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Autore: ellacowgirl in Madame_Butterfly    13/10/2013    3 recensioni
A Sinnoh sta succedendo qualcosa di strano, di molto strano: è sotto gli occhi di tutti, ma nessuno sembra accorgersene.
O forse nessuno ha il coraggio di parlare.
Saranno tre personaggi a dare il via ad una serie di lotte e vicissitudini, tra fedeltà e tradimenti, tra verità e menzogna, tra ciò che può essere svelato e ciò che deve essere tenuto segreto.
Tre allenatori provenienti dalle tre istituzioni più importanti della regione (Gare, Palestre, Lega), che sembra vogliano sbarazzarsi di loro: non sono i protagonisti canonici, ma potrebbero diventarli.
E così, mentre ci sarà chi vuole mettere loro i bastoni fra le ruote, altri più o meno popolari interverranno in loro aiuto, tutti per un unico scopo: il leggendario Cuore di Sinnoh.
...
(I personaggi non sono inventati ma appartengono al manga/videogioco/anime e saranno presenti, in generale, un pò tutti. Presenza di Crack Pairings.)
Genere: Avventura, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Camilla, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime, Videogioco
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Note Autrice:
Mi scuso immensamente per il ritardo, ma ho dovuto traslocare :/
Annuncio che da oggi pubblicherò regolarmente ogni due settimane (sempre di Domenica) ma che non ho intenzione di abbandonare la storia, naturalmente! Grazie a chi continua a seguire, spero che questo capitolo dedicato completamente al gruppo BArry/Lucas/Lucinda/Ilenia possa piacervi!
Al momento sembrano ancora abbastanza "ingenui", forse passivi, ma dal prossimo le cose cominceranno a cambiare... non mi piace dare subito un gran vantaggio, sarebbe poco realistico.
PS. mi scuso se ci saranno degli errori, non ho avuto tempo di ricontrollarlo e lo farò domani... ma nel mentre non volevo farvi aspettare ancora ;)

~ Capitolo Tre

Le iridi chiare di Barry riflettevano lo scenario davanti ai suoi occhi, tutt’altro che rassicurante ad essere sinceri: due jeep con a bordo quasi una decina di reclute del Team Galassia ed una specie di piccolo carro armato tra le due, il tettuccio soprastante dal quale si mostrava il metà busto di una donna dai capelli rosa sgargiante.
E no, non aveva nulla di amichevole.
Al biondo si affiancò immediatamente Lucas, il quale strinse appena i denti nel notare che fin troppi Pokémon venivano liberati dalle sfere nemiche, sicuramente con intenzioni tutt’altro che positive. «A quanto pare la situazione è seria per davvero…» Bisbigliò quasi fra sé e sé, beccandosi un’occhiataccia da Barry. «Ma non mi dire! Quanta perspicacia tutta in una volta!»
Lo canzonò senza ricevere risposta, l’esuberanza che lasciava chiaramente trasparire una certa preoccupazione.
Dietro di loro, Ilenia stava lentamente scendendo dal letto ma sia lei che Lucinda vennero fermate da un gesto del moro, il quale gli faceva segno di non mostrarsi: meno volti venivano riconosciuti, meglio era.
La comandante del Team Galassia ordinò alle tre vetture di fermarsi davanti all’abitazione, dopodiché prese un megafono fra le mani e lo portò alla bocca, lo sguardo diretto ai due ragazzi affacciati alla finestra. «Sappiamo che nascondete la signorina Ilenia! Consegnatecela senza opporre resistenza e non vi verrà fatto nulla!»  Disse quella voce con un pizzico di ironia, tanto che Barry sbuffò apertamente, senza curarsi di essere visto.
«Per chi ci hai presi, per dei polli?! Non vi crederemmo neanche sotto pagamento!» Gli gridò, del tutto convinto di quanto avesse detto, mentre Lucas affianco a lui aveva già portato la mano alle Pokéball: avrebbero dovuto combattere, di questo ne era certo, e nessuno di loro si sarebbe tirato indietro.
La codardia non valeva la vita di un’amica.
«Vorrà dire che useremo le maniere forti, allora!» Gli gridò dal megafono, lanciando una sfera davanti a sé.
Da questa venne liberata una Skuntank di dimensioni maggiori rispetto agli standard e contemporaneamente altre reclute chiamavano la sua pre-evoluzione.
«Andate e costringeteli ad uscire!» I Pokémon ubbidirono immediatamente, dirigendosi all’entrata dell’abitazione e buttando giù la porta con un semplice colpo.
I ragazzi ebbero un sussulto a quel rumore piuttosto violento, sentendo uno zampettare tutt’altro che piacevole provenire dal piano terra.
«Dobbiamo fermarli!»  Barry era già sul piede di battaglia, ball alla mano, sin quando dalla porta della stanza, chiusa a chiave da Lucinda poco prima, non cominciò a farsi largo un odore pressochè insopportabile.
Si tapparono tutti il naso, avvicinandosi prontamente alla finestra: restare lì significava morire dentro ad una camera a gas, poco ma sicuro. «Dobbiamo salire sul tetto!»
Propose Lucinda, avvicinandosi rapidamente alla finestra.
«Ma così faremo il loro gioco, ci vedranno tutti!» Esclamò Ilenia, decisamente in ansia per quanto stesse accadendo: mille sensi di colpa la invasero,ma non aveva il tempo materiale per prestargli attenzione.
«Non abbiamo scelta, qui soffocheremo!» Lucas aveva già spalancato completamente la finestra, cercando qualche appiglio per poter salire.
«Vediamo di rallentare la puzza… Staraptor!» L’enorme uccello dalle striature bianche venne richiamato dalla sfera del biondino, cominciando a sbattere le ali affinché quel nauseante odore rallentasse la propria avanzata.
Ilenia prese sulle spalle il piccolo scoiattolino bianco ed azzurro ed altrettanto  fece Lucinda con il suo Piplup, anch’egli già sul piede di guerra e contrario all’idea di non poter affrontare gli avversari al pian terreno.
Le due ragazze si avvicinarono alla finestra nel momento in cui Lucas era riuscito a salire sul tetto. Tese la mano per aiutarle e Lucinda andò per prima, il pinguino ben stretto allo zaino mentre l’allenatrice saliva.
«Bene bene… uno… due… tre…» Contava ad alta voce la Comandante, le braccia incrociate sotto il seno mentre lo sguardo beffardo osservava i tre che si aiutavano vicendevolmente.
Non era aggressivo, il suo sguardo, eppure bastava per lasciar trasparire la ferrea determinazione che la caratterizzava.
Quando anche Ilenia si trovò finalmente sul tetto, i tre indietreggiarono dal bordo, osservando con scetticismo il piccolo esercito che si trovavano dinnanzi: anche con tutta la buona volontà del mondo, forse un Comandante e dieci reclute erano un po’ troppe.
«Cosa facciamo?» Domandò Lucinda tutt’altro che tranquilla, nonostante non avesse intenzione di tirarsi indietro. Teneva Piplup fra le braccia, il quale si lamentava per non poter andare all’attacco, contrariamente a Pachirisu che se ne stava sulla spalla di Ilenia senza accennare a far nulla.
Lucas aggrottò la fronte, prese due sfere dalla cintura e liberò i propri Pokémon: un Infernape ed un Kadabra, entrambi apparentemente tranquilli, fin troppo, ma era evidente dal loro sguardo quanto fossero già concentrati.
«Sei sicuro?» Domandò la mora, le sue iridi blu riflettevano i Pokémon avversari che uscivano dalle sfere uno dopo l’altro.
«No. Ma adesso c’è ben poco di sicuro. Kadabra, confusione sulla prima Jeep!» Il Pokémon psico si contornò di una luce violacea, lo sguardo si fece più attento eppure apparentemente lontano anni luce da quel luogo.
Immediatamente le reclute a bordo della vettura scesero da essa, in tempo sufficiente per non essere sollevate in aria assieme ad essa.
«Aereoassalto, Golbat!» Un enorme pipistrello bluastro si gettò a capofitto sul Kedabra, ancora concentrato in quella manovra, ma prima che potesse ferirlo Infernape spiccò un salto sufficientemente rapido per intromettersi nella traiettoria, contrastando quell’attacco aereo con un sonoro graffio.
La jeep venne sollevata leggermente da terra, quanto bastava per consentire al Kadabra di allontanarla bruscamente dalla posizione precedente con l’ausilio dei propri poteri psichici.
Non appena la luce violacea che contornava il profilo del Pokémon svanì, questo si concesse un attimo di pausa, cercando di riprendersi dallo sforzo di sollevare un oggetto di tale portata quando una sfera rapidissima lo colpì di striscio, facendolo cadere di lato.
«Protezione, Kadabra!» Gli ordinò Lucas, mentre contemporaneamente teneva sotto controllo lo scontro tra la scimmia infuocata e l’enorme pipistrello.
La barriera appena visibile si stava lentamente formando quando una seconda sfera trasparente, probabilmente un condensato d’aria fin troppo rapido, non era nuovamente diretto in quella direzione: fu una scarica elettrica, questa volta, a respingere il colpo, ed uno scoiattolino timoroso affiancato al grande Pokemon psico.
«Ottimo, Pachirisu!» Gli sorrise dolcemente Ilenia, ma con la giusta determinazione, tanto che il piccolo Pokémon riprese pian piano coraggio.
Kadabra lanciò un’occhiata torva al piccoletto, mentre il suo sguardo andava a fulminare di indignazione il Pokémon che lo aveva aggredito: un Bronzong, immobile davanti alla sua altezzosa allenatrice.
Inarcò un sopracciglio violaceo nel vedere come i tre si stessero preparando a lottare, consapevoli che probabilmente in quelle condizioni non se la sarebbero cavata facilmente.
«Non pensate di essere un po’ troppo giovani, per un suicidio, piccoletti?» Li canzonò con fare strafottente, fin troppo sicuro di sé, mentre ad una serie di Pokémon volanti era stato ordinato un attacco da alcune reclute.
Lucinda mise mano ad una ball, decisa ad intervenire accanto ai compagni: non sarebbe rimasta a guardare, con Ash aveva affrontato situazioni forse ben peggiori.
«No, chiama Togekiss.» Il moro non la stava guardando, eppure non gli era sfuggito nulla: per anni era stato l’assistente più fedele del Professor Rowan, aveva imparato come comportarsi in molteplici situazioni, a non lasciare nulla al caso.
La ragazza si fermò, osservandolo con espressione perplessa, mentre Piplup si opponeva a quell’interruzione con svariati verseggiamenti. «Perché? Mamoswine potrebbe distruggere una jeep molto più facilmente!» Si oppose, riprendendo l’idea di chiamare la Pokémon ghiaccio di dimensioni spropositate.
Fu in quell’attimo, però, che tre Pidgeotto avvisarono del loro attacco imminente contro la ragazza: erano lì, a pochi metri da lei, il becco che già si illuminava nell’allungamento per quel colpo. Le iridi bluastre si dilatarono, spaventate: anche richiamando un Pokémon, non avrebbe fatto in tempo a difendersi.
Restò impalata, pronta a subire chissà quali danni quando sentì una spinta allontanarla da quella posizione. «Lucinda attenta!» Caddero entrambe sulle tegole del tetto, mentre i tre uccelli proseguivano nella loro traiettoria, tornando verso l’alto e preparandosi per un nuovo colpo.
Lucinda si riprese subito , l’attenzione andò immediatamente a posarsi sulla compagna distesa a poca distanza da lei. «Ilenia…» Balbettò nel vedere una profonda ferita sul braccio dell’amica, il sangue che aveva cominciato a colare senza ritegno.
Ilenia tentò immediatamente di tamponarla con la manica dell’altro braccio.
«Ma no, non è nulla…» Strinse i denti per il dolore al contatto del tessuto con la pelle viva, ma prima che l’amica potesse arrabbiarsi per quel gesto sconsiderato, la voglia a forma di goccia si illuminò appena. Sgranarono entrambe gli occhi dinnanzi a quell’avvenimento del tutto inaspettato, poiché ciò che stavano vedendo aveva dell’assurdo persino in un mondo come il loro: il sangue si era fermato, aveva addirittura cominciato a risalire il braccio sino a rientrare all’interno del corpo, lentamente, la ferita che sembrava rimarginarsi grazie a chissà quale potere.
«Ma… com’è possibile…» Teneva il braccio disteso, lo sguardo ammaliato ed ipnotizzato da tale scherzo del destino.
E Lucinda, immobile accanto a lei, non poteva avere espressione più sconcertata.
«Voi due, spostatevi!» Urlò loro Lucas in un momento di calma nelle due lotte che stava fronteggiando, le due ragazze si ripresero immediatamente tornando alla realtà: si lanciarono uno sguardo d’intesa, consapevoli che tutto ciò che stavano vivendo celasse segreti tutt’altro che superficiali.
Una folata di vento passò loro dinnanzi, costringendole a chiudersi gli occhi mentre un lamento di volatili echeggiò nell’aria.
La poca polvere presente sul tetto venne spostata sgarbatamente altrove, consentendo alle due di notare i tre Pidgeotto scaraventati lontano da quella furia del vento.
«Così imparate ad aggredire delle ragazze, razza di polli di vecchio stampo!» Li denigrò Barry in sella al suo Staraptor, il quale verseggiava contrariato nei confronti degli avversari.
Altri Pokémon arrivavano da ogni dove, cominciando ad affollarsi ai piedi di quell’abitazione già praticamente invasa.
E mentre Lucinda aiutava Ilenia a rialzarsi, ancora ben poco convinte di quanto fosse accaduto, le iridi scure di Lucas  stavano già andando oltre: fissava intensamente ogni singolo rivale, mentre i suoi compagni di mille avventure lottavano nel tentativo di difendere quanto gli restava.
«Ehi, bell’addormentato! Nel caso non te ne fossi accorto, siamo in un bel guaio e dovremmo pensare a come agire!» Barry non aveva mezzi termini, per niente e nessuno: la sincerità, oltre alla sfrontatezza, era fra le sue migliori qualità e non esitava a sfoggiarla in modo del tutto naturale.
Tuttavia, dietro quell’espressione tanto determinata e talvolta esuberante si nascondeva un coraggio che chiunque gli avrebbe invidiato, oltre ad una piena fiducia in quello che era stato un suo rivale.
Perché sì, lui più di ogni altro conosceva l’insana sofferenza dell’essere il numero due, ma non per questo non avrebbe imparato ad apprezzare gli sbagli per migliorarsi: anche se, naturalmente, questo non lo avrebbe mai detto.
Lucas rifletté solo qualche attimo, per poi volgersi in direzione dell’amico ancora in volo.
«Prendi Ilenia.» Disse serioso, deciso, tanto da lasciare l’altro senza parole.
«Ma…» Le parole gli morirono in bocca nel momento in cui l’altro lanciò il medesimo sguardo a Lucinda: uno sguardo che non avrebbe ammesso repliche.
«Chiama Togekiss, dovete andarvene.» Non era un ordine, ma un caloroso consiglio.
Ilenia sbatté le palpebre, quasi sicura di non aver sentito bene, eppure in cuor suo la risposta era un’altra.
«Ci stai chiedendo di abbandonarti?» Tradusse letteralmente quel gesto, mentre Barry stringeva i denti: sempre nobile d’animo, Lucas, sempre pronto a mettere gli altri prima di se stesso.
Rabbia, certo, forse invidia. Ma la stima continuava a crescere, assieme alla consapevolezza.
«No, vi sto chiedendo di proteggere qualcosa di più importante.» E lo sguardo continuava ad essere penetrante, maledettamente penetrante.
Lucinda balbettò qualcosa, sin quando Barry non condusse il suo Staraptor sino al tetto ed afferrò Ilenia per la vita, portandola a bordo del volatile.
«Ma… Barry! Lasciami!» Gli disse dimenandosi, mentre Lucinda sembrava ancora indecisa.
«Non c’è altra scelta, andiamo!» Disse in direzione della mora, la quale lentamente richiamava Togekiss fuori dalla ball.
Vi salì poco dopo, estrasse un’altra sfera ma ancora una volta Lucas la fermò.
«No, a voi servirà più aiuto di me…» Uno scambio di sguardi fra lui ed il biondo bastò, senza bisogno di dirsi altro: perennemente rivali, perennemente in competizione, ma capaci di mettere da parte tutto questo per qualcosa di molto più profondo.
Lucinda salì sul dorso del proprio Pokémon a malincuore, Piplup stretto fra le braccia poiché non sembrava intenzionato ad abbandonare il campo di battaglia.
Pachirisu, al contrario, si guardava bene dal mollare la presa dalla borsa della sua allenatrice.
Una volta che i tre cominciarono ad allontanarsi, Lucas richiamò un terzo Pokémon fuori dalla sfera: Clefable, evolutosi da poco ma già perfettamente in sintonia con un allenatore piuttosto esperto.
«Dove pensate di andare, ragazzini?» Giovia non sembrava della stessa opinione dei ragazzi, difatti non esitò ad ordinare un attacco nei confronti dei due Pokémon che si stavano allontanando in volo.
Tuttavia, Lucas non aveva compiuto una mossa casuale:  non sapeva per quale motivo, ma Ilenia era importante. E avrebbe fatto qualsiasi cosa perché quel destino sia avverasse, a costo di mettere in pericolo la vita.
«Coro.» La Pokémon di un rosa antico acconsentì, socchiuse appena le iridi e giunse le mani in grembo.
Cominciò ad intonare una canzone, note che volavano dirette verso avversari tutt’altro che dolci: improvvisamente si quietarono, si videro costretti ad indietreggiare, retrocedere, concedere a quei tre di allontanarsi quanto bastava per essere irraggiungibili.
«Non mollare!» La incitò Lucas, mentre la sua compagna cominciava già a cedere: una mossa appresa da poco ma soprattutto molto faticosa, se estesa in tal modo.
Anche Kadabra ed Infernape non mollarono, continuando a lottare con quante forze avessero in corpo, almeno sino a quando un sonoro terremoto non destabilizzò tutti i presenti, tuonando nell’intero paese: e le macerie di case e negozi andarono ad ammassarsi le une sulle altre.
 
(…)
 
Staraptor cominciava ad essere un po’ troppo affaticato, il peso di due persone ed un Pokémon gravavano fin troppo sulle sue maestose ali.
Ma stringeva il becco, si tratteneva dal mostrare la fatica, mentre accanto a lui volava un Togekiss piuttosto affranto.
«Non dovevano lasciarlo… è stata un’imprudenza, gli faranno del male!» Ilenia non era ancora convinta di quanto fosse accaduto, ma soprattutto non dava pace a se stessa.
Come aveva potuto permettere che un amico si consegnasse al nemico tanto facilmente?
«Stai dando per scontato che io non riuscirò a proteggervi?» Scherzò Barry, anche se naturalmente il suo orgoglio doveva manifestarsi, prima o poi. «Dovrei multarti, per un insulto del genere!» Continuò gesticolando.
Il volatile fece una brusca sterzata, quasi avesse perso quota per un attimo, tanto che i due dovettero aggrapparsi al suo piumaggio quasi d’istinto.
«Ehi, tutto bene?» Gli domandò l’allenatore, abbandonando la diatriba.
«Sembra molto affaticato, Barry… Dovremmo fermarci.» Propose Lucinda, l’espressione ancora piuttosto abbattuta dipinta sul volto: non era la prima volta che avevano a che fare col Team Galassia e non era certamente la miglior combriccola con cui avere a che fare.
Lucas era in gamba, certo, ma lo era tanto quanto la cattiveria dei loro avversari.
«Se ci fermiamo potremmo perdere il vantaggio che abbiamo!»
«Ma non possiamo nemmeno far sfiancare Staraptor!»
«E’ abituato, ci siamo allenati parecchio!»
«Questo non ti dà l’autorizzazione a sfinirlo!»
«Ehm ragazzi…» tentò Ilenia.
«Ehi il Pokémon è il mio, non ci mettere becco!»
«E’ una creatura come le altre, và trattata con giudizio!»
«Ragazzi, sul serio, è meglio che…» ma niente da fare, i due non l’ascoltavano.
Continuavano la loro diatriba, mentre Ilenia sembrava essere stata l‘unica a rendersi conto di un fenomeno tutt’altro che normale che era accaduto davanti a loro: un paio di scariche, apparentemente fulmini ma dall’entità del tutto sconosciuta, erano scaturite dal cielo sino a colpire un punto particolare di un boschetto sotto di loro.
«Staraptor, meglio scendere…» propose la mora, accarezzando dolcemente il piumaggio del volatile.
Il Pokémon non se lo fece ripetere due volte e scese immediatamente, contrariamente alla volontà del suo allenatore.
«Ehi, io non ho detto nulla!» si lamentò il biondo, provocando una smorfia sul volto di Lucinda, che incrociò le braccia sotto il seno.
«Ecco il grande allenatore che si fa ascoltare dai suoi Pokémon…» Lo canzonò, per poi ricominciare quel battibecco quasi immediatamente.
Ilenia si limitò a sospirare mentre scendevano lentamente, sino ad addentrarsi in quel boschetto non troppo fitto.
I due Pokémon volanti vennero richiamati nelle sfere, dando quindi il tempo ai tre di guardarsi intorno.
«Bene, siamo scesi. Ma ora dove si va?» Effettivamente nessuno di loro tre aveva un’idea precisa del dove dirigersi, motivo per cui si limitarono a rimanere fermi per qualche attimo, vicini, in silenzio.
Solo il frusciare delle foglie.
«Non abbiamo nemmeno idea di chi cercare per farci aiutare… e nemmeno un luogo sicuro dove ripararci.» Constatò Lucinda con un groppo alla gola, decisamente l’ansia non avrebbe giovato nessuno di loro in quei momenti. «Senza contare che non sappiamo nemmeno il motivo di tutto questo, della tua voglia e quant’altro!»
Barry non era il top nel migliorare la situazione, tanto che le due ragazze si lanciarono un’occhiata tutt’altro che consolatoria in quell’attimo.
Sì, erano decisamente in un bel guaio.
«Voglia?» La voce che attirò la loro attenzione proveniva da dietro un albero, dietro il quale si scorgeva una figura femminile.
Occhi chiari, capelli lunghi e biondi, ed il musetto di una Roselia immobile sulla sua spalla.
Si osservarono per qualche attimo, diffidenti quanto sospettosi, sin quando Barry non si portò davanti alle due amiche.
«Come fai a sapere della voglia? Chi sei? Ci hai forse seguiti?!» La tempestò con un tono tutt’altro che amichevole: sentiva una strana pressione salirgli dall’interno, l’ansia di non poter essere ciò che avrebbe voluto, di non essere in grado di difenderle come era suo compito.
Lo sapeva, che non fossero due ragazze indifese, ma il suo orgoglio voleva convincerlo che fosse indispensabile.
Amelia rimase con le labbra dischiuse dinnanzi a quella reazione particolarmente esagerata, senza riuscire a rispondere prontamente: pensava che Sabrina l’avrebbe condotta dinnanzi a degli alleati, forse amici, non a persone pronte a darle addosso.
La situazione rimase tesa e quasi imbarazzante per qualche attimo, sin quando un sonoro schiaffo non colpì in pieno il povero Barry. «Sei il solito idiota!» Lo ammonì Lucinda tutt’altro che amichevole, facendo un passo in avanti.
«Lei è Amelia, è l’altra ragazza che è stata cacciata da una palestra e che suppongo c’entri con questa storia…» Azzardò, volgendole uno sguardo indagatore, ma soprattutto incuriosito.
La bionda si fece coraggio, mostrandosi completamente ed avanzando di un passo.
«Sì, sono io… Tu dovresti essere Ilenia, giusto?» Domandò volgendo lo sguardo alla mora, rimasta in disparte sino a quel momento.
L’altra annuì, entrambe si osservarono come avessero davanti un alieno, oppure un loro simile fin troppo vicino: erano state travolte da un uragano di eventi senza che potessero prenderne il comando, ed in quello sguardo compresero di capirsi più di ogni altro.
«Io… credo di dovervi dire delle cose, a riguardo. So che…»
«Bene. Molto bene.» Ad interromperli fu una voce maschile, ancora dispersa nella selva tanto da non essere individuata.
D’istinto Roselia creò una barriera protettiva attorno ad Amelia, mentre gli altri tre si avvicinarono l’un l’altro, coprendosi le spalle, pronti a reagire.
«Un teletrasporto in grado di portare una persona a diversi chilometri di distanza, addirittura con un altro Pokémon appresso, non può che appartenere ad un Alakazam degno di tale nome… e conosco soltanto una persona che ne possiede un esemplare del genere.»
Due lacci erbosi tentarono di afferrare Amelia ma la barriera la protesse, nonostante il contraccolpo la costrinse ad avvicinarsi ulteriormente agli altri tre.
Erano soli, lì in mezzo, in un luogo che non conoscevano.
Soli, senza avere uno straccio di informazione.
Udirono dei passi avvicinarsi e solo pochi attimi dopo si accorsero di essere circondati da un manipolo del Team Galassia: armi alle mani, sguardi fin troppo freddi.
Strinsero i denti, lo sguardo che vagava in cerca di una via di fuga, una qualsiasi, sin quando non andarono a focalizzarsi su un’unica figura: un uomo piuttosto giovane, i capelli blu e lo sguardo severo.
«Comunicazione di servizio: siete nei guai.»

 
  
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