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Autore: misslittlesun95    13/10/2013    1 recensioni
Viola ha 18 anni e una vita normale quando una sera sviene in un locale e si risveglia con una diagnosi di cancro al cervello che fa iniziare il suo primo giro all'inferno.
Unica speranza un delicatissimo intervento che per un periodo le farà perdere la possibilità di camminare.
Dopo un anno terribile la malattia è scomparsa e lei cammina, riprendendo tutto come prima.
A 23 anni però, di punto in bianco, lascia Parma e va a vivere a Torino, lontana da tutto e tutti, tagliando i ponti con la sua vecchia vita.
Sei mesi più tardi suo fratello si presenta alla sua porta, e la trova cambiata.
Il male è tornato, più forte di prima, e con lui l'inferno.
Da una parte la lotta a diciotto anni, dall'altra quella a ventitré, da una parte la famiglia e il ragazzo storico, Alberto, dall'altra lei sola con Ivan, l'oncologo che la segue e che di certo è più di un semplice amico.
Una sfida diversa ma uguale, un capitolo nel passato e uno nel presente, nella speranza di vincere di nuovo, questa volta per sempre.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico, Universitario
Capitoli:
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Torino, 2013.


La giornata di Viola, malgrado ciò che si poteva pensare, iniziava presto.
Colazione e medicine.
Uscita di casa e spesa, il tutto fatto con mille attenzioni per evitare di ammalarsi, poi pranzo e altre medicine.
Dopo un piccolo riposo pomeridiano per evitare di stancarsi nelle ore più calde e, nel tardo pomeriggio, un po' di studio se se la sentiva.
La sera passava Ivan, cenava con lei, vedendola prendere ancora medicine, e le rimaneva accanto finché non si addormentava.
A volte anche oltre, magari quando vedeva che qualcosa non andava, tanto nel fisico quanto nell'anima della fidanzata.
- Però oggi non passa e domani la routine verrà già sconvolta, Vitto, mi spiace.- Aveva concluso la ragazza raccontando al fratello come passava la sua vita a Torino.
- Ah, come mai, se posso?-
- Lui è due giorni a Milano per lavoro, e mi ha chiesto di raggiungerlo. È assieme al medico che mi ha in cura e quello che potrebbe operarmi appena sarà possibile, così abbiamo deciso che sarei andata portando le analisi ultime per decidere un po' come andare avanti.-
- E puoi viaggiare? Voglio dire, non è pericoloso? Se non mi sbaglio le tue difese immunitarie non sono al massimo in questo periodo, no?-
- Ci si sono messi due oncologi a dirmi che posso andare a Milano, Vittorio. Dai, sei arrivato ieri, non metterti già a fare l'ansioso.- Aveva risposto sorridendo la sorella.
- A beh, no, allora ci credo. Davvero, dico sul serio.- Provò a dire il ragazzo tentando di apparire convincente.
Quei medici avevano studiato, e magari anche parecchio, ma se fosse successo qualcosa a sua sorella non glielo avrebbe mai perdonato, poco ma sicuro.
- Devi stare tranquillo, dico sul serio io. Comunque a questo punto mi chiedo se non ti vada di venire con me, tanto qui a Torino da solo non ci faresti molto, no?-
- In effetti. Se per te non è un problema vengo.-
- Tranquillo, prima, mentre dormivi, sono riuscita a sentire Ivan e a dirgli quello che è successo ieri, è stato lui a convincermi di farti venire. Anche perché a questo punto, se hai intenzione di rimanere, ti trovi di nuovo coinvolto a pieno titolo nel mio percorso, di cui l'intervento sarà parte fondamentale, come è ovvio.-
Vittorio annuì.
Voleva domandarle se l'intervento avrebbe comportato gli stessi effetti collaterali della prima volta, ma non sapeva bene come farlo.
Era sua sorella, si erano detti tutto, qualsiasi cosa facesse parte della loro vita per oltre vent'anni, anche le cose più personali, ma in quel momento, per chiederle se sarebbe rimasta di nuovo paralizzata, non gli venivano le parole.
Si convinse che magari neanche lei lo sapeva con certezza, e che probabilmente lo avrebbero scoperto entrambi il giorno successivo a Milano.
La mattinata trascorse tranquilla, per la maggior parte del tempo rimasero dove si erano seduti la sera precedente a parlare.
Si raccontarono un poco come erano andati quei sei mesi passati lontano l'uno dall'altra, anche se senza dubbio il racconto di Vittorio poteva essere molto più avvincente di quello della sorellina.
- Io sono stata bene, tutto sommato. - Aveva detto Viola quando era arrivato il suo turno. - Certo, a parte i momenti peggiori della terapia. Però per il resto non sono stata troppo male. Sto studiando per gli esami che avrei dovuto dare quest'anno, a settembre in ogni caso mi iscriverò di nuovo all'università, ovviamente qui a Torino, e proverò ad andare avanti anche con i miei studi...- Faceva lingue, Viola. Studiava spagnolo e cinese.
Due lingue totalmente diverse ma che, come dicevano tutti, sarebbero state molto utili nel futuro.
Probabilmente utili quanto l'inglese in quel momento.
- Certo, come è naturale a settembre mi iscriverò se sarò ancora in vita, altrimenti la vedo un po' difficile.- Aveva poi detto.
Il fratello trasalì.
- Scusa.- Disse subito dopo Viola. - Per me è normale vederla in questo modo, non volevo che ti desse fastidio.- Aveva provato a riparare al sintomo di angoscia che vedeva negli occhi di Vittorio.
- No, figurati. Cioè, sì, è dura vederla in questo modo.... ma io non sono nessuno per dire cosa sia giusto o sbagliato, in questa situazione.-
- Con Ivan ne parlo spesso. Della morte, dico. Non solo della mia, a volte lo facciamo in modo più generale. Lui è un ragazzo fortunato, sai? Nella sua vita ha visto morire solo i due nonni maschi, tutte le altre persone che ha avuto al suo fianco e a cui ha voluto bene sono ancora qui. Magari con qualcuno ha perso i contatti, come capita a tutti, ma in generale si considera fortunato, da questo punto di vista.
Da quando ha iniziato a lavorare in oncologia ha visto morire molta gente, anche suo pazienti. Ma io... beh, se morissi sarebbe il suo battesimo del fuoco per quanto riguarda il peggio della vita. All'inizio proprio per questo continuava a dirmi che non dovevamo parlarne, ma poi una volta, un mesetto fa, un ciclo di chemioterapia mi ha fatta stare molto male e lui ha avuto molta paura. Da allora ne parliamo, soprattutto mi chiede della mamma, di quando le se ne è andata, di come si superano dolori del genere.-

- E tu cosa gli hai detto?-
- Sulla mamma o sulla morte?- Domandò la sorella minore.
- Su entrambe le cose.-
- Gli ho detto che il giorno in cui la persona a cui vuoi bene muore, alla fine, vai a dormire. E la mattina dopo ti alzi. Poi passa qualche giorno e ricominci a fare anche tutte le altre cose che facevi quando lui o lei c'era.
Gli ho detto che si va avanti, che bisogna farlo.
Il dolore non scompare mai, a volte fa fatica anche ad attenuarsi.
Ma è l'unica cosa che si ferma, il tempo continua a scorrere senza curarsi di te.
Lui dice che se io morisse non sarebbe così semplice, che forse cambia da persona a persona. Sì, te l'ho detto, parliamo anche di una mia eventuale morte, e lo facciamo senza piangere.-
Vittorio si scusò un attimo con la sorella e andò al bagno, quella discussione iniziava a metter voglia di piangere a lui.
Aveva ventitré anni, Viola. Ventitré.
Non poteva parlare in quel modo, non era giusto.
Una vecchina, forse, avrebbe parlato così della morte, avrebbe detto che si andava avanti punto, ma non una ragazza così giovane e, soprattutto, ancora piena di vita.
Lo si vedeva, che era piena di vita; oltre i segni del cancro, oltre i segni della chemio, lui che la conosceva da prima vedeva che aveva ancora voglia di vivere.

Non era affatto rassegnata a quello che le sarebbe potuto accadere da lì a poco, era chiaro, ma parlava come se lo fosse.
Tornò nel salone pochi minuti dopo, e subito cercò di cambiare discorso.
- Lo sai che non sono ancora riuscito a far capire a papà che deve trovarsi un amore?- Le disse.
- Sul serio?! - Rispose la sorella sorpresa.
Angelica, la madre dei due ragazzi, era morta da quasi undici anni, e da allora, non da subito ma quasi, i fratelli avevano tentato di far capire al padre che doveva rifarsi una vita con una nuova donna, ricominciare a far vivere anche quel lato di se, quello passionale.
Mauro era un ottimo padre, i due non avevano niente da dire su quello, ma era un uomo, e come tutti aveva bisogno di avere accanto qualcuno che non fosse né un figlio né un amico.
Non si erano mai interessati, un po' per rispetto e un po' perché davvero più di tanto non poteva fregargliene, al fatto che il padre avesse avuto, in tutto quel tempo, storie di sesso casuale o meno.
Ma non era quello che auspicavano per lui, loro volevano vederlo innamorato, non soddisfatto sessualmente.
Quelli non erano affari loro, anche se, ammesso fosse vera la storia dell'acidità, gli avrebbe fatto piacere veder scaricare tutto lo stress che il lavoro e il resto gli provocavano in modi diversi dalla semplice incazzatura verso i due figli.
Ma niente, a quanto pareva in undici anni non era cambiato nulla.
- Te lo posso giurare.- Aveva sospirato Vittorio. - E ti posso giurare anche che questa volta gli ho detto apertamente ciò che pensavo. Eravamo a cena e mi stava chiedendo di Micaela, di come me la passavo ora che anche lei se ne era andata. Io gli ho risposto dicendo che me ne stavo facendo una ragione, che prima o poi avrei trovato qualcuno da amare di nuovo, o che magari lei stessa sarebbe tornata, che si sarebbe chiarita le idee, e poi gli ho domandato come fosse possibile che lui continuava a rimanere solo. -
- E lui cosa ti ha risposto?- Viola era diventata curiosa.

Quei mesi erano stati la prima esperienza di vita da soli di Mauro e del figlio maschio, e la ragazza era interessata a sapere come fossero andati.
- Ha iniziato dicendo che quando la mamma è morta tu eri ancora piccola e magari non avresti preso bene l'idea di una donna diversa da lei in casa, poi ha detto che comunque noi e il lavoro gli occupavamo già parecchio tempo e questo gli bastava. Alla fine, me lo hai ricordato tu prima, ha detto anche qualcosa sul fatto che un conto è lasciarsi con una persona e un altro perderla, vederla morire quando invece sareste potuti rimanere insieme tutta la vita perché le cose fra di voi andavano bene.
Credo che in parte siano state tutte scuse, ma non ho voluto indagare oltre. In fondo è mio padre.
Però mi dispiace, sai? Prima o poi noi ce ne andremo di casa davvero, sempre ammesso che non lo abbiamo già fatto adesso, e anche il suo lavoro non ci sarà per sempre. Temo che in quel momento sentirà la mancanza di qualcuno al suo fianco, deve essere orrendo invecchiare da solo.-
Questa volta a sospirare fu Viola.
In effetti era vero, forse a dodici o tredici anni non avrebbe preso bene l'idea di una donna in casa che non fosse sua madre, ma diventata più grande ci avrebbe fatto l'abitudine. E poi se fosse servito a vedere più felice quel padre che tanto adorava non ci sarebbero stati problemi, anzi.
Sul pomeriggio tardi, quando Viola si svegliò dopo essersi come al suo solito riposata un poco, decisero di andare a fare quattro passi in centro.
La ragazza si era avvolta un foulard colorato, intonato con i vestiti ed il trucco che indossava, e non aveva perso tempo a disegnarsi le sopracciglia.
- Se portassi una parrucca lo farei.- Aveva spiegato al fratello. - Ma è inutile nascondere ciò che è palese, al massimo posso guadagnare un posto a sedere in pullman da qualche anima compassionevole, mostrando più o meno in tutto ciò che sto passando.- Aveva riso.
Si erano presi un gelato e poi avevano guardato un paio di vetrine.
In un negozio di abbigliamento e accessori su Via Roma la ragazza aveva comprato qualcosa al volo, evitando di trattenersi troppo in un luogo così affollato.

- Se Ivan sapesse che sono stata qui mi sgriderebbe come se avessi ucciso qualcuno. Ma tu non glielo dirai, vero Vitto?- Aveva domandato al fratello uscendo.
Lui aveva detto di sì, neanche lo conosceva, Ivan, ma poi aveva compreso perché Viola non sarebbe dovuta entrare in quel negozio e si era dato dello stupido da solo.
In fondo era solo per il suo bene, affinché evitasse di esporsi a germi od altro.
Infatti, arrivati a casa, glieli fece capire che un po' di paura l'aveva anche lui.
- Senti... che cosa devo fare se non stai bene?- Le domandò mentre stavano in cucina per decidere cosa fare per la cena.
- Se non sto bene in che senso? Se mi viene tipo un'influenza o se ho un vero e proprio malore?-
- In entrambi i casi.-
- Ti ricordi cosa dovevi fare la prima volta in quei momenti?-

- Sì, più o meno sì. Se avevi un malore dovevo chiamare l'ambulanza o portarti io in ospedale mentre in caso di febbre dipendeva da quanto fosse alta.- Recitò quasi a memoria Vittorio, che nulla si era scordato del periodo in cui sua sorella era stata ammalata quasi cinque anni prima.
- Ecco, è la stessa identica cosa. Dalla prima volta, almeno su questo, non è cambiato assolutamente nulla. E comunque vedi che sto bene, davvero, sono stata pochissimo in quel negozio, malgrado non avessi la mascherina. Se ti fa stare più tranquillo domani la metterò, avevo già in mente di farlo almeno in treno, ma penso che la terrò tutto il tempo, da quando usciamo di casa a quando rientriamo, okkey?-
Vittorio cercò la forza di sorridere alle parole che Viola proponeva come ilari e lui recepiva come drammatiche, convinto sempre più che le cose sarebbero dovute andare in maniera molto diversa.
I due si coricarono verso le undici, anche se non troppo stanchi avevano deciso di andare a dormire relativamente presto per fare tutto con calma la mattina seguente.
Prima di addormentarsi Vittorio rimase a lungo ad osservare la sorella minore, assicurandosi che stesse bene e che non le mancasse nulla.
In ventiquattro ore la sua vita era mutata completamente, ma ormai ai cambiamenti duri e rapidi aveva iniziato a fare l'abitudine.
Di certo il giorno successivo ne sarebbe successo un altro, con la visita a Milano.
Se positivo o negativo stava al destino deciderlo.

 

   
 
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