Serie TV > Arrow
Segui la storia  |       
Autore: DarknessIBecame    12/10/2013    2 recensioni
Un calderone di FF (più o meno lunghe), tutte dedicate alla splendida Ainwen che mi sprona a scrivere.
La maggior parte avranno Olicity come protagonisti, ma alla fine, spero solo facciate un sorriso e magari una risata!
Non avranno cadenza precisa perché saranno caricate quando ispirazione chiama.
Enjoy!
Ultimo chap aggiunto (12/10/13): Let me go (WTH??)
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Felicity Smoak, Oliver Queen, Tommy Merlyn, Un po' tutti
Note: AU, Lime, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Let me go (WTH??)

Aveva aspettato pazientemente, quella notte, che Digg ed Oliver rientrassero nel rifugio del Verdant e così potesse assicurarsi che stessero entrambi bene.
Giusto qualche ora e poi sarebbero tornati tutti a casa, per girarsi nei letti e tra i sensi di colpa; pronti a stringere i denti e ricominciare la mattina dopo, loro tre insieme, sacrificando tutto quel che avevano pur di aggiustare il terribile torto compiuto da Merlyn verso la loro città.
Aveva pianto, impaurita, ma anche cercato di farsi forza mentre il terremoto ancora scuoteva quelle fondamenta e la luce veniva a mancare.
Per fortuna c’era un secondo generatore che portava quel poco di elettricità che le serviva per non impazzire al buio; come sempre, i suoi schermi le davano una sicurezza ed un senso di protezione che non aveva paragoni, a meno che non si parlasse di un certo vigilante incappucciato di verde pronto a farle da scudo col suo corpo mentre dondolavano sopra il vuoto di un ascensore.
Alla fine però, come sempre da quando si era unita al Team Arrow –così le piaceva pensare al loro gruppo, uniti dalle frecce di giustizia scoccate da Oliver -, era andato tutto per il verso sbagliato.
Oliver aveva perso ancora un altro pezzo di se stesso in quell’ultima battaglia, innocenti ne stavano patendo le conseguenze e sicuramente lei e Diggle non sarebbero stati capaci di sopravvivere con la colpa di quella notte.
Ma ci avrebbero provato, si sarebbero aiutati ed avrebbero aiutato altri nel tentativo.
Attraverso l’auricolare aveva bisbigliato il più delicatamente possibile quale fosse la zona più colpita dal terremoto, sperando che nessuno dei due sentisse la paura e l’angoscia nascosta nella sua voce.
Digg aveva seguito Oliver verso il CNRI, dove di sicuro era diretto, perché lì sapeva essere la SUA Laurel e tra tutto quel dolore, una semplice ma efficace punta di gelosia aveva fatto strada nella facciata che cercava di mantenere perché sapeva che Laurel sarebbe sempre venuta prima.
Prima di lei, almeno.
E quindi aveva atteso, atteso che la ragazza fosse in salvo – essere contenta per il Detective Lance non rientrava nelle sue mansioni ma…quell’uomo era tanto legato alla sua famiglia e le ricordava così tanto quella che non aveva, che non poteva essere sollevata che gli fosse stata risparmiata un’altra, dolorosissima perdita –; atteso col cuore a pezzi che Oliver piangesse il suo più caro amico, piangendo con lui silenziando il microfono dal suo lato.
Poi la voce calda ed autoritaria di Diggle li aveva entrambi risvegliati dal loro lutto e tutto si era rimesso in moto.
La guardia del corpo era tornata a casa e, quando li aveva salutati, lei si era improvvisamente ricordata di accendere nuovamente il microfono.

-Felicity? Cos’era quel rumore? Il tuo quartiere ha subito danni?-

Per un attimo la voce roca e stanca di Oliver l’aveva sorpresa, ma la mente geniale si era ripresa immediatamente e le aveva permesso di rispondere.

-Cos…oh, non lo so, sono…sono ancora al Verdant, Oliver. Ora vedo di mettere tutto in sicurezza e vado a cercare la mia macchina. Ti richiamo quando sono arri…-

Queen l’aveva interrotta improvvisamente, il sussurro di quell’uomo poteva spaventare qualsiasi essere sulla faccia della Terra, anche senza modulatore da Incappucciato.

-Sei ancora al Verdant? Non muoverti, non fare niente, vengo a prenderti. Nessuna discussione; non ne ho la forza, Felicity.-

E no, la stanchezza nella sua voce non lasciava spazio per fraintendimenti. Si era quindi seduta di nuovo, portando le gambe sotto al sedere in attesa che quell’eroe speciale facesse ritorno per portarla a casa.
Era quasi ironica, la situazione.
Ed era dispiaciuta per lui, sinceramente.
Oliver Queen doveva portare lei a casa e non poteva rimanere accanto all’amore della sua vita, non poteva portare il lutto con chi l’avrebbe capito.
Non poteva neanche considerarsi un peso però, non aveva chiesto di essere salvata e non aveva sicuramente chiesto di essere scortata a casa: era la vita di Oliver, adesso, a non permettergli di avvicinarsi ai suoi cari, all’uomo che era prima di salpare per una destinazione differente da quella pianificata.
Il suo cuore si stringeva per tutto il dolore che doveva provare e, risoluta, decise che se avesse potuto, l’avrebbe aiutato a ricostruire pezzo per pezzo quella vita, a riprendersi i suoi cari così che non dovesse più soffrire nello stargli lontano.
 Nel percorso era sicura, poi, che avrebbe potuto ritagliarsi un pezzettino in quella vita, facendo sì che anche Diggle fosse al loro fianco. Dopotutto considerava gli altri due un surrogato di famiglia e doveva ricordarsi – come doveva ricordare ad Oliver – che il passato ed il presente potevano mischiarsi, se ci si giocava bene le proprie carte.
Evitò di guardare i comunicati stampa e le notizie in diretta che passavano veloci sui suoi schermi miracolosamente indenni e funzionanti, perché altrimenti sarebbe ricaduta nella tormentosa spirale di sensi di colpa e per quella notte doveva smettere di pensarci. Avrebbe avuto tutti i giorni a venire e per il momento doveva solo costruire un percorso fiducioso per non ricadere nella disperazione; né lei, né gli altri due potevano permetterselo e, per quanto Digg fosse un uomo forte, era anche estremamente onesto, quindi loro due avrebbero dovuto appoggiarsi l’uno all’altro per aiutare il terzo e forse più debole membro quando si parlava di speranza.
Il rumore di una porta che si apriva sopra la sua testa la fece scattare improvvisamente in piedi e, dimenticandosi di aver tolto le ballerine prima di sedersi, maledì silenziosamente tutti i programmatori ricchi e conosciuti al mondo, attirando lo sguardo curioso di Oliver.
Sguardo che durò estremamente poco, prima che l’uomo si accorgesse dei frammenti di vetro e cemento conficcati nel suo piede e che lei vedesse il dolore straziante dipinto nei suoi occhi.

-Felicity, non ho tempo per curarti, rimetti le scarpe ed andiamo. La tua macchina è a posto, prendo il cappotto e possiamo andare.-

Quel tono autoritario non le piaceva per niente, quello era il tono che sapeva riconoscere come il “ti sto chiudendo fuori così non dovrò più preoccuparmi per te, tanto ti farò allontanare comunque”.
L’aveva già detto che non le piaceva quel tono?
Affrettandosi a togliere ogni piccolo detrito dalla pianta del piede, infilò frettolosamente le ballerine e lo raggiunse, osservandolo togliersi il trucco verde dalle guance, dov’era colato ed infilare il cappotto lungo così che il suo abbigliamento non si notasse troppo. Avrebbe voluto allungare la mano e cancellare alcune righe dal suo volto, perché le ricordavano troppo le lacrime che entrambi avevano pianto da quando quella lunga notte era iniziata, ma in silenzio avevano risalito la scala del seminterrato e si erano diretti il più velocemente possibile verso l’uscita posteriore, con Oliver che di tanto in tanto si premurava di coglierla all’ultimo secondo quando rischiava di cadere, inciampando nelle grosse impalcature che avevano schiacciato il pavimento del club.
Non si era permessa di gettare un’ultima occhiata a quel posto: se l’avesse fatto, probabilmente avrebbe ricominciato a piangere ed in quel momento doveva essere forte per sopportare il peso della colpa sua e di Oliver.
Sospirò solo una volta al sicuro nella macchina, senza permettergli di guidare perché sapeva, dalla postura rigida e da come aveva infilato il cappotto, che si era ferito nell’ultima battaglia con Malcolm.

-Dovrai farti dare una sistemata, quando arriveremo da me.-

Gettando un occhio verso di lui, per una frazione di secondo solo a causa delle strade bloccate e piene di pericoli dopo il terremoto, l’aveva visto tendersi a quella considerazione e strizzare gli occhi, sicuramente per il dolore che stava provando. Cocciuto.

-No. Non ho tempo. Quando saprò che sei a casa, tornerò là fuori. La città ha ancora bisogno di me, dopo quello che non ho fatto per lei.-

Invece di schiaffeggiarlo, come stava pensando di fare, non esitò neanche un attimo ad allungare la mano e prendere la sua, facendo sì che si spostassero entrambe sul cambio una volta intrecciate le dita. La pelle di Oliver era freddissima e comunque riusciva a mandarle scariche di calore per tutto il braccio, ma forse questo era dovuto più alla sua attrazione per l’uomo, quindi alle sue reazioni chimiche e nient’altro. Sorridendo delicatamente non si era voltata verso di lui, aveva solo cambiato marcia premendo sul dorso di quella mano grande ed aveva svoltato verso il suo quartiere.

-Lo sapevo che avresti fatto così. Non pensi che se io ti dessi un’aggiustata, allora, saresti in grado di svolgere meglio il tuo compito? Non farti carico del peso del mondo, Oliver. Fa’ in modo che qualcuno di noi umani te ne tolgano un po’ dalle spalle, altrimenti non potremmo più considerarci tuoi aiutanti. Rispetto il tuo dolore e capisco cosa stai provando, anche se solo marginalmente…ma fidati se ti dico che nessuno può biasimarti o accusarti di non aver fatto tutto il possibile. Hai sacrificato tutto, questa notte. Non sacrificare anche la tua vita, per favore.-

Era stata brava, si sentiva molto orgogliosa di se stessa. Tutto quel discorsetto era stato ordinatamente e pacatamente pronunciato senza un’incrinatura nella voce, senza neanche un singhiozzo. Ma sentiva le lacrime scendere silenziose lungo le guance e sugli angoli della bocca che ancora si innalzavano fiduciosi per lui.
Oliver era rimasto in silenzio ed aveva fatto scivolare via la mano da sotto la sua, lasciandola fredda e vuota, proprio come il suo palmo. Sospirò, perché sapeva che non sarebbe stato così semplice; ma non si sarebbe fatta allontanare: neanche lei era una persona semplice.
Una volta parcheggiato sotto casa sua, erano scesi entrambi ed in silenzio avevano raggiunto il portone, preso l’ascensore e finalmente erano arrivati di fronte alla sua porta di casa.

-Allora che fai, entri?-

-Felicity, non avvicinarti più al Verdant, ok? Non cercarmi più, dopo stanotte. Sarebbe inutile. Stai lontana da me e da tutti questi criminali, mantieni la tua parola e torna alla vita noiosa e sicura alla QC che ti piaceva tanto. Ormai non ho più nessuno che mi tenga legato a questo posto e dopo stanotte sparirò, quindi non perdere tempo a venirmi dietro. Non serve, non servi più a nessuno scopo, vicino a me.-

Aveva ascoltato l’uomo di fronte a lei pronunciare ogni parola con precisione zelante, acciaio nella voce ed un freddo negli occhi che comunque non riusciva a nascondere qualcosa di più, sotto la forza di volontà che ci stava volendo per cacciarla.
Tenendo a freno le lacrime che rischiavano di rigare ancora le sue guance sporche e graffiate, si fermò a pensare a quanto gli stesse costando dirle quelle cose, a quante verità fossero nascoste sotto le sue parole.
Non era l’unica che stava morendo dalla voglia di poter allacciare le braccia attorno al corpo della persona che le si trovava di fronte: ormai era brava a leggere Oliver in quelle piccole tensioni del corpo che i più ignoravano. Mani strette e braccia immobili accanto ai fianchi, sguardo che cercava ogni altro particolare pur di non focalizzarsi più sul suo volto, bocca tenuta ferma in una linea netta per far sì che gli angoli non si piegassero all’ingiù. Si stava trattenendo dal muoversi.
Soffriva per lui, che stava soffrendo per allontanarla. Ma non avrebbe permesso a quello stolto di passarla liscia ed andarsene prima di aver chiarito un paio di cosette con lui.
Con un unico cenno del capo l’aveva salutato e si era chiusa la porta alle spalle, lasciando cadere libere le lacrime e programmando la sua prossima mossa. Così avrebbe cancellato il peso di quel momento dalle spalle di entrambi.

Qualche ora dopo aveva inviato un messaggio ad Oliver, chiedendogli di tornare al suo appartamento e pressandolo con un “è di vitale importanza”.
Non si sentiva neanche in colpa per averlo ingannato.
Beh, forse solo un pochino, ma una ragazza deve pure tutelarsi.
Quando l’uomo era arrivato ed aveva bussato alla sua finestra, invece che alla porta come tutte le persone normali, l’alba sorgeva fuori da quelle quattro mura e lei era avvolta in una coperta, intenta a concentrarsi sulla stessa pagina di un libro che non avrebbe mai capito.
Balzò giù dal letto con tutta la coperta addosso e si affrettò ad aprire la finestra, tutta l’aria che aveva nei polmoni buttata fuori quando il corpo pesante del suo Vigilante le era caduto addosso, troppo stanco anche solo per preoccuparsi di rimanere in piedi.
Senza un’altra parola l’aveva aiutato a sedersi sul letto e dopo un paio di spintoni ben piazzati l’aveva convinto a stendersi di traverso, così che lei potesse tornare a sedersi al centro del letto, vicino alla sua testa. Con cura gli aveva tolto il cappuccio ed aveva passato le dita tra quei capelli corti, di un biondo sporco che adorava. Sorrise internamente perché un Oliver vigile ae attento non avrebbe mai permesso a lei quel gesto intimo; ma questo, distrutto e steso sul suo letto, non si interessava più di niente.

-Bene, ora che sei abbastanza stanco da non poterti arrabbiare o dirmi altre bugie, ti dirò cosa succederà, da oggi in poi. Faremo finta che ogni cavolata uscita sulla mia porta stasera e ricominceremo…-

-Se non sei in pericolo allora…-

-No, sta giù, chiudi gli occhi ed ascolta, per una volta!-

Sbuffando al tentativo di protesta dell’altro, si era leggermente piegata in avanti e gli aveva slacciato la felpa di pelle verde, così da potergliela sfilare con un po’ di sforzo. In qualche modo si era medicato la ferita sulla spalla, anche se la maglia grigia che portava sotto era ancora macchiata di sangue secco. Rabbrividendo al pensiero di quanto dolore stesse provando, si tolse la coperta dalle spalle e gliela sistemò addosso, sbrigandosi a tornare sotto il piumone ed avvicinarsi di nuovo a lui da sotto le coperte, alzandogli la testa per poggiarla sulle sue cosce. Lo sentì sospirare e capì che il sonno stava per prendere il sopravvento. Doveva sbrigarsi, se voleva che capisse tutto quello che gli stava per dire.

-Ti lasceremo il tuo tempo. Onora i defunti, risolvi i tuoi problemi personali e poi scappa. Scappa da questa città ma non da me e Digg, ok? Ti lasceremo il tempo che penseremo sia adatto e poi ti verremo a prendere. Non tentare di nasconderti da me, sarebbe impossibile. Non mi hai cercata tante volte solo perché sono una bionda con la bocca troppo larga. Comunque, tornando al discorso principale, ti verremo a prendere, sappilo. Se i tuoi giorni da eremita ti faranno venire strane idee in testa…ricordati che siamo testardi quanto te, ma siamo in due e siamo un team fantastico. Quindi non sarai solo, non dovrai più essere solo, ok? Ricordatelo, ovunque tu sparisca. Ora dormi e se sparisci domani mattina, fammi almeno un caffè, Queen.-

Si sdraiò di nuovo, il cuore che batteva fin troppo forte contro la cassa toracica per tutto quel discorso in cui si era lasciata sfuggire un po’ troppo quanto tenesse alla persona che ora cominciava a rilassarsi sul suo letto e si stava girando di fianco per strusciare la guancia sulla sua coscia ed appoggiarci una mano, come se dovesse toccarla per essere sicuro che fosse ancora lì. Riuscì a calmarsi solo dopo vari minuti, quando il respiro di Oliver si fece regolare e lieve pensando che sì, forse potevano sistemare le cose, cambiare e migliorare insieme. Magari ci sarebbe voluto tanto, ma fin quando lui fosse tornato da lei, ad ascoltarla, tutto sarebbe andato per il meglio.
Si addormentò quella notte con una mano tra i suoi capelli, a sfiorargli le tempie ed a sognare di un giorno in cui sarebbero stati liberi da ogni peso e forse, solo forse…

 

Ecco, ecco, ce l’ho fatta!
Siete contenti? Ho sistemato tutto???? *_*
Certo, non è l’happy ending che forse stavate aspettando, ma insomma…ho pensato che così potesse essere vagamente più credibile.
Alla fine avrete tempo, con me e se sarete pazienti, di avere Olicity fluff e come coppia; per ora però mi sembrava giusto che finisse così.
*gironzola per casa tutta contenta*
Coooomunque, cosa ne pensate della prima puntata di questa seconda stagione? A me è piaciuta un sacco e mi sta dando un sacco di idee, tanto che forse creerò una seconda raccolta che comprenda i racconti che mi verranno man mano sui missing moments della nuova stagione. Così magari avverto chi non la sta vedendo che ci saranno spoilers, mentre qui continuerò a mettere tutto ciò che c’è di AU o che mi viene in mente.
Fatemi sapere e se vi andasse di lasciarmi qualche ideuzza sulla quale scrivere, dite pure!
Come sempre, potete trovarmi qui, mi piacerebbe interagire di più con voi.
So che ci siete e leggete, ma fatemi sentire che siete vivi!!
Bene, dopo lo sclero post FF, posso lasciarvi andare e che le Frecce siano con voi. ù.ù

Dark/Vevve

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Arrow / Vai alla pagina dell'autore: DarknessIBecame