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Autore: Emerald Liz    11/10/2013    3 recensioni
“Non c’è nulla di strano in un gruppo di ragazzine che parlano tra loro. Proprio niente.” Cerco di rassicurarmi. “Dopotutto, sono in una scuola femminile.”
Come si comporterà Kakashi nelle vesti di supplente in un istituto femminile?
Genere: Commedia, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kakashi Hatake, Sakura Haruno, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Mi guardai allo specchio del bagno, cercando di ignorare le occhiaie e i capelli arruffati.
“Le sette di mattina dovrebbero essere illegali, soprattutto di lunedì.”
Era il pensiero che mi accompagnava tutti i giorni di scuola da anni, ma quel giorno mi ci riconoscevo ancora di più: non mi ero ancora ripresa dalla scoperta del giorno prima.
Kakashi e Tsunade erano una coppia.

Il pensiero, così chiaro, mi fece sussultare.
Fantastico, ora ero depressa.
Come se il lunedì mattina da solo non potesse bastare.
Neanche capivo perchè me la prendevo tanto: non avevo mai pensato a Kakashi in quel modo.
Improvvisamente, però, il ricordo del tempo passato a casa sua, e di come avevo sognato di baciarlo, mi colpì e mi fece annodare lo stomaco.
Una parte di me sapeva che quel sogno esprimeva un desiderio che avevo tenuto nascosto sin dal primo momento in cui avevo visto il nuovo professore.
A questo pensiero ne seguì subito un altro: Kakashi e Tsunade erano una coppia, e io non potevo farci niente.
Certo, l’ultima volta che li avevo visti insieme stavano litigando, ma era comunque un litigio da coppia.
Di umore sempre peggiore, finii di prepararmi e mi precipitai a scuola: ero in ritardo già di lunedì.
Ino non sarebbe venuta a scuola quel giorno, e, sebbene mi dispiacesse, da una parte ero anche sollevata: non avrei potuto sopportare il resoconto dettagliato della sua perfetta storia con Sasori, non con il turbinio di emozioni e pensieri che mi giravano per la testa come impazziti.
Entrai in aula, rassegnata alla prima ora settimanale di matematica: un supplizio che di solito non mi sarei augurata di passare da sola; quel giorno, invece, ero stranamente a mio agio nella solitudine: potevo far vagare la mente mentre il professor Jiraya in sottofondo cantilenava stupide formule.
Peccato che tutti i pensieri, alla fine, puntassero su Kakashi.
Dopo un’intera ora passata a rivedere con la mente il fatidico sogno del bacio, finalmente la campanella suonò, mettendo fine al mio supplizio.
Ben presto mi resi conto, però, che in realtà il supplizio era appena cominciato: a seguire, avremmo avuto ben due ore di letteratura, ovvero, di Kakashi.
Sussultai: non ci avevo minimamente pensato.
Mentre cercavo di raccogliere le forze e di ricompormi, non riuscivo a non sentirmi in imbarazzo crescente: io e Kakashi ci saremmo rivisti per la prima volta dal fatidico sabato.
Il tutto era reso ancora più imbarazzante dal fatto che avevo appena passato un’ora a immaginare di baciarlo.
“È proprio uno di quei giorni in cui avrei fatto meglio a restare a casa!” pensai tristemente.
Per questo motivo, accolsi con sollievo la notizia, riferita da un bidello, che Kakashi quel giorno non c’era: a quanto pareva, stava molto male.
Nonostante conoscessi la tendenza della segretaria all’esagerazione, non potei evitare di preoccuparmi: cosa intendevano esattamente con “molto male”??
Cercai di archiviare la notizia come non importante, ma non potevo fare a meno di ripensarci, di tanto in tanto, lungo il corso della giornata.
Giornata che, senza le due ore di letteratura, trascorse lenta e grigia.
“Se non altro, non ho ginnastica. Vedere Tsunade mi manderebbe fuori di testa!”
Con questa magra consolazione in mente, mi trascinai fino all’ultima campanella.
Uscita da scuola, vagabondai per le strade vicine: non avevo nessuna voglia di tornare a casa come se niente fosse.
Mi sentivo davvero uno straccio.
Girai per circa un’ora, fino ad arrivare in un luogo che mi sembrava familiare; ad un’occhiata più attenta, mi accorsi che quel posto lo conoscevo eccome: ero arrivata davanti casa di Kakashi.
“Ma cosa sto facendo?!” mi chiesi, irritata.
D’un tratto, però, la voglia che avevo di vederlo, e che avevo messo a tacere per tutto il giorno, tornò a galla impetuosa.
Senza neanche pensare a ciò che stavo facendo, arrivai a passo di marcia davanti alla sua porta, e suonai il campanello.
Aspettai col fiato sospeso per quelle che sembrarono ore, quando finalmente la porta si aprì.
Sulla soglia, c’era un Kakashi con un aspetto piuttosto arruffato, ma nel complesso molto migliore di quanto immaginassi.
Sospettavo che la “grave malattia” fosse solo una scusa per marinare la scuola.
«Professor Kakashi?» dissi, esitante.
«Sakura?» fece lui, con tono incredulo.
Sembrava reduce da una nottata movimentata.
«Prof, l’ho svegliata?» ritentai.
Forse con domande semplici alla fine avrei ricavato qualcosa.
Kakashi restò immobile per un altro secondo, poi sobbalzò.
«Sakura!»
A quel punto, successe ciò che non avrei mai potuto immaginare: Kakashi si sporse in avanti e mi abbracciò stretta, prendendomi alla sprovvista.
Non sapevo cosa fare, ero completamente immobilizzata dalla sorpresa.
“Deve essere un delirio da febbre. Ti prego, fa che non sia un delirio da febbre!”
Esitando, ricambiai a poco a poco la stretta.
Era una situazione strana, imbarazzante, ma anche molto, molto piacevole.
Per questo restai un poco delusa quando, troppo presto, mi lasciò andare.
Lo guardai, e improvvisamente ricordai che avevo una scusa per essere lì: ero molto preoccupata per la sua salute.
Cercando di assumere un’aria contrita, domandai: «Sta bene, prof? Oggi ci hanno detto che era malato, così ho pensato di venire a vedere come stava…»
Arrossii, e abbassai lo sguardo, rendendomi conto delle mie parole.
Dio, era la cosa più stupida che potessi dire.
Improvvisamente, sentii una carezza leggera sulla guancia; alzai il volto.
Lui mi baciò.
Dopo un primo istante, persi il controllo: risposi entusiasta al bacio, e quasi non mi accorsi che eravamo entrati in casa.
Attirai Kakashi contro di me, tenendogli le mani sui fianchi: non avevo intenzione di farlo smettere.
Quando gli mordicchiai il labbro inferiore, però, capii di essermi spinta troppo oltre: Kakashi si allontanò quanto bastava per porre fine al bacio, e fece per dire qualcosa; ma ci ripensò, e mi abbracciò di nuovo.
“Potrei abituarmici!” pensai, raggiante.

Dentro di me sentivo un groviglio di emozioni, dallo sconcerto al timore, ma quella predominante era senza dubbio la felicità, una sensazione pura e meravigliosa.
C’era, però, un pensiero che turbava il mio stato di gioia, e sapevo che avrei potuto esprimerlo solo in quel momento.
«Prof…» cominciai, insicura.
Kakashi non rispose, ma sapevo che stava aspettando il resto.
«Lei… Tsunade non è la sua… fidanzata?» riuscii a formulare la domanda dopo molte esitazioni.
Kakashi si irrigidì a questa domanda, ed ebbi la certezza di aver rovinato tutto.
“Perchè non riesco mai a stare zitta?” pensai sconsolata.
Ma poi, lui parlò.
«In realtà no. Non siamo mai stati insieme, e comunque, dopo sabato sera, non credo ci siano molte possibilità che potremo.»
“Cosa?”
«Perché?» indagai, guardandolo accigliata.
Non avevo gradito la risposta: cosa avevano fatto sabato?
Kakashi sospirò.
«Sabato, quando ti sei sentita male e ti ho portata a casa, ecco… mi ero dimenticato di essere con lei. L’ho lasciata sola in discoteca.»
“Cosa??”
Mi ci volle qualche secondo per metabolizzare l’informazione, ma una volta capita, non riuscii a reprimere un gran sorriso.
Aveva lasciato Tsunade per me?
Era una delle migliori notizie che avrebbe potuto darmi.
Kakashi sembrava imbarazzato, e probabilmente non comprendeva la mia reazione.
«…Sakura?»
«Si?»
«Perché sorridi in quel modo?»
“Momento sincerità.”
«Bè, ha lasciato da sola Tsunade, una delle donne più belle che io abbia mai visto, per soccorrere me. È un pensiero che farebbe felice ogni ragazza.»
Ok, il mio concetto di sincerità in questo caso era una versione edulcorata di quanto il sapere che aveva scelto me e non Tsunade mi rendesse soddisfatta.
Kakashi sorrise, e mi posò una mano sulla testa, scompigliandomi i capelli.
«Non essere irrispettosa, Haruno.» mi ammonì.
«Mi scusi, professor Kakashi.» mormorai, baciandolo sul collo.
Restai ancora qualche ora a casa di Kakashi, e quando tornai a casa mi sembrava di camminare sollevata dal terreno.
Ero felice come non mai, e una parte di me si rifiutava ancora di crederci.
Ma era reale: potevo sentire il profumo di Kakashi sulla mia pelle, ricordavo ogni sensazione di quell’assurdo pomeriggio.
Ma un pensiero aleggiava nei recessi della mia mente: cosa sarebbe successo ora?
Era un pensiero comune, tipico dell’inizio di una storia, ma nel mio caso era diverso: Kakashi era un mio professore.
Ne avrei dovuto assolutamente parlare con Ino, e chiederle consiglio.
Ma non quella sera: per il momento, volevo rimandare tutte le preoccupazioni, e concentrarmi solo su ciò che era successo.
Kakashi mi aveva baciato, e, per il momento, questo mi bastava.

  
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