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Autore: Shannonwriter    11/10/2013    1 recensioni
La mia è una specie di rivisitazione della storia di Alice In Wonderland in chiave moderna che però non segue necessariamente gli avvenimenti narrati nei libri o nel cartone. Alice ha diciassette anni e vive a New York. Apparentemente ha tutto quello che le serve, è stata ammessa alla Juilliard e potrebbe diventare una grande pianista un giorno, allora perché non è contenta? L'unico a stare sempre dalla sua parte è Hartley, il suo migliore amico. è buffo, uno spirito libero e un giorno si presenta con un cilindro in testa che, sostiene, potrebbe aiutarla perché è magico. Ma sarà vero? E c'è qualcosa di più di una semplice amicizia tra Alice e Hartley? Scopritelo leggendo (è la mia prima originale, omg!).
Genere: Fantasy, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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A essere sincera Alice credeva che anche la più piccola della famiglia Van Horten si sarebbe unita a loro per andare a vedere i quadri quando aveva detto 'sì' all'invito. Tuttavia dovette ricredersi quando constatò che Anne non si era mossa minimamente dal divano dov'era seduta e dove era ancora impegnata a bere il suo cocktail.
 “Quei quadri sono noiosi, li ho visti un milione di volte” aveva spiegato. In più proprio in quel momento la cameriera entrò con un vassoio di cupcakes che catturarono immediatamente la sua attenzione. Era il caso di mangiare dolci prima della cena invece che dopo? In ogni caso ad Anne non dispiacque affatto. “Andate pure, non preoccupatevi” li incitò ad avviarsi con un gesto della mano.

Justin era già quasi fuori dal soggiorno e aspettava solo Alice che con un po' di riluttanza stavolta lo seguì. Il ragazzo teneva le mani in tasca e percorreva con disinvoltura il corridoio. Una porta bianca si trovava proprio accanto a quella della stanza di Anne, e Justin la aprì facendo strada alla sua ospite. L'interno era più ampio di quanto Alice si aspettava. Al centro dello studio vi era una grande scrivania in legno pregiato, un mucchio di fascicoli e documenti appoggiati sopra, articoli da cancelleria e un fermacarte. Lungo la parete destra c'era un piccolo divanetto color magenta, ma quello che catturava l'occhio più di tutto erano i dipinti appesi tutt'intorno. Era una coincidenza incredibile ma c'erano tutti i suoi pittori preferiti, un paio di dipinti di ninfee di Monet, le ballerine aggraziate e femminili di Degas e in un angolo un quadro che attirò Alice a sé come con una calamita. Non era popolarissimo ma ogni volta che la ragazza lo trovava sui libri d'arte si fermava a guardarlo e ne aveva persino una stampa appesa in quello che era lo studio di suo padre. Non aveva il permesso di entrarci da anni ormai, ordini di sua madre che teneva quella stanza chiusa a chiave.
 “Ti piace Edelfelt? Non credevo, è molto poco conosciuto rispetto ai suoi colleghi”* commentò Justin seguendo lo sguardo di Alice e posizionandosi proprio accanto a lei.
 “Questo è l'unico suo dipinto che mi piace in realtà. Da sempre.” rispose Alice incantata. Nella sua testa ricordò quella volta in cui suo padre portò a casa il poster e sua madre fece un mucchio di storie perché non era un originale e quindi non potevano esporlo in soggiorno o in qualsiasi altra parte esposta della casa. Che avrebbero pensato gli ospiti? Il marito non protestò poi molto e lo sistemò nel suo studio. Andava bene così, aveva detto, lì lo poteva ammirare ogni volta che gli andava. Il dipinto ritraeva una giovane fanciulla intenta a muovere le dita su un pianoforte mentre un uomo le sedeva accanto. Il Signor Abrhams diceva sempre che gli ricordava la figlia, la sua piccola pianista. Alice sospirò ricordando tutte quelle cose.
 “Piace anche a me. E a mio padre a quanto pare. Devo chiedergli come ha ottenuto l'originale.” aggiunse Justin in tono causale.
Alice si voltò di scatto verso di lui. “L'originale? È questo?” chiese sbalordita.
 “Direi di si, tutto quello che vedi esposto qui dentro è originale.” rispose come se nulla fosse.
Alice non riuscì a fare a meno di strabuzzare gli occhi. Quanto dovevano essere costati quei quadri alla famiglia Van Horten? Da quanto li possedevano?
 “Tutto a posto?” chiese Justin abbassandosi leggermente per essere a livello di Alice.
 “Si, si, solo che sono impressionata.”
Justin sorrise. “Speravo lo fossi.”
In quel momento Alice ripiombò nella realtà e si spostò verso un altro dipinto con nonchalance. Lei ce l'aveva con Justin, doveva ricordarlo.
Il ragazzo la seguì davanti al campo di papaveri di Monet. “Correggimi se sbaglio ma ho la sensazione di averti offesa in qualche modo. È così?”
Alice si irrigidì. L'aveva capito alla fine o forse c'era già arrivato da prima ma aveva preferito non dire niente. “No, ti sbagli” mentì Alice sempre evitando di guardarlo.
“Mmh, avrei giurato il contrario.” disse Justin passandosi una mano tra i folti capelli biondi. “Non sarà per quel tuo impegno? Vorresti essere da un'altra parte?”
Bingo! Aveva indovinato ma di certo lei non poteva ammetterlo. “Ora sono qui, no? È quello che volevate.” rispose lasciando trasparire un po' troppo il suo malcontento. Si morse la lingua ma era troppo tardi, aveva scatenato la curiosità di Justin. “Cosa vorresti dire? Non ti ho certo costretta a venire a questa cena.”
Alice lo fronteggiò guardandolo dritto negli occhi questa volta. “Oh no, certo che no!” ribatté in tono volutamente sarcastico, poi continuò il suo giro della stanza con Justin al seguito.
 “Ha! Lo sapevo che ce l'avevi con me! Ora spiegati per favore” esclamò il ragazzo.
Alice sbuffò esasperata. “è solo che quando una persona ti dice che non può essere alla tua cena tu lo accetti e rimandi, non fai chiamare la madre di questa persona dalla tua e le rovini i piani” spiegò arrendendosi alla realtà delle cose.
Justin portò le mani sui fianchi e ci rifletté su per qualche istante. “D'accordo.” disse infine.
Alice sbatté le palpebre. “D'accordo? Che significa?”
“Significa che ho capito, puoi andartene”
Alice era stata colta totalmente alla sprovvista. Le stava dando davvero una via d'uscita?
 “Mi lasci andare?” chiese diffidente.
 “Già”
 “Non lo dirai a tua madre?”
 “No”
 “E neanche alla mia?”
 “Mi pare ovvio.”
 “Oh. Fantastico. Grazie!” disse Alice già pregustando la libertà. Si girò e si diresse alla porta prendendo la sua giacca appoggiata a una poltrona. Infilò un braccio nella manica.
 “Certo che...” la interruppe Justin.
 “Mh? Che cosa?” domandò Alice fermandosi a metà azione.
Justin si mise le mani in tasca con noncuranza. “Certo che di sicuro Anne ne sarà molto delusa.”
Oh no, Anne. Alice aveva scordato che tecnicamente l'invito era partito da lei e che non vedeva l'ora di averla a cena con loro. Dannazione, non aveva nulla contro di lei!
 “Ti ho detto che ha l'asma?” continuò Justin.
Alice annuì. “Lo sapevo, si”
 “E che ha dato un menù preciso alla cuoca? Si è davvero impegnata perché fosse tutto perfetto. Questo nonostante stia mangiando dei cupcakes prima di cena e non dopo. Non dirlo a mia madre, per favore. Anne è una ballerina, mia madre non approva che mangi dolci, mai.”
Alice si morse il labbro inferiore. Sapeva bene che cosa stava facendo Justin, stava cercando di fare leva sui suoi sensi di colpa. E ci stava riuscendo. Per quanto desiderasse uscire da quella porta ora che si era ricordata di Anne sentiva che darle buca l'avrebbe tormentata per tutta la serata, forse anche per tutta la settimana.
 “Va bene, va bene. Resto.” si arrese rimettendo la giacca dov'era.
Justin sfoderò il suo perfetto sorriso vittorioso. Ancora una volta l'aveva avuta vinta lui. “Credi di riuscire a perdonarmi perché ho fatto in modo che tu fossi qui stasera?”
La ragazza incrociò le braccia davanti al petto e lasciò vagare lo sguardo sulle pareti dello studio.
Justin si avvicinò di qualche passo a lei. “Non volevo dare un dispiacere a Anne, dovevo provare a risolvere la situazione.” spiegò in tono più serio.
Alice venne catturata dai suoi occhi intrisi di sincerità. Doveva smetterla di fare la difficile, lui le stava simpatico in realtà. “Ok, ok” si sciolse un po'.
A quel punto Justin si abbassò inaspettatamente su di lei e parlò al suo orecchio. “E anche a me sarebbe dispiaciuto se non fossi venuta.”
Che cosa? Perchè Alice si sentiva così strana, perché Justin le aveva detto quelle parole? Non ci fu il tempo di rispondere nulla per fortuna perché un paio di colpetti alla porta la fecero sobbalzare. Anne fece capolino con la testa. “La cena è servita, se avete finito con le vostre cose noiose potete venire di là?” li chiamò ignara della situazione. Ma non c'era nulla di cui discutere perché nulla era accaduto. Alice avrebbe perdonato Justin, avrebbero cenato tutti insieme e la serata si sarebbe conclusa.

~
 

La cena filò liscia fortunatamente, Anne parlò quasi interrottamente di scuola, danza e persino dei film preferiti. Il momento più buffo fu quando la ragazzina si lamentò di non essere potuta andare a vedere 'Il Cigno Nero' al cinema poiché il fratello si era fortemente opposto. La cosa divertente era che Anne pensava fosse solo un film sulla danza e nulla più mentre Alice sapeva, almeno per sentito dire, che i contenuti erano decisamente inappropriati per i minori di sedici anni. E lo sapeva anche Justin che a distanza di tempo ancora rifiutava di comprare il dvd alla sorellina. Dopo il dolce (ancora cupcakes, per tutti stavolta) Anne prese a sbadigliare sempre più spesso tanto che Justin le chiese se non fosse già l'ora della nanna per lei (e non erano nemmeno le dieci e mezza). La sorella parve cogliere subito la palla al balzo per congedarsi. “Vado a dormire allora, ma voi rimanete pure qui a chiacchierare! Non badate a me!”. Strano, pensò Alice, improvvisamente non sembra più tanto stanca. Anne diede un veloce abbraccio a Justin e uno anche ad Alice. “Grazie per essere venuta, è stato davvero bello averti qui con noi. Lo rifaremo presto, vero?”
Alice sorrise. “Perché no?” rispose tenendosi sul neutrale. Sotto sotto però l'idea di trascorrere ancora del tempo con la giovane Van Horten non le dispiaceva affatto.
Erano rimasti solo Alice e Justin nella grande sala da pranzo ora. Sedevano l'uno di fronte all'altra al tavolo, Alice cominciava a sentirsi un po' a disagio e si domandò se non fosse arrivata ora anche per lei di tornare a casa.
 “Credo che volesse lasciarci da soli” disse Justin interrompendo i suoi pensieri.
 “Che vuoi dire?”
Justin scrollò le spalle. “Penso stia tramando qualcosa. È la sua specialità, anche se non è molto discreta” rispose con aria divertita.
 “Oh” commentò Alice. Che cosa poteva dire? Anne voleva lei e Justin...insieme? Era così bizzarro. Forse aveva capito male. “Beh, a dire la verità anche io mi sento un po' stanca. Credo che andrò a casa. Ma grazie per la cena e per avermi mostrato i quadri. Erano davvero meravigliosi” disse alzandosi da tavola.
Justin fece rapidamente lo stesso. “Di già? È molto presto, possiamo bere qualcosa se vuoi o posso mostrarti il resto dell'appartamento.”
 “Sei gentile ma...ho sonno, davvero.”
Justin la raggiunse alla porta e vi si piazzò davanti. “Non sarai ancora arrabbiata?” chiese preoccupato.
 “No, no” rispose Alice riuscendo a mettersi la giacca stavolta. “è solo che...” cosa? Era solo che sentiva di non avere il controllo di sé quando c'era lui? Quella sera erano successe troppe cose che la rendevano confusa e in quel periodo non aveva bisogno di altri casini. Le bastavano quelli che aveva già.
 “Che cosa?” la incalzò Justin avvicinandosi di più a lei. Le toccò il polso e poi passò a prenderle la mano tra la sua. Alice si sentì nervosa, il cuore le batteva forte nel petto. Non riusciva a pensare a niente di intelligente da dire. Questo diede a Justin la possibilità di accorciare ulteriormente la distanza tra di loro prendendole il fianco. Ora si toccavano e Alice non aveva più dubbi, Justin era interessato a lei e si, anche Anne l'aveva capito e voleva dare loro una spinta. Furbi i Van Horten.
Alice si ritrovò ad alzare lo sguardo, era così vicina al viso di Justin. Pericolosamente vicina. Ed ecco che la mano di Justin che teneva la sua si spostò sul suo viso. Stava per succedere. Justin l'avrebbe baciata.
Qualcosa vibrava nella tasca della sua giacca. Suonava fastidiosamente e vibrava. Entrambi l'avevano sentito e il momento era stato spezzato. Alice sbatté gli occhi e realizzò che non era il suo cellulare bensì qualcos'altro. Il cerca-persone. Si allontanò da Justin e infilò subito una mano in tasca. Era stupido anche solo controllare, già sapeva da chi arrivava il messaggio. Hartley.
 “Devo andare” disse tutto d'un fiato già aprendo la porta.
 “Alice aspetta un attimo-” cercò di fermarla Justin.
Ora Alice aveva giù recuperato la borsetta. “è un'emergenza, devo proprio andare. Ci vediamo a scuola, ok?”
Justin sospirò infilando le mani in tasca. “Certo.” rispose visibilmente deluso. “Buona notte Abrhams”



*http://www.copia-di-arte.com/kunst/albert_edelfelt/bal34958.jpg


Note: finito anche il capitolo 12! Anche qui per l'ispirazione del finale mi sono fatta dare un aiutino e direi che è servito! Spero non vi dispiaccia visto che l'assenza di Hartley si è fatta sentire non poco! D'altra parte Justin ha avuto la sua chance con Alice, ora lei sa per certo che lui è interessato ma lo squillo del cerca-persone ha rovinato il quasi-bacio. Lo so, non odiatemi! Per quanto riguarda i riferimenti ai quadri lì sopra c'è il link per vedere l'Edelfelt. Non ho idea di dove siano gli originali di Monet, Degas o Edelfelt però sinceramente, in un museo spero. Al prossimo capitolo!

   
 
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