruggine. Gandalf, accanto a me, se ne stava con lo sguardo perso nel vuoto: come se un’illuminazione potesse raggiungerlo da un momento all’altro. Sospirai, ancora una volta e poi mi decisi a parlare. « Se io sono il male: farò quello che bisognerà fare. Mi ucciderò io stessa. » Lo stregone alzò per un attimo gli occhi, puntandoli nei miei e arricciò le labbra in una smorfia. « Quando la spaccatura sarà avvenuta, tu non potrai ucciderti da sola: qualcun altro deve farlo. » « Perché? » « Perché è così. Tu non puoi ucciderti, perché il male non muore mai. Deve ucciderti qualcuno che ha il cuore puro, e l’animo nobile. » « Ma io non conosco ness… » mi bloccai, stringendo i pugni. « Legolas. » Gli occhi chiari del vecchio tornarono al tavolo di legno. « Esattamente. » La stretta allo stomaco si fece talmente forte che pensai l’avrebbe distrutto. « Ma lui non vorrà mai farlo. Devi trovare un modo, devi riuscire a farti odiare e fargli amare Isil. » Tutte quelle informazioni, arrivate così all’improvviso dalle labbra di un vecchio amico mi fecero sussultare. « Non ci metterò molto a farmi odiare, Gandalf. E lo sai meglio di me: sono sempre stata brava in queste cose. » « Piccola, bambina mia » sussurrò il vecchio stringendomi la mano. « So quanto dolore provi, lo so. » « Non è vero » abbassai il capo tristemente. « E invece si, Eleonora. E sai perché? Perché io e mio fratello, una volta, eravamo la stessa persona. Poi è avvenuta la frattura, e lui è uscito dal mio petto: l’ha letteralmente squarciato. » Mentre mi raccontava quella verità scomoda, i suoi occhi corsero all’entrata posteriore della piccola casa. Da fuori giungevano i nitriti dei cavalli di Gring, e le sue parole sussurrate al vento, per farli calmare. « Io dovrò ucciderlo. Perciò, lo so cosa significa. » Sbattei le palpebre, e una lacrima scivolò sulle mie ciglia, per poi macchiare il legno del tavolo. Asciugai velocemente le altre e ripresi il mio solito portamento, fiero. « Tu sai cosa si prova a dover uccidere qualcuno che ti è caro, Gandalf il bianco. Non a essere uccisi da qualcuno che ami » e mi alzai. La mia sedia strisciò con vigore sul pavimento, per poi cadere sullo schienale e alzare una piccola nube di polvere illuminata dal sole. Fuori dalle finestre giunse un urlo. « Per ordine del re, la città va abbandonata. » Mi affrettai a scendere in strada, per controllare con i miei occhi. Tutti i contadini di Rohan erano in procinto di andarsene. « Troveremo rifugio al fosso di Helm » continuò la guardia. « Oh cielo » esclamò Gandalf. E prima che me ne accorgessi mi aveva presa per un polso, e camminavamo in mezzo alla gente in cerca della compagnia. O meglio: di quel che restava della compagnia. Quando finalmente riuscimmo a trovarli, lo stregone riprese a camminare con veemenza. « Non caricatevi di tesori: portate solo le provviste necessarie » avvertì ancora l’uomo. Evitai un bambino e mi affrettai dietro gli uomini.  « Il fosso di Helm! Fuggono sulle montagne quando dovrebbero farsi avanti e combattere! » Esclamò indignato il mago. « Chi li difenderà, se non il re? » continuò una volta entrato nelle stalle. « Ognuno sceglie il destino che più l’aggrada » m’intromisi io, sebbene fossi persa nei miei pensieri. « Ed, evidentemente, loro preferiscono la morte alla vita. O almeno: il loro re preferisce così. »  « Fa solo ciò che ritiene meglio per la sua gente. Il fossi di Helm li ha salvati in passato » disse Aragorn, al suo fianco. « Non c’è via di scampo da quella gola. Theoden si dirige verso la trappola. E’ convinto di condurli alla salvezza, ma andranno incontro ad un massacro » ci avvisò Gandalf. Mi distrassi quando un’ombra oscurò per qualche secondo la luce del sole. Lasciai il fianco di Aragorn e m’intrufolai in un box. La paglia era sparsa ovunque, ricopriva il terreno duro su cui sarebbe dovuto stare l’animale ospitato. Ma invece di un animale, vi trovai un bambino. Era rannicchiato in un angolino, e indossava vestiti poveri. I capelli chiari erano corti e scompigliati, e gli occhi scuri mi fissavano curiosi e impauriti. Tremava, dal freddo credo. Mi avvicinai, con cautela e tolsi il mantello che mi copriva dalle spalle. Lo poggiai su di lui, che per la prima volta sorrise. « Come ti chiami? » sussurrai, accarezzandogli i capelli. « Duncan » rispose timido. La sua vocina era stanca, ma stabile. « E tu? » domandò lui, curioso. « Eleonora » sorrisi. « Quanti anni hai, Duncan? » « Tre » mi mostrò il numero con le dita. Accentuai il sorriso e lo presi in braccio, mentre lui legava le braccia piccole al mio collo. « Dov’è la tua mamma? » « Fuori » indicò l’uscita della stalla. Distribuii meglio il suo peso e uscii dal box. Aragorn e Gandalf mi fissarono, sorpresi. « Tornate ai vostri affari » ordinai io, con un cenno del capo. Loro parvero ridestarsi, e mi ignorarono.
 
 
°  °
 
 
Gimli fissò Legolas. L’elfo era poggiato a un barile, strapieno di tuberi e aveva incrociato le braccia al petto. Erano usciti dalla stalla poco pirma, mentre Aragorn e Eleonora erano rimasti al fianco di Gandalf. Ora, il nano si domandava se fosse il momento giusto per chiedere ad orecchie a punta spiegazioni riguardo lui e la guerriera. Dopo tutto: ne aveva il diritto. « Allora, principino » cominciò Gimli, attirando l’attenzione dell’elfo. « Hai qualche innamorata che aspetta il tuo ritorno a casuccia? » cercò di sbattere gli occhi con più femminilità possibile, ma lui non era femminile. Legolas rise e scosse il capo. « Nessuna, mastro nano. Tu, invece? » « Sto bene solo » annunciò il piccolo guerriero. Il principe annuì e ritornò a fissare l’entrata della stalla. « E con la ragazza? Si, insomma Eleonora » sputò fuori, in fretta e furia l’amico. Il biondo per poco non si strozzò con la sua stessa saliva. Si rifilò due piccole pacche al petto e si voltò verso il nano. « Con chi? » la sua voce era cresciuta di varie ottave. « Andiamo Legolas: sappiamo tutti che provi qualcosa per lei, lo vediamo dal modo in cui la guardi. O tenti di proteggerla. » « Io non… non è vero » le guance gli si colorarono leggermente di rosso. « Oh, andiamo! » ridacchiò il nano, divertito dal fatto di aver messo alle strette l’amico. « Anche oggi gli sei praticamente saltato addosso quando quelle guardie l’hanno sollevata. » « Non… ho solo… volevo proteggere un’amica. » « Certo. Certo. “Un’amica”. » Il nano rise di gusto spostando gli occhi verso l’entrata delle stalle. Gandalf era uscito a cavallo, galoppando come un forsennato e dietro la sua scia era apparsa una figura più magra, con un bambino in braccio. Gimli si strofinò gli occhi quando la figura li raggiunse. Eleonora sorrideva, e assieme a lei il bambino che l’abbracciava. « Forza Duncan, saluta » mormorò con dolcezza al piccolo. L’esserino nascose il voltò nell’incavo del suo collo, imbarazzato, e strinse le manine sulla stoffa dei vestiti di lei. « Dove? » la domanda di Legolas si perse nel vento, mentre si avvicinava al piccolo uomo. « Nelle stalle. Voleva vedere i cavalli del re » rispose pronta lei. « Oh, bhe. Ciao piccoletto » sorrise l’elfo, accarezzandogli la manina. Gimli rimase a osservare la scena, incuriosito. Quando il bambino alzò il volto dal collo della guerriera, un lampo attraversò la mente del nano. Sembra loro figlio. Pensò, sbattendo le palpebre. Il piccoletto aveva i capelli biondi, come il principe, e gli occhi scuri come lei. « Duncan » il bambino riprese l’elfo, sorprendendo tutti. « Il mio nome è Duncan, non piccoletto. » Eleonora rise divertita. « Scusami » rispose Legolas, con un sorriso dolce disegnato sulle labbra. Il bambino ricambiò, poi prese un ciuffo di capelli biondi e l’analizzò. Gimli poggiò il mento su un pugno chiuso e sbatté ancora le palpebre. Ora l’elfo era più vicino alla ragazza e il bambino, e li sovrastava. Duncan giocava con i capelli biondi del principe, mentre Eleonora lanciava occhiate al ragazzo che sorrideva. In quel momento, uno strano bagliore l’assorbì e poi si spense immediatamente. « Tieni il bambino! Trova sua madre! » esclamò lei, poggiando Duncan fra le braccia dell’elfo, in tutta fretta. « Eleonora » gli gridò dietro il biondo, ma lei era già corsa lontana, vero le porte della città. « Dannazzione! » soffiò tra i denti. Posò il bambino a terra e lo condusse da Gimli. Il nano lo fissò, senza capire e poi si ritrovò la manina del piccolo nella propria. « Trova sua madre » gli ordinò il principe e si mise a correre nella direzione di lei. I due rimasti si guardarono e sospirarono all’unisono. « Forza, cerchiamo tua madre » si ritrovò a dire il nano.
 
 
°  °
 
 
Il mio cuore. Pensavo mentre correvo. Ero quasi fuori da Rohan ormai, e non avevo intenzione di fermarmi. L’anello aveva preso a brillare a intermittenza e io dovevo nascondermi. « Di qua! Da questa parte! » la voce di Gring mi scalfì l’orecchio. Non mi ero neanche accorta che mi aveva raggiunta. Prese la mia mano nella sua e svoltammo a destra. Rohan era più grande di quello che pensavo. Ci inoltrammo nelle stradine, per poi finire dentro una casa. L’interno era spoglio,  c’era solo un letto e qualche finestra. « Gandalf mi aveva avvertito » disse con rimprovero, a se stesso, l’allevatore. Sia avvicinò alle finestre, e una a una le coprì tutte con le tende in modo che nessuno potesse sbirciare all’interno. Un'altra fitta s’impossessò di me. Sto diventando troppo donnicciola. Mi attaccai da sola. Dov’è finita la guerriera impavida che non ha paura di nulla? E dov’è il mio sarcasmo, per la miseria?! « Cos’hai visto? Durante la tua visione. Cos’hai visto?  » l’uomo mi raggiunse con furia, e poggiò le mani sulle mie spalle. « Sauron » sussurrai, mentre l’anello placava la luce. Gring chiuse gli occhi, e respirò rumorosamente. « L’occhio di Sauron » ringhiò a voce alta. Avrei voluto dirgli che non avevo visto solo l’occhio, ma tutto il corpo di Sauron, ma lui non mi lasciò parlare. Vagai con la mente a pochi minuti prima, quando l’elfo era al mio fianco e il bambino tra le mie braccia. L’anello mi aveva fatto più male del solito, e io l’avevo visto: Sauron era in piedi in una stanza oscura e con una sola grande finestra. Da  fuori arrivavano lamenti strazianti, urla grottesche e tanto, tanto rumore infernale. L’uomo se ne stava affacciato li, le mani congiunte dietro la schiena e il portamento fiero. Sulle spalle larghe scendevano capelli corvini, lunghi quanto quelli di Legolas, e da essi spuntavano le punte appuntite delle orecchie. Li per li non riuscivo a crederci: mi aspettavo che l’oscuro signore fosse umano, o per lo meno uno strano mostro. Invece era un elfo, o una specie. Poi, si era voltato e mi aveva mostrato i suoi lineamenti: aveva una mascella rigida e regale, labbra piene e occhi rossi, come il sangue che mi scorreva nelle vene. Aveva sorriso, allungando una mano verso di me e poi tutto era finito. Ero corsa via scossa, e dolorante. Ma soprattutto spaventata.  « Lui sa della frattura imminente! Maledizione! » Gring urlò, riportandomi alla realtà dei fatti. Tirò un calcio a un piede di legno che sorreggeva il letto: questo cigolò, scoccò e poi si ruppe con un tonfo. « Dobbiamo tirarla fuori da te! Subito! » pensò lui a voce alta. « E come facciamo, eh? E’ lei che deciderà quando uscire. Io non sono ancora forte come qualche mese fa. La ferita di quel maledettismo orco mi fa ancora male, neppure Gandalf è riuscito a guarirla! » sbraitai frustrata. « Sto perdendo tutto: le forze, la voglia di combattere, le speranze… la vita. » Il piccolo cerchio d’argento al mio dito tornò a fremere. Poggiai la mano buona su quella e bloccai il flussò di dolore, o almeno ci provai. Gring lanciò un’occhiata alla luce bianca, che filtrava dagli spazi delle mie dita, e un lampo attraversò i suoi occhi. « Richiama tutto il potere che l’anello ha su di te, Eleonora. Lei sentirà la tua forza, e uscirà. » « Come fai a esserne sicuro? » « Perché io ho fatto lo stesso con mio fratello. » Presi un bel respiro e liberai la mano dalla mia stessa stretta. L’anello brillò, e le incisioni sopra risplendettero di luce nera, in contrasto con l’altra bianca. « Come faccio? » « Chiudi gli occhi, concentrati. Farà male. » « Non ho paura del dolore » ammisi. « Lo so » sorrise per un istante. « Sei una guerriera, dopo tutto. » « Gia » accennai un sorriso, mentre dentro morivo e chiusi gli occhi. Sono una guerriera, ora. Ma dopo? Cosa accadrà quando lei sarà libera? Resterò forte come ora, c’è la farò ad affrontare i nemici… riuscirò a morire senza ripensamenti? Mi chiesi. No, certo che no. Ma almeno morirò guardando qualcuno che amo negli occhi. Morirò sapendo di avergli salvato la vita. Cominciai a concentrarmi.
 
 
°   °
 
 
Legolas virò con prepotenza a un angolo. Poteva sentirli parlare grazie al suo udito fine. Poi il silenzio. L’elfò si bloccò, sollevando una nube di polvere che l’avvolse completamente. Dannazione! Pensò. Merda. Merda. Merda! Si rendeva conto che il suo pensiero non usava un linguaggio consono, ma poco gli importava. Riprese a correre, mentre il suo respiro si faceva più corto, finché non giunse vicino alle mura della città. C’erano poche case li intorno, e già tutte erano state abbandonate: ma una sembrava occupata. Le flebili tende blu svolazzavano mosse dal vento. Si avvicinò lentamente e sbirciò incuriosito. Un uomo alto gli oscurava la vista su una buona porzione di spazio, ma un’ombra più esile si allungava oltre la sua. La ragazza gridò e si piegò su se stessa, tenendosi la testa fra le mani. Un rumore raccapricciante, di ossa rotte invase la stanza, e subito dopo il silenzio. Legolas chiuse gli occhi, prese un bel respiro e salì le scale che portavano alla casa di fretta. Quando spalancò la porta i suoi occhi si spalancarono. « Eleonora » esclamò gettandosi sul corpo della ragazza. « No! No, ragazzo fermati! » lo bloccò l’allevatore, fiondandoglisi addosso. I due rotolarono sul pavimento: Legolas cercando di disfarsi del peso di Gring, l’uomo cercando di trattenere l’elfo. « Ragazzo è la sua battaglia! » sbraitò l’umano. « Come puoi restare impassibile mentre lei cerca di uccidersi?! » rispose con ira il principe, tirando un pugno in faccia al contendente. « Perché tengo alla sua vita! Stupido elfo! » « Sta morendo! » Ormai la voce di Legolas era rotta dalla preoccupazione. Mentre l’uomo lo mise al tappeto, lui si voltò. Per qualche istante gli occhi dei due giovani si incrociarono, mentre sul petto e sul ventre di lei scendevano sangue rosso e nero. « Scusa » sussurrò lei, prima che una strana luce l’avvolgesse. Poi tutto calò nel buio.
 
 
 
 
Ok. Ecco un capitolo di passaggio, staccato dalla trama originale. Che ne dite? Troppo gne gne gne? Comunque: avrei piacere che recensiste ( anche perché mi piace sapere la vostra J ) Stò male, perciò ne ho approfittato per scrivere il mio “tessssoro”. Vabbé, mi dileguo. Love you :3 
  
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