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Autore: Laylath    12/10/2013    1 recensioni
Il suo posto era altrove, la sua fedeltà era per un’altra persona, un altro gruppo.
E ne aveva passate tante prima di giungere a loro…
La storia del nostro amato Maresciallo Falman.
Genere: Azione, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Team Mustang, Vato Falman
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Military memories'
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Capitolo 23.
1912. Parenthood

 

“Fury, smettila di gingillarti con quella radio e vieni a prendere qualcosa con noi. – disse Havoc, levando le cuffie dalla testa del ragazzo e prendendolo per il colletto della divisa – Mi innervosisce vederti sprecare così le ore di pausa”
“Ma, veramente, io…” protestò debolmente l'interessato, costretto ad alzarsi in piedi.
“Forza, nanetto, – fece Breda, arruffandogli i capelli neri e sospingendolo verso la porta – sto morendo di fame e pure tu devi mangiare se vuoi crescere. Falman, tu vieni?”
“Devo terminare una cosa” scosse il capo il maresciallo.
“Che? – si intristì Fury – Se vuole le portiamo qualcosa, signore.”
“Grazie, Fury – sorrise Falman – sei molto gentile.”
Come la porta si richiuse e tutto si fece silenzio, Falman scosse il capo con un sorriso, pensando al piccolo Fury in balia del tremendo duo. Guardando la scrivania del ragazzo, occupata da una grossa radio a cui stava lavorando, il maresciallo pensò per la millesima volta che prendere Fury in squadra era stata la scommessa più rischiosa che il colonnello Mustang avesse mai fatto… ma anche la sua vittoria più grossa.
Era ormai passato quasi un anno da quando quel ragazzino aveva fatto la sua comparsa nelle loro vite e, se doveva essere sincero, Falman non capiva ancora come avessero potuto fare senza di lui fino a quel momento.
Tornando indietro con i pensieri, ripercorse l’arrivo in squadra del soldato semplice Kain Fury, l’ottobre dell’anno precedente. Un giorno, per caso, la radio che avevano in dotazione aveva deciso di non collaborare più, non che prima l’avesse fatto con maggiore docilità, e così era stato chiamato un tecnico. Ad entrare nell’ufficio era stato quello che a Falman era sembrato un bambino vestito con la divisa rubata al padre: era quella la prima idea che si era fatto di Fury. Allora aveva appena diciotto anni, uno dei rari casi di cadetti a cui veniva concesso di terminare l’Accademia in un solo anno ed aveva subito dimostrato il perché: in pochi istanti quel ragazzino dai buffi capelli neri e dritti e gli occhi scuri dietro un paio di spessi occhiali, era riuscito a rimettere in sesto la radio.
La cosa sembrava finita lì, ma il colonnello Mustang aveva improvvisamente deciso di volerlo nella squadra. La motivazione era stata apparentemente semplice: per essere completamente autosufficienti, mancava un esperto in comunicazioni e Fury sembrava la persona adatta a ricoprire quel ruolo. Ma Falman aveva intuito che c’era anche altro dietro… ed i suoi sospetti si erano fatti più forti nel momento in cui aveva letto il fascicolo sul soldato semplice che il colonnello gli aveva chiesto. Fury era il classico ragazzino solitario non per scelta ma per volontà degli altri: le note caratteriali parlavano di difficoltà di socializzazione e a Falman era bastato pensare al viso del ragazzo per intuire che non era una cosa dipendente da lui: si capiva subito che Fury era il tipico secchione timido e impacciato, caratterialmente dipendente dagli altri. Ed il colonnello doveva aver tenuto conto di quel dettaglio nel momento in cui aveva preso la sua decisione.
Tuttavia, ad un primo impatto, farlo entrare in squadra era sembrata una mossa davvero sconsiderata… per un principale motivo: Havoc.
Negli anni Falman aveva imparato a conoscere bene il suo collega biondo e sapeva che era una delle persone più buone del mondo; tuttavia aveva anche dei preconcetti molto forti, uno dei quali era proprio contro i secchioni come Fury. Per il sottotenente era stato odio a prima vista e la decisione del colonnello l’aveva reso completamente irritabile.
Come se non bastasse, per colpa del ragazzo, si era creata una sorta di nuova rivalità tra Havoc e il tenente Hawkeye: mentre il sottotenente aveva preso in odio Fury, la donna, al contrario, l’aveva messo sotto la propria ala protettiva. Probabilmente era stata una richiesta dello stesso Mustang, ma Falman aveva intuito subito che Fury aveva scatenato in Riza Hawkeye qualcosa di definibile come “senso materno”.
E come darle torto?
Fury allora era appena diciottenne ed era parecchio piccolo per la sua età, con un viso dai lineamenti molto dolci ed infantili. A questo aspetto fanciullesco si aggiungeva un carattere timido e buono, con la voce non ancora del tutto adulta: qualsiasi donna si sarebbe affezionata a lui.
E così, se da una parte Havoc l’aveva tormentato in ogni modo possibile, dall’altra il tenente l’aveva difeso in maniera quasi spietata con Fury che si  era trovato in mezzo a questa strana disputa senza sapere cosa fare.
Lui, Breda ed il colonnello si erano tenuti leggermente in disparte da quella situazione. Il sottotenente rosso non era stato molto convinto dell’arrivo di Fury, ma non aveva mostrato un’ostilità così palese come quella di Havoc, tuttavia, per il profondo legame che aveva con l’amico, aveva preferito aspettare di vedere l’evolversi della vicenda.
Mustang non aveva preso una posizione apertamente pro Fury, per evitare di indisporre eccessivamente Havoc: si era limitato anche lui ad osservare, concedendo al nuovo arrivato solo dei lievi, ma basilari, incoraggiamenti. Era chiaro che si aspettava che il soldato semplice uscisse da solo da quella situazione.
Per quanto riguardava lui… beh, si era sentito molto perplesso. Da una parte quel ragazzino gli aveva ispirato immediata simpatia ed istinto di protezione, ma dall’altra si era chiesto se un soldato così giovane ed inesperto fosse adatto ad entrare in una squadra particolare come la loro.
Tuttavia, dopo un inizio non proprio incoraggiante, Fury si era dimostrato più tenace del previsto nel sopportare le angherie di Havoc: a dire il vero Mustang aveva forzato un po’ le cose, obbligando il sottotenente biondo a dare lezioni al poligono di tiro al ragazzo (l’unica pecca negli altissimi voti accademici di Fury erano le esercitazioni pratiche che risultavano nella media), ed era stata proprio quella l’occasione in cui Havoc si era reso conto dell’enorme forza di volontà del soldato semplice.
E così nell’arco di una decina di giorni era passato dall’ostilità all’amicizia.
Solo in quel momento l’intento di Mustang era apparso chiaro a Falman: in realtà alla squadra oltre che un esperto in comunicazione, serviva anche un membro più piccolo ed inesperto inserito ex novo. In questo modo l’attenzione e il senso di protezione di tutti sarebbero stati volti verso di lui, unendo ulteriormente i loro rapporti già abbastanza stretti. Insomma Fury era diventato una sorta di collante che aveva fatto evolvere il concetto di squadra a quello di famiglia.
Guardando le cuffie lasciate nella scrivania, Falman pensò che, nonostante tutto, non era stato un percorso tutto rose e fiori. Uno degli effetti collaterali di far entrare un soldato così giovane in una squadra come la loro, era stato di doverlo inserire nelle missioni prestissimo.
Già, la prima disastrosa missione di Fury, a diciotto anni compiuti da nemmeno cinque mesi: doveva fare solo da copertura ed invece si era ritrovato ad uccidere per la prima volta, in una situazione da cui era miracolosamente uscito illeso.
Diciotto anni… a quest’età si è ancora in Accademia. Forse è stato l’unico errore che il colonnello abbia commesso con questo ragazzo.
Falman ricordava perfettamente il senso di vuoto che aveva provato nel levare la vita ad una persona e aveva capito benissimo che per un carattere sensibile come quello di Fury, una simile esperienza sarebbe stata devastante. E così, lui, Havoc e Breda avevano passato quella tremenda notte a consolare il ragazzo… quante lacrime aveva versato? Falman ricordava solo quel corpo esile stretto a lui che singhiozzava disperatamente.
Sì, in quel momento avevano tutti avuto paura che qualcosa si fosse irrimediabilmente spezzato e…
“Maresciallo, - lo interruppe la voce di Fury – le ho portato una tazza di cioccolata”
“Eh? Oh grazie, Fury, sei stato molto gentile”
“Oh ma si figuri – sorrise il ragazzo mettendo le mani dietro la schiena – Mi dispiaceva che lei restasse in ufficio da solo, proprio oggi che il tenente ed il colonnello non ci sono”
Falman si portò la tazza fumante alle labbra. Cioccolata… Havoc e Breda gli avrebbero portato un caffè od un the, invece Fury mostrava ancora i suoi caratteri infantili in queste scelte. Bastava pensare che, molto spesso, mangiava merendine al cioccolato ed il tenente lo rimproverava di pulirsi il viso dalle briciole.
No, Fury non si era spezzato… era uno strano miscuglio di innocenza e tenacia, di bontà e forza di volontà.
Si era visceralmente attaccato a tutti loro, dimostrandosi estremamente dipendente a livello affettivo… faceva quasi paura pensare queste cose di un soldato, ma per Fury non se ne poteva fare a meno. Non aveva mai avuto grandi rapporti con i suoi coetanei e trovarsi in una squadra di persone più grandi che, nonostante il primo impatto, gli avevano rivolto tutta l’attenzione desiderata, l’aveva portato ad essere fedele più a loro che all’esercito stesso.
E mi chiedo se tu te ne renda conto, piccolo amico mio… e se se ne renda conto il colonnello. Si tratta di implicazioni molto pesanti che in futuro potrebbero condizionare la tua vita.
“Maresciallo, poi finisce di raccontarmi la leggenda del deserto dell’Est di cui mi parlava stamattina?” chiese con entusiasmo il ragazzo.
Già, perché a Fury piacevano le storie, proprio come ad un bambino piccolo.
Sotto questo punto di vista Falman in qualche modo si sentiva soddisfatto: amava i suoi compagni ed era disposto a fare qualsiasi cosa per loro… tuttavia Fury era l’unico che si fosse dimostrato interessato alle sue grandi conoscenze. Breda ed Havoc erano troppo razionali per pensare a queste cose, e con il tenente ed il colonnello non c’erano determinati livelli di confidenza.
Ma Fury… oh, come il ragazzo aveva scoperto la sua grande conoscenza e amore per i libri, era letteralmente impazzito di gioia. A quanto sembrava la sua passione non erano solo le radio e l’elettronica, ma anche le storie. E Falman si era sorpreso a scoprire che, tutto sommato, gli piaceva avere quel giovane ascoltatore che lo fissava incantato, sempre pronto a porre domande intelligenti o fare commenti estasiati.
In fondo Fury faceva coppia perfetta con lui, così come la facevano Havoc e Breda.
Aveva ragione il colonnello nel pensare che quel giovane avrebbe completato la squadra.
“Beh – sorrise Falman – considerato che ho finito, direi che posso continuare a raccontartela anche adesso”
“Sul serio? Oh grazie signore! Lei è davvero…”
“Fury! Eccoti qui!” esclamò Havoc entrando e portandosi davanti al ragazzo.
Il sottotenente biondo squadrò il compagno più piccolo con occhio critico mentre anche Breda faceva il suo ingresso nell’ufficio e si avvicinava a loro.
“Allora, che ne dici?” chiese Havoc
“Mh… meno di sessanta, di questo sono certo. Ma più di cinquanta”
“Eh?” chiese perplesso Fury, con un briciolo di preoccupazione negli occhi scuri: aver catalizzata su di lui l’attenzione di Havoc e Breda non era proprio rassicurante.
“Quanto pesi, nanetto?” fece improvvisamente Havoc
“Pesare? Beh, all’ultimo controllo di una settimana fa pesavo cinquantacinque chili, signore ma perché…”
“Perfetto! Allora tre giri al pub, Breda?”
“Tre giri al pub confermati, Havoc” annuì il sottotenente rosso, mettendosi a braccia conserte
Falman fissò perplesso la scena: lo scambio di battute tra i due sottotenenti parlava chiaramente di una scommessa ma non riusciva a capire cosa…
All’improvviso Havoc si chinò lievemente e con il braccio destro avvolse la sottile vita di Fury, sollevandolo a da terra. Poi, con una folle torsione lo fece volare a mezz’aria per un secondo, bloccandogli lo stomaco col palmo della mano…
“Sottotenente!” squittì Fury, disperato
“Non osare dimenarti, Fury! O ti ammazzo! Mi sto giocando tre giri di bevute!” minacciò Havoc, concentrandosi. Con una smorfia per lo sforzo, il biondo iniziò a tendere il braccio verso l’alto, mentre Fury oscillava pericolosamente, annaspando con le mani per cercare di appoggiarsi alla testa bionda.
“No, no! – fece Breda con un sogghigno – Se si appoggia a qualcosa non vale”
“Ti ho detto di non muoverti, tappo!” esclamò Havoc, volgendo lo sguardo irato verso Fury
“Forse non dovremmo…” disse Falman alzandosi in piedi e tendendo le mani verso il ragazzo, obbligato a stare immobile in quella posizione di pericolo.
“Oh finiscila, Falman! – protestò Havoc, che intanto aveva raggiuntò la massima tensione del braccio: ora Fury stava almeno quaranta centimetri sopra la testa bionda – Inizia a cronometrare, Breda: un minuto esatto di sollevamento nano con una mano sola”
“Vediamo se ce la fai” annuì Breda controllando l’orologio
E a Falman non restò che sperare che Havoc resistesse nel tenere sollevato in quel modo il povero Fury. Cinquantacinque chili erano comunque molti per un braccio solo… e a questi si dovevano aggiungere almeno due chili della divisa e dei piccoli attrezzi che il ragazzo aveva sicuramente nelle tasche.
Sembrava quasi di vedere i muscoli del sottotenente tesi per lo sforzo: lo sguardo degli occhi azzurri era puntato verso l’alto, a fissare Fury quasi ad ordinargli di stare il più fermo possibile. Il ragazzo aveva serrato gli occhi e cercava di tenere la posizione, sperando di evitare una rovinosa caduta da oltre due metri di altezza.
La porta si aprì e la voce del tenente Hawkeye fece la sua comparsa
“Abbiamo terminato prima del previsto e… Havoc, Fury! Che state facendo?!”
“Tenente!” esclamò Fury colto di sorpresa, abbandonando la sua posizione rigida
“No, ferm…!” fece in tempo a dire Havoc prima che il ragazzo gli crollasse letteralmente addosso
“Che peccato! – sogghignò Breda – Solo quarantasei secondi… mi devi tre giri di bevute, amico mio”
“Tutta colpa di questo imbecille! – sbottò Havoc, mettendosi a sedere dopo quel disastroso crollo e imprigionando il collo di Fury con un braccio – Ti avevo detto di stare immobile, stupido!”
“Ma io…” piagnucolò il ragazzo, mentre il sottotenente gli dava dei lievi pugni sulla testa
“Che ti salta in mente di sollevarlo in quel modo? – protestò il tenente, andando accanto a loro e facendo risollevare Fury – Ti sei fatto male, soldato?”
“No, signora” scosse il capo lui, rimettendosi dritti gli occhiali
“Havoc, ricordati che Fury non è di gomma: – disse Mustang ridacchiando, mentre andava verso la sua scrivania – se cade si fa male”
“Non sarebbe caduto se fosse rimasto fermo” bofonchiò il sottotenente rialzandosi a sua volta e accendendosi una sigaretta. Lanciò uno sguardo irato verso Fury che fece un passo indietro, cercando rifugio tra Falman ed il tenente.
“L’importante è che non sia successo niente di grave…” sospirò il maresciallo, arruffando i capelli neri del ragazzo in un gesto paterno.
Chissà perché quella era una frase che si trovava a dire spesso negli ultimi tempi.
 
 
Quella sera, tornando a casa, Falman ripensò al gesto paterno che aveva fatto nei confronti di Fury quella mattina.
Paternità… la parola gli sembrava così strana e meravigliosa, eppure piano piano ci stava facendo l’abitudine. Da quando Elisa gli aveva comunicato di essere di nuovo incinta, quattro mesi prima, gli sembrava di vivere in un altro mondo. A dire il vero non avevano più parlato di bambini dopo che lei gli aveva raccontato di quell’aborto avuto anni prima: sembrava che entrambi non volessero pensare ad una simile eventualità… insomma se doveva succedere sarebbe successo. E a quanto pare il momento era arrivato.
Elisa era nata per essere una madre, su questo non aveva dubbi… e lui? Che tipo di padre sarebbe stato? Se doveva essere sincero non aveva mai avuto approcci con dei bambini e forse non era la persona più indicata per essere padre però…
Maresciallo, poi finisce di raccontarmi la leggenda del deserto dell’Est di cui mi parlava stamattina?
Beh, Fury non era proprio un bambino… ma forse non sarebbe così male poter raccontare delle storie ad un figlio proprio.
In ogni caso era ancora presto… mancavano almeno quattro mesi alla nascita del piccolo: c’era tempo di potersi scoprire genitore.
“Eli, sono tornato” salutò, entrando a casa
Si aspettò di vederla arrivare dalla cucina, con l’entusiasmo tipico di quelle ultime settimane. In genere ogni giorno correva ad abbracciarlo e baciarlo, salutandolo con un “ti stavamo aspettando” carico di aspettativa.
Perché Elisa era letteralmente impazzita di gioia all’idea di aspettare un figlio.
“Eli?” chiamò perplesso, non vedendola arrivare
Non sentendo alcun rumore dalla cucina si diresse verso la camera da letto. Effettivamente ogni tanto la donna era colta da attacchi di nausea e quindi era probabile che si fosse sdraiata a letto… e magari si fosse addormentata.
Così, quando aprì la porta della camera lo fece in maniera assolutamente discreta, per non disturbare un eventuale riposo di lei…
“Elisa!” esclamò, vedendola sdraiata nel letto, piegata in due e con una smorfia di dolore che le contraeva i bei lineamenti del volto
“Vato! – supplicò lei, tendendogli la mano, mentre l’altra restava serrata al ventre – Mi dispiace… oddio! Perché!?”
Le lenzuola sotto di lei erano inzuppate di sangue e nonostante il panico il maresciallo capì immediatamente cosa era successo: aveva appena abortito.
“Eli… amore, amore mio – la chiamò, accostandosi al letto e prendendole la mano – va tutto bene. Respira…”
“Il mio bambino…” singhiozzò lei
“Ssh! Non fare movimenti bruschi e…”
Lei serrò gli occhi come se fosse in preda ad un fortissimo dolore e Falman notò il suo ventre contrarsi di nuovo, come per uno spasmo… altro sangue sulle lenzuola, questa volta più scuro…
“Merda! – sibilò – Eli, tu hai un’emorragia… vado subito a chiamare un dottore”
“Non lasciarmi! – supplicò lei, stringendogli la mano, le lacrime che gli solcavano le guance pallide – Non lasciarmi!”
Ma Falman scosse il capo
“Elisa ascolta! Ascoltami! Io sono qui… non ti lascio. Ma devo telefonare immediatamente ad un medico. Due minuti… due minuti e torno da te! Continua a respirare!”
Con prontezza afferrò la parte del lenzuolo ancora pulita e la strappò, procedendo a compattarla in una sorta di tampone. Trattenendo il fiato si accostò alla moglie e con delicatezza glielo mise tra le gambe, cercando di arginare in qualche modo la perdita di sangue.
“Vato…” ansimò lei in preda alla disperazione e al panico
“Resta ferma… da brava…torno subito”
Saltando via dal letto, corse nel soggiorno dove stava il telefono che, proprio in quel momento iniziò a squillare
Merda… non ora!
“Pronto?” esclamò con urgenza
Ehi, Falman, sono Breda…. Senti, credo che tu abbia dimenticato…
“Giusto lei signore! Chiami un medico e gli dica di venire subito a casa mia!”
Eh? Che cosa è successo!?
“Elisa…”
Merda… il bambino?
“Ha abortito… e ha bisogno di cure!”
Te lo chiamo subito, amico… stiamo arrivando!
“Grazie!”
 
Havoc fumava nervosamente una sigaretta vicino alla finestra, per evitare di lasciare l’odore troppo intenso all’interno della casa.
Breda invece stava seduto nel divano, a braccia conserte e col viso impassibile. Accanto a lui c’era Fury, lo sguardo basso e spaventato.
Sì, perché i suoi amici erano accorsi immediatamente per aiutarlo: erano arrivati anche prima del medico con Breda che, facendosi beffe del pudore, era entrato in camera e aveva costretto Elisa a bere un calmante.
Calmati, ragazza! Sei una dannata infermiera, dovresti sapere come gestire le cose.
Ma se Elisa era un’infermiera, era totalmente impreparata a vivere in prima persona le cose che in genere curava agli altri: era completamente fuori di sé dal dolore e dalla paura.
Fury emise un lieve singhiozzo e Breda gli passò il braccio attorno alle spalle
“Fai il bravo, ragazzino – gli mormorò discretamente – non è il caso di piangere”
“Mi scusi, signore…” ansimò lui, cercando di recuperare il controllo
Falman osservava quella scena poggiato pesantemente contro il muro, la giacca della divisa slacciata e la camicia sporca di sangue. Era in una sorta di trance da quando il medico era entrato nella stanza quasi un’ora prima: che cosa stava succedendo là dentro? Doveva esserci lui accanto a sua moglie… perché non…?
“Falman, - lo chiamò Breda – levati quella giacca, amico mio e buttala in bagno”
La giacca? Giusto era sporca di sangue…
Ma non si mosse, continuando a fissare la porta della camera da letto.
Sembrò passare un’eternità prima che il medico uscisse e si portasse davanti a Falman
“Allora?” chiese lui, apparentemente impassibile
“L’emorragia si è fermata, per fortuna, – annuì il medico – e considerate le sue condizioni è preferibile lasciarla qui, senza provarla ulteriormente con un trasporto in ospedale”
“Va bene” annuì Falman, lievemente sollevato dal saperla a casa
“Deve stare a riposo per almeno una settimana… non deve assolutamente muoversi da quel letto. Deve recuperare tutto il sangue che a perso… le ho somministrato alcuni medicinali che eviteranno il ripetersi dell’emorragia: alcune perdite lievi saranno normali, ma se sono troppo ravvicinate o grosse, chiamatemi immediatamente”
“Capisco… grazie mille, dottore”
“E’ stato un brutto aborto, considerato che era al quinto mese avanzato. E’ andata davvero bene… bravi che avete avuto la prontezza di metterle quel tampone e di farle prendere il calmante. La sua agitazione poteva portare a conseguenze ancora più gravi”
Come il medico fu congedato, Falman vide che i suoi amici si erano alzati e si erano portati davanti a lui
“La signora Elisa si riprenderà, signore – cercò di sorridere Fury, il volto straziato dal dolore – ne sono certo… e… io…”
Falman non lo fece continuare e con un gesto impulsivo lo strinse a se, cercando di confortarlo come avrebbe fatto con un bambino… cercando un conforto anche per se stesso.
“Cacchio… che situazione – sospirò Havoc – Falman, vuoi che restiamo qui?”
“No, - ammise lui, dopo qualche secondo – non è il caso. Sul serio, ragazzi, grazie… siete stati la mia salvezza e io ed Elisa vi dobbiamo tanto e…” la voce gli si spezzò in gola e strinse una ciocca di capelli neri di Fury.
“Ehi – lo consolò Breda, battendogli una pacca sul braccio – va tutto bene, maresciallo. Lei è salva e si riprenderà… e ha bisogno che tu le stia accanto. Non osare presentarti in ufficio per una settimana intera: ci pensiamo noi ad avvisare il colonnello.”
“Giusto… le devo stare accanto. – disse Falman, più a se stesso che agli altri – Va bene, dai… adesso andate. Scusa Fury non ti volevo spaventare così…”
“Ci pensiamo noi al piccoletto” assicurò Breda, staccando il ragazzo dal petto di Falman e tenendolo per le spalle
“Sto bene, lo giuro” mormorò Fury asciugandosi le lacrime
“Sì, stai bene – sorrise Havoc, arruffandogli i capelli corvini – ed io sono bravissimo in matematica ed elettronica. Vieni nanetto, torniamo al Quartier Generale”
 
Rimasto solo, in quel salotto silenzioso, Falman si rese conto che i suoi amici gli mancavano tantissimo… ed erano solo pochi minuti che erano andati via.
Ma devo essere forte per lei…
In silenzio entrò nella stanza da letto, dove Elisa dormiva profondamente, grazie ai sedativi.
Il volto di lei era pallidissimo ed i capelli lievemente umidi.
“Sono qui con te, amore mio – le disse Falman, sdraiandosi accanto e prendendole la mano – va tutto bene”
Per un secondo fu tentato di portare l’altra mano al ventre di lei, come faceva ormai ogni giorno.
Ma il pensiero di quella tremenda contrazione che aveva portato all’espulsione del feto gli tornò alla memoria.
No, non era proprio il caso.
  
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