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Autore: hiromi_chan    12/10/2013    8 recensioni
Un drago decaduto propone una sfida a Merlin e Morgana: il primo dei due che riuscirà a portargli il cuore umano di un Principe dei Draghi si vedrà esaudito un desiderio come ricompensa. In occasione del duello si aprono nuovamente le porte che collegano il regno della magia con la Terra. Merlin si lancia nella sfida per poter mettere piede nel mondo delle misteriose creature umane e dare una svolta alla sua vita, mentre Morgana ha in serbo dei piani più oscuri.
L'ignaro Arthur, erede al trono inglese, viene coinvolto nella gara come bersaglio diretto. Ma come possono gli stregoni, che per natura non conoscono l'amore, riuscire a catturare un cuore umano che palpita e prova emozioni? E se poi Morgana decide di fare le cose in modo letterale e di riportare a casa quel cuore su un piatto d'argento, cosa farà Merlin?
Era profondamente egoista, l'amore degli esseri umani. Pretendeva di possedere il cuore dell'altro, pretendeva di possederlo tutto, alienando da esso qualunque altra cosa non appartenesse a quel sentimento.
[Merthur]
ATTUALMENTE IN REVISIONE.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Drago, Merlino, Morgana, Principe Artù, Un po' tutti | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Capitolo sei: Come fanno gli esseri umani

 

 

 

 

Merlin seppellì la testa sotto le coperte. Un suono fastidioso e continuo aveva tutta l'aria di volergli rovinare il sonno, ma lui era determinato a ignorarlo. Pressò per bene il cuscino sopra le orecchie perché, accidenti, un po' di riposo se lo meritava.

Era tornato da poco in camera dopo l'ennesima serata passata al servizio del principe. Alle ridicole mansioni che gli assegnava si stava pure abituando, ma erano i lamenti sarcastici di Arthur sul suo operato la vera cosa difficile da digerire.

Stavolta gli aveva dato da spolverare la sala della biblioteca reale e, a quanto pareva, lo stregone non era nemmeno in grado di rimettere in ordine i volumi dell'enciclopedia nel modo corretto.

Inoltre, fare su e giù con le braccia cariche di libroni era più stancante che risistemare il guardaroba; quindi Merlin, aperta la porta di casa, aveva salutato Gaius sbattendo le palpebre, privo perfino dell'energia per parlare, e si era buttato sul letto senza nemmeno mettersi il pigiama.

Ma adesso qualcosa (il cellulare che squillava, dopo il quarto minuto Merlin l'aveva identificato) lo stava costringendo a rimettersi di nuovo in piedi. E se il telefono suonava a quell'ora, significava solo una cosa: Arthur lo stava chiamando.

Merlin ruggì, allungando la mano sul comodino per tastare a casaccio. “Ahi!” protestò, quando qualcosa di appuntito gli si infilzò sull'indice.

Svogliatamente, mise a fuoco Mini-Kilgharrah che troneggiava sul suo comodino, le faucette aperte pronte a pizzicare le dita degli ignari proprietari.

“Sei pericoloso quanto il vero Kilgharrah” gli borbottò lo stregone, “e mi tratti da ingrato esattamente come la persona a cui saresti dovuto appartenere.”

Chiedendosi se la suddetta persona non gli avesse lanciato Mini-Kilgharrah col preciso intento di far pungere Merlin dai suoi dentini, il ragazzo afferrò il cellulare e premette con rabbia il tasto per rispondere.

“Arthur – per l'amor del cielo, che volete adesso?” disse, tornando a stiracchiarsi tra le coperte. “È mezzanotte e mezza e stavo tentando di riprendermi dal lavoro da schiavo che mi è toccato fino a poco fa.”

“Oh, ti sei degnato di rispondere! E non fare la ragazzina, Merlin, quel poco che hai fatto l'hai pure fatto male. Piuttosto, vieni subito allo studio piccolo dell'ala nord” comandò la voce del principe.

Lo stregone si sforzò di trovare una scusa per evitare di mettere un piede fuori dal suo comodo giaciglio.

“È tardi, quelli della sorveglianza non mi faranno entrare” protestò deciso.

“Sì che ti faranno entrare, idiota, li ho già avvertiti.”

“Sentite” si scaldò allora, scattando a sedere, “se avete intenzione di farmi pulire un'altra camera a quest'ora, vi sbagliate di grosso. Se non riuscite a dormire e non avete altro di meglio da fare, provatela sulla vostra pelle l'ebrezza di cosa significa spolverare fino a che-”

“Merlin, razza di i-d-i-o-t-a.” La voce del principe si era settata in quella particolare frequenza a metà tra l'isterico e lo stravolto. Merlin aveva imparato che era la più pericolosa di tutte, perché segnalava che la pazienza di Arthur si stava esaurendo, e allora sarebbe potuta succedere qualunque cosa.

“Ci serve il quarto uomo. Vieni qui di corsa entro due minuti o ti vengo a prendere io, e giuro che non sarà una cosa piacevole.”

“Ubbidisco” soffiò Merlin, facendosi volare con uno sbuffo alcuni ciuffi di capelli sulla fronte. Stava per chiudere la chiamata quando dall'altra parte sentì la risata profonda e tranquilla di Arthur sollevarsi come il crepitare di un fuoco. Allora Merlin si schiacciò il cellulare all'orecchio in un riflesso condizionato, perché era uno spreco non bersi tutto d'un fiato quei rari momenti in cui il principe sorrideva così.

“Non dirmi che ho finalmente trovato la formula per farti eseguire gli ordini che ti vengono dati” gli stava dicendo intanto l'altro.

“Mi fate ubbidire a forza di minacce, proprio una gran scoperta” lo stuzzicò Merlin.

“Devo mettere in pratica una delle punizioni che ti ho promesso, per sollecitarti di più?”

“Ma non è proprio il caso, no. Sarò lì prima che riusciate a dire... ehm... aspettate... non mi viene in mente nulla...”

Merlin.”

“Sto zitto?”

“Meglio.”

 

 

ʘ

 

 

Lo studio dell'ala nord era una delle stanze comprese negli appartamenti di Arthur. Era piuttosto piccolo in confronto al resto, ma grande abbastanza da ospitare, oltre l'immancabile scrivania e gli scaffali di turno, pure una televisione con lo schermo a cristalli liquidi corredata di Play Station, un divanetto di pelle nera e un paio di poltroncine dello stesso rosso scuro delle tende.

Quando Merlin aprì la porta, trovò Arthur, Elyan e Leon strizzati sul divanetto, intenti a guardare lo schermo con aria assassina.

Il principe sembrava concentratissimo, aveva le sopracciglia aggrottate e stava seduto sul bordo, tutto proteso in avanti. Elyan si dimenava come un uccellino in gabbia, muovendo il corpo insieme al joystick mentre imprecava sottovoce. Leon a prima vista pareva il più composto, ma in realtà bastava guardare con attenzione per notare l'accanimento con cui premeva i tasti del cursore.

Solo Gwen, accoccolata su una poltrona, una mano a coppa sulla guancia, si accorse del suo arrivo. “Merlin!” lo salutò raggiante, andando ad accoglierlo alla porta. “Sono contenta che tu sia venuto, non ce la facevo più a sopportarli, stasera” disse, prendendolo a braccetto. Le sue dita si chiusero morbide e calde sulla pelle di Merlin, che le sorrise, un pochino confuso.

Non era mai stato toccato con tanto naturale affetto da nessuna donna – se non considerava, ovviamente, sua madre.

Gwen era così carina. Dopotutto si conoscevano da poco, ma lei era quella che lo trattava con più gentilezza di tutti, a palazzo. Gli riservava sempre qualche attenzione speciale, e Merlin aveva notato che c'era quest'aura, tutto intorno a lei, questa sensazione umile e onesta e confortevole.

Rimasero in silenzio un po' troppo a lungo, lo stregone preso nella sua valutazione e Gwen nel suo goffo senso delle buone maniere.

“La... la mano...” balbettò poi lei, accorgendosi di avere ancora Merlin a braccetto e mollando di colpo la presa. “Cioè, volevo dire – ti va una... mano di poker?”

Il fatto che fosse imbarazzante e maldestra con le parole tanto quanto Merlin lo era nei fatti le faceva guadagnare un sacco di punti extra.

“Mi spiace deluderti, Guinevere” intervenne a sorpresa Arthur, senza staccare gli occhi dal gioco, “ma Merlin è venuto apposta per fare il quarto, stasera.”

“Ehi, Merlin!” lo richiamò Elyan con una vena di finta polemica. “Perché hai aspettato solo oggi per venire? Ti aspettavo prima, te l'avevo detto. Mi avevi promesso che mi avresti sottratto il record di partite perse di fila.”

In realtà Arthur gli aveva sempre fatto intendere che, se avesse voluto, terminato il lavoro Merlin avrebbe potuto seguirlo per unirsi a loro. Ma Gaius era stato inflessibile, e aveva continuato a insistere perché portasse avanti i suoi “corsi d'aggiornamento” tutte le sere prima di andare a dormire.

“Sarei venuto volentieri” disse quindi, “se non fosse stato per Arthur che mi ha sempre fatto sgobbare come un somaro fino a tardi. Quando finisco sono così stanco che ho subito voglia di mettermi a letto.”

“Ti tratto semplicemente come il somaro che sei” attaccò il principe, velenoso.

“Be', adesso siamo tutti qua” si intromise Leon, placando gli animi. “Vogliamo vedere che cosa si può fare per questo famoso record? Anche io sono un tuo possibile rivale, Merlin, non mi farò soffiare il titolo di perdente tanto facilmente.”

Merlin rise, sentendosi a suo agio. Era bello come tutti loro l'avessero accettato. Non aveva mai avuto tanti amici a Ealdor, anzi, c'era davvero stato solo Will accanto a lui. Eppure ora eccolo qua, accolto a braccia aperte da un gruppetto insospettabile: c'era una guardia del corpo che sarebbe stata in grado di intimorire pure un drago, e che invece era buona come un pezzo di pane; una ragazza che era una perla nascosta dentro un forziere, e suo fratello, il re delle sconfitte prese con un sorriso sulle labbra; e c'era un principe, che... be', era pur sempre un principe, ma lo sembrava molto meno a vederlo così, con i pantaloni della tuta, tutto preso a polverizzare i suoi nemici virtuali.

Nell'insieme erano piuttosto ridicoli, ma gli piacevano. Iniziavano a piacergli tanto, in modo sorprendente.

“C'è la possibilità che finiate a un orario decente e che si faccia in tempo a giocare almeno una partita a Uno?” stava proponendo intanto Gwen, tornando a sedersi stancamente.

Elyan mise su un broncio da ragazzino. “Te l'avevo chiesto, prima, se volevi fare tu il quarto uomo. Ti sei bruciata la tua occasione da sola, sorellina” disse.

“Il quarto uomo?” puntualizzò lei con una smorfia.

“Donna. È la stessa cosa.”

“Ho un fratello che tende a dimenticare che sono una femmina.”

“E come si fa a dimenticarlo?” scappò a Merlin.

Gwen non era solo femminile, era un concentrato di femminilità. Come il suo carattere, il suo aspetto era altrettanto adorabile. La cosa che più risaltava erano i suoi grandi occhi: dolci, coronati da ciglia arricciate, sapevano di pomeriggi estivi. Sembrava una persona con la tendenza a svalutarsi, ma non era giusto, non lo era affatto; era ovvio che Gwen valesse molto più di tanti altri messi insieme.

Merlin ci avrebbe tenuto, a farglielo capire, se non altro per ricambiare tutte le gentilezze che lei gli riservava. Ma forse non si era espresso nel modo migliore, e infatti la ragazza si era imbarazzata, probabilmente travisando il commento di prima.

“Oh... oh. Be', gr-grazie, suppongo?” gli disse, giocando con le dita.

“Cosa? No, volevo dire... era un complimento innocente” rise lo stregone, alzando le mani.

“Non ti preoccupare, Merlin, nessuno potrebbe mai pensare male di te in quel senso. È ovvio che sei completamente innocuo” disse Arthur, tanto antipatico da risultare fuori luogo e da far storcere la bocca di quasi tutti gli altri. “E adesso vieni qua, fai qualcosa per renderti meno inutile. Iniziamo questa dannata partita o no?”

Leon, l'unico che aveva mantenuto intatta la sacralità del suo buon umore, fece una risatina, scuotendo la testa.

“È sempre così simpatico, il principe?” gli disse Merlin, afferrando il joystick e sistemandosi sulla poltrona vuota accanto a lui.

“Da qualche tempo sta dando il meglio di se stesso. Mi sembra che la sua acidità abbia raggiunto vette inaspettate” ironizzò, tranquillo. “Più o meno... da quando sei arrivato tu, Merlin.”

“Dovrei sentirmi onorato?” disse lo stregone.

“Forse. È proprio la tua faccia, sai, che mi da sui nervi” disse Arthur, regalandogli un sorriso smagliante. “Iniziamo. Poi non venite a piangere da me quando vi avrò stracciato tutti quanti.”

Il gioco, uno “spara tutto”, venne impostato in modalità “sfida a quattro”: era praticamente uno spietato tutti contro tutti, dove a vincere era l'ultimo soldato che rimaneva in vita.

Con sua grande sorpresa, Merlin si scoprì piuttosto ferrato. All'inizio ci mise un po' a familiarizzare coi comandi, ma in breve riuscì a sventare la trappola mortale di Leon e i diversi agguati di Elyan.

“Non è giusto” protestò vivamente quest'ultimo, “mi avevi detto che eri una frana, Merlin!”

“Ti giuro che è inaspettato anche per me, sul serio.”

“Sì, come no... asp- che cavolo?!”

All'improvviso il personaggio di Elyan calpestò una mina, lo schermo divenne rosso in una simulazione di esplosione e il gioco per lui finì. “Ma chi è stato... Arthur?” disse, facendo cadere il joystick dalle mani.

“Esatto. Faresti meglio a pensare per te, invece che badare agli altri” disse il principe, trionfale. “La concertazione è il tuo problema, amico.”

Tra le risate di Gwen e gli sbuffi annoiati di suo fratello, la fida si fece più serrata e tesa.

Alla fine a Merlin riuscì pure di eliminare Leon, facendolo cadere vittima di un assalto diretto. Ora rimanevano solo lui e il principe.

“Questa sì che è bella” fece il biondo, leccandosi le labbra. “Meglio che ti ritiri subito, Merlin. Non provarci neanche, contro di me, sarebbero solo energie sprecate.”

“Ah, si?” disse lui. “Secondo me siete solo preoccupato che possa svergognarvi davanti a tutti. Che c'è, vi ho messo in crisi?”

Arthur scoppiò in una risata. “Ma stai scherzando?”

“Avete paura di confrontarvi con me?” Merlin non riuscì a evitare di provocarlo. Non aveva la sicurezza di potergli dare una lezione, ma... che diamine! Era proprio irresistibile rispondergli in quel modo.

“Ti stai immischiando in qualcosa di grosso, sai” disse Arthur, la voce bassa.

“Be', non mi tirerò indietro.”

“Poi dovrai prenderti le tue responsabilità, se perdi.”

“Lo stesso vale per voi, allora.”

“Se perdi tu” e Arthur gli puntò addosso l'indice quasi fosse stata una spada, “da domani mi devi portare tutti i giorni la colazione a letto. E stai certo che non me lo dimenticherò. Hai ancora voglia di rischiare?”

“Se perdete voi” rimbeccò Merlin, “sarete voi a risistemare il mio armadio... più l'intera dependance. Tutti i giorni.”

Gwen roteò gli occhi al cielo mormorando un “assurda competitività tra maschi”, Elyan l'accompagnò, da bravo fratello, con un identico gesto e Leon alzò le braccia, lasciando vuoto il suo posto sul divano (Merlin lo occupò al volo).

Annuendo silenzioso e serissimo, il principe accettò le condizioni della scommessa. Così il duello all'ultimo sangue ebbe inizio. Merlin ce la mise tutta solo per non darla vinta all'Asino Reale – sarebbe stato impossibile conviverci, in caso di sconfitta. E si batté con onore e con uno spirito con cui, probabilmente, non si era mai battuto (si sentì un po' scemo solo quando ci ripensò dopo; in quel momento tutto gli pareva perfettamente normale e giustificato).

Tuttavia fu il principe, all'ultimo minuto, a prevalere. “Latte freddo o in alternativa succo d'arancia, tazzina di caffè con un cucchiaino di zucchero, cornetto caldo, due fette biscottate con marmellata, quattro biscotti secchi, un frutto” elencò, portandosi le braccia dietro la testa mentre si stirava come un gatto.

Merlin fece una smorfia. Aveva perso, ma gli era sembrato di aver giocato bene, quindi non si sentiva umiliato. L'idea di aver fornito con le sue mani una nuova scusa ad Arthur per bistrattarlo, questo sì che era umiliante. E poi era ancora su di giri per tutta l'adrenalina che gli era spuntata dentro da chissà dove. “Siete sicuro di non avermi descritto il menù del pranzo invece che la colazione?” disse quindi, tagliente.

Gwen scoppiò a ridere forte, senza nascondere la nota di irriverenza eccessiva in cui si piegò la sua voce. Ma quando il collo di Arthur scattò verso di lei, la ragazza si coprì la bocca con le mani.

E ci fu quel bizzarro momento, tra loro due, della durata di un battito di ciglia. Un momento solo durante il quale lui la guardò, vistosamente a disagio.

Merlin li notò. Fu come ammirarli dal di fuori della bocca più ampia di un imbuto enorme. C'era un buco nero nascosto in fondo allo studio, che attraeva le cose che aveva più vicino. Un passato che Merlin non conosceva, una complicità dalla quale lui era tagliato fuori, e ciò che stava più vicino a tutto questo erano proprio Arthur e Gwen.

Arthur e Gwen che in quell'unico, lungo secondo, stavano venendo trascinati via dalla loro stessa orbita. La certezza che l'immagine distorta e allungata di loro due sarebbe rimasta inghiottita nell'occhio di quello strano ciclone afferrò Merlin con prepotenza. E allora lui pensò che se quell'istante fosse durato anche solo un briciolo di più, li avrebbe di sicuro perduti per sempre.

Fu una sensazione strana e sconosciuta, ma Merlin non ebbe l'occasione di esaminarla oltre poiché si infranse nella manciata di secondi successiva. Nessun altro sembrava essersene accorto – l'unico spettatore di quell'evento privato pareva essere stato lo stregone. Era successo davvero qualcosa o si era immaginato tutto?

Difficile dirlo, quando Arthur era tornato a blaterare scuse sull'argomento del mangiare, la sua faccia di nuovo esattamente la solita maschera da nobile petulante.

Era sparita l'ombra di qualunque disagio anche in Gwen, che se ne stava con le gambe incrociate alla meglio sulla poltrona, come se Arthur nemmeno si fosse mai voltato dalla sua parte.

Ma come facevano, gli esseri umani, a fingere così l'indifferenza?

Come riuscivano a restare distaccati quand'era così palese, così dolorosamente palese, che qualcosa si muoveva nell'aria intorno a loro? Come si poteva ignorare una tensione nell'animo che perfino Merlin, una creatura magica, riusciva ad intuire, come, come scansare il problema ancora e ancora e ancora – fino a che si riusciva a convincersi che il problema stesso non esisteva più...

Perché era la conclusione alla quale, in qualche modo, era arrivato da quella rapida stoccata di sguardi. Ci doveva essere qualcosa, sotto, tra Arthur e Gwen, qualcosa che però loro tendevano vergognosamente ad evitare. Senza riuscire molto nell'intento, dato che perfino Merlin, stregone e svampito com'era, si era immaginato qualcosina.

Improvvisamente un brivido lo fece scuotere, passando dalle spalle lungo tutta la schiena in uno spiacevole formicolio. Sentiva freddo. Nella foga di prima non se n'era accorto, ma era uscito senza portarsi dietro una delle sue celeberrime sciarpe – e adesso aveva il collo scoperto e non andava bene, ed era freddo. Forse si era infreddolito tanto che la sensazione gli era penetrata nelle ossa, subdola, lenta. Come aveva fatto a non notarlo non lo sapeva, ma ora ce l'aveva dentro, pungente e affannosa.

“La colazione è il pasto più importante della giornata, non permetterti di contestarmela” stava dicendo di nuovo Arthur a Merlin.

Parole vuote, parole a vuoto...

Non perdere tempo così, non dire sciocchezze. Dovresti parlare con lei, sistemare le cose tra voi...

“Andatelo a dire al sarto quando dovrà tornare a prendervi delle nuove misure.” Il commento uscì a Merlin più gelato del dovuto – ma stava sentendo freddo, non poteva farci niente. Era lui stesso che stava gelando, lì.

Il principe si alzò, spaventosamente truce in faccia. Gli altri sorridevano, ancora nel clima scherzoso che si era rotto per Merlin soltanto.

Allora se il problema era solo suo, tanto valeva ignorarlo e riprendere il gioco; Arthur voleva giocare. Avrebbero giocato. Lo stregone fece un passo all'indietro, incerto (ma intanto si era abbassato le maniche per nascondere la pelle d'oca). Il principe ne fece uno gemello per avvicinarsi a lui. Merlin si spostò a sinistra, l'altro fiancheggiò la poltrona a destra, di qua e di là, preda e cacciatore, e Merlin che celava il tremore, e Arthur con l'espressione impenetrabile, e le risate intorno.

Alla fine Merlin, con uno scatto, prese la porta – uscire, uscire, via di lì – tentando di chiudersela dietro. Ma sentì distintamente Arthur che la bloccava con la mano e la spingeva di nuovo e che poi, dopo due frazioni di secondo, gli arrivava alle spalle senza sforzo.

Esattamente nello stesso istante in cui le risate degli altri scoppiavano libere nello studio, proprio a quel punto un'ondata di calore avvolgente afferrò tutto Merlin – orecchie, collo senza sciarpa, braccia, mani, gambe, piedi, tutto.

Arthur.

Il principe gli aveva bloccato la testa col suo braccio in una presa a tenaglia per potergli arruffare i ricci neri. Le sue nocche premevano con vigore fastidioso sui capelli di Merlin senza dargli un attimo di pace.

“Basta!” si lamentò lo stregone, ma gli venne da ridere.

Non poteva non ridere. Era assurdo, era stupido, una cosa prepotente, ridicola, da bambini. Una cosa da Arthur.

“Stavi forse insinuando che sono grasso?” disse il principe.

Lui cercò di spingerlo via con le mani, senza successo. “Non lo so, forse... ugh... smettetela!”

“Come forse?”

“No, va bene, no, non insinuavo niente – nessuna insinuazione!”

Arthur lo lasciò, ma il calore, il calore irradiato dalle sue dita, quello rimase con Merlin, gli restò addosso. La sentì quando tentò di appiattirsi i capelli, una sensazione di tepore; gli era rimasta tra i ricci o nelle mani? Forse si era incastrata ovunque, e Merlin si ritrovò a sperare che non svanisse tanto presto (era meglio che restare infreddolito, comunque).

Arthur si aprì in un sorriso obliquo e compiaciuto nel semi-buio del corridoio.

A pochi passi di distanza, dalla porta accostata dello studio, una riga di luce gialla si tagliava un varco nell'ombra. Le tende del grande finestrone che si apriva nel muro davanti a loro erano raccolte da fermagli dorati. L'illuminazione esterna filtrava dentro creando un gioco di bagliori contrastanti sulle pareti.

Il viso di Arthur, il biondo dei sui capelli, tutto era immerso nel riflesso bluastro della notte. “Spero per te che ricordi la lista della colazione che ti ho fatto prima; non mi ripeto” disse lui, rompendo il silenzio. “Poi domattina proviamo il discorso per l'evento da Hatchards. Non che mi aspetti che tu mi dia un giudizio da esperto. Ma il tuo livello intellettivo è alla pari di quello del pubblico dei bambini che ci sarà, quindi...”

Per qualche momento, Merlin non riempì il vuoto con altre parole.

C'era una cosa che gli era tornata in mente, riemersa con urgenza adesso che il principe aveva nominato di nuovo Hatchards. Si era già posto quella domanda, ma non aveva avuto occasione per rivolgerla all'altro, e così l'aveva accantonata.

Si trattava solamente di una curiosità. Eppure, in qualche modo, adesso lo stregone sentiva che avrebbe potuto essere importante.

Merlin?” lo chiamò Arthur.

“Sì?”

“Di solito dici così tante scemenze che è davvero strano, quando stai zitto.”

“Una domanda per voi ce l'ho, in realtà.”

Parlavano ancora così, uno di fronte all'altro, senza dare segno di volersi avvicinare, ma nemmeno di volersi allontanare. Lo stregone si strinse nelle spalle, il principe gli fece un cenno spazientito per esortarlo a esprimersi.

“Come avevate fatto l'altra volta a capire subito che Mordred era scappato di casa?” disse allora Merlin.

La cosa l'aveva colpito. In realtà era stato così chiaro anche ai suoi occhi, ma solo dopo che Arthur l'aveva specificato ad alta voce. Ed era stata ancora più una sorpresa, perché non credeva che il Principe fosse un tipo tanto sensibile e recettivo, e invece ci aveva visto più lungo di lui.

“Ho una certa esperienza, nel contesto dello scappare di casa e nascondersi dai problemi” disse il biondo.

Oh, sì, Merlin poteva scommetterci che, con quel padre che si ritrovava, Arthur avesse avuto spesso voglia di evadere, di mollare. Il discorso sull'entrare in esercito, sul non sapere cosa fare di lui – Merlin non l'aveva dimenticato.

Solo che... non sembrava giusto. Sembrava così poco adatto ad Arthur, che lui si comportasse in quel modo. Non era da lui, non era dal vero lui; il vero Arthur, Merlin stava iniziando a pensarlo, era quello che sapeva dare buoni consigli ad un bambino, parlandoci con sincerità e serietà. Quello che se ne prendeva cura come fosse stata una cosa scontata da fare, proteggendolo da occhi indiscreti e dagli scossoni della gente in metro. Era quello che aveva un capo carismatico in sé, che quando emergeva illuminava tutto il resto.

Lo stregone ne aveva avuto solo un assaggio, ma era stato quasi abbagliante. Non si poteva ignorare. Arthur per primo non avrebbe dovuto.

“Non ci credo” gli disse allora, con fermezza. “Voi non siete il tipo che scappa e si nasconde. Potete essere molto più di questo.”

Tutto il corpo dell'altro si fece rigido, ma gli occhi... quelli no, erano in movimento, un vorticare di toni blu nella notte. “Come fai a esserne così sicuro?” gli disse.

Merlin voleva dirgli che, in effetti, non sarebbe stato in grado nemmeno di dargli una motivazione precisa. Però lo sapeva, voleva dirgli, lo sapeva e basta. Perchè era chiaro, lampante, naturale, quasi ovvio.

Prima che potesse parlare, però, Elyan spalancò di botto la porta dello studio, affacciandosi verso di loro. “Tutto bene, Merlin? Ti serve un aiuto fisico?”

La testa di Leon spuntò sopra la sua. “Dovreste controllarvi, Altezza. Merlin è così magrolino... non è giusto prendersela tanto con lui” disse, da adulto responsabile.

Comparve pure Gwen, appoggiandosi allo stipite della porta per scuotere stancamente la testa verso il principe.

“Ma... che volete, tutti quanti?” esplose lui. “Bravo, ti sei pure fatto il tuo piccolo esercito di difensori personali, Merlin, e adesso io passo per quello cattivo.”

“Non è che passate per quello cattivo” disse Leon, portandogli un braccio attorno alle spalle. “È che vi conosciamo, sappiamo come siete fatto.”

“Inoltre, viene d'istinto proteggere Merlin” concluse Gwen, sorridendo con semplicità. Poi spinse dolcemente lo stregone sulla schiena per farlo rientrare nello studio. “Non è vero? È talmente carino... voglio dire, come persona – non che non sia carino pure come ragazzo, cioè... ehm...”

Mentre gli altri parlavano tra loro e il principe protestava, burbero, il sorriso di Merlin continuò ad allargarsi.

Forse un giorno avrebbe trovato le parole giuste da dire ad Arthur... ma fino ad allora, avere una banda di cavalieri al suo servizio che lo portavano in salvo da strane situazioni gli faceva piuttosto comodo.

 

 

ʘ

 

 

La mattina dopo, la sveglia suonò implacabile e spietata alle sei e un quarto. Merlin allungò la mano verso la fonte del rumore, sentendosi più morto che vivo, e, appurato che non gli riusciva di farla star zitta, la chiuse nel cassetto. Ovviamente la mossa fu inutile, quindi non gli rimase che tirarsi su seduto per spegnerla nel modo giusto. Dopotutto, era quello lo scopo delle sveglie.

“Aggeggio infernale” gli borbottò addosso Merlin, la voce roca, depositandola accanto a Mini-Kilgharrah.

Quello se ne stava beffardamente a guardare lo spettacolo dal suo posto in fila d'onore (era stato sistemato rialzato, alla base della lampada).

“Almeno tu ti diverti” disse lo stregone, uscendo dal bozzolo delle coperte tutto intontito.

Scese le scale con cautela, appoggiando le mani al muro gelato – non avevano ancora cambiato la lampadina, ma ormai lui si era abituato e avrebbe potuto camminare lì ad occhi chiusi, come in effetti stava facendo.

In cucina, sorprendentemente, trovò già Gaius; aveva il viso scomparso per metà dietro gli occhialoni da botanico, mentre dal naso in giù era nascosto dalle piante sulle quali era chino. “Già sveglio a quest'ora, Merlin?” lo salutò, accorgendosi di lui. “Come mai? Deve essere successo qualcosa di grosso per davvero.”

Il ragazzo si passò le mani sulle braccia, scrollandosi via il freddo.

“Da oggi dovrà diventare un'abitudine. Sua Altezza Reale Testa di Legno vuole che vada a tirarlo giù dal letto portandogli la colazione tutte le mattine. E tu che stai facendo?”

L'uomo si spostò gli occhiali protettivi sulla testa, gli occhi buoni che brillavano già. “Vedi, ho scoperto che le specie su cui sto lavorando adesso reagiscono in un modo particolare in certe specifiche ore della giornata” iniziò, appassionato. “Ma... suppongo che a te non interessi, del resto” disse, interrompendosi di botto.

Merlin sorrise, recuperando tazza, latte e marmellata – tutti messi nei posti sbagliati. In effetti non gli interessava, ma cercava di non darlo a vedere più di tanto. Gli piaceva quando Gaius era tutto preso dalle sue cose; a Merlin piaceva quando le persone che lo trattavano con gentilezza cercavano di coinvolgerlo nelle loro attività preferite. Lo faceva sentire pieno. Lo saziava.

“Non è il mio campo, ma mi diverte ascoltare le tue spiegazioni” disse allora all'altro. “Sei il mio mentore, comunque. Tutto ciò che dici potrebbe tornarmi utile.”

Gaius gli lanciò un'espressione piacevolmente stupita, stile “so che stai mentendo ma apprezzo il pensiero”, e lo stregone si sentì contento. Poi, mentre procedeva come al solito a fare colazione in piedi perché i posti disponibili erano stati occupati da vegetali, gli venne un'illuminazione.

“A proposito, Gaius, stavo pensando... se io ho un mentore, questo significa che ne avrà uno pure Morgana, giusto? Altrimenti non sarebbe equo.”

“E chi è Morgana?” disse l'uomo, cadendo dalle nuvole.

Merlin rise e il latte gli andò di traverso. “La mia sfidante nel Duello del Drago!”

“Ah, certo, certo” disse Gaius, scacciando l'aria con la mano. “Be', suppongo che ne sarà stato assegnato uno pure a lei. Ma pretendevi che mi ricordassi il suo nome? L'età è l'età, ragazzo mio. L'ho letto solo nella lettera che mi era arrivata dal Regno e poi non l'ho più sentito. Tu non me la nomini mai.”

Lo stregone si concentrò sulla tazza che teneva tra le dita. Doveva ammetterlo, non aveva pensato molto a Morgana, recentemente. Non era stata colpa sua, però: il Principe degli Asini l'aveva monopolizzato, prendendo il controllo, oltre che del suo tempo, anche della sua testa.

“Ma dimmi una cosa” disse Gaius, “che tipo è, questa Morgana? C'è da stare in campana con lei?”

“Assolutamente sì” rispose subito. “Il Grande Drago ha detto che io e lei abbiamo la magia più forte del Regno. Ma anche se non l'avesse specificato, ho sempre creduto che fosse una strega con molto potenziale. In più è scaltra e non si ferma davanti a niente” concluse, cercando di tracciare un ritratto più fedele possibile di lei.

A questo punto Gaius lo guardò male, incrociando le braccia al petto. “Non ti sembra strano, allora, che non si sia ancora fatta vedere in giro, se è così abile?” disse.

Oh. Effettivamente era molto sospetto.

Negli ultimi giorni Merlin era quasi arrivato ad accantonare come secondario il fatto che si trovasse lì per partecipare a una gara; doveva considerare che non era l'unico a muoversi su quella terra con l'intento di avvicinarsi al Principe dei Draghi.

“Dovresti iniziare a pensare a come muoverti con più serietà. Ormai ti sei ambientato bene, quindi potresti passare ai fatti. Se non altro, cerca di approfittare dell'assenza di Morgana per studiare un buon piano d'azione” suggerì il mentore.

Merlin annuì vigorosamente. “C'è un piccolo dettaglio, però” disse, le labbra strette e l'espressione vuota. “Non ho ancora la minima idea di cosa fare con Arthur.”

Perché avvicinarsi, gli si era avvicinato. Ma adesso?

Gaius sospirò, spostando una pianta grassa da uno sgabello al pavimento per poter prendere il suo posto. “Vediamo di procedere con ordine” disse. “Innanzitutto, come vuoi prenderlo, questo cuore? Strappandoglielo via dal petto?”

“No!” La velocità con cui rispose fece alzare il sopracciglio di Gaius con un'angolazione che Merlin non si era immaginato fosse possibile raggiungere. Anche il latte rimasto oscillò pericolosamente fino quasi a zampillare fuori dalla sua tazza. “Ehm... voglio dire, non credo sia quello il modo giusto, no?” balbettò poi Merlin. “Se fosse stato così semplice, chiunque sarebbe riuscito a prendere il cuore di un Principe dei Draghi. Invece nessuno stregone l'ha mai fatto finora.”

“Esattamente. È per questo che mi sento sicuro a suggerirti di scartare l'opzione” disse l'uomo, e allora Merlin si sistemò meglio contro il forno, molto più rilassato.

“Quindi mettiamo da parte i modi brutali e violenti; ovviamente scartiamo anche, per forza di cose, il tentare di operare con la magia su un cuore umano, perché sarebbe inutile... l'unica cosa che resta...”

Lo stregone sgranò gli occhi, le dita tanto strette intorno alla porcellana da iniziare a sbiancare sulle punte.

“L'unica altra via che mi viene in mente è, be', quella più scontata. Il vecchio sistema. Catturare il cuore di un essere umano... come farebbe un essere umano” concluse Gaius, portandosi una mano sul mento.

Merlin lo guardò come se l'altro avesse avuto voglia di prenderlo in giro con uno scherzo stupido, solo per vedere se ci sarebbe cascato.

“Ma io non sono un essere umano” articolò piano, piegando la testa.

“Ed è proprio per questo motivo che nessuno stregone ce l'ha mai fatta prima d'ora” puntualizzò Gaius. “Perchè nessuno ha mai avuto il fegato di mettersi tanto nei panni di un essere umano, di capire come funzionano per loro le cose.”

A Merlin sembrava un timore fondato e più che comprensibile. Poteva ben immaginare cosa frenasse gli stregoni che si trovavano di fronte alla possibilità di perdere la magia a causa di un contatto eccessivo con l'umanità.

La cosa strana, in quel momento, fu che si ritrovò a valutare l'ipotesi con un distacco inaspettato. Come se, da qualche parte dentro di lui, la stesse considerando una possibilità da non scartare.

Da in quando in qua era diventata accettabile l'idea di rischiare tanto?

Aveva davvero pensato, per una frazione di secondo, di mettere in gioco la sua magia per... “Dèi del cielo” disse, portandosi le mani tra i capelli.

Era impazzito?

“Aspetta, aspetta, Merlin. Forse per te questa cosa potrebbe funzionare. Perché mi hai detto che sei nato dall'amore, o sbaglio?”

“Così mi dice sempre mia madre” disse lui, schiarendosi la voce.

“E poi ti ho visto, e te l'ho già detto” si animò Gaius. “Ti stai comportando abbastanza diversamente da come avrebbe fatto qualunque altro stregone. Forse... ma sì, potrebbe essere la strada giusta. Dal primo momento mi sei sembrato molto... portato a capire le creature umane. Predisposto al sentimento, ecco.”

Sì, Merlin sapeva anche quello. L'aveva sempre saputo e sempre l'aveva considerata una debolezza enorme che lo esponeva al rischio più di chiunque altro. Invece adesso Gaius gli stava suggerendo che proprio il suo tallone d'Achille avrebbe potuto tornargli utile... ma sembrava talmente assurdo anche solo pensarlo.

“Quindi stai tentando di dirmi, che, poiché sarei... 'predisposto al sentimento', per me è possibile concretamente riuscire a fare come... come fanno gli esseri umani?” disse, a metà tra lo scettico e l'incuriosito.

“In teoria, potrebbe essere” disse Gaius, cauto. “Ora che ci penso, in passato lessi dei libri su quest'argomento. 'Figli dell'amore' li chiamano, quelli nati come te. Siete creature tanto rare quanto speciali” disse in tono significativo.

Merlin sbuffò una risata, sentendo il bisogno di appoggiarsi con tutte e due le mani al forno dietro di lui. Una creatura rara e speciale... lui. Prima lo stregone più potente, e adesso questo. Che cosa diamine stava succedendo Merlin non lo sapeva, ma era difficile interiorizzare certe verità quando fino a poco prima si era sempre sentito privo perfino di una direzione. “Va bene, va bene, lasciamo da parte la teoria” disse, non del tutto convinto. “In pratica cosa dovrei fare, precisamente, per, ehm... catturare un cuore umano come farebbe un umano?”

Gaius annuì una volta, fissando con intensità un angolo in alto a destra per una manciata di secondi così abbondante che Merlin quasi stava per innervosirsi con lui. “Continua solo a comportarti come hai fatto finora” gli disse alla fine, pensieroso.

“Cioè... devo continuare a pulire stanze e spostare enciclopedie?”

Lui aveva scherzato ma il mentore era più serio che mai. “Anche quello, sì” disse, convinto. “Continua a stare intorno al principe, a convivere con tutti gli altri, a scoprire tutti gli strati e tutte le sfumature. Ridi, grida, vivi, buttati, ma...”

A quel punto Gaius si alzò, raggiungendo lo stregone per allacciargli saldamente le mani nodose sulle spalle. “Devo ricordartelo, Merlin, tu devi esserne consapevole al cento percento. Il fatto che potresti perdere la magia, alla fine, non cambia” gli disse, puntando su di lui lo sguardo preoccupato in cerca di una risposta. “Comunque resta un processo rischioso. Magari sei più portato degli altri a sentire il sentimento, ma se ti ci addentri troppo, puoi anche non riuscire a staccartene più. Soprattutto, puoi immaginartelo...”

E Merlin, curiosamente, notò che la pelle del suo buon mentore si era fatta più colorita allo spuntare di una specie di disagio. Sembrava uno di quei padri che partono a razzo col loro discorsetto da uomo a uomo col figlio, e poi si arenano una volta raggiunti i punti scottanti.

“Standogli sempre accanto” disse Gaius, guardando da un'altra parte, “potresti finire col perdere tanto a causa del... lo sai bene che voglio dire – il coinvolgimento sentimentale.”

Il coinvolgimento... ?

“Tra – tra me e Arthur?” scoppiò Merlin, a voce alta. Poi prese a ridere, scostandosi i capelli dalla fronte. “Wow, ah ah! Sta' sicuro, Gaius, che questo pericolo non lo corro proprio.”

L'uomo lo guardò un attimo, una strana espressione sul viso. “Veramente, io parlavo un po' in generale” disse lento. “Potresti innamorarti di chiunque ma, certo, stando sempre insieme ad Arthur, suppongo che, del resto...”

“Aehm, be', non ti preoccupare, Gaius. Non sono uno che si innamora facilmente.”

Per tutti i draghi, era una delle conversazioni più imbarazzanti che Merlin avesse mai avuto. Non capiva bene quali punti, di preciso, l'avessero messo in imbarazzo, eppure di una cosa era sicuro: avrebbe cercato di non ripetere mai più una chiacchierata del genere col suo mentore.

Per fortuna quest'ultimo era tornato composto e, schiarendosi la voce, sembrava aver dimenticato la perentesi di prima. “Ragazzo mio” riprese, stavolta più grave, con più urgenza. “Se non te la senti di proseguire per questa strada, non ti preoccupare. Nessuno ti costringerà mai a farlo. Possiamo sempre pensare a un altro modo. Lo so bene, cosa significa mettersi in ballo così.”

Ma Merlin non lo sapeva, cosa significava mettersi in ballo. Ed era per questo che aveva voglia di ballare.

Lo stava facendo, c'era già dentro, eppure, allo stesso tempo, non lo capiva. Sentiva il bisogno innato in lui di non mollare con gli esseri umani, con il Mondo Riflesso, con Arthur. Sentiva che quello fosse l'unico approccio giusto per lui, l'unica prospettiva dalla quale avrebbe mai potuto vivere la sua avventura.

Il caos magmatico delle sue sicurezze, la confusione di quella specie di presentimenti, tutto questo gli era impossibile da ignorare.

Perché era arrivato fin lì seguendo un'ispirazione; sarebbe stato sciocco non continuare a fare lo stesso adesso. Anche se la posta in gioco era alta, l'essenza stessa di Merlin aveva già scelto, forse senza nemmeno valutare per davvero la possibilità della scelta.

“Voglio provarci” disse quindi, sicuro di sé.

“Già... sei coraggioso” disse Gaius. Era così convinto, carico di qualcosa che – era orgoglio? Lo era? Merlin non ci era abituato, a sentire nella voce degli altri una nota tale rivolta a lui.

“Penso che tu possa farcela” continuò l'uomo, e quando i suoi occhi divennero umidi Merlin si sentì per metà felice e per metà sconcertato. “Ho fiducia in te, figliolo. In quello che sei.”

Che cosa poteva fare, un essere umano.

Come era in grado di farti sentire, solo con poche parole.

Merlin deglutì, percependo la potenza di quanto gli era appena stato detto; e allora lo capì. Se su di lui avevano avuto tale effetto, chissà cosa facevano a una creatura riflessa parole del genere.

“Aspetta un attimo, Gaius; guadagnarsi la fiducia di qualcuno... può avere qualcosa a che fare col riuscire a catturare il suo cuore?”

“Direi che è il primo passo” disse il mentore.

La fiducia. Il primo passo. Guadagnarsi la fiducia di Arthur. Come fare?

“Tu come ci sei riuscito?” si agitò lo stregone. “Voglio dire, è chiaro che qui si fidano tutti ciecamente di te. Quando sono arrivato, nessuno ha fatto molte domande, è bastato che tu garantissi per me. Mi hai persino portato dal re in persona e, anche se a lui non è interessato molto, penso di essergli andato bene perché mi hai raccomandato tu.”

“È che lavoro qui da quarant'anni ormai, sai” rise Gaius. “Iniziai subito, non appena arrivai dal nostro mondo. Piano piano, col tempo, mi sono guadagnato la fiducia di queste persone, così come loro hanno la mia.”

“Quindi la fiducia di un essere umano si ottiene col tempo” concluse Merlin.

Se così stavano le cose, non era un punto a suo favore. Non poteva certo metterci tranquillamente quanto gli pareva, se dall'altra parte c'era un drago con le ore contate e una rivale che avrebbe potuto far prima di lui.

“Col tempo e con la pazienza” aggiunse l'uomo.

Aveva lo sguardo un po' amaro e un po' sognante, rivolto a un passato irraggiungibile per Merlin. “Inoltre, coltivando una relazione da entrambe le parti... con gli esseri umani funziona così: ricevi quello che dai, e qualche volta capita che dai ma non ricevi proprio nulla in cambio. Ed è una delle nostre regole per vivere nel Mondo Riflesso – solo che non ricordo a che numero eravamo arrivati...”

“Gaius” lo interruppe lo stregone prima che iniziasse di nuovo a sproloquiare. “È assurdo, però... Non ricevere proprio nulla anche dopo che si è dato tanto, non ti pare un'ingiustizia?”

Il mentore sorrise, la bocca piegata all'insù in una linea dolcemente beffarda. “È questo l'amore” disse, semplicemente.

Amore? Ma non stavamo parlando di fiducia?

Fu così, proprio così, ingenuamente, in quell'atmosfera di sgomento ed eccitazione e di grandi decisioni che, per la prima volta, Merlin lo realizzò: conquistare un cuore o farsi amare da qualcuno, in un certo senso, non erano due cose poi molto diverse.

 

 

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Merlin correva.

In realtà avrebbe dovuto svegliare Arthur alle sette, ma parlando con Gaius l'ora stabilita era ormai passata da trenta minuti senza che lui se ne rendesse conto. Un salto veloce in cucina dove Gwen, benedetta lei, aveva già messo da parte alcune cose pronte per lui e poi via, su per le scale interne.

Primo piano, cameriere al lavoro da evitare sui gradini, personaggi in completo nero che scrutavano il posto controllando che tutto fosse tranquillo (Merlin andò a sbattere sul braccio di uno, quello lo guardò malissimo), secondo piano, lo stregone non aveva già più fiato, e finalmente, in fondo, le stanze del principe.

Merlin bussò. Nessun suono si sentì da oltre la porta. Allora l'aprì, piano.

Fece spuntare la testa dentro: nel salottino dell'anticamera non c'era anima viva – era tutto troppo ordinato, quindi Arthur doveva star ancora dormendo.

Lo stregone camminò in punta di piedi fino alla stanza da notte, tenendo il vassoio della colazione saldamente, con due mani.

Eccolo là, Arthur.

Dormiva senza maglietta anche se ormai faceva piuttosto rigido di notte, l'idiota. Se ne stava esattamente al centro del suo letto a due piazze. Le coperte erano tirate giù fino al busto, le braccia erano scomposte sul cuscino. Aveva su l'espressione più infantile del mondo – le sopracciglia in una linea distesa, le labbra perfino un po' schiuse, e sembrava così rilassato. Come se non avesse mai conosciuto nessuna preoccupazione in vita sua. Visto in quel modo, era lontano anni luce dallo scemo che aveva ghignato la sera prima la sua esultanza per la sconfitta alla Play Station di Merlin.

Lo stregone faticò enormemente per non scoppiare a ridere o fare qualcosa per stuzzicarlo, tipo pizzicargli il naso. Ma alla fine non fece niente perché, per una buona volta, Arthur pareva così pacifico, tranquillo e addirittura – santo cielo, addirittura innocente e indifeso.

Merlin lo guardò meglio, mordendosi il labbro, e all'improvviso fu come guardarlo per la primissima volta da un punto di vista diverso.

Il Principe dei Draghi, Arthur Pendragon. Arthur e basta. Era sua la fiducia che Merlin stava tentando di guadagnare. Era da lui che avrebbe provato a farsi amare. Certo, la tappa della fiducia era la più facile e, probabilmente, l'unica che, al massimo, avrebbe potuto raggiungere. Perchè, farsi amare da Arthur... ? Impossibile. Ridicolo. Al solo pensarlo, lo stregone si sentì stupidissimo e rise di se stesso. Era improponibile, vero?

Chissà se era la stessa cosa che pensava anche il principe – cioè, di sicuro lo era... ma chissà cosa pensava, di preciso, il principe.

Cosa aveva pensato fino a quel momento di lui; che idea si era fatto riguardo alla sua persona, in quei giorni. Questo, si disse Merlin, sarebbe stato meglio saperlo. Se la fiducia sbocciava nella cornice di un rapporto reciproco, anzi, avrebbe dovuto proprio saperlo.

Quindi gli venne in mente di provare a fare una cosa nuova. Tentare di ascoltare la voce dei ricordi del principe nelle sue stanze non aveva funzionato; perché allora non vedere se gli riusciva di ascoltare i ricordi del suo cuore?

Non aveva mai studiato la tecnica per lanciare un incantesimo del genere, eppure, se quello che avevano ipotizzato con Gaius non fosse stato solo un mucchio di sciocchezze, magari per Merlin avrebbe funzionato. Magari quello sarebbe riuscito ad ascoltarlo.

Il suo corpo già si era messo in moto da solo. Si piegò, piano piano piano, per raggiungere il comodino e appoggiarci il vassoio sopra.

Ma il bicchiere della spremuta d'arancia cozzò con la tazzina del caffè, facendola tintinnare, e lo stregone dovette bloccarsi comicamente a metà dell'azione. Appurato che il sonno del principe era pesante come il suo senso dell'umorismo, si riprese e portò vittoriosamente a compimento il primo punto.

Poi andò a sedersi, cauto come non aveva mai fatto, sul letto. Nessun segno di vita proveniente dal principe.

Allora gli occhi di Merlin divennero d'oro e la sua magia fiammeggiò fino alla punta delle dita. Delicatissimamente portò il palmo sopra al petto di Arthur, a sinistra. A un millimetro dal contatto con la pelle, lo tenne sospeso lì, per qualche secondo.

Non riusciva a sentire proprio niente.

Tese di più le dita, piegò pure un po' la testa per avvicinare l'orecchio.

Ancora niente.

Ah, era stato così stupido, un'altra volta... – ma a quel punto successe qualcosa, e dopo quella altre cose tutte insieme una dopo l'altra – il principe sospirò profondamente, Merlin scattò, strizzò gli occhi, la sua mano coprì la distanza e infine si posò all'altezza del cuore di Arthur.

Il cuore di Arthur.

 

Tu-tum, tu-tum, tu-tum.

 

Merlin alzò una palpebra: l'altro, miracolosamente, dormiva ancora. E, dentro il suo petto...

 

Tu-tum, tu-tum, tu-tum.

 

E Merlin...

 

Tu-tum, tu-tum, tu-tum.

 

Dio, sei davvero imbarazzante. Ma sei sempre stato così goffo?

 

Tu-tum, tu-tum, tu-tum.

 

Sei fuori di testa a comportarti così. Mordred non imparerà niente da questa storia. Ma tu ci credi sul serio che c'è del buono in tutti?

 

Tu-tum, tu-tum, tu-tum.

 

Non l'avranno già fotografato? Bastardi. Lasciateci in pace.

Lasciatemi in pace.

 

Mi dispiace, se do cappello e occhiali al bambino, non ho niente per nascondere te.

 

Oddio, russo per davvero? Mi prendi in giro, stronzetto?

 

Chi cavolo è, Will? Cioè, fammi capire. Hai pure una vita al di fuori del palazzo – parli con altre persone oltre me?

 

Ci è mancato poco, mi hai quasi eliminato all'ultimo livello. Questa non me l'aspettavo.

 

Ma guardati, ti brillano gli occhi solo a vedere quel giochino. “Mini” che?

 

Piantala con quel sorriso idiota.

 

E così, è quello che pensi. Che io non sono uno che scappa, che posso fare di più. È così? Lo pensi sul serio? Come fai a esserne sicuro?

 

Papà, fammi provare.

Ti prego, dimmi che mi lascerai provare.

Dimmi che ti fidi.

 

Lo pensi sul serio, che io posso fare molto di più?

 

Non so neanche cosa voglio fare. È tutto così pesante che qualche volta mi è pure difficile respirare.

 

Se le cose fossero facili come la metti tu... non sarebbe male.

 

Oh... adesso pensi che non sono male?

 

Dopotutto, non sei male neanche tu.

 

Merlin staccò la mano in un gesto secco, ritrovandosi senza fiato. Per un attimo terribile e meraviglioso insieme, si sentì come se qualcosa gli stesse risucchiando il respiro. Stava sudando freddo, tutto il corpo tremava – quell'incantesimo l'aveva sfinito.

Percepì le sue membra come se fossero appartenute a qualcun altro. Si piegavano in due per lo sforzo, poi scivolavano mollemente fino al pavimento.

Eppure aveva ascoltato la voce di Arthur; ce l'aveva fatta, e questo lo faceva sentire forte, un campione. Ma era stato micidiale: i pensieri gli erano scoppiati nella testa accavallandosi l'uno sull'altro, portandosi dietro una miscela esplosiva di stati d'animo – curiosità, disagio, imbarazzo, ansia, ansia, ansia, delusione, felicità, oh, luce nel buio. Sottile, ma pura, viva, tanto viva.

Ricevere tutto in un colpo solo non era stato piacevole per Merlin. O forse... non lo sapeva, non sapeva.

Non l'avrebbe rifatto. No, non l'avrebbe rifatto; ora gli sembrava di non averne tratto nulla, e invece lo sforzo era stato madornale.

Merlin” sentì poi chiamare.

La schiena gli si gelò, rizzandosi contro il letto. Alzò la testa e trovò Arthur seduto, che lo guardava sporgendosi un po' in avanti. Aveva le sopracciglia inarcate e l'espressione vuota di chi si è appena svegliato. “Che accidenti stai facendo, lì per terra?” gli disse, annoiato.

Con orrore, Merlin percepì chiaramente un rossore vivido espandersi da un orecchio all'altro, passando per il ponte del naso, lungo tutta la sua faccia, mentre, stupidamente, pensava di aver appena violato i pensieri di Arthur.

Non ne aveva tratto che un forte mal di testa, era vero, ma allo stesso tempo gli sembrava ora una cosa veramente idiota da fare. E un minuto prima l'aveva considerata un'idea geniale.

Allora boccheggiò, rialzandosi maldestramente. “Cercavo una cosa che mi è caduta” disse, stupendosi da solo della classe con cui gli riusciva di uscirsene sempre con una risposta pronta.

“Se intendi il tuo cervello” disse il principe, stiracchiandosi, “deve esserti caduto da qualche parte insieme alla tua puntualità. Cerca meglio.”

Merlin si costrinse a ridere, ma nella risata venne assalito dalla debolezza. La magia dentro di lui protestò con forza, quasi come se lo stesse calciando, e gli parve di vedere davanti a sé la nausea materializzarsi e scoppiare in strisce di luce bianche e rosse. Dovette chiudere gli occhi per un attimo. Per non farsi vedere diede la schiena ad Arthur, fingendo di riprendere le cose per la colazione.

“Tutto bene?” gli chiese Arthur, che comunque di qualcosa doveva essersi accorto.

“Sì... sì. Andare a dormire tardi, svegliarsi la mattina presto, non ci sono tanto abituato” disse in fretta lo stregone. Scrollando forte la testa, sollevò il vassoio, si voltò, poi vide la faccia di Arthur – confusa ma pulita, i capelli sparati da ogni parte, gli occhi azzurri puntati addosso a lui – i pensieri del suo cuore, i suoi pensieri privati, aveva sfogliato quelli come le pagine di un diario segreto, accidenti!

Una mano gli cedette, il vassoio fece un mezzo giro aggraziato per aria e tutto quello che c'era sopra si rovesciò, miseramente, sul letto di Arthur.

Merlin rimase fermo, le braccia ancora mezze sollevate a reggere un vassoio invisibile.

Arthur strinse le labbra diventando livido. “Merlin” disse poi, la voce strozzata, “Santo dio, Merlin!” ripetè, ruggendo e strepitando come un bambino.

“Scusate...”

In un gesto solo Arthur si fiondò al bordo del letto e spuntò via le coperte per tirarle, con vigore, addosso allo stregone. Lui le ricevette come un pungo in faccia: il peso lo fece sbilanciare e il passo indietro per riacquistare l'equilibrio finì solo per fargli intrecciare i piedi nel lenzuolo.

Girando su se stesso nel tentativo di liberarsene, Merlin ci finì avvolto dentro; alla fine, con un lamento stanco, crollò a bocca davanti sul pavimento.

Non era nemmeno tanto scomodo. Poteva pure pensare di rimanere lì qualche minuto, ad occhi chiusi, mentre la magia si assestava dentro di lui e il suo fisico si ricaricava. Almeno era coperto e al caldo.

Arthur però pareva pensarla diversamente. Merlin lo sentì rotolare giù da letto e afferrarlo per le spalle. “Ma che cavolo?!” sbraitò, rimettendo in piedi Merlin.

“Niente, sono solo stanco, ve l'ho detto” disse lui, la voce fioca.

“Mi stavo lamentando per la mia colazione, veramente” disse il principe, acido. “Adesso mi toccherà scendere in cucina per conto mio. Tu butta questa roba in lavanderia e vai a darti una ripulita, intanto.”

Mentre Arthur si infilava una maglietta, Merlin pensò che in realtà l'altro avrebbe potuto benissimo chiamare qualcuno e farsi portare su un nuovo pasto. Ma non glielo ricordò.

Se scendeva anche lui avrebbero fatto un pezzo di strada insieme, e lo stregone non si sentiva tanto sicuro ad andare da solo, nelle condizioni in cui si trovava.

Quindi si limitò ad annuire, stringendosi nelle lenzuola che sapevano di latte e arance come se avesse avuto addosso un mantello.

“Cerca di rimetterti in sesto per oggi pomeriggio” disse Arthur, spingendolo oltre la porta. “Dev'essere tutto in ordine per il ritorno di mia cugina. Non oso immaginare le storie che potrebbe tirare su vedendo che ho un valletto sciatto come te.”

Merlin lo guardò, sbattendo le palpebre. “Vostra cugina?”

“Non te lo ricordavi, vero? Me l'immaginavo, ma speravo che mi avresti sorpreso, per una volta, visto che non si parla d'altro a palazzo.”

Lo stregone intercettò una cameriera che se ne stava andando in giro con un carrello di biancheria sporca. Ci ficcò dentro le coperte, tornando affianco as Arthur. Per lui era una vera novità, la storia della cugina, e voleva saperne di più.

“Andiamo, Merlin!” il principe si spazientì di fronte al suo sguardo perplesso e stanco. “È praticamente da quando sei arrivato qui tu che mia cugina ha annunciato il suo ritorno.”

“Non ne sapevo niente” disse, stringendosi nelle spalle.

“Figurati se per una volta eri informato su qualcosa.”

In realtà il fatto curioso era che Merlin non fosse informato proprio dell'esistenza stessa della cugina del principe. Non ricordava di averla incontrata mentre raccoglieva le sue informazioni sulla famiglia reale... e anzi, era certo non esistesse proprio alcuna nipote del re.

 

 

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Tornato alla dependance, Merlin, davanti a un bicchiere di tè caldo, aveva raccontato a Gaius cosa era successo con Arthur. Ovviamente aveva omesso di essersi sentito male dopo aver lanciato l'incantesimo, per non far preoccupare il mentore. Ma questo non aveva impedito a Gaius di intuirlo dalla sua cera, e Merlin si era beccato una strigliata colossale (“Vedi perché ti avevo detto di usare la magia il meno possibile nel Mondo Riflesso? Non ascolti mai!”).

Alla fine, però, l'uomo aveva accompagnato la ramanzina con un buffetto sui capelli di Merlin e lo stregone non aveva potuto evitare di sorridergli grato quando, una volta a letto, aveva aggiunto uno strato addosso a lui coprendolo con il plaid a quadri.

 

Finì che Merlin si addormentò come un sasso, e Gaius, preso dalle sue piantine, non si accorse delle ore che scorrevano via. Alle due e dieci tirò lo stregone fuori dal suo giaciglio con agitazione, ripetendo come una cantilena “siamo in ritardo, siamo in ritardo, ritardo”.

Non diede nemmeno a Merlin tempo di chiedere spiegazioni, gli abbassò i capelli spiaccicandoglieli goffamente con le mani e lo trascinò a passo svelto fuori di casa, imboccando la strada della residenza principale.

“Che sta succedendo, Gaius?” disse Merlin, trotterellandogli affianco.

“Siamo in ritardo! Dovevamo trovarci dieci minuti fa davanti all'ingresso insieme a tutto il resto del personale. Se facciamo in fretta forse ce la facciamo...”

Non ci fu bisogno che Merlin chiedesse altro, dato che avvistò subito la fila di teste che faceva capolino da dietro l'angolo del palazzo.

Vide che Uther e Arthur stavano solennemente in piedi accanto all'entrata, entrambi con indosso un completo elegante e, ai loro lati, la servitù era stata disposta in due lunghe file parallele.

Lo stregone si fermò a fissare sconcertato i suoi colleghi tutti impettiti nelle divise ufficiali bianche e nere; Gaius, nella fretta, non gli aveva detto nulla della divisa (comunque, Merlin non se l'era procurata, una divisa; Arthur, oltre la volta in cui l'aveva minacciato di fargli indossare il copricapo ufficiale dei valletti, non gli aveva mai detto di mettersene una).

Lo stregone si sentì a disagio toccandosi la sciarpa a quadretti azzurri e viola, coloratissima rispetto a quell'oceano di neri e bianchi.

“Immagino che dovremmo sistemarci da qualche parte lì in mezzo” bisbigliò Gaius, tentando di darsi un contegno.

Per fortuna Merlin individuò Gwen che, guadagnandosi le occhiatacce delle cameriere vicine, stava facendo loro ampi segni col braccio per farsi notare. Elyan, alla sua destra, strabuzzava gli occhi per fargli capire di fare in fretta. Li raggiunsero e Merlin, con un sorriso, si mise alla sinistra di Gwen, tentando di strizzare Gaius nel poco spazio accanto a lui. “Scusateci, scusate” disse agli altri camerieri che si stavano agitando perché la fila veniva smossa.

La sicurezza che un paio di occhi gli stavano perforando il collo avvolse lo stregone; prima ancora di guardare, seppe che quegli occhi erano azzurri: Arthur lo stava fissando accigliato, la bocca arricciata in un'espressione che voleva esprimere rimprovero ma che risultava solo seccata. “Sei impossibile” articolò il principe, senza emettere suono.

Merlin sfoderò il suo migliore sorriso di scuse.

Proprio in quel momento, il cancello si aprì cigolando e un macchinone nero scintillante fece il suo ingresso trionfale.

Merlin pensò che chiunque ci fosse stato dentro, se dotato di un pizzico di senso dell'umorismo, sarebbe scoppiato a ridere trovando ad accoglierlo tutta quella bizzarra sfilata. O almeno, lui l'avrebbe fatto. “È davvero una sciocchezza, tutta questa fanfara” bisbigliò a Gwen.

“E non è nemmeno l'evento più esagerato che abbiamo preparato per lei” mormorò in risposta la ragazza. “Tutti fanno sempre le cose in grande quando si tratta della cugina del principe.”

Merlin la guardò interrogativo.

“Voglio dire... fa sempre venire voglia agli altri di mettersi in mostra per lei, di tirare fuori il meglio davanti a lei” spiegò Gwen, nel suo tipico modo maldestro di non-spiegare. “Nessuno è immune a questo suo fascino, ecco... è come se venisse naturale, sforzarsi di impressionarla. Almeno credo.”

“Deve essere proprio una che la sa lunga” annuì Merlin.

“Vedrai... Eccola, sta per scendere!”

L'automobile si fermò perfettamente nel centro dello spiazzo e così Merlin, quando l'autista andò ad aprire lo sportello dietro, riuscì a distinguere bene il paio di scarpe fornite di stiletto assassino che si poggiavano delicate sui sassolini bianchi.

“Carine” commentò Gwen, bisbigliando di nuovo nell'orecchio di Merlin. “Ho sempre invidiato il guardaroba di Lady Morgana.”

Lo stregone ispirò così forte che si fece male da solo. La sua testa scattò verso la ragazza che stava uscendo dall'auto: la prima cosa che notò dopo le scarpe fu un grosso cappello a falde larghe. Sotto di quello riemersero i capelli tirati severamente in un nodo dietro la nuca, un viso di porcellana e un corpo snello fasciato da un abitino blu pervinca.

Era Morgana, ed era proprio sfacciatamente Morgana. I suoi sensi acuti non si smentirono nemmeno quella volta. Infatti si voltò subito verso la fila di Merlin, forse percependo le sue vibrazioni magiche, e in un secondo lo individuò. Se avesse concentrato la sua magia facendola uscire dagli occhi, lo stregone ne era certo, Morgana l'avrebbe sbriciolato.

Ma lui poteva dirlo perché la conosceva ed era piuttosto sicuro di poter interpretare anche le piccole trasformazioni nei suoi lineamenti. Per tutti gli altri presenti, al massimo sarebbe potuto sembrare che le sue pupille verdi si fossero appena dilatate – magari per la sorpresa della bella accoglienza.

Merlin ricambiò lo sguardo della strega, sorridendo come per dire “eccoci qua, alla fine”; ma Morgana era scaltra, una vera grande attrice, e distolse lo guardo così velocemente che Merlin avrebbe giurato che Morgana non l'avesse mai visto in vita sua.

La strega si stava concentrando ora sui Pendragon, valutando la prima mossa da fare per dare inizio al suo grande show. Una pausa di una frazione di secondo e poi... “Vieni ad abbracciare la tua cuginetta preferita” disse, determinata, allungando le mani verso Arthur. Le sue labbra rosse si piegarono in un sorriso provocatorio, ovviamente rivolto a Merlin, anche se nessuno oltre lui l'avrebbe saputo.

A quella vista qualcosa gli si ingarbugliò dentro. “Giù le mani da Arthur!” gridò una voce nella sua testa, e improvvisamente lo stomaco gli stava andando a fuoco, mandando lungo tutto il suo copro fitte così irritanti che era impossibile mettersi a rimuginare sulla follia di quel pensiero stesso.

L'unica cosa che Merlin poté fare, però, fu allungare ansiosamente il collo mentre il principe le andava incontro e l'avvolgeva in una tiepida stretta.

“Non ti è mancata, la tua cuginetta preferita?” ironizzò Morgana, tra le sue braccia.

“Solo perché sei la mia unica cugina” bofonchiò Arthur, staccandosi imbarazzato.

Fu il turno di Uther di stringere a sé “Lady” Morgana, che stavolta rimase più rigida. “È sempre un piacere rivederti, mia cara” le disse affettuosamente, e per Merlin fu piuttosto una scoperta che il re avesse la disponibilità di usare certe corde nella sua voce.

La strega batté sonoramente le mani guantate tra loro, esaminando con attenzione la residenza reale. “Ah, che meraviglia” disse, soddisfatta. “Non vedevo l'ora davvero di arrivare qui.”

A questo punto i tre si diressero passeggiando tranquilli verso il portone, coinvolti in una fitta conversazione tra loro.

“Che cosa si staranno dicendo?” disse Merlin, accigliato, tra le fitte dei bruciori che ancora gli circolavano dentro.

“Non ne ho idea, non si sentono più. Ma a dirla tutta non li vedo nemmeno, Merlin, mi copri la visuale” lo ammonì bonariamente Gwen.

Era proprio il caso di mettersi in moto. Ora che Merlin aveva visto che la nuova arrivata era la sua sfidante, era sicuro non si fosse trattato di una sua svista, prima: non era mai esistita, fino a ieri, nessuna Lady Morgana, ma ora tutti parevano convinti del contrario. “Gaius, come credi che abbia fatto?” bisbigliò pianissimo, attento a farsi sentire solo da lui.

“Chi, e a fare cosa?”

“Morgana! Come avrà fatto a farsi passare per una nobile?”

“Ma... che stai dicendo, Merlin? Quella lì è una nobile. È Lady Morgana, no?” disse l'uomo con ovvietà. “Vedo che qui qualcuno non ha finito i suoi compiti e non ha studiato l'albero genealogico della famiglia reale.”

“No, no, Gaius!” disse più forte lo stregone. Poi tornò a mormorare, guardandosi intorno furtivo. “No, stammi a sentire: lei è la mia rivale del duello del drago. Quella Morgana lì. Quella che fino a poco fa non sapevi nemmeno chi fosse.”

“Impossibile” fece il mentore, ma sembrava più incerto, quasi assente. “Io la conosco da tanti anni, Merlin. Frequenta il palazzo da sempre, da quando era piccola. Dopotutto, fa parte della famiglia reale, no? ”

“È questo che è impossibile” sibilò lo stregone. “I passaggi tra il Mondo Riflesso e il Regno non si aprivano da vent'anni, ricordi?”

Gaius non rispose ma prese a fissare per terra, perplesso. Era al cento percento sotto incantesimo, non lo si poteva mettere in dubbio, e così tutti gli altri. Merlin doveva solo assicurarsi fino dove Morgana avesse esteso la sua magia. “Da quanto conosci Lady Morgana?” farfugliò a Gwen.

La ragazza parve per un attimo non sapere cosa dire. I suoi occhi divennero distintamente vacui per una frazione di secondo. Poi, come se qualche meccanismo fosse scattato in lei, disse: “Da quando abbiamo iniziato a lavorare qui, sette anni fa. Ma lei frequenta il palazzo da sempre, da quando era piccola. Dopotutto, fa parte della famiglia reale, no?”

“Certo, certo” disse lo stregone.

Gwen aveva pure ripetuto le stesse frasi di Gaius. Se Merlin avesse interrogato tutto il personale, probabilmente la risposta che avrebbe ottenuto sarebbe stata la stessa.

Che razza di sortilegio aveva scagliato, Morgana, per instillare in chiunque la stessa versione dei fatti? Merlin davvero non avrebbe saputo da dove iniziare per replicare una magia come quella.

Forse era per questo motivo che la sua rivale si era fatta viva solo adesso.

Doveva averne studiata una bella, durante quelle settimane in cui lui aveva riordinato camere e aiutato piccoli fan di Harry Potter.

Solo in quel momento Merlin realizzò, sentendosi uno scemo, che in realtà non aveva fatto alcun progresso con Arthur; aveva perso tempo ed ora Morgana era lì. Ed era sicuramente pronta a mettergli i bastoni tra le ruote, come del resto era nella natura della loro sfida.

Il sorriso ammiccante che rivolse a Merlin quando si voltò, guardandolo da sopra una spalla, la diceva lunga. “Oh!” disse poi a voce alta, facendosi sentire da tutti. “No, caro zio Uther, non ho bisogno di andare a rinfrescarmi. Come prima cosa, sai, ti sembrerà strano... ma mi è venuta una voglia terribile di andare a rivedere la serra delle rose.”

“Come mai proprio la serra?” disse il re, condiscendente.

“Nostalgia, suppongo. Mi sembra una vita che non ci vado” disse Morgana, in una perfetta riproduzione di tono malinconico. “Ho bisogno di qualcuno che mi accompagni, però.”

“Accompagnerò io la mia sentimentale cugina” si offrì Arthur, porgendole il braccio.

Quel gesto non solo scatenò nuovamente in Merlin le assillanti fitte di bruciore allo stomaco; adesso sembrava pure che il suo intero corpo tentennasse pericolosamente in avanti, ignorando bellamente i richiami di buon senso mandati dal cervello.

No, Arthur – via quel braccio, Arthur – non hai la minima idea di chi sia Morgana in realtà, Arthur.

“Dove vai?” sentì dire un allarmato Gaius affianco a sé.

“Merlin, che accidenti fai?” sibilò più in là Elyan, tentando addirittura di afferrarlo con le dita.

Ma ormai, scoprì con sconcerto Merlin, era troppo tardi: non era stata solo una sensazione. Al segnale di pericolo si era effettivamente mosso, uscendo di diversi passi dalla sua fila.

“E quello lì?” disse la strega. Perfidamente, accompagnò le parole con un movimentano della testa e l'attenzione di tutti si concentrò su Merlin.

Arthur grugnì, gli occhi al cielo e una mano in faccia. “È il mio valletto.”

“Ah sì?” fece Morgana con interesse, incrociando le braccia al petto.

Merlin si schiarì la voce, tentando il più possibile di arretrare senza dare ulteriormente nell'occhio (anche se ormai era inutile, perché tutti lo stavano fissando con riprovazione o trattenendo a stento le risate).

“No, no, non ritornare in fila. Vieni qui” lo chiamò con tono soave Morgana. “Volevi offrirti volontario, vero? Allora credo che mi farò accompagnare da lui, se ci tiene tanto.”

Merlin la guardò malissimo, indispettito ma allo stesso divertito dalla classe di Morgana.

“Ti avviso che non saresti molto al sicuro, con lui” le disse il principe, piatto. “Ha un senso dell'equilibrio davvero pessimo. Non mi appoggerei a Merlin, se fossi in te.”

“Suvvia, Arthur, sono perfettamente in grado di reggermi in piedi da sola. Inoltre, accompagnare una signora a guardare i fiori non è proprio la tua specialità” disse tagliente, e Uther rise. “Un valletto che mi guidi mi basterà. Prestami il tuo.”

“Ma... Merlin...”

“Sì, Arthur... Merlin.” Detto questo, allungò la mano significativamente verso Merlin, che avanzò barcollando per raggiungere il terzetto e poi porse goffo il braccio a Morgana.

Lei ci assicurò la sua mano sopra, sfiorandolo appena. Lo stregone rabbrividì al contatto con la sua magia.

Era lo stesso gesto con cui la sera prima Gwen l'aveva tirato a sé, eppure era, allo stesso tempo, una cosa del tutto diversa. Non c'era il calore del contatto che gli aveva trasmesso Gwen (per non parlare neanche di quello che era successo quando Arthur l'aveva stretto in quella mossa da wrestling... ma Arthur non c'entrava niente, adesso). Al suo posto c'era però la complicità delle vibrazioni magiche. Quelle di Merlin risuonavano nelle sue vene riconoscendo qualcosa di affine, sfrigolavano facendogli venire la pelle d'oca.

Merlin si chiese se la differenza stava nel fatto che Gwen era una persona calorosa, e pure Mordred lo era stato – e pure Arthur, oddio, Arthur lo era. Mentre Morgana... no.

Oppure, semplicemente, la differenza era che toccare un essere umano stava a un universo di distanza dal toccare un'altra creatura magica.

“Andiamo, su.” Morgana richiamò l'attenzione di Merlin. “Ci metteremo solo qualche minuto, potete far portare dentro i miei bagagli, intanto” disse dietro di sé, quando già aveva iniziato a muoversi premendo sul braccio dello stregone.

La breve passeggiata dalla residenza dei Pendragon alla serra delle rose fu una delle cose più strane e in qualche modo imbarazzanti nella quale Merlin fosse mai stato coinvolto. Molti occhi erano palesemente addosso a loro; anche quando superarono la casa di Gaius, lo stregone poté giurare di intravedere qualche guardia piazzata in giro che allungava il collo verso le gambe di Morgana.

Merlin la sentì sorridere divertita al suo fianco, e di rimando sorrise anche lui. Entrambi, per sicurezza, se ne stettero zitti fino a che non furono del tutto lontani da occhi indiscreti.

Poi raggiunsero finalmente la serra, e, tenuta aperta la porta perché la ragazza entrasse, Merlin la richiuse dentro di sé e inspirò forte.

Poi esplose. “Morgana, come diavolo hai fatto, esattamente?” disse concitato, avvicinandosi.

Lei stava esaminando con compiacimento i fiori, toccandoli piano con la mano. “Bel giochino, vero?” fece tranquilla, portandosi accanto alla fila delle rose gialle. “Ti dirò, creare dei falsi ricordi per una nazione intera è stato piuttosto faticoso. Aggiungici anche uno schermo protettivo che isoli l'incantesimo al solo Regno Unito, mentre il resto del mondo rimane completamente ignaro, e di Lady Morgana si accorgono solo quelli che vivono dentro la cappa magica.”

Si tolse poi il cappello con un movimento elegante, protraendosi verso una rosa particolarmente bella, color pesca. Sembrava il soggetto di uno di quei dipinti a olio che si vedono nelle gallerie d'arte. All'improvviso, però, infranse il quadretto sradicando la rosa color pesca con un solo gesto magico. “Dopo essere arrivata nel Mondo Riflesso, i primi giorni li ho impiegati tutti per le ricerche del Principe dei Draghi” disse, pratica. “Ho eliminato a poco a poco tutti i candidati, uno dopo l'altro, grazie al solo ricordo della voce che avevo sentito nel Regno...” continuò, prendendo a staccare i petali del fiore man mano – e per un attimo Merlin raggelò, temendo che “eliminare i candidati” avesse un significato molto più oscuro. “Ma questa fase è durata pochi giorni. Ho trovato presto il nostro caro bersaglio e da quel momento mi sono informata per bene su di lui... l'avrai fatto anche tu, no?”

Merlin annuì come un bambino.

“Bene... e comunque ho scoperto delle cose molto interessanti, in base alle quali mi è venuta quest'idea: perché non avvicinarmi al Principe dei Draghi agendo da dentro? Ma vedo che pure tu hai avuto lo stesso pensiero” disse di colpo, avvicinandosi a lui. “E come avresti fatto, posso saperlo, ad arrivare qui prima di me?”

Merlin alzò le spalle. “Un colpo di fortuna, suppongo.”

Meglio non dirle del modo in cui l'aveva agevolato il Diamante del Giorno perché, ovviamente, quello di Morgana non aveva fatto altrettanto per lei.

“Lo immaginavo, non poteva che essere stato un caso. Il solito, fortunato, Merlin” lo canzonò la strega.

“Ma come facevi a conoscere la magia giusta per ottenere un effetto del genere? Voglio dire, non è da tutti” le chiese, sincero.

“Mi sono creata l'incantesimo da sola” fece lei, fiera di sé. “Ci ho messo un po', è vero, ma ne è valsa la pena.”

Merlin la guardò a bocca aperta. Molti lati della sua personalità erano discutibili, questo era vero. Ma Morgana era in gamba, decisamente in gamba, forse le strega più dotata che avesse mai conosciuto. La cosa, se da una parte lo metteva in guardia, dall'altra lo faceva sentire pure ingenuamente su di giri. “Wow” le disse, ammirato, “questa è magia da professionista.”

“Già” fece lei, sbattendo le ciglia e portandosi alle labbra la rosa ormai tutta spelacchiata. Visto da quella prospettiva, era come se dal gambo spuntassero le sue labbra rosse al posto dei petali. “Ma parliamo di te, Merlin” disse, la voce vibrante. “Adesso sei alle dipendenze del Principe dei Draghi, dunque. Fammi indovinare, ti fa pulire il gabinetto reale e lucidare l'armatura?”

“Non usano più le armature, qui” le ricordò Merlin.

“Giusto” disse l'altra, agitando seccamente la mano.

“Ma, parlando in tutta onestà, se le usassero suppongo che, sì, Arthur mi affibbierebbe pure quelle.”

Morgana lo guardò con ostentato compatimento e fece un verso che si fa quando si vede un cucciolo abbandonato per la strada.

Qualcun altro si sarebbe sentito offeso dal suo tono ironico, ma a Merlin venne solo da sorridere. Anche se era finto, non gli dispiaceva un po' di compatimento da parte di un'altra creatura magica. E sapeva che Morgana lo sapeva, e per questo era ancora più divertente.

“Sei stato ingegnoso, però” gli disse a sorpresa la ragazza, un sopracciglio alzato spigolosamente. “Ma guardati: il servitore fedele che in realtà trama alle spalle del suo padrone, per portargli via il cuore.”

A quell'affermazione, così, senza preavviso, l'atmosfera scherzosa di ripicca si infranse. La crepa si percepì tutta, chiara e scomoda, nella postura di Merlin, che aveva fatto un passo indietro e abbassato la testa.

Lo stregone cercò di risanare il gelo silenzioso che era calato, tentando di non dare a vedere più di tanto che ciò che aveva detto Morgana l'aveva disturbato – era inutile nascondere certe cose con lei, lo sapeva, eppure...

“E tu” disse allora, recuperando un po' di brio, “la cuginetta preferita del principe che fa la stessa identica cosa del servitore.”

Morgana lo stette a guardare piegando la testa di lato, e non disse altro.

“Ma... toglimi una curiosità, perché proprio la cugina e non... che ne so, la sorella?” sparò Merlin, guardandosi le unghie.

Sentiva il bisogno di tirare a parlare la sua rivale: così lei non avrebbe pensato oltre all'eccessiva reazione di prima, e, se tutto fosse andato bene, nemmeno lui ci avrebbe pensato più.

Per fortuna Morgana sembrava aver pescato da qualche parte la voglia di chiacchierare. “Ho fatto le mie ricerche, te l'ho detto” si spiegò. “Uther Pendragon è un pessimo soggetto e suo figlio è degno del cognome che porta. Anche se si tratta di una recita, meglio nipote e cugina che figlia e sorella dei Pendragon” disse fredda, come se le fosse rimasto in bocca il sapore di una medicina molto amara. “Inoltre, questa posizione mi ha permesso di creare con più facilità una storiella per Lady Morgana; è più normale che la nipote del re non viva a palazzo, rispetto alla figlia.”

“E perché estendere proprio l'incantesimo a tutto il Regno Unito?” chiese ancora lo stregone, comunque genuinamente curioso. “Potevi limitarti alla gente del palazzo.”

La risposta un po' se la immaginava già: era nell'indole di Morgana fare le cose in grande. Anche se lei non disse proprio così, ma lo lasciò intendere.

“Volevo allargare il campo. Qualche privilegio nell'essere una nobile dovrò pur averlo, no? E poi... la gente adora Lady Morgana” disse, portandosi una ciocca ribelle dietro l'orecchio. “Sai, Merlin...”

“Cosa?”

“Mi piacerebbe molto andare avanti a chiacchierare ancora un po' ma, dopotutto, non vedo il motivo per cui dovrei perdere altro tempo. Quindi credo proprio che ora dovrò sbarazzarmi di te.”

La bocca di Merlin si spalancò. Quel colpo basso non se l'era aspettato minimamente; la prima reazione del suo corpo fu di alzare una mano per tirare su una barriera che lo proteggesse da qualunque cosa Morgana avesse voluto scagliargli addosso.

In una fitta di panico, però, Merlin scoprì che non aveva più il controllo dei suoi arti; non riusciva a muoversi. Da qualche parte, negli ultimi due minuti, l'altra doveva avergli lanciato una magia immobilizzante senza che lui nemmeno se ne accorgesse.

Aveva pensato per tutto il tempo di star parlando amabilmente con la sua rivale... Ci sono dei limiti entro i quali si può pensare di conoscere bene una persona, soprattutto se si tratta di qualcuno imprevedibile come Morgana. Quant'era stato idiota ad abbassare del tutto le difese!

“Capisci” riprese la strega, guardandolo sgranando le pupille, “pensavo di trovarti ancora a brancolare nel buio per il Mondo Riflesso. E invece eccoti qua, più vicino e pericoloso di quanto mi aspettassi. Sarà meglio metterti un attimo da parte, così mi sentirò più libera e a mio agio, no?”

Subito alzò il braccio portando il palmo aperto all'altezza del viso di Merlin. Lentamente, prese a ruotare il polso in un gesto ipnotizzante. Le sue dita si piegarono come se stesse afferrando qualcosa nell'aria e Merlin, un burattino in balia sua, si sentì tirare avanti – era proprio lui che la strega stava afferrando.

Gli occhi, l'unica cosa che lo stregone riuscisse a muovere, gli roteavano come impazziti nelle orbite, mentre un senso di orribile impotenza lo invadeva.

Morgana lo stava mettendo fuori gioco così da rimanere sola con Arthur. Ora avrebbe potuto fare del principe quello che voleva, e nessuno sarebbe stato in grado di fermarla – Arthur, fai attenzione, Arthur...

“Ti vedo stanco, hai una brutta cera” disse la ragazza, sarcastica. “Dormi un po'.”

Le sue dita si chiusero piano, una dopo l'altra, in un pugno. Merlin barcollò verso di lei, incapace di sottrarsi all'incantesimo – non poteva lasciarla sola con Arthur, non poteva lasciare Arthur nelle mani di Morgana...

Le sue palpebre diventarono pesanti come due macigni – Arthur, Arthur... – e, alla fine, non riuscì più a tenerle sollevate.

Arthur...

Poi fu il buio.

 

 

~

 

 

 

 

 

L'avete voluta, e adesso rieccovela: Morgana è tornata, e non per fare soltanto la bella statuina xD

mi sono divertita tantissimo a scrivere le sue parti...anzi, devo dire che mi sono divertita tanto in generale a scrivere questo capitolo, in cui le cose si stanno smuovendo parecchio e Merlin è troppo preso da tutto per trovare il tempo di fermarsi per bene a chiedere spiegazioni al suo cervello.

Spero che a voi piaccia leggerlo tanto quanto a me è piaciuto scriverlo ^_^

Fun fact: ero partita convinta con l'idea di fare di questo un capitolo breve...e invece è uscito il più lungo di tutti X°°D

Concludo, dato che è così lungo (xD), con una doppia dedica: la prima va ai lettori silenziosi...suvvia, non siate così tanto silenziosi xD mi farebbe molto piacere sapere cosa pensate!

La seconda...al nostro Bradley James, da poco diventato trentenne *_____*

Niente, sono sicura che sta sempre qui a leggere fan fiction gay in italiano su lui e Colin ù_ù

Basta, chiudo prima di degenerare ulteriormente! XD Vi saluto, e alla prossima :3

 

 

 

 

 

Angolino Soundtrack

 

Cambio d'atmosfera nello studio piccolo: About Her (Flower Boy Next Door OST)

Merlin e il cuore di Arthur: Strange and Beautiful (I'll put a spell on you) - Aqualung

 

 

 

   
 
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