Let
me
go (WTH??)
Aveva aspettato pazientemente, quella
notte, che Digg ed
Oliver rientrassero nel rifugio del Verdant e così potesse
assicurarsi che
stessero entrambi bene.
Giusto qualche ora e poi sarebbero tornati tutti a casa, per girarsi
nei letti
e tra i sensi di colpa; pronti a stringere i denti e ricominciare la
mattina
dopo, loro tre insieme, sacrificando tutto quel che avevano pur di
aggiustare
il terribile torto compiuto da Merlyn verso la loro città.
Aveva pianto, impaurita, ma anche cercato di farsi forza mentre il
terremoto
ancora scuoteva quelle fondamenta e la luce veniva a mancare.
Per fortuna c’era un secondo generatore che portava quel poco
di elettricità
che le serviva per non impazzire al buio; come sempre, i suoi schermi
le davano
una sicurezza ed un senso di protezione che non aveva paragoni, a meno
che non
si parlasse di un certo vigilante incappucciato di verde pronto a farle
da
scudo col suo corpo mentre dondolavano sopra il vuoto di un ascensore.
Alla fine però, come sempre da quando si era unita al Team
Arrow –così le
piaceva pensare al loro gruppo, uniti dalle frecce di giustizia
scoccate da
Oliver -, era andato tutto per il verso sbagliato.
Oliver aveva perso ancora un altro pezzo di se stesso in
quell’ultima
battaglia, innocenti ne stavano patendo le conseguenze e sicuramente
lei e
Diggle non sarebbero stati capaci di sopravvivere con la colpa di
quella notte.
Ma ci avrebbero provato, si sarebbero aiutati ed avrebbero aiutato
altri nel
tentativo.
Attraverso l’auricolare aveva bisbigliato il più
delicatamente possibile quale
fosse la zona più colpita dal terremoto, sperando che
nessuno dei due sentisse
la paura e l’angoscia nascosta nella sua voce.
Digg aveva seguito Oliver verso il CNRI, dove di sicuro era diretto,
perché lì
sapeva essere la SUA Laurel e tra tutto quel dolore, una semplice ma
efficace
punta di gelosia aveva fatto strada nella facciata che cercava di
mantenere
perché sapeva che Laurel sarebbe sempre venuta prima.
Prima di lei, almeno.
E quindi aveva atteso, atteso che la ragazza fosse in salvo –
essere contenta
per il Detective Lance non rientrava nelle sue mansioni
ma…quell’uomo era tanto
legato alla sua famiglia e le ricordava così tanto quella
che non aveva, che
non poteva essere sollevata che gli fosse stata risparmiata
un’altra, dolorosissima
perdita –; atteso col cuore a pezzi che Oliver piangesse il
suo più caro amico,
piangendo con lui silenziando il microfono dal suo lato.
Poi la voce calda ed autoritaria di Diggle li aveva entrambi
risvegliati dal
loro lutto e tutto si era rimesso in moto.
La guardia del corpo era tornata a casa e, quando li aveva salutati,
lei si era
improvvisamente ricordata di accendere nuovamente il microfono.
-Felicity? Cos’era quel rumore? Il tuo quartiere ha subito danni?-
Per un attimo la voce roca e stanca di Oliver l’aveva sorpresa, ma la mente geniale si era ripresa immediatamente e le aveva permesso di rispondere.
-Cos…oh, non lo so, sono…sono ancora al Verdant, Oliver. Ora vedo di mettere tutto in sicurezza e vado a cercare la mia macchina. Ti richiamo quando sono arri…-
Queen l’aveva interrotta improvvisamente, il sussurro di quell’uomo poteva spaventare qualsiasi essere sulla faccia della Terra, anche senza modulatore da Incappucciato.
-Sei ancora al Verdant? Non muoverti, non fare niente, vengo a prenderti. Nessuna discussione; non ne ho la forza, Felicity.-
E no, la stanchezza nella sua voce
non lasciava spazio per
fraintendimenti. Si era quindi seduta di nuovo, portando le gambe sotto
al
sedere in attesa che quell’eroe speciale facesse ritorno per
portarla a casa.
Era quasi ironica, la situazione.
Ed era dispiaciuta per lui, sinceramente.
Oliver Queen doveva portare lei a casa e non poteva rimanere accanto
all’amore
della sua vita, non poteva portare il lutto con chi l’avrebbe
capito.
Non poteva neanche considerarsi un peso però, non aveva
chiesto di essere
salvata e non aveva sicuramente chiesto di essere scortata a casa: era
la vita
di Oliver, adesso, a non permettergli di avvicinarsi ai suoi cari,
all’uomo che
era prima di salpare per una destinazione differente da quella
pianificata.
Il suo cuore si stringeva per tutto il dolore che doveva provare e,
risoluta,
decise che se avesse potuto, l’avrebbe aiutato a ricostruire
pezzo per pezzo
quella vita, a riprendersi i suoi cari così che non dovesse
più soffrire nello
stargli lontano.
Nel percorso era
sicura, poi, che
avrebbe potuto ritagliarsi un pezzettino in quella vita, facendo
sì che anche
Diggle fosse al loro fianco. Dopotutto considerava gli altri due un
surrogato
di famiglia e doveva ricordarsi – come doveva ricordare ad
Oliver – che il
passato ed il presente potevano mischiarsi, se ci si giocava bene le
proprie
carte.
Evitò di guardare i comunicati stampa e le notizie in
diretta che passavano
veloci sui suoi schermi miracolosamente indenni e funzionanti,
perché
altrimenti sarebbe ricaduta nella tormentosa spirale di sensi di colpa
e per
quella notte doveva smettere di pensarci. Avrebbe avuto tutti i giorni
a venire
e per il momento doveva solo costruire un percorso fiducioso per non
ricadere
nella disperazione; né lei, né gli altri due
potevano permetterselo e, per
quanto Digg fosse un uomo forte, era anche estremamente onesto, quindi
loro due
avrebbero dovuto appoggiarsi l’uno all’altro per
aiutare il terzo e forse più
debole membro quando si parlava di speranza.
Il rumore di una porta che si apriva sopra la sua testa la fece
scattare
improvvisamente in piedi e, dimenticandosi di aver tolto le ballerine
prima di
sedersi, maledì silenziosamente tutti i programmatori ricchi
e conosciuti al
mondo, attirando lo sguardo curioso di Oliver.
Sguardo che durò estremamente poco, prima che
l’uomo si accorgesse dei
frammenti di vetro e cemento conficcati nel suo piede e che lei vedesse
il
dolore straziante dipinto nei suoi occhi.
-Felicity, non ho tempo per curarti, rimetti le scarpe ed andiamo. La tua macchina è a posto, prendo il cappotto e possiamo andare.-
Quel tono autoritario non le piaceva
per niente, quello era
il tono che sapeva riconoscere come il “ti
sto chiudendo fuori così non dovrò più
preoccuparmi per te, tanto ti farò
allontanare comunque”.
L’aveva già detto che non le piaceva quel tono?
Affrettandosi a togliere ogni piccolo detrito dalla pianta del piede,
infilò
frettolosamente le ballerine e lo raggiunse, osservandolo togliersi il
trucco
verde dalle guance, dov’era colato ed infilare il cappotto
lungo così che il
suo abbigliamento non si notasse troppo. Avrebbe voluto allungare la
mano e
cancellare alcune righe dal suo volto, perché le ricordavano
troppo le lacrime
che entrambi avevano pianto da quando quella lunga notte era iniziata,
ma in
silenzio avevano risalito la scala del seminterrato e si erano diretti
il più
velocemente possibile verso l’uscita posteriore, con Oliver
che di tanto in
tanto si premurava di coglierla all’ultimo secondo quando
rischiava di cadere,
inciampando nelle grosse impalcature che avevano schiacciato il
pavimento del
club.
Non si era permessa di gettare un’ultima occhiata a quel
posto: se l’avesse
fatto, probabilmente avrebbe ricominciato a piangere ed in quel momento
doveva
essere forte per sopportare il peso della colpa sua e di Oliver.
Sospirò solo una volta al sicuro nella macchina, senza
permettergli di guidare
perché sapeva, dalla postura rigida e da come aveva infilato
il cappotto, che
si era ferito nell’ultima battaglia con Malcolm.
-Dovrai farti dare una sistemata, quando arriveremo da me.-
Gettando un occhio verso di lui, per una frazione di secondo solo a causa delle strade bloccate e piene di pericoli dopo il terremoto, l’aveva visto tendersi a quella considerazione e strizzare gli occhi, sicuramente per il dolore che stava provando. Cocciuto.
-No. Non ho tempo. Quando saprò che sei a casa, tornerò là fuori. La città ha ancora bisogno di me, dopo quello che non ho fatto per lei.-
Invece di schiaffeggiarlo, come stava pensando di fare, non esitò neanche un attimo ad allungare la mano e prendere la sua, facendo sì che si spostassero entrambe sul cambio una volta intrecciate le dita. La pelle di Oliver era freddissima e comunque riusciva a mandarle scariche di calore per tutto il braccio, ma forse questo era dovuto più alla sua attrazione per l’uomo, quindi alle sue reazioni chimiche e nient’altro. Sorridendo delicatamente non si era voltata verso di lui, aveva solo cambiato marcia premendo sul dorso di quella mano grande ed aveva svoltato verso il suo quartiere.
-Lo sapevo che avresti fatto così. Non pensi che se io ti dessi un’aggiustata, allora, saresti in grado di svolgere meglio il tuo compito? Non farti carico del peso del mondo, Oliver. Fa’ in modo che qualcuno di noi umani te ne tolgano un po’ dalle spalle, altrimenti non potremmo più considerarci tuoi aiutanti. Rispetto il tuo dolore e capisco cosa stai provando, anche se solo marginalmente…ma fidati se ti dico che nessuno può biasimarti o accusarti di non aver fatto tutto il possibile. Hai sacrificato tutto, questa notte. Non sacrificare anche la tua vita, per favore.-
Era stata brava, si sentiva molto
orgogliosa di se stessa.
Tutto quel discorsetto era stato ordinatamente e pacatamente
pronunciato senza
un’incrinatura nella voce, senza neanche un singhiozzo. Ma
sentiva le lacrime
scendere silenziose lungo le guance e sugli angoli della bocca che
ancora si
innalzavano fiduciosi per lui.
Oliver era rimasto in silenzio ed aveva fatto scivolare via la mano da
sotto la
sua, lasciandola fredda e vuota, proprio come il suo palmo.
Sospirò, perché
sapeva che non sarebbe stato così semplice; ma non si
sarebbe fatta
allontanare: neanche lei era una persona semplice.
Una volta parcheggiato sotto casa sua, erano scesi entrambi ed in
silenzio
avevano raggiunto il portone, preso l’ascensore e finalmente
erano arrivati di
fronte alla sua porta di casa.
-Allora che fai, entri?-
-Felicity, non avvicinarti più al Verdant, ok? Non cercarmi più, dopo stanotte. Sarebbe inutile. Stai lontana da me e da tutti questi criminali, mantieni la tua parola e torna alla vita noiosa e sicura alla QC che ti piaceva tanto. Ormai non ho più nessuno che mi tenga legato a questo posto e dopo stanotte sparirò, quindi non perdere tempo a venirmi dietro. Non serve, non servi più a nessuno scopo, vicino a me.-
Aveva ascoltato
l’uomo di fronte
a lei pronunciare ogni parola con precisione zelante, acciaio nella
voce ed un
freddo negli occhi che comunque non riusciva a nascondere qualcosa di
più,
sotto la forza di volontà che ci stava volendo per
cacciarla.
Tenendo a freno le lacrime che rischiavano di rigare ancora le sue
guance
sporche e graffiate, si fermò a pensare a quanto gli stesse
costando dirle
quelle cose, a quante verità fossero nascoste sotto le sue
parole.
Non era l’unica che stava morendo dalla voglia di poter
allacciare le braccia
attorno al corpo della persona che le si trovava di fronte: ormai era
brava a
leggere Oliver in quelle piccole tensioni del corpo che i
più ignoravano. Mani
strette e braccia immobili accanto ai fianchi, sguardo che cercava ogni
altro
particolare pur di non focalizzarsi più sul suo volto, bocca
tenuta ferma in
una linea netta per far sì che gli angoli non si piegassero
all’ingiù. Si stava
trattenendo dal muoversi.
Soffriva per lui, che stava soffrendo per allontanarla. Ma non avrebbe
permesso
a quello stolto di passarla liscia ed andarsene prima di aver chiarito
un paio
di cosette con lui.
Con un unico cenno del capo l’aveva salutato e si era chiusa
la porta alle
spalle, lasciando cadere libere le lacrime e programmando la sua
prossima
mossa. Così avrebbe cancellato il peso di quel momento dalle
spalle di entrambi.
Qualche ora dopo aveva inviato un
messaggio ad Oliver,
chiedendogli di tornare al suo appartamento e pressandolo con un
“è di vitale
importanza”.
Non si sentiva neanche in colpa per averlo ingannato.
Beh, forse solo un pochino, ma una ragazza deve pure tutelarsi.
Quando l’uomo era arrivato ed aveva bussato alla sua
finestra, invece che alla
porta come tutte le persone normali, l’alba sorgeva fuori da
quelle quattro
mura e lei era avvolta in una coperta, intenta a concentrarsi sulla
stessa
pagina di un libro che non avrebbe mai capito.
Balzò giù dal letto con tutta la coperta addosso
e si affrettò ad aprire la finestra,
tutta l’aria che aveva nei polmoni buttata fuori quando il
corpo pesante del
suo Vigilante le era caduto addosso, troppo stanco anche solo per
preoccuparsi
di rimanere in piedi.
Senza un’altra parola l’aveva aiutato a sedersi sul
letto e dopo un paio di
spintoni ben piazzati l’aveva convinto a stendersi di
traverso, così che lei
potesse tornare a sedersi al centro del letto, vicino alla sua testa.
Con cura
gli aveva tolto il cappuccio ed aveva passato le dita tra quei capelli
corti,
di un biondo sporco che adorava. Sorrise internamente perché
un Oliver vigile ae
attento non avrebbe mai permesso a lei quel gesto intimo; ma questo,
distrutto
e steso sul suo letto, non si interessava più di niente.
-Bene, ora che sei abbastanza stanco da non poterti arrabbiare o dirmi altre bugie, ti dirò cosa succederà, da oggi in poi. Faremo finta che ogni cavolata uscita sulla mia porta stasera e ricominceremo…-
-Se non sei in pericolo allora…-
-No, sta giù, chiudi gli occhi ed ascolta, per una volta!-
Sbuffando al tentativo di protesta dell’altro, si era leggermente piegata in avanti e gli aveva slacciato la felpa di pelle verde, così da potergliela sfilare con un po’ di sforzo. In qualche modo si era medicato la ferita sulla spalla, anche se la maglia grigia che portava sotto era ancora macchiata di sangue secco. Rabbrividendo al pensiero di quanto dolore stesse provando, si tolse la coperta dalle spalle e gliela sistemò addosso, sbrigandosi a tornare sotto il piumone ed avvicinarsi di nuovo a lui da sotto le coperte, alzandogli la testa per poggiarla sulle sue cosce. Lo sentì sospirare e capì che il sonno stava per prendere il sopravvento. Doveva sbrigarsi, se voleva che capisse tutto quello che gli stava per dire.
-Ti lasceremo il tuo tempo. Onora i defunti, risolvi i tuoi problemi personali e poi scappa. Scappa da questa città ma non da me e Digg, ok? Ti lasceremo il tempo che penseremo sia adatto e poi ti verremo a prendere. Non tentare di nasconderti da me, sarebbe impossibile. Non mi hai cercata tante volte solo perché sono una bionda con la bocca troppo larga. Comunque, tornando al discorso principale, ti verremo a prendere, sappilo. Se i tuoi giorni da eremita ti faranno venire strane idee in testa…ricordati che siamo testardi quanto te, ma siamo in due e siamo un team fantastico. Quindi non sarai solo, non dovrai più essere solo, ok? Ricordatelo, ovunque tu sparisca. Ora dormi e se sparisci domani mattina, fammi almeno un caffè, Queen.-
Si
sdraiò di nuovo, il cuore che
batteva fin troppo forte contro la cassa toracica per tutto quel
discorso in
cui si era lasciata sfuggire un po’ troppo quanto tenesse
alla persona che ora
cominciava a rilassarsi sul suo letto e si stava girando di fianco per
strusciare la guancia sulla sua coscia ed appoggiarci una mano, come se
dovesse
toccarla per essere sicuro che fosse ancora lì.
Riuscì a calmarsi solo dopo
vari minuti, quando il respiro di Oliver si fece regolare e lieve
pensando che
sì, forse potevano sistemare le cose, cambiare e migliorare
insieme. Magari ci
sarebbe voluto tanto, ma fin quando lui fosse tornato da lei, ad
ascoltarla,
tutto sarebbe andato per il meglio.
Si addormentò quella notte con una mano tra i suoi capelli,
a sfiorargli le
tempie ed a sognare di un giorno in cui sarebbero stati liberi da ogni
peso e
forse, solo forse…
Ecco, ecco, ce
l’ho fatta!
Siete contenti? Ho sistemato tutto???? *_*
Certo, non è l’happy ending che forse stavate
aspettando, ma insomma…ho pensato
che così potesse essere vagamente più credibile.
Alla fine avrete tempo, con me e se sarete pazienti, di avere Olicity
fluff e
come coppia; per ora però mi sembrava giusto che finisse
così.
*gironzola per casa tutta contenta*
Coooomunque, cosa ne pensate della prima puntata di questa seconda
stagione? A
me è piaciuta un sacco e mi sta dando un sacco di idee,
tanto che forse creerò
una seconda raccolta che comprenda i racconti che mi verranno man mano
sui
missing moments della nuova stagione. Così magari avverto
chi non la sta
vedendo che ci saranno spoilers, mentre qui continuerò a
mettere tutto ciò che
c’è di AU o che mi viene in mente.
Fatemi sapere e se vi andasse di lasciarmi qualche ideuzza sulla quale
scrivere, dite pure!
Come sempre, potete trovarmi qui,
mi piacerebbe interagire di più con voi.
So che ci siete e leggete, ma fatemi sentire che siete vivi!!
Bene, dopo lo sclero post FF, posso lasciarvi andare e che le Frecce
siano con
voi. ù.ù
Dark/Vevve