Libri > Hunger Games
Segui la storia  |       
Autore: Clovely    13/10/2013    3 recensioni
«La storia di Cato e Clove ebbe inizio molto prima dei Giochi, quando erano ancora dei bambini. A Clove bastò solo uno sguardo per capire che c'era qualcosa di più sotto l'espression beffarda di Cato, il ragazzo dai profondi occhi di ghiaccio. Qualcosa di irresistibile e misterioso. Fu così, dopo un solo, breve incontro, che le loro vite iniziarono ad intrecciarsi, portandoli lentamente verso il loro destino.»
Noi tutti conosciamo Cato e Clove come i Tributi letali e spietati dal Distretto 2. Ma cosa sappiamo veramente di loro? La risposta è semplice: nulla. Per questo motivo ho deciso di scrivere questa fanfiction, per tutti quelli che credono ci sia stato qualcosa di più, sotto la superficie dei due Favoriti. Anche loro devono avere una storia, una vita... un passato.
Questa è la mia storia di Cato e Clove, prima e durante gli Hunger Games e se vi ho incuriositi, leggete e lasciatemi una recensione, mi farebbe davvero piacere ;)
Genere: Azione, Generale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri tributi, Cato, Clove, Favoriti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Till your last breath
CAPITOLO 18
TOGETHER WE CAN MAKE IT



«Se partiamo subito, possiamo farcela.» La voce di Clove era decisa e determinata. Forse non lo era mai stata così tanto nell’arena. Determinata a vincere e a tornare a casa. La ragazza sistemò la sua scorta di coltelli con cura, riponendoli con un ordine preciso nella sua pesante giacca a vento. La sera prima non avevano nemmeno iniziato ad ideare un piano. La felicità li aveva sopraffatti e per quel breve lasso di tempo fuori dal mondo dei Giochi, avevano pensato solo a loro stessi. Avevano festeggiato il cambiamento delle regole. Avevano dormito sereni, spalla contro spalla, senza alcun timore.
Ma ora era arrivato un nuovo giorno, il sole mattutino splendeva in cielo ed era tempo di agire. Non potevano più perdere un solo istante. E poi, avevano un piano.
«Di sicuro adesso 12 starà cercando il Ragazzo Innamorato. Se noi lo troviamo prima di lei, potremmo sbarazzarci di entrambi.» Clove chiuse la zip della sua giacca, tenendo fuori un paio di coltelli da avere a portata di mano. Anche Cato stava finendo di prepararsi e si legava la lunga spada affilata alla cintura. Lei gli lanciò uno sguardo. Avevano entrambi approvato quel piano e speravano di essere fortunati: avrebbero potuto eliminare due avversari in una volta sola e se ci fossero riusciti ne sarebbero rimasti solo altri due, prima della conclusione.
«Perfetto. Sono pronto.» Cato le si affiancò ed entrambi guardarono il bosco. Era davvero enorme e non avevano idea di dove potessero nascondersi il Ragazzo Innamorato o la sua compagna. Però era poco probabile che i due si fossero già ritrovati. L’annuncio era arrivato di sera e trovare qualcuno di notte non era facile per nessuno. Tranne che per Clove e Cato; loro amavano cacciare quando la luce del giorno lasciava il posto al buio della notte.
Ad ogni modo era sorto da poco il sole e di sicuro la ragazza in fiamme si era già messa sulle tracce del suo amato. Dovevano affrettarsi.


Camminarono per ore, sperando di trovarli. Ma non ebbero fortuna. Per qualche strano scherzo del destino, pareva proprio che la fortuna non stesse dalla loro parte in quei Giochi, ma da quella dei due patetici innamorati sventurati del Distretto 12. Come se lo fossero davvero. Ma per loro sfortuna il popolo di Capitol City era talmente ottuso da non rendersi conto che quella era tutta una stupida recita.
Così, dopo ore e ore di ricerche senza frutti, decisero di tornare indietro. Le risorse scarseggiavano ormai e dovevano mantenersi in forze. E comunque, presto o tardi, avrebbero dovuto incontrarsi. Probabilmente gli strateghi stavano già organizzando il loro prossimo intervento e allora non avrebbero più avuto scampo.
«Torniamo al lago.» Propose Cato, facendo dietro front. «È la nostra possibilità migliore. Là almeno avremo l’acqua e al cibo ci penseranno gli sponsor.» Clove fu d'accordo con lui così si rimisero in marcia. Per qualche strana ragione da quando erano rimasti solo loro due i regali degli sponsor sembravano aumentare. Certo, ricevevano molti paracaduti sin dall’inizio dei Giochi, ma allora non aveva bisogno di niente visto che avevano già tutto quello che serviva loro. Ma adesso che le scorte erano letteralmente andate in fumo i doni degli sponsor erano diventati qualcosa di davvero prezioso. Anche perché ormai i tributi da sponsorizzare non erano molti e probabilmente le scommesse su chi avrebbe vinto impazzavano. Clove era quasi certa che loro fossero, in tutti i sensi, i Favoriti alla vittoria. Probabilmente però nei sondaggi vi era un testa a testa tra loro e i due innamorati. Ma cosa avevano quei due che avrebbe potuto portarli alla vittoria? Solo la fortuna. Cato e Clove invece ce l’avrebbero fatta con le loro forze.
Poi restava il tizio dell’11. Probabilmente anche lui poteva avere un discreto numero di sponsor, ma Clove non l’aveva mai visto in giro, nell’arena. E poi l’altro tributo di cui non ricordava né il nome né il volto.
Camminarono per un po’ e finalmente arrivarono al punto di partenza. Si lasciarono cadere stancamente al limitare della foresta, vicini al lago. La loro missione era fallita, ma Clove non captava veri e propri segni di delusione nell’aria.
«Ci è andata male.» Disse Cato, alzando lo sguardo al cielo. «Ma è solo questione di tempo prima che gli strateghi organizzino qualcosa per farci ritrovare. E allora ci sarà la resa dei conti.»
«Non vedo l’ora.» Gli rispose Clove, sorridendo meschinamente all’idea.
Poi però si fermò un istante a pensare. «Sai cosa ci servirebbe, per quando arriverà quel momento?» Disse, mentre un’idea si faceva largo nella sua mente. «Un’armatura. Tipo quelle che ci facevano usare all’Accademia. So che siamo in due e siamo forti, ma è meglio non sottovalutare i nemici. Soprattutto 12. Ha arco e frecce e da quel che ho capito è capace di usarle molto bene. Se ci tendesse un agguato, saremmo del tutto vulnerabili.» Clove lanciò uno sguardo a Cato e lo vide pensieroso. Stava considerando l’idea.
Le armature che avevano all’Accademia non erano come quelle che avevano indossato alla sfilata. Prima di tutto, non erano così vistose. Niente oro, niente scaglie di drago. Erano semplici e color carne e aderivano al corpo come una seconda pelle, proteggendone ogni centimetro. Erano da portare sotto i vestiti così da sembrare invisibili; i nemici ti colpivano ma non riuscivano a ferirti e non ne capivano la ragione. Occupavano poco spazio ma allo stesso tempo erano molto resistenti. Forse avrebbero ceduto sotto vari colpi di spada, ma avrebbero sicuramente resistito a delle frecce.
«Forse qualche sponsor generoso ce le potrebbe procurare.» Cato guardò in alto e ammiccò, certo che qualche telecamera lo stesse riprendendo.
Anche Clove alzò lo sguardo al cielo, lanciando però un muto messaggio. Avere le armature sarebbe stato grandioso, ma c’era una cosa che desiderava ardentemente riavere con tutte le sue forze, per l’atto finale dei Giochi. Però sapeva bene che il suo desiderio non era realizzabile. Così abbassò di nuovo lo sguardo su Cato.
«Sono felice, sai, di poter contare su di te fino alla fine. Insieme siamo più forti.»
Lui le sorrise. Non lo disse, ma era ovvio che la pensava come lei. Clove poteva leggerglielo negli occhi azzurri. Quegli occhi che non aveva guardato per così tanto tempo, perché erano sempre distanti e opachi, come se la loro luce si fosse spenta.
Improvvisamente, Cato balzò in piedi e si diresse con due lunghi passi all’albero più vicino. Quello aveva un  ramo robusto a qualche metro dal suolo sul quale il ragazzo si issò senza troppi problemi. A differenza dell’albero sul quale si era arrampicato per inseguire 12, quello resse il suo peso.
«Vieni?» Le chiese, allungando la mano. «Da qui si vede tutto.»
Clove si alzò e lo raggiunse. Ignorò la sua mano tesa e si issò sull’albero più goffamente di Cato, ma ad ogni modo si ritrovò seduta al suo fianco, a soli pochi centimetri di distanza da lui. Davano le spalle ai boschi e da lì potevano vedere il lago e la cornucopia in lontananza. E poi, dietro quella, lo spiazzo vuoto che sembrava culminare in un burrone dove loro non avevano mai messo piede.
«Ho sentito dire che quello è il territorio di Thresh.» Le disse Cato, indicando lo strapiombo.
«Di chi?» Chiese Clove, cercando inutilmente di capire se fosse davvero un burrone o se ci fosse qualcosa al di là.
«Thresh. Quello dell’11. Dicono che al di là ci siano dei campi.» Le disse Cato, come se le avesse letto i suoi pensieri. Ecco perché 11 aveva scelto di andare là. Il suo Distretto era quello dell’agricoltura.
«Oh. Lui. Sembra un osso duro.»
Cato annuì. «Credo che lo sia. Ma noi siamo in due e lui è solo. Non dobbiamo preoccuparcene.»
«No, hai ragione.» Clove sorrise. Sembrava un sogno essere lì con Cato, pianificare quello che avrebbero fatto, studiare i loro nemici e constatare di poterli facilmente battere, assieme. Senza più il peso opprimente del dover rompere l’alleanza e scontrarsi tra di loro. Chissà com’era felice Damien, a casa. Ora che il suo diabolico piano era fallito.
Ci fu un istante di silenzio e Clove guardò Cato di sottecchi. Con stupore, realizzò che il sorriso gli si stava affievolendo sulle labbra. Clove si voltò in fretta verso la zona che, come lui le aveva detto poco fa, era il territorio di Thresh. L’aveva forse visto arrivare in lontananza? Ma no, guardò attentamente in tutte le direzioni. Nessuno stava arrivando. Si voltò di nuovo a guardare Cato.
«Sai...» Iniziò lui, con voce bassa, come se stesse quasi sussurrando. «Quando mio padre mi ha detto che mi sarei dovuto offrire volontario per i settantaquattresimi Hunger Games non avevo idea di chi sarebbe stato l’altro tributo.» Fece un pausa e abbassò lo sguardo. Clove invece continuò a fissarlo intensamente. «L’ho scoperto solo al giorno della mietitura.»
Il cuore di Clove perse un battito. Improvvisamente la sua mente tornò indietro, veloce come un fulmine, tornò a quel giorno. Lei si era offerta volontaria e poi aveva cercato il volto di Damien tra la folla, ma non lo aveva trovato. L’uomo di Capitol aveva chiesto se ci fossero volontari tra i ragazzi. Ma nessuno aveva risposto. Clove aveva pensato che quel codardo di Damien si fosse tirato indietro all’ultimo momento. Ma si era sbagliata.
Perché non era stata la sua voce a parlare, poco dopo. Ma quella di Cato.
Cato, che aveva esitato prima di proclamare con voce decisa che si sarebbe offerto.
Cato aveva esitato. Clove non ci aveva più pensato dopo quel giorno, aveva semplicemente dimenticato quel fatto, ma ora lo ricordava nitidamente, come se le stesse accadendo davanti agli occhi in quel preciso istante.
Cato alzò lo sguardo su di lei, rivolgendole un mezzo sorriso colmo di qualcosa che sembrava tristezza mascherata da ironia.
Aveva esitato perché non si aspettava di vedere lei offrirsi volontaria.
E si era offerto perché suo padre aveva deciso così. E la posizione di suo padre superava quella del padre di Damien. Per questo c’era stato lo scambio.
Clove aveva sempre pensato che Cato lo sapesse, sapesse che lei si sarebbe offerta e che non gliene importasse nulla. Ma questo, quelle parole... quelle cambiavano tutto.
Ora fu lei ad abbassare lo sguardo. «Nemmeno io sapevo che saresti stato tu.» Ammise con voce sottile. Sentì uno strano calore pervaderla e salirle fino alle guance, infiammandole.
«Cosa?» Chiese lui, sorpreso.
«Io... io pensavo sarebbe stato Damien. Ma lui mi ha imbrogliata. Me lo ha fatto credere fino alla fine. Alla mietitura, pensavo si sarebbe offerto lui. Ma ho scoperto che mi sbagliavo. Ovviamente.» Anche sulle labbra di Clove si dipinse un debole sorriso di falsa ironia.
«Ora capisco cosa intendevi nelle interviste.» Cato tornò a fissare il cielo, con un sorriso divertito sulle labbra. «Quando dicevi di volerti vendicare di un ragazzo. Ora capisco il perché. E sappi che ti aiuterò a farlo, una volta tornati a casa.» Proclamò lui con decisione. «Quel maledetto ragazzino ne ha già combinate troppe, per i miei gusti. Credo sia ora di mettere fine alla sua patetica esistenza.»
Clove si mise a ridere mentre pensava a Damien, che probabilmente ora li stava osservando carico di rabbia e paura perché loro avevano appena decretato la sua morte. E mentre lei rideva, Cato estrasse la spada e con un movimento fluido fendette l’aria sopra le loro teste. Clove lo guardò senza capire ma poi sentì un suono ai suoi piedi, parecchi metri più sotto. Abbassò lo sguardo e vide un piccolo oggetto metallico che fumava e sfrigolava.
«Quella è... è una telecamera
«Sì.» Rispose Cato ridacchiando.
«Ma come... come...»
«Non ti stanchi mai? Di essere osservata dico. Io sì, così ho capito come eliminarle. Almeno per qualche minuto. Qualche minuto di tregua»
Entrambi si misero a ridere. Clove guardava Cato. Non le sembrava neanche più di essere nell’arena degli Hunger Games, le sembrava di essere a casa, al Distretto 2. E ora che tutto era chiaro, ora che avevano realizzato che nessuno dei due sapeva che avrebbe trovato l’altro nell’arena, sembravano essersi aperte un migliaio di porte davanti a loro. Tante domande ottennero risposta, tanti dubbi vennero chiariti.
E Clove capì che quando Cato era distante e la trattava come una sconosciuta, stava semplicemente pensando a quello che lei aveva pensato sin dall’inizio. Al fatto che si sarebbero dovuti uccidere, al fatto che, alla fine dei Giochi, uno dei due non sarebbe tornato a casa. Clove avrebbe voluto sapere a cosa pensava Cato in quei momenti. Ma ora lo sapeva. Non poteva essere più chiaro di così.
Allora, dopotutto, non era vero che non gli importava di nulla. Perché tutto ciò voleva dire che, alla fine, Cato ci teneva a lei. In un qualche modo contorto e incomprensibile, ma doveva essere così.
«Non sopportavo l’idea di ucciderti.» Le confessò Cato, come se le avesse letto nel pensiero. «Sapevo che, una volta arrivato il momento, avrei dovuto farlo. Che altra possibilità avevo?» Il ragazzo abbassò lo sguardo, come se si vergognasse di quello che aveva detto. Clove, seguendo il suo istinto, abbassò la sua mano, posandola sopra quella di lui, stringendola. Non doveva sentirsi male per aver pensato di doverla uccidere. Anche lei lo aveva fatto. D’altronde, non c’era altro modo. Stava per dirglielo, ma lui riprese a parlare, abbassando lo sguardo sulle loro mani intrecciate.
«Non siamo mai stati veramente amici a casa, ma... alla fine credo di essermi affezionato a te. Alla ragazza che ho conosciuto quando ero ancora un bambino. Che mi aveva guardato dritto negli occhi, con aria di sfida.» Cato ridacchiò al ricordo. Clove non pensava nemmeno che lui ricordasse ancora quel giorno. Ma il ragazzo non le diede il tempo di commentare e proseguì. «La ragazza che a soli nove anni avrebbe potuto stendere quell’idiota di Damien e tutta la sua banda. Che malgrado una così grande sofferenza...» Disse, alludendo alla perdita della madre. «È stata in grado di entrare all’Accademia e di battere tutti diventando una dei più forti. Quasi al mio livello.» Concluse ridacchiando.
Clove sorrise. Le loro mani si stringevano ancora. Non erano mai stati così vicini. La telecamera era ancora a terra, fumante. Era come se fossero soli, in quel momento. Nessuno poteva vederli, negli schermi del reality. Così, abbandonandosi a quei pensieri, fu come se una forza esterna li spingesse una verso l’altro, attirandosi come delle calamite, come due pezzi di un qualcosa che erano destinati a riunirsi. Le loro labbra si sfiorarono, leggere come la brezza che soffiava tra le foglie degli alberi. La mano di Clove si posò sulla guancia di Cato, proprio dove solo pochi giorni prima vi aveva estratto il pungiglione velenoso di un ago inseguitore. Il cuore le batteva forte, mentre Cato appoggiava la fronte alla sua, chiudendo gli occhi.
«Vinceremo Clove. Torneremo a casa. È così che deve andare.» Sussurrò piano lui.
«Andrà così, Cato.» Le rispose lei, sussurrandogli a fior di labbra.


Quello stesso giorno fu lo squillo di trombe a rompere il silenzio, com’era successo la volta precedente. La pace che si era creata nella radura, l’armonia, la tranquillità fu come spazzata via da quel suono. Cato e Clove balzarono in piedi, uno affianco all’altra, e alzarono lo sguardo al cielo, dove lo stemma di Capitol aveva oscurato ogni cosa.
Pensarono entrambi la stessa cosa, probabilmente, perché la mano di Clove cercò quella di Cato e quando la trovò, lui la strinse con forza. No no no no no no no. Ti prego, no.
Il terrore la pervase, facendola quasi tremare. Non potevano farlo. Non potevano annullare la nuova regola dei due vincitori. Non ora, non dopo quello che era successo tra di loro, quello che si erano detti... non potevano.
Ma i nervi di Clove, e anche quelli di Cato, si sciolsero immediatamente quando sentirono l’annuncio. Un festino.
Ecco cosa gli strateghi avevano organizzato per riunirli e farli combattere.
«Badate bene, questo non sarà un festino ordinario.» Esclamò la voce che dava l’annuncio. «Ognuno di voi ha disperatamente bisogno di qualcosa.» Ci fu una pausa. «E troverete quel qualcosa alla cornucopia, all’alba. Pensateci bene, prima di rifiutare. Per alcuni di voi potrebbe essere l’ultima opportunità.» La voce si spense e il cielo tornò limpido.
La tensione di poco prima se n’era già andata e sulle labbra di Cato e Clove si era già dispiegato un sorriso d’intesa. Proprio quando avevano realizzato di aver bisogno di qualcosa ecco che gli strateghi gliela offrivano su un piatto d’argento. E non solo stavano donando loro le armature, ma anche una grande occasione.
Si scambiarono uno sguardo.
«È il nostro momento.»
Clove annuì. «Sì. Sarà la nostra migliore occasione per concludere tutto questo. Ci saranno tutti, ne sono certa. Se ognuno dei tributi rimasti ha un bisogno disperato di qualcosa, saranno tutti là.»
«Scommetto che 12 avrà bisogno di una medicina.» Cato sghignazzò. «Sai, per curare il Ragazzo Innamorato.»
«Lo penso anche io. Lei ci sarà di sicuro. E noi non ci faremo cogliere impreparati, non questa volta.» La voce di Clove si fece spietata e beffarda. «Sarà l’ultima volta che vedrà la cornucopia. Sarà l’ultima volta che vedrà qualsiasi cosa.» Sussurrò Clove, con determinazione.
«Ci puoi giurare. Ora dobbiamo solo organizzarci. Organizzare il piano d’attacco.»
Clove annuì e i due decisero di spostarsi al limitare della foresta. Non era bene stare troppo vicini alla cornucopia, era meglio osservarla da lontano, da dietro il lago, in modo da avere la situazione sotto controllo mentre pianificavano come agire per il festino.
Mentre si inoltravano nel bosco però, Clove fermò Cato. Lo sguardo della ragazza era più serio che mai.
«Che c’è? Che succede?»
«Voglio solo chiederti una cosa.» Clove fece una pausa e il suo sguardo si fece feroce. «Lascia a me la ragazza. Mi occuperò io di lei, questa volta. Voglio mettere fine io alla sua vita. Ti prometto che se me lo lascerai fare, offrirò al pubblico un bello show.»
Cato la osservò per qualche istante, in silenzio. Gli occhi di Clove sembravano sparare scintille. L’odio per quella ragazza era aumentato ancora di più, dopo l’annuncio dei due vincitori. Clove sapeva che avrebbe lottato per salvarsi la pelle e per riportare a casa anche il suo ragazzo. Ma lei era stufa di tutta quella recita. Erano arrivati fin lì solo perché avevano finto di essere innamorati sventurati. Ma ora era il capolinea. La cornucopia sarebbe stata l’ultima fermata per la ragazza in fiamme.
Cato si aprì in un sorriso divertito. «Ok. Va bene, suppongo di dovertelo. Mi è già sfuggita due volte. La lascerò a te. Però... stai attenta.»
Clove sorrise, raggiante. «Non preoccuparti, so quello che faccio.»
Detto questo, si avviarono per iniziare a progettare il loro piano. Questa volta ci sarebbero riusciti, se tutto fosse andato bene avrebbero potuto eliminare tutti i tributi rimasti. E allora sarebbero rimasti loro due. E sarebbero stati incoronati vincitori.


SPAZIO AUTORE

Saaalve lettori e lettrici!
Sono davvero davvero curiosa di sapere cosa ne pensate di questo capitolo, con un'atmosfera decisamente diversa da quelle dei capitoli scorsi ambientati nell'arena! Avevamo lasciato, nello scorso capitolo, Cato e Clove al settimo cielo per l'annuncio dei due vincitori. Ora abbiamo visto come questo annuncio li abbia fatti aprire uno verso l'altra. Cato non sapeva che Clove si sarebbe offerta volontaria. E – ma questo lo sapevamo già – nemmeno Clove lo sapeva. Alla fine, Cato non è una macchina senza sentimenti, per niente. O almeno, questa è la mia versione della storia :D
Spero non abbiate trovato il tutto troppo “sdolcinato”, in tal caso, mi scuso! Ma ci tenevo davvero a dare a loro due almeno un momento di pace nell'isteria dell'arena ♥
Ora la smetto di blaterare e lascio a voi la parola! Ricordatevi che un commento mi fa sempre piacere ;)
Grazie a tutti e al prossimo capitolo ♥

~ C


   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: Clovely