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Autore: Nichigin    12/10/2013    4 recensioni
"Arthur stava iniziando a irritarsi seriamente. La camicia bagnata gli si era attaccata alla pelle e la voce assurda dell'americano gli faceva venire il mal di testa. Il pomeriggio non doveva andare così; erano previsti solo lui e il suo tea. Magari qualche unicorno di passaggio, al massimo, ma NON Alfred!" [UsUk]
Genere: Comico, Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Canada/Matthew Williams, Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo quattro
 
- Stai scherzando vero? – urlò Arthur puntando un dito contro Francis, che se ne stava elegantemente seduto sulla sua poltrona preferita con le gambe accavallate e il mento posato sulla mano.
- Niente affatto, cher. È una proposta del tutto ragionevole.
- Uscire con te e il tuo ragazzo ti sembra una proposta ragionevole? – ribatté l’inglese, alzando la voce fino a rompere il muro del suono.
- Non con me e il mio ragazzo, cher. Con me, il mio ragazzo e il fratello del mio ragazzo. Che guarda caso è single. – disse Francis senza battere ciglio.
- Io ho bisogno di tranquillità, non di un ragazzo! – borbottò Arthur, incrociando le braccia.
- Hai bisogno di uscire da questo buco e farti una vita sociale, ecco di cosa hai bisogno.
- Non iniziare anche tu, per pietà!
- Avanti, è solo per una sera… e poi tra poco è San Valentino, non vorrai passarlo di nuovo solo soletto come l’anno scorso? – insistette Francis, mettendo a segno un bel colpo basso. Arthur aveva sempre detestato la festa di San Valentino. Forse perché finiva sempre per passarla da solo, chiuso in casa per non incontrare nessuna coppietta sdolcinata in giro per la città. Forse perché l’unico con cui avrebbe voluto passarla era troppo stupido per accorgersi che aspettava un invito.
- Allora, che ne dici? Verrai? – chiese Francis, riscuotendolo dai suoi pensieri. Arthur fissò il francese per un attimo, indeciso. Poi sbuffò e si arrese, alzando le spalle.
- Al diavolo. Dove si va?
***
 
Arthur osservò soddisfatto l’ambiente che lo circondava. Francis aveva sicuramente un sacco di difetti, ma in quanto a scelta dei ristoranti, beh… niente da ridire. Era quel genere di locale con i camerieri che scivolavano impettiti sul pavimento lucido nei loro completi da pinguino, le posate d’argento, i calici di cristallo e i clienti impeccabili nei lori vestiti da sera. Insomma, ad Arthur un posto così non dispiaceva affatto. Di sicuro Alfred non sarebbe entrato lì dentro neanche sotto tortura, pensò con una smorfia. “Smettila di pensare a quel bloody yank, sei qui per distrarti!”
Francis gli fece segno di seguirlo. Si era cambiato per la serata e indossava una camicia di seta azzurra, una giacca bianca e dei pantaloni dello stesso colore, e aveva legato i capelli in una coda. Arthur dovette ammettere che faceva la sua figura, se non altro perchè tutte le donne presenti in sala si erano girate a guardarlo. Lui dispensava ampi sorrisi e occhiolini a tutte, felice di quelle attenzioni come un bambino il giorno di Natale. “Insopportabile” sbuffò Arthur, ricordando che quel suo modo di comportarsi era uno degli innumerevoli motivi per cui lo aveva lasciato. “Chissà come fa il suo ragazzo… da quello che so stanno insieme da parecchio tempo.”
- Ecco, quello è il nostro tavolo. – disse Francis, dirigendosi a passi svelti verso un tavolo a cui era seduto un tizio biondo con gli occhiali e i capelli lunghi, che sembrava piuttosto a disagio. – Mathieu, mon amour! – salutò il francese appena lo ebbe raggiunto. Lui arrossì leggermente. – Francis, ti ho detto mille volte di non chiamarmi così quando siamo in mezzo alla gente… - mormorò, talmente piano che Arthur si chiese se avesse davvero parlato o fosse solo una sua impressione. Francis sembrò aver sentito benissimo, e sfoggiò il sorriso più affascinante del suo repertorio rispondendo – Ma come farei a resistere più di scinque minuti senza esprimerti tutto il mio amore, cherie?
L’altro alzò gli occhi al cielo e si rivolse ad Arthur, tendendogli la mano. – Matthew Williams, piacere di conoscerti.
- Arthur. Arthur Kirkland. – rispose l’inglese stringendogliela.
- Mio fratello ci raggiungerà tra un attimo. – aggiunse Matthew sorridendo.
Francis si chinò verso di lui per sussurrargli all’orecchio con aria complice: - Vedrai Arthùr, Alfred ti piacerà. Ha un culo niente male, e se lo dico io puoi fidarti.
Arthur sgranò gli occhi. – Come hai detto che si chia…?
- L’eroe è arrivato, gente! – esclamò in quel momento alle sue spalle una voce che conosceva fin troppo bene. Arthur si immobilizzò. “No, no, no, questa serata doveva servire a distrarmi cavolo!”
– Tu sei l’amico di Francis? – gli chiese Alfred. Quell’idiota non riusciva neanche a riconoscerlo.
Arthur si girò, preparandosi a lanciargli un’occhiata assassina. – Ciao, Alfred---oh. –
Sì, il piano iniziale era di guardarlo il peggio possibile e magari insultarlo, ma aveva trovato un ostacolo parecchio insormontabile… si era trovato davanti un figo assurdo. Alfred si era pettinato in modo decente e portava dei vestiti eleganti – giacca e pantaloni neri, e una camicia con decisamente troppi bottoni aperti per i suoi gusti… God, quel ragazzo voleva farlo morire…?
Alfred per un attimo sembrò disorientato, poi il suo sguardo si indurì. – Arthur. Cosa ci fai tu qui?
- Ma vi conoscete già? – intervenne Francis, mettendo una mano sulla spalla di entrambi. – Merveilleux!
- Meraviglioso un c… - iniziò a dire Alfred, ma Arthur posò “per sbaglio” il piede sopra a quello dell’americano. Con molta energia.
- Sì, davvero una bella coincidenza… - disse, sorridendo a Francis e lanciando ad Alfred un’occhiata che significava “prova a farmi fare una figura di merda anche qui e sei morto”.
Alfred mugolò per il dolore, ma si limitò a lanciargli un’occhiata assassina e tacere.
Si sedettero. Arthur avrebbe voluto sistemarsi il più lontano possibile da Alfred, ma Francis con uno scatto felino occupò quel posto e lo costrinse a sedersi accanto all’americano. Maledetta rana francese. 
Quel pinguino di cameriere non si decideva ad arrivare, quindi dopo aver fissato con grande attenzione il menu – perfetto per nascondere la sua faccia ormai tendente al rosso pomodoro – per alcuni lunghissimi minuti, Arthur si trovò costretto a cercare di prendere parte alla conversazione. La prima cosa che notò alzando gli occhi dal menu fu che Francis si stava mangiando con gli occhi Matthew. Per un attimo provò un pizzico d’invidia: il francese non l’aveva mai guardato in quel modo, quando stavano insieme. In effetti, nessuno l’aveva mai guardato in quel modo… quasi inconsciamente lanciò un’occhiatina di sbieco ad Alfred, e lo scoprì a ricambiare lo sguardo. Si affrettò a guardare altrove, sperando di non essere diventato ancora più rosso di quanto non fosse già.
- A-Alfred! Non mi avevi mai detto di avere un fratello! – esclamò, rivolgendosi all’americano ma guardando da tutt’altra parte. Aveva bisogno di parlare, di uscire da quella situazione imbarazzante.
- Eh? Ah giusto, me n’ero dimenticato. Scusa se mi sono dimenticato un’altra volta di te, Matthew! – rispose Alfred, ridendo rumorosamente.
Matthew sbuffò e fece un sorriso stanco, come se fosse abituato al comportamento dell’americano. – Figurati.
- Vergognati, Alfred. Dimenticarti di parlare ad Arthùr del mio amour. Sei un insensibile. – sbuffò Francis incrociando le braccia.
- Non sapevo nemmeno che vi conosceste… - Alfred alzò le spalle, rivolgendo ad Arthur un’occhiatina irritata del tipo “non mi racconti mai niente” a cui Arthur ribatté non una smorfia. “Neanche tu mi racconti nulla di te, il nostro non è quel genere di rapporto” pensò con un certo dispiacere “Io non sono importante per te e tu non lo sei per me, e non fingere che ti dispiaccia…”
- Ma come, Arthùr non ti ha mai parlato di quando stavamo insieme? – disse candidamente Francis. Arthur strinse convulsamente il menu e si trattenne dal lanciargli una posata. Alfred sembrò prendere l’informazione con il massimo dell’indifferenza, e borbottò solo un – Pare di no – con l’aria di essere completamente assorto nel tentativo di far ruotare il suo coltello tra l’indice e il medio.
- Non fare queste cose infantili, i tizi dell’altro tavolo ti fissano… - mormorò Matthew agitato.
- Almeno io mi faccio notare, a differenza di te. – ribatté Alfred.
- Non è detto che sia una cosa positiva! –
Arthur provò un istintivo moto di pietà e comprensione per Matthew. Dopotutto lui era stato costretto a sopportare Alfred per molto più tempo dell’inglese, e Arthur sapeva quanto potesse essere difficile.
I due fratelli cominciarono a litigare – o meglio, Alfred conduceva la discussione e Matthew non faceva molto più che agitarsi e dire al fratello di parlare più piano.  Francis li osservava con l’aria di trovarlo un intermezzo divertente, mentre Arthur stava seriamente prendendo in considerazione l’idea di alzarsi e scappare da quella gabbia di matti. Che razza di giornata.
Fortunatamente il pinguino-cameriere arrivò a risolvere la questione. Per i pochi minuti che impiegarono a ordinare i quattro ebbero l’aria di persone normali e civili, ma appena il tizio se ne fu andato Francis attaccò con le sue battute sconce e Arthur sentì l’urgenza di alzarsi e passare qualche minuto di solitudine e tranquillità.
Si chiuse alle spalle la porta della toilette con un sospiro di sollievo, e andò a sciacquarsi il viso. Sentiva un gran caldo, e non riusciva a capire se fosse colpa della rabbia per il comportamento così ranocchiesco di Francis o dei bottoni lasciati aperti della camicia di Alfred… preferiva pensare fosse la prima opzione. L’acqua gelida sulla fronte e sul collo gli diede un po’ di sollievo, ma continuava a sentirsi terribilmente imbarazzato. Non poteva semplicemente chiudersi in bagno e restarci finché non se ne fossero andati tutti?
Diede un’occhiata allo specchio per assicurarsi di non avere un’aria troppo sconvolta, e quasi gli venne un infarto quando vide il riflesso di Alfred alle spalle del suo.
- A-Alfred! N-non ti avevo sentito arrivare! – esclamò, girandosi di scatto. L’americano non rispose: sembrava essere particolarmente concentrato sulla punta delle proprie scarpe. Arthur stava iniziando a credere che quell’intera serata fosse un complotto contro di lui… forse aveva offeso qualche misteriosa entità soprannaturale?
- Quindi tu e Francis stavate insieme. – borbottò finalmente Alfred, senza guardarlo in faccia.
Sarebbe un problema…?” fu l’unica cosa che pensò Arthur, leggermente confuso. Perché Alfred avrebbe dovuto interessarsene? – Beh, sì. Hai qualcosa da ridire anche su questo?
- Proprio niente. Non m’interessa affatto con chi esci.
- E sei venuto qui solo per dirmi questo? Era una questione di vita o di morte? – disse acido Arthur, incrociando le braccia e guardandolo con aria seccata.
- Certo che non volevo dirti solo questo, razza d’idiota. – rispose Alfred. Arthur scelse di ignorare l’insulto. – Ecco. Sai che… domani è San Valentino, no?
- E quindi? Vuoi rinfacciarmi il fatto che non andrò da nessuna parte? N-non è perché nessuno mi ha invitato! È che io sto bene da so…
- …Usciresti con me…? – esclamò Alfred tutto d’un fiato.
- …lo e comunque… aspetta cosa? – Arthur fissò l’americano con tanto d’occhi, convinto di aver sentito male.
- U-usciresti… con me…? – ripeté Alfred più piano, evitando di guardare Arthur negli occhi. L’inglese notò che era arrossito leggermente… quant’era carino.
- È uno scherzo, vero?
- Sì. – rispose Alfred, poi sembrò ripensarci. – Cioè, no. Cioè, io vorrei davvero uscire con te però all’inizio l’idea era che fosse uno scherzo e poi devo vendicarmi del mio capo e… insomma esci con me o no? – adesso Alfred era pericolosamente vicino e Arthur fu costretto ad arretrare, andando a sbattere con la schiena contro il lavandino.
- …s-specifico che non è che tu mi piaccia o altre cose strane è solo che comunque non avevo nulla da fare e poi devi essere davvero messo male per invitare me quindi prendilo come un gesto di beneficenza e… - iniziò a blaterare, sentendo la sua faccia diventare più calda e rossa a ogni nuova parola, mentre l’espressione di Alfred virava pericolosamente verso l’istinto omicida.
- Se non vuoi venire fai pure a meno! – sbottò infine, dando le spalle ad Arthur e dirigendosi verso la porta. Arthur allungò una mano e afferrò Alfred per la manica della giacca, costringendolo a fermarsi, e si rese conto di averlo fatto solo quando Alfred lo stava già fissando con un’espressione a metà tra l’arrabbiato e lo speranzoso.
- Ecco, io… - mormorò, cercando disperatamente qualcosa d’intelligente da dire e chiedendosi perché accidenti avesse deciso di trattenere Alfred. - …non è che non voglio venire, ecco. – e qui sentì il bisogno di dire qualcosa di scortese, perché la faccia del bloody yank era troppo felice per i suoi gusti. - Ma non esserne troppo contento. Posso ancora cambiare idea.
- Certo, certo. – rispose Alfred, con l’aria di non aver nemmeno sentito le ultime parole. – Domani sera. Alle nove. Vengo a prenderti io.
- A-aspetta un secondo! Dove mi vuoi portare?
- Segreto! – rise Alfred, facendogli l’occhiolino, per poi uscire dalla toilette senza che Arthur potesse chiedergli nient’altro.
Arthur fissò per un attimo il suo riflesso nello specchio - scoprendosi troppo rosso e troppo panicato per i suoi gusti – quasi sperando che potesse improvvisamente prendere vita e dirgli cosa fosse meglio fare in quella situazione. Non successe.
- My God. Che accidenti ho combinato?
  
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