“Ti ucciderò, prima o poi”.
 
“Io ti caverò il cuore dal petto, Eustass-ya, parola mia”.
 
Non c’era tempo per dirsi altro. Solo agire.
Un odore acre di rhum  e salsedine si respirava nella stanza. Armi e vestiti gettati a terra malamente. Una porta sbattuta. Piedi che inciampano.
Una misera branda, ma andrà bene lo stesso. Anche il pavimento è invitante.
Mani che corrono ad arruffare i capelli, a tirarli; mani tremanti che scorrono lente ma forti sulla pelle. I segni rossi delle dita che stringono con forza.
Le unghie che graffiano.
I brividi che salgono e scivolano lungo la spina dorsale. Brividi che fanno fremere di impazienza.
 
“Voglio fotterti fino a farti svenire, Trafalgar”.
 
Parole appena sussurrate, ma chiare e difficili da ignorare.
Non fa più freddo, solo caldo, tanto caldo. O forse è ardore? Si, i corpi ardono di… cosa?
Passione? Rabbia? Dolore? Un miscuglio perfetto di sensazioni.
Si, sensazioni. Non siamo fatti per i sentimenti, non possiamo permetterceli.
Meritiamo solo l’Inferno, ma va bene così.
Non possiamo rinunciare a questo nostro piccolo ed innocente peccato.
Siamo appesi alla Vita con un filo. Quel filo si fortifica ogni volta che le nostre bocche si scontrano per la supremazia. Alla fine non vince nessuno. Alla fine ci ritroviamo solo con una sfilza di morsi.
Le labbra gonfie.
Le dita che artigliano i fianchi. Non li lasciano andare.
 
“Ti odio Eustass-ya”.
 
Odio.
E poi succede.
Forte.
Sempre più forte, anche se può fare male.
Fino allo sfinimento.
Per un momento possiamo immaginare di sfiorare il velo del Paradiso.
E’ solo un istante.
 
“La prossima volta ti ucciderò, chirurgo del cazzo”.
 
Una minaccia che non si avvera mai.
Eravamo capaci di dirci cose orribili, ma non di dirci addio.
 
 
 
 
 
 
Angolo Autrice.
A voi le conclusioni. Io non so come esprimermi su questo.
See ya,
Ace.